martedì 14 aprile 2020

Il Buco

Film spagnolo proposto da Netflix, una specie di metafora della società e delle sue ingiustizie condita di stranezze, di schifezze e di qualche disquisizione filosofica, Il Buco ha fatto parlare abbastanza di sé. Internet pullula di pagine e video dove si cercano o si offrono le spiegazioni. Perché quello che avviene al protagonista Goreng (Ivàn Massagué) e ai suoi compagni di sventura è abbastanza ovvio, ma tutto ciò che lo circonda in effetti piuttosto oscuro.


Si tratta di un film di fantascienza, se non altro per la piattaforma lievitante che porta il cibo ai prigionieri. È anche una distopia, forse, per le cose terribili che succedono. Si tratta anche di un film abbastanza ripugnante per le molte scene scabrose di violenza e pura schifezza che ci offre (è vietato ai minori di 18 anni).



Il presupposto di tutta la storia è l'esistenza di questa specie di istituzione, apparentemente un carcere, dove le celle sono disposta una sopra l'altra, senza finestre, come in un pozzo apparentemente senza fondo. Ogni cella ha un lavandino, un cesso, due brande per i due occupanti, e un grosso buco rettangolare attraverso cui scende una tavola col cibo. I due carcerati in ogni cella sono apparentemente murati, sulla parete c'è il numero del loro livello, per il resto le celle sono tutte uguali. Al di sopra di tutte le celle (al livello zero) ci sono i cuochi, comandati da uno chef severo e puntiglioso, e lì viene preparato il cibo: non sono piatti a buon mercato, ci si dà da fare per offrire delle buone pietanze. La tavola è imbandita su una lastra di pietra o di cemento che, con un misterioso potere di lievitazione, scorre piano per piano.

Così gli ospiti, o detenuti, possono mangiare, ma senza posate, e per poco tempo. Dopo qualche minuto la tavola scende al livello successivo, e le celle di chi ha osato trattenersi qualcosa sono punite con un caldo o un freddo insopportabili. I detenuti devono quindi liberarsi delle provviste gettandole di sotto. Non viene spiegato come mai il caldo o il freddo (visto che le celle hanno un grande foro sul pavimento e sul soffitto) non si propaghino per tutte le celle ma solo in quella dove ci sono le scorte non autorizzate, e nemmeno come la direzione (o la macchina che amministra il tutto) sappia che qualcuno ha trattenuto del cibo.

Ovviamente chi sta sopra, ai livelli con i numeri bassi, mangia in abbondanza, si strafoga e sporca tutto con le mani, così andando più in basso il cibo arriverà sempre più sporco e rimaneggiato da quelli ai livelli superiori, e ne arriva sempre di meno. Da un certo livello in poi la tavola arriva, ma non c'è niente da mangiare. Esiste un sistema di rotazione (su cui non mi soffermo) per cui i detenuti cambiano cella periodicamente. Chi va oltre un certo livello (numero alto, livello basso) è condannato alla morte per fame o al cannibalismo, o ad essere ucciso e divorato, perché come abbiamo visto oltre un certo livello il cibo non arriva.
Alla fine di ogni giornata la misteriosa piattaforma risale a velocità vertiginosa. E tutto può riprendere il giorno dopo.

Cosa succede nel film? Varie lotte e cose folli e terribili, i tentativi di Goreng e pochi altri illuminati di instaurare un sistema solidale per dare cibo a tutti eliminando gli sprechi di chi "sta sopra," piani per fare pervenire all'esterno un messaggio di protesta. Il finale è tronco.

Dal momento che la sopraffazione, la stratificazione sociale e l'ingiustizia è l'evidente tematica del film, la semplicità della situazione già premasticata e fin troppo spiegata al pubblico ha ricevuto critiche. Faccio un esempio... su Wired.it una recensione recita così: "Il problema... non è di voler essere comprensibile a tutti... ma il fatto che per farlo sia disposto ad appiattirsi a un unico possibile livello di lettura. Questa storia... non pone nessuna domanda ma dà solo delle risposte..."

Per me non è affatto così, l'articolo va completamente fuori bersaglio. La situazione del film è evidentemente proposta come metafora della società, ma già qui c'è qualche distinguo da fare. E i presupposti della storia sono aperti a varie interpretazioni.

Le fortune o sfortune dei detenuti sono casuali. Oggi mangi e stai ai primi livelli, domani affronti lo spettro della fame e della violenza, ma non per merito tuo, è l'amministrazione che decide tutto, e non sappiamo come. Molti carcerati accettano il sistema per quello che è, soffrono terribilmente nel periodo in cui "stanno sotto," non mostrano alcuna compassione, e si abbuffano, quando "stanno sopra." Altri la vedono in maniera diversa, e altri ancora non sono nemmeno dei carcerati.

Insomma la metafora si incolla in maniera un po' maldestra alla realtà. Il primo compagno di sventure di Goreng è un detenuto, ma Goreng non lo è, vediamo in un flashback che sostiene un esame per andare nella fossa e ricevere alla fine un attestato di partecipazione. Non sappiamo cosa ci faccia una persona nella vita, con l'attestato di aver partecipato a una follia del genere. Quindi il "Buco" è una cosa diversa per diverse persone: per alcuni è il carcere, ma diventa una specie di esperimento sociale per coloro che vogliono cercare di stabilire maggiore solidarietà e condivisione. La necessità di "mandare un messaggio," e la decisione su cosa mandare, sono rivelazioni che arrivano nel corso della storia e non frutto di un processo razionale.

In conclusione, gli aspetti "fin troppo chiari" di questo film sono solo il contesto, ma non si sa affatto chi ha deciso che "il Buco" esista e non siamo certi sul suo scopo; e dobbiamo prendere come atto di fede ciò che gli ospiti faranno per dimostrare di avere affrontato con efficacia il problema esistenziale che esso pone. Sommando il tutto, la storia non è affatto così chiara e soddisfacente nel suo svolgimento, al punto che alla fine mi sono pentito di aver visto tante schifezze per nulla.



4 commenti:

Babol ha detto...

Io invece l'ho adorato.
Ho amato proprio il "non sapere", la casualità della sfiga e i diversi modi che hanno gli abitanti del Buco di affrontarla. Per me il Buco è il mondo con tutte le sue risorse, all'interno del quale c'è chi se ne frega degli altri e si attacca alle cose stupide (Trimagasi e il suo Samurai Plus), chi pensa di essere superiore ma in definitiva è impreparato ad affrontare il peggio (Goreng col suo Don Chisciotte), chi spera di poter cambiare il mondo ma alla fine si fa inghiottire, come la dottoressa.
L'ho già riguardato due volte e lo riguarderei altre mille, sono sincera, perché lo trovo una delle metafore (forse un po' troppo insistita e grossolana) più azzeccate della società odierna.

Bruno ha detto...


Ammetto che mi sono incaponito nel cercare il significato e i "perché," cosa che faccio spesso.
La mia insoddisfazione si basa anche su certe scene ASSAI repellenti del film...

Non ne ho comunque tratto una morale positiva, mi sembra che alla fine ci venga detto che il mondo è e resta quella m... che è, e l'unica cosa onorevole da fare sia manifestare il proprio dissenso.
In questo senso potrebbe anche essere un film azzeccato, in effetti.

Guido P. ha detto...

Per me si è perso clamorosamente nel finale. Vada per il solito film metaforico, ma un film del genere va comunque chiuso in maniera decente. Altrimenti siamo tutti bravi a buttar carne sul fuoco... ma poi va tolta al momento giusto, e non bruciata.

Bruno ha detto...


Vero. Una scivolata nel nonsense che sembra fine a se stessa.