giovedì 8 agosto 2019

Capolavori che invecchiano male?

Dal momento che il mio principale interesse, quando scrivo, è il fantastico, molte delle mie letture sono di fantascienza o fantasy, oltre a una certa quantità di saggistica sui più svariati argomenti. Ma, anche per migliorare il mio stile, leggo molta narrativa "classica," sia quella decisamente datata (romanzoni francesi e russi dell'ottocento, per esempio), sia quella vecchia solo di qualche decennio, sebbene già passata in qualche modo alla storia della letteratura (scrittori anglosassoni principalmente, ma ci sono anche autori italiani interessanti che magari non sono più sulla bocca di tutti, come Calvino, Pavese, Pratolini, Bassani ecc...).

Chi legge i classici deve per prima sapere della necessità di contestualizzare, ovvero di comprendere le differenze rispetto allo stile di oggi, e ai gusti dei lettori contemporanei, alla società attuale, e via dicendo; se non vi si riesce è meglio limitarsi a quello che è più recente e più comprensibile. A volte però anche la volontà di comprendere un testo nel proprio contesto può non bastare ad apprezzarlo, il che è legittimo (e del resto i gusti sono gusti). A me questo è successo con Il Giovane Holden di J.D. Salinger (il titolo originale del libro, The Catcher in the Rye, è più o meno intraducibile in italiano).

Per chiarire subito un'ambiguità che sorge quando si parla "male" di un classico, il punto non è di negarne l'importanza. Per esempio, nel caso dei Promessi Sposi di Manzoni, sono uno di quelli che trovano il romanzo assolutamente insopportabile, ma questo non significa che ne voglia ignorare l'influenza culturale o il prestigio che godette ai tempi. Semplicemente non concordo con quelli che lo ritengono ancora godibile, insomma rivendico solo il diritto ad avere i miei gusti. Magari lo avrei apprezzato se fossi vissuto nell'ottocento, ma non posso saperlo, ovviamente.

l'autore

Tornando alle disavventure di Holden Caulfield nel romanzo di Salinger, semplicemente non riesco molto a esserne mosso emozionalmente. Non più di tanto, almeno. Il libro è un'icona della ribellione giovanile e una grande rappresentazione, a quanto si dice, della teenage angst, l'angoscia dei ragazzi che non si sentono in connessione con il mondo che li circonda. Parla di un altro tempo e altre condizioni sociali, e di questo ho tenuto conto, ma non è bastato ad apprezzarlo.

Eppure di disconnessione dal mondo degli adulti e difficoltà scolastiche so qualcosa. Certamente posso avere compassione per Holden che lascia la scuola (dove lo hanno espulso per il suo mediocre rendimento) sentendosi terribilmente solo e senza sapere cosa far di se stesso. Tra qualche manifestazione di simpatia di studenti e professori che si chiedono, come del resto si chiede lui stesso, come farà il nostro a uscire da questa impasse, e la voglia di rimandare il più possibile l'inevitabile confronto con il padre e la famiglia. Ma il ragazzotto sinceramente mi sembra troppo privilegiato per piacermi e certamente anche un tantino scemo, dal momento che si è infilato nei suoi guai da solo per la scarsa voglia di impegnarsi, e nel libro non farà che peggiorarli. 

Certamente, sebbene una volta fossi più portato a tranciar giudizi sul prossimo di quanto lo sia adesso, trovo eccessivo il suo sprezzo moralistico per tutti quanti gli adulti ("venduti" o disonesti per un motivo o per l'altro). Insomma questo Holden proprio non mi dice niente.

In un articolo (in inglese) ho letto un certo numero di opinioni negative sul libro. Per esempio, uno dei problemi per cui Holden non piace più è la situazione irreale in cui si trova (isolato dalla famiglia per giorni interi), cosa impossibile nell'epoca interconnessa di adesso. Non posso commentare, quando ero ragazzo internet non esisteva e quindi questa differenza non la percepisco. Ma è uno degli elementi su cui bisognerebbe trovare la capacità di contestualizzare, del resto.

Un'altra opinione è che ci si può immedesimare in Holden che fa la lagna per i suoi guai solo se si è "maschi, abbastanza ricchi, e bianchi." A parte la solita doccia di politicamente corretto, anche io (per bianco che sia) ho notato che questo protagonista è comunque uno che cadrà sempre sul morbido, e non mi è piaciuto nonostante una parte dei suoi problemi potessero (all'epoca) essere simili ai miei. Qui si ritorna al problema di dover contestualizzare, ma in questo caso non basta. Forse questo libro era valido per una certa epoca e ora non più.

Il punto non è la specifica condizione di quel protagonista. Fatti i dovuti conti, la storia funziona, e ha la sua importanza per tutta una serie di novità che introduceva, e che hanno reso il libro una specie di lettura maledetta e proibita, nel mondo pre-contestazione. Ma le emozioni che doveva muovere non le muove più, proprio perché il mondo è cambiato, e quindi ritengo che Il Giovane Holden sia troppo legato a un'epoca e quindi inevitabilmente arrugginito, al contrario di altri che hanno resistito alla prova del tempo.




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