Un film post apocalittico con qualche venatura horror: bella combinazione per The Day, pellicola indipendente canadese girata da Douglas Aarniokoski. Ho cominciato a guardarlo con un certo scetticismo, per via di un'atmosfera che mi sapeva un po' troppo di finta (volti sporcati ad arte, gonnelline corte e stivalazzi alla moda, m'è sembrato un "post atomic chic," penso che in una situazione simile la gente sarebbe molto più cialtrona e stracciata) e per il lento sviluppo iniziale, ma nell'insieme ha colpito nel segno. E gli attori, nessuno dei quali particolarmente noto, sono all'altezza.
La storia parte con cinque sopravvissuti in mezzo a una strada. Non si sa cosa è successo per distruggere la civiltà, ma il problema ora è pressante: trovare qualcosa da mangiare e un riparo. Uno dei sopravvissuti è anche malato. Sono persone che si conoscono da tempo, tranne Mary (Ashley Bell) incontrata per strada.
Quando il gruppo arriva a una fattoria, fa una scoperta che sembra fortunata: del cibo. Ma è una trappola con tanto di allarme. I proprietari, organizzati come un clan sanguinario o satanico, vengono all'attacco, e si scopre anche una cosa riguardo a Mary, non la voglio anticipare ma la sua lealtà al gruppo diventa dubbia.
Il film si trasforma nella cronaca di una battaglia senza esclusione di colpi: armi da fuoco, coltelli, bastoni, teste dei nemici infilate sui pali e altre piacevolezze. Non anticipo chi si salverà e chi sarà ucciso, invito a dare un'occhiata al film. Ovvia e implicita l'avvertenza: è molto crudo e violento. Ma è anche uno dei pochi che ha reso l'idea del crollo della civiltà come la immagino io: una decadenza nel baratro della ferocia, dove è inutile sperare di salvare una vestigia dei principi benevoli e rispettosi con cui noi (o meglio, una parte di noi) cerca di vivere giorno per giorno nel già difficile mondo di oggi. Perché il debole è comunque destinato a essere eliminato, perché lo scrupolo non ce lo si può permettere, perché solo chi sa vivere con la follia di una ferocia illimitata può sperare di arrivare al giorno dopo.
Significativo il finale, cruentissimo.
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