Partiva tutto dall'esordio dell'Acchiapparatti, pubblicato da Baldini e Castoldi Dalai (io avevo letto la primissima versione edita da Campanila, titolata L'Acchiapparatti di Tilos). Ora è arrivato il Burattinaio, sempre per il medesimo editore, a confermare Francesco Barbi.
Quello che speravo dopo la lettura del primo libro era di vedere l'autore alle prese con una storia dal sapore più epico, e in parte sono stato accontentato. I toni da "Armata Brancaleone" si riducono anche se rimaniamo in un low fantasy particolarmente ruvido, tra sofferenze, malattie, sangue ed escrementi. Le storie dei poveracci e le loro peripezie continuano a occupare parecchie pagine, e secondo me troppe (ci sono delle parti un po' troppo... verghiane, come avevo osservato per Zeferina di Coltri) e c'è forse una moltiplicazione di personaggi che rende la storia un po' indigesta e a tratti lenta nel progredire. Anche qui, come spesso dico per i libri voluminosi, probabilmente si poteva far tutto con un buon centinaio di pagine in meno.
La trama quindi si sviluppa lentamente, poi finalmente cattura l'interesse. Le premesse vengono rispettate e piano piano si prepara un finale spettacolare.
Da una parte abbiamo un "culto della Luce" decisamente ossessivo e oppressivo, intento a indagare su una profezia che coinvolge i fatti e i personaggi che abbiamo conosciuto con l'Acchiapparatti. Dall'altra il cacciatore di taglie del primo libro, Gamara, intento in una vendetta personale. La famiglia allargata dell'Acchiapparatti Zaccaria rimane in mezzo a tutte queste peripezie, e c'è un personaggio... senza corpo ma molto presente, Ar-Gular, il mago che aveva creato il Boia di Giloc, l'orrendo mostro che aveva trovato la morte ed era finito in fondo a un fosso.
I Guardiani dell'Equilibrio, una specie di inquisizione non priva di capacità militari, inviano una nutrita pattuglia per indagare chi mette in pericolo la religione della Luce: la loro storia, tra successi e insuccessi, infamie perpetrate e perdite subite, per me è una parte piuttosto interessante del Burattinaio, nuova rispetto al precedente Barbi, e indispensabile comunque sia per lo svolgersi della vicenda che per la comprensione della posta in gioco.
Gamara, freddo, carismatico, una vera potenza militare nonostante il continuo martirio di ferite e torture, si rivela una forza del destino per conto proprio, sebbene la sua storia lo porti a essere una risorsa al servizio di quelli che, in definitiva, sono "i buoni."
Il povero Zaccaria questa volta soffrirà molto e non sarà protagonista. Molti personaggi già noti verranno scartati senza rimorso dall'autore e incontreranno una fine più o meno aspra. Nel finale tutti i fili si congiungono e abbiamo una resa dei conti spettacolare.
A mio parere qualche caduta di tono e un paio citazioni che, sempre a mio avviso, era meglio evitare (una riconosciuta dall'autore e un'altra, clamorosamente, no: lascio ai lettori il compito di cercarla), parte della confusione iniziale è invece colpa mia perché la storia e complessa e il lettore non deve essere pigro nell'affrontarla, se vuol capire tutto quello che c'è da capire. Il finale è piacevole, riporta le varie tessere del mosaico a posto e ripaga l'attesa. I personaggi sono rappresentati bene, e in generale c'è un'aria di originalità e creatività. Non grido al miracolo, ma Francesco Barbi si riconferma autore maturo e in grado di gestire una storia molto più complessa della precedente. Dal momento che il fantasy italiano per adulti non conta molti protagonisti, questa riconferma è decisamente positiva.
Invito anche a leggere la recensione su Fantasy Magazine scritta da Emanuele Manco che questa volta mi ha... battuto sul tempo.
3 commenti:
Ciao Bruno, interessante recensione, ti ringrazio. Sono contento che il libro ti sia piaciuto.
Riguardo alle citazioni, ce ne sono molte disseminate per tutto il romanzo, frasi più o meno fedeli all'originale, massime e pensieri riadattati. Ad esempio per dar voce in maniera verosimile e convincente a due personaggi come Zaccaria e Ar-Gular (che dovevano essere illuminati, geniali, in grado di fare collegamenti di pensiero profondi, sorprendenti o quantomeno originali), ho fatto una gran fatica, pensato molto, compiuto diverse ricerche e razziato qua e là, specialmente da testi di piscoanalisi (Freud, Bion, Ferro, Resnik, ecc.).
Quando parli di citazione “clamorosamente non riconosciuta” - forse ti riferisci a Rorschach (tanto per rimanere in tema psicoanalitico, ma anche no...) - rimango un po' perplesso. I libri di narrativa sono zeppi di citazioni, situazioni e storie più o meno prese in prestito e rivisitate (uno scrittore in fondo è sempre anche un po' un “ladro”, appunto un razziatore di frasi, concetti, idee e storie), ma sono privi di pagine di “riconoscimenti” (non sono saggi). La nota che precede il prologo, se è la prima a cui ti riferisci, non è tanto un riconoscimento quanto un omaggio a Sacks e ai suoi studi su alcune patologie mentali (e in questo caso, tra l'altro, ho tratto ispirazione da una storia vera per dar vita a un personaggio del romanzo).
La frase in effetti è quella. "Non sono io quello chiuso qui con voi, siete voi a esser chiusi qui con me." Più o meno. Sull'originalità ci sarebbe molto da dire. Tutti conoscono le funzioni di Propp o come cavolo si chiamano, tutti sanno che una storia si può scomporre in certi elementi che alla fine sono sempre quelli, e così via, per cui la parola originalità va presa sempre un po' con le molle... ma qui si tratta di un elemento singolo preso praticamente parola per parola, per cui a leggerlo son stato proprio trascinato di forza sulla scena di Watchmen...
Poi non dico che non si fa mai, dico che è meglio non farlo.
In altri casi si vede che certi personaggi evono aver preso il loro modo di pensare e i concetti di certe battute da qualche parte, ma la cosa è meno evidente (anche perché le frasi dei pensatori e degli psicologi di solito non finiscono al cinema). Non ho letto gli autori che citi, tranne Freud, ma anche se avessi riconosciuto una frase strappata di peso, non sarebbe stato magari bello, ma comunque una cosa che stona di meno.
C'è anche da ammettere che a volte l'originalità è praticamente un miracolo impossibile. Una battuta di un mio libro (uno dei miei, che mai vedranno la luce...) è perfettamente originale, del tutto farina del mio sacco, poi però mi son preso la briga di fare una ricerca su internet e mi sono accorto che... è assai simile a una frase "famosa" (di un film, se ricordo bene).
Sul fatto che a te possano non piacere le citazioni, non entro assolutamente in merito. Lo trovo un punto di vista più che lecito e legittimo. Sono intervenuto perché mi lasciava perplesso quel “clamorosamente non riconosciuta”.
E sì, sull'originalità ci sarebbe senz'altro molto da dire. Io credo però che le idee buone, e l'originalità, possano venir spesso fuori anche dal riuscire a mettere insieme due o più idee non originali o nel collocarle in contesti e situazioni nuove o comunque diverse. Anche il modo di usare le idee (non originali), accostandole, incastrandole e facendole “interagire” può cioè dar luogo a qualcosa di considerabile originale. Ad esempio per me ha una sua originalità mettere in bocca a dei personaggi di un libro di genere fantasy frasi e pensieri di grandi psicoanalisti del Novecento... Non è stato affatto facile (trovarle, comprenderle e inserirle in modo fluido e appropriato nei dialoghi) e l'ho fatto nella convinzione di aumentare lo “spessore” e la qualità del romanzo. Insomma, per me è un plusvalore, un pregio del libro, non un possibile difetto. Anche qui, ognuno è poi libero di pensarla come vuole.
Resta il fatto che molte cose che dicono i miei personaggi è invece considerabile farina del mio sacco, anche se non sempre ne posso essere così sicuro... Tra l'altro, quel che è successo a me proprio con la frase “incriminata” non è così dissimile da quanto mi racconti essere successo a te. Quando scrissi la frase di Rorschach, non sapevo fosse una citazione, avevo solo la sensazione che potesse esserlo, di averla già sentita da qualche parte. Me la segnalò come citazione uno dei beta-readers, Okamis, facendo riferimento a una serie televisiva che io però non avevo mai visto (e che evidentemente aveva già preso in prestito quella frase). Feci una ricerchina e capii dove avevo in effetti sentito quella frase (film X-Men).
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