giovedì 17 febbraio 2011

Cattivi, seconda parte

Il discorso sui personaggi cattivi è iniziato qui, e non pensavo di dover aggiungere moltissimo. Però, a causa di una lettura recente, ho la possibilità di elaborare sul "perché i cattivi ci piacciono" un po' di più, prendendo a prestito le parole di un serial killer, quindi uno che se ne intende.

Ian Brady, tuttora vivente [Aggiornamento: è morto il 15 maggio 2017, a 79 anni], un giovane inglese che debuttò nell'età adulta gravemente psicopatico a causa di un'infanzia fin troppo difficile, negli anni '60 si macchiò di una quantità di delitti, in parte con la complicità della sua ragazza Myra Hindley (morta nel 2002). Basandosi su una (bislacca) teoria che divinizzava la morte, pieno di sprezzo verso tutti quelli che stanno alle regole, visse una tipica "follia a due" con la ragazza, dando il via a una serie di ben congegnati omicidi. Myra era infatuata di lui al punto da bersi tutta la sua filosofia ed aiutarlo nelle sue gesta (e poiché uno non si aspetta certe azioni da una donna, è stata condannata da parte del pubblico con un odio ancora maggiore di quello rivolto verso il suo amato).

Brady non è comunque diventato un recordman del crimine: presto compì l'errore di voler allargare il suo "culto" a un altro giovane, che invece si rivolse alla polizia, e l'avventura criminale dei due innamorati finì lì.

Ma poiché si tratta di un assassino dai tratti "intellettuali" è interessante quello che afferma. Brady era rimasto affascinato dalle riflessioni sul male di Raskolnikov, il protagonista di Delitto e Castigo (di Dostoevskij, scrittore russo).
Prendo spunto, e traduco (approssimativamente) qualche riga, da Brady & Hindley, di Fred Harrison.
Citazione di Raskolnikov: — Volevo uccidere senza complicazioni, per mio beneficio, solo per me (...). Il denaro non era la cosa di cui avevo veramente bisogno quando la uccisi [parla della donna che ha assassinato] avevo bisogno di altro, di sapere, e di sapere subito, se ero un verme come tutti gli altri, o un uomo. Sono in grado di trasgredire o no? Sono in grado di allungare una mano e prendere, o no? Sono una creatura tremante o ho il mio diritto? (...)
Brady: — E' una cosa che si può fare, tu puoi farlo: fallo! Sperimentalo.
Grazie al sostegno della penna del grande autore russo, Ian Brady trasformò l'arte in vita e morte. Tragicamente per le sue vittime, non aveva assimilato la reale intenzione del creatore di Raskolnikov. (...)
[Per Brady] la gente era affascinata da quello che lui aveva fatto perché tutti hanno l'oscurità dentro di sé. Ed è per questo che hanno paura: — Li spaventa il fatto di non poter fare a meno di sporgersi e dare un'occhiata, di vivere indirettamente lo stesso brivido.
Lui aveva perfino incontrato persone, in prigione, curiose di sperimentare la sensazione di assassinare una persona.
— Dicono: ammazzerò qualcuno per vedere com'è.

Fine della citazione. Il cattivo (quello che uccide veramente, del resto quelli dei libri e dei film di solito sono così) ha osato vedere cosa c'è al di là del limite. Tu, bravo cittadino che legge libri e va al cinema, no, non hai visto, e per questo il cattivo ti affascina. E non avevi bisogno di leggere queste righe, lo sapevi già.

Ovviamente anche i buoni possono uccidere, ma lo fanno con qualche motivazione (e nel mondo ci si ingegna un bel po' per inventarsi motivi validi, del resto). I personaggi "buoni," per definizione, non arrivano a uccidere solo per dimostrare che possono farlo, perciò, per quanto ci si sforzi di dar loro un'aria ambivalente o interessante, quel fascino oscuro non possono averlo.
Ma questa "prova di coraggio" ovviamente ha la sua controindicazione: per spiegarla, citerò la frase di un insegnante, uno che in verità ho disprezzato ai lontani tempi del liceo. Visto che da lui ho udito una sola cosa valida in diversi anni (sempre che fosse farina del suo sacco), è bene sfruttarla, anche se non ricordo le esatte parole: "Qualsiasi sia il suo credo, indipendentemente dalle convinzioni, io penso che chi uccida un'altra persona sappia sempre di aver fatto una cosa grave, di aver valicato un limite."
Il rimorso esiste, è bene ricordarcelo, in quest'epoca di trasgressione un tanto al chilo. Perfino Ian Brady, in galera, provò il rimorso e dovette ammettere: "Ho sopravvalutato la mia insensibilità."


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