Uno scenario fantascientifico o una tematica semiseria, ma proviamo ad analizzarla.
Il tema della "guerra dei sessi" ogni tanto fa capolino nel fantastico, di solito in maniera terribilmente kitsch. Ma i cambiamenti sociali avvengono per davvero, e l'interrogativo si pone. Io, che non sono certo un fan sfegatato del femminismo pur riconoscendone l'importanza come movimento, ho tratto già da un po' le mie conclusioni. In parole povere siamo a un bivio (dopo vediamo quale) e se tutto continua ad andare come sta andando il maschio è praticamente spacciato. Se scomparirà non lo so, ma rischia di diventare minoritario in tutto, anzi sta già accadendo, se dobbiamo credere a questo articolo di Repubblica. In parole povere i maschi USA sarebbero immaturi, eterni bambinoni, inadatti a essere mariti e padri (e in effetti negli Stati Uniti molte donne ormai scelgono di avere figli senza cercare marito); peggio ancora, il reddito è inferiore a quello delle donne e, soprattutto fra i giovani, sono inferiori i titoli di studio.
Per quanto riguarda il matrimonio, possono esserci motivi plausibili per la scomparsa dei buoni partiti. Nel mondo occidentale le leggi sul divorzio sono a favore della donna "a prescindere." Non c'è alcun controllo su quale sia effettivamente la parte più debole, o sul fatto che in qualche modo tutti vogliano campare: i mariti divorziati perdono tutto e finiscono sotto i ponti, se non sono molto ricchi.
Pertanto il fatto che un uomo rifiuti di sposarsi non credo sia sintomo di immaturità, semplicemente non vuole andare a infilarsi in una situazione dove probabilmente si rovinerebbe la vita, visto che i matrimoni, oggi come oggi, generalmente non durano.
Questo però non migliora la situazione perché i figli maschi nati fuori dal matrimonio non avranno un modello maschile da seguire, ammesso che ne valga la pena (era considerato essenziale, tempo fa, ora un po' meno).
A parte questo, comunque è un disastro. La mia opinione è che le caratteristiche maschili non servano più a niente in questo mondo (nell'ipotesi del prevalere del modello occidentale). Il maschio è più aggressivo, più fastidioso e difficile da educare quando è bambino, si ficca nei guai facilmente quando è adulto, è egoista (se dobbiamo credere a quanto dicono i banchieri del microcredito, ad esempio, i soldi dati alle donne sono più frequentemente spesi per ridurre la povertà di chi le circonda e meno in autogratificazioni, come li spenderebbe un maschio). Privo di nemici da combattere a mazzate, chiuso in una società pollaio, senza guerre e senza lavori da spaccarsi la schiena il maschio si atrofizza e perde il suo ruolo. Le guerre, mi si dirà, ci sono, perciò servono ancora i guerrieri impavidi. Ma sono guerre tecnologiche dove i soldati manovrano macchine, sempre di più, e non vogliono rischiare la vita. E tra quelli che muoiono ancora sul campo ora ci sono anche le donne (Iraq).
C'è chi dice che alle donne non piaccia la scienza, non avrebbero una mente speculativa e così via. Insomma la scienza è appannaggio del maschio, il mondo moderno ha ancora bisogno del testosterone. Io temo proprio che sia una stupidaggine, e che probabilmente anche in campo scientifico le donne finiranno con l'affermarsi. Ogni volta che hanno potuto prender parte a un'attività, hanno dimostrato false le idee di chi pensava che non fossero adatte, con eventualmente l'eccezione dei ruoli militari di prima linea.
La mia ipotesi è che quando ci sarà la possibilità di scegliere facilmente (senza aborti selettivi) non si sentirà più il bisogno di avere figli maschi. Non è mai stato possibile eliminare le donne (nessuna macchina può ancora sostituire un utero) anche se molte comunità (ad es. in Cina) ne eliminano a milioni alla nascita tramite infanticidio (con il bel risultato che poi tanti maschi non si possono sposare). Per gli uomini è vero il contrario, di loro se ne potrebbe benissimo fare a meno. Il seme maschile può essere congelato e conservato facilmente in quantità sufficienti per millenni.
Nel mondo affollato, impoverito e senza risorse (ma ad alta tecnologia) di domani i maschi potrebbero semplicemente diventare un lusso esotico per poche famiglie.
In altre parole con la scomparsa (dovuta a tecnologia e fenomeni sociali) dei fattori che lo rendevano soggetto alla forza maschile, il sesso femminile diventa l'unico la cui esistenza sia indispensabile. Ma torniamo al bivio cui accennavo all'inizio. Le cose potrebbero in effetti andare diversamente. Oggi abbiamo una modernità che sembra trionfare ma in realtà vacilla, fra la carenza di materie prime e lo scontro di varie potenze che mettono in dubbio lo strapotere occidentale.
Potrebbero nascere nuovi equilibri che metterebbero in dubbio l'attuale modello culturale. E soprattutto il mondo che ci pare così solido in realtà non è mai stato così fragile, sia per il deterioramento dell'ambiente sia per il semplice esaurirsi delle risorse (e della fertilità del suolo).
Potremmo andare incontro a una catastrofe malthusiana orrenda (troppa gente, esaurimento delle risorse e lotta tra pezzenti per spartirsi quello che rimane) come in ambiti limitati è già accaduto nella storia, ma stavolta su scala globale. Forse sta già accadendo. O potremmo avere una "resa dei conti" tra le grandi potenze.
Se così sarà, tornerà in auge il maschio, i valori della forza e della guerra, l'omo ha da puzzà, la donna deve stare dietro i fornelli e consentire il riposo del guerriero. Alleluja...
domenica 27 febbraio 2011
mercoledì 23 febbraio 2011
Storie dal Crepuscolo di un Mondo
Una raccolta nata per celebrare uno scrittore che sta per morire. A meno che Jack Vance non abbia deciso di stupirci campando più di 100 anni, in effetti un mago del fantastico è ormai arrivato al capolinea, anche se a dire il vero fino al 2009 scriveva ancora e pubblicava, chissà che non faccia in tempo a donarci ancora qualcosa.
Diversi scrittori hanno dedicato un racconto alla sua ambientazione che io amo di più, ovvero la Terra Morente: la traduzione in italiano, a cura di Mondadori, è comparsa nella collana Urania.
Inevitabilmente questo ha creato (vedi pagina su Anobii) uno strascico di polemiche da parte dei fautori della fantascienza che si sono visti invaso il territorio, ma purtroppo (o per fortuna) la collana Epix che doveva ospitare questa raccolta è morta poco tempo dopo la nascita.
A me spiace che sia divisa in tre volumi (e che vengano pubblicati a cadenza annuale, perciò dovrò aspettare fino al 2013, se va bene, per leggere tutti i racconti). Comunque, sebbene lo stile di Vance appartenga solo a lui, in qualche caso l'esperimento è riuscito molto bene. Il migliore dei racconti è il primo, quello scritto da Robert Silverberg, ma tutti sono quanto meno leggibili. Consigliato agli amanti del fantasy, soprattutto a chi conosce solo elfi ed orchetti.
Diversi scrittori hanno dedicato un racconto alla sua ambientazione che io amo di più, ovvero la Terra Morente: la traduzione in italiano, a cura di Mondadori, è comparsa nella collana Urania.
Inevitabilmente questo ha creato (vedi pagina su Anobii) uno strascico di polemiche da parte dei fautori della fantascienza che si sono visti invaso il territorio, ma purtroppo (o per fortuna) la collana Epix che doveva ospitare questa raccolta è morta poco tempo dopo la nascita.
A me spiace che sia divisa in tre volumi (e che vengano pubblicati a cadenza annuale, perciò dovrò aspettare fino al 2013, se va bene, per leggere tutti i racconti). Comunque, sebbene lo stile di Vance appartenga solo a lui, in qualche caso l'esperimento è riuscito molto bene. Il migliore dei racconti è il primo, quello scritto da Robert Silverberg, ma tutti sono quanto meno leggibili. Consigliato agli amanti del fantasy, soprattutto a chi conosce solo elfi ed orchetti.
giovedì 17 febbraio 2011
Cattivi, seconda parte
Il discorso sui personaggi cattivi è iniziato qui, e non pensavo di dover aggiungere moltissimo. Però, a causa di una lettura recente, ho la possibilità di elaborare sul "perché i cattivi ci piacciono" un po' di più, prendendo a prestito le parole di un serial killer, quindi uno che se ne intende.
Ian Brady, tuttora vivente [Aggiornamento: è morto il 15 maggio 2017, a 79 anni], un giovane inglese che debuttò nell'età adulta gravemente psicopatico a causa di un'infanzia fin troppo difficile, negli anni '60 si macchiò di una quantità di delitti, in parte con la complicità della sua ragazza Myra Hindley (morta nel 2002). Basandosi su una (bislacca) teoria che divinizzava la morte, pieno di sprezzo verso tutti quelli che stanno alle regole, visse una tipica "follia a due" con la ragazza, dando il via a una serie di ben congegnati omicidi. Myra era infatuata di lui al punto da bersi tutta la sua filosofia ed aiutarlo nelle sue gesta (e poiché uno non si aspetta certe azioni da una donna, è stata condannata da parte del pubblico con un odio ancora maggiore di quello rivolto verso il suo amato).
Brady non è comunque diventato un recordman del crimine: presto compì l'errore di voler allargare il suo "culto" a un altro giovane, che invece si rivolse alla polizia, e l'avventura criminale dei due innamorati finì lì.
Ma poiché si tratta di un assassino dai tratti "intellettuali" è interessante quello che afferma. Brady era rimasto affascinato dalle riflessioni sul male di Raskolnikov, il protagonista di Delitto e Castigo (di Dostoevskij, scrittore russo).
Prendo spunto, e traduco (approssimativamente) qualche riga, da Brady & Hindley, di Fred Harrison.
Fine della citazione. Il cattivo (quello che uccide veramente, del resto quelli dei libri e dei film di solito sono così) ha osato vedere cosa c'è al di là del limite. Tu, bravo cittadino che legge libri e va al cinema, no, non hai visto, e per questo il cattivo ti affascina. E non avevi bisogno di leggere queste righe, lo sapevi già.
Ovviamente anche i buoni possono uccidere, ma lo fanno con qualche motivazione (e nel mondo ci si ingegna un bel po' per inventarsi motivi validi, del resto). I personaggi "buoni," per definizione, non arrivano a uccidere solo per dimostrare che possono farlo, perciò, per quanto ci si sforzi di dar loro un'aria ambivalente o interessante, quel fascino oscuro non possono averlo.
Ma questa "prova di coraggio" ovviamente ha la sua controindicazione: per spiegarla, citerò la frase di un insegnante, uno che in verità ho disprezzato ai lontani tempi del liceo. Visto che da lui ho udito una sola cosa valida in diversi anni (sempre che fosse farina del suo sacco), è bene sfruttarla, anche se non ricordo le esatte parole: "Qualsiasi sia il suo credo, indipendentemente dalle convinzioni, io penso che chi uccida un'altra persona sappia sempre di aver fatto una cosa grave, di aver valicato un limite."
Il rimorso esiste, è bene ricordarcelo, in quest'epoca di trasgressione un tanto al chilo. Perfino Ian Brady, in galera, provò il rimorso e dovette ammettere: "Ho sopravvalutato la mia insensibilità."
Ian Brady, tuttora vivente [Aggiornamento: è morto il 15 maggio 2017, a 79 anni], un giovane inglese che debuttò nell'età adulta gravemente psicopatico a causa di un'infanzia fin troppo difficile, negli anni '60 si macchiò di una quantità di delitti, in parte con la complicità della sua ragazza Myra Hindley (morta nel 2002). Basandosi su una (bislacca) teoria che divinizzava la morte, pieno di sprezzo verso tutti quelli che stanno alle regole, visse una tipica "follia a due" con la ragazza, dando il via a una serie di ben congegnati omicidi. Myra era infatuata di lui al punto da bersi tutta la sua filosofia ed aiutarlo nelle sue gesta (e poiché uno non si aspetta certe azioni da una donna, è stata condannata da parte del pubblico con un odio ancora maggiore di quello rivolto verso il suo amato).
Brady non è comunque diventato un recordman del crimine: presto compì l'errore di voler allargare il suo "culto" a un altro giovane, che invece si rivolse alla polizia, e l'avventura criminale dei due innamorati finì lì.
Ma poiché si tratta di un assassino dai tratti "intellettuali" è interessante quello che afferma. Brady era rimasto affascinato dalle riflessioni sul male di Raskolnikov, il protagonista di Delitto e Castigo (di Dostoevskij, scrittore russo).
Prendo spunto, e traduco (approssimativamente) qualche riga, da Brady & Hindley, di Fred Harrison.
Citazione di Raskolnikov: — Volevo uccidere senza complicazioni, per mio beneficio, solo per me (...). Il denaro non era la cosa di cui avevo veramente bisogno quando la uccisi [parla della donna che ha assassinato] avevo bisogno di altro, di sapere, e di sapere subito, se ero un verme come tutti gli altri, o un uomo. Sono in grado di trasgredire o no? Sono in grado di allungare una mano e prendere, o no? Sono una creatura tremante o ho il mio diritto? (...)Brady: — E' una cosa che si può fare, tu puoi farlo: fallo! Sperimentalo.Grazie al sostegno della penna del grande autore russo, Ian Brady trasformò l'arte in vita e morte. Tragicamente per le sue vittime, non aveva assimilato la reale intenzione del creatore di Raskolnikov. (...)[Per Brady] la gente era affascinata da quello che lui aveva fatto perché tutti hanno l'oscurità dentro di sé. Ed è per questo che hanno paura: — Li spaventa il fatto di non poter fare a meno di sporgersi e dare un'occhiata, di vivere indirettamente lo stesso brivido.Lui aveva perfino incontrato persone, in prigione, curiose di sperimentare la sensazione di assassinare una persona.— Dicono: ammazzerò qualcuno per vedere com'è.
Fine della citazione. Il cattivo (quello che uccide veramente, del resto quelli dei libri e dei film di solito sono così) ha osato vedere cosa c'è al di là del limite. Tu, bravo cittadino che legge libri e va al cinema, no, non hai visto, e per questo il cattivo ti affascina. E non avevi bisogno di leggere queste righe, lo sapevi già.
Ovviamente anche i buoni possono uccidere, ma lo fanno con qualche motivazione (e nel mondo ci si ingegna un bel po' per inventarsi motivi validi, del resto). I personaggi "buoni," per definizione, non arrivano a uccidere solo per dimostrare che possono farlo, perciò, per quanto ci si sforzi di dar loro un'aria ambivalente o interessante, quel fascino oscuro non possono averlo.
Ma questa "prova di coraggio" ovviamente ha la sua controindicazione: per spiegarla, citerò la frase di un insegnante, uno che in verità ho disprezzato ai lontani tempi del liceo. Visto che da lui ho udito una sola cosa valida in diversi anni (sempre che fosse farina del suo sacco), è bene sfruttarla, anche se non ricordo le esatte parole: "Qualsiasi sia il suo credo, indipendentemente dalle convinzioni, io penso che chi uccida un'altra persona sappia sempre di aver fatto una cosa grave, di aver valicato un limite."
Il rimorso esiste, è bene ricordarcelo, in quest'epoca di trasgressione un tanto al chilo. Perfino Ian Brady, in galera, provò il rimorso e dovette ammettere: "Ho sopravvalutato la mia insensibilità."
lunedì 14 febbraio 2011
Quando si lavora a cottimo
Quando si lavora a cottimo bisogna rispettare le logiche... industriali.
Una autrice di storie di vampiri per "giovani adulti," Lisa Jane Smith, ha avuto modo di ricordarlo bruscamente quando ha desiderato cambiare direzione agli eventi della sua saga (Il Diario del Vampiro) e la casa editrice, la HarperCollins, ha semplicemente deciso di far scrivere i successivi libri a un altro scrittore dandole il benservito.
Come hanno potuto farlo? Semplice: nonostante sia adesso una scrittrice di successo, al momento di iniziare quella serie la Smith aveva firmato un contratto capestro che non le dava i diritti d'autore su quello che stava scrivendo.
Solo a leggere i titoli di questa serie mi sarei convinto che si tratta di robaccia un tanto al chilo, e che l'autrice non poteva considerarla altrimenti che un mezzo per raggranellare ricchezza. Non che sia illecito, comunque. Ma le cose stavano diversamente.
Quello che imparo da questa storia è che:
- Anche chi scrive roba dozzinale come "i libri di vampiri per i giovani adulti" può amare la propria creatura, ne vuole curare gli sviluppi, può avere motivazioni artistiche personali indipendentemente da quello che è più sensato dal punto di vista strettamente commerciale.
- Anche uno scrittore di successo può commettere errori come non controllare bene i contratti che ha firmato.
- Anche uno scrittore di successo può pensare di essere insostituibile, e sbagliarsi.
- Una grande casa editrice può, in nome delle logiche strettamente commerciali, comportarsi senza il minimo rispetto verso chi ha fatto guardagnare dei bei soldi.
Se qualcuno vorrà commentare, è pregato di non limitarsi a scrivere frasi come "e cosa ti aspettavi? vivi nel mondo delle nuvole?" perché le ho lette continuamente in tutti i forum ogni volta che qualcuno si lamenta dei comportamenti delle case editrici. Quindi diamole già per scontate, grazie.
Un altro articolo (in italiano) lo leggete qui
Altre notizie qui. E qui.
Una autrice di storie di vampiri per "giovani adulti," Lisa Jane Smith, ha avuto modo di ricordarlo bruscamente quando ha desiderato cambiare direzione agli eventi della sua saga (Il Diario del Vampiro) e la casa editrice, la HarperCollins, ha semplicemente deciso di far scrivere i successivi libri a un altro scrittore dandole il benservito.
Come hanno potuto farlo? Semplice: nonostante sia adesso una scrittrice di successo, al momento di iniziare quella serie la Smith aveva firmato un contratto capestro che non le dava i diritti d'autore su quello che stava scrivendo.
Solo a leggere i titoli di questa serie mi sarei convinto che si tratta di robaccia un tanto al chilo, e che l'autrice non poteva considerarla altrimenti che un mezzo per raggranellare ricchezza. Non che sia illecito, comunque. Ma le cose stavano diversamente.
Quello che imparo da questa storia è che:
- Anche chi scrive roba dozzinale come "i libri di vampiri per i giovani adulti" può amare la propria creatura, ne vuole curare gli sviluppi, può avere motivazioni artistiche personali indipendentemente da quello che è più sensato dal punto di vista strettamente commerciale.
- Anche uno scrittore di successo può commettere errori come non controllare bene i contratti che ha firmato.
- Anche uno scrittore di successo può pensare di essere insostituibile, e sbagliarsi.
- Una grande casa editrice può, in nome delle logiche strettamente commerciali, comportarsi senza il minimo rispetto verso chi ha fatto guardagnare dei bei soldi.
Se qualcuno vorrà commentare, è pregato di non limitarsi a scrivere frasi come "e cosa ti aspettavi? vivi nel mondo delle nuvole?" perché le ho lette continuamente in tutti i forum ogni volta che qualcuno si lamenta dei comportamenti delle case editrici. Quindi diamole già per scontate, grazie.
Un altro articolo (in italiano) lo leggete qui
Altre notizie qui. E qui.
domenica 13 febbraio 2011
Storia della Stregoneria
Questo libro, Storia della Stregoneria di Giordano Berti, offerto da Mondadori alla modica cifra di 10 euro, fornisce una carrellata sintetica sul fenomeno della stregoneria, con una particolare enfasi sulle persecuzioni ai tempi della "caccia alle streghe."
Qui lo catalogo tra i libri fantasy perché la magia ovviamente ha una forte influenza sulla letteratura di genere. E in fondo, la magia è una fantasticheria.
Posso dire che il testo è abbastanza breve e agile, e offre una panoramica sintetica ma efficace del fenomeno: per me, che avevo bisogno di rinfrescare la memoria di letture vecchie parecchi anni, è stato utile. Una cosa che avrei voluto approfondire purtroppo non ha abbastanza spazio in questo libro (se non in alcune descrizioni abbastanza sbrigative) ovvero in cosa consistono i rituali, gli incantesimi, le evocazioni ecc... Ovviamente c'è da ammettere che le fonti sono quelle che sono. E poiché ogni praticante ci metteva del suo, non è così semplice fare una sintesi dei rituali magici.
C'è molto spazio dedicato invece ai processi, alle persecuzioni, all'ideologia repressiva degli stati e delle chiese. Ne sapevo già parecchio da prima, personalmente, ma in effetti se è questo l'argomento che vi interessa, il libro è consigliatissimo.
Alcuni punti da sottolineare sulla stregoneria? Direi di sì: vediamo un po'.
Il fenomeno era esistito anche nell'antichità più remota e parte delle tesi (alcune sensate, altre bislacche) sull'origine delle pratiche stregoniche si rifanno a riti agresti antichissimi. Evocazione dei morti, divinazione, filtri e veleni vari, incantamenti con feticci simili ai riti voodoo, cure per l'eterna giovinezza, sono tutte pratiche citate nella letteratura greca e romana, o riportate nella Bibbia, ecc...
I riferimenti a divinità particolari (Ecate/Diana, Erodiade) possono essere stati reali, ma certamente in buona parte "inquinati" dai processi inquisitori che facevano dire ai sospetti ciò che l'inquisitore s'aspettava di sentire. Il caprone con cui le streghe a volte dicevano di accoppiarsi è probabilmente un lascito di religioni pagane o riti agricoli.
A proposito di Inquisizione: non tutti sanno che le condanne sancite dai tribunali dell'Inquisizione non sono poi state molto numerose. La chiesa era addirittura più permissiva (ai tempi dell'alto medioevo) di quanto non fossero le autorità statali. Le cose sono peggiorate nel tempo perché si tendeva sempre più ad assimilare il concetto di stregoneria a quello di eresia (e come "stregoni" spesso erano condannati catari, valdesi ecc...). Nei paesi fermamente cattolici non c'è stata l'esplosione dei roghi, chi credeva al volo magico verso il Sabba veniva considerato più facilmente un rimbecillito che una persona pericolosa, e le condanne spesso erano miti. Dove infuriò la caccia alle streghe? Nelle zone contese tra cattolicesimo e protestantesimo: la strage si colloca, ironicamente, nel periodo rinascimentale, quando il medioevo con tutta la sua presunta ignoranza e il suo oscurantismo stava lasciando il passo all'umanesimo e all'età della "ragione." Centomila vittime, approssimativamente. Religiosi protestanti e autorità civili hanno responsabilità non minori (forse, se si fa un freddo conteggio numerico delle vittime, anche maggiori) della chiesa cattolica.
Tuttavia, a titolo di osservazione personale, mi insospettiscono i frequenti rimandi (nei manuali degli inquisitori, nelle disposizioni provenienti dall'alto) alla necessità di usare la tortura con giudizio, a non suggestionare gli imputati dicendo loro le colpe di cui si ritiene che si siano macchiati. Se si è tornati spesso a porre l'enfasi sulle pratiche da non seguire, ritengo sia stato perché in tali errori gli inquisitori cadevano altrettanto spesso, e volentieri! Non dimentichiamo che, per via della confisca dei beni, condannare la gente al rogo poteva diventare un lucroso affare e il dilagare a macchia d'olio delle delazioni (da parte del condannato, che tirava in ballo altri "colpevoli") lo faceva diventare ancora più conveniente. Buona parte delle condanne sono avvenute a raffica, quando certi inquisitori particolarmente "pii" giungevano in una regione e cominciavano a vedere streghe sappertutto.
Il libro parla anche della Stregonieria moderna, un argomento che per me riveste una certa curiosità perché una parte della stregoneria si è trasformata in vera e propria religione alternativa (il culto della wicca) saldandosi al fenomeno del neopaganesimo e anche a un certo femminismo d'assalto. E purtroppo, direi, confondendosi con tutta la paccottiglia (post-) hippy, new age, tossicomane-psichedelica e con il proliferare delle tante sette di profittatori, di satanisti e di scoppiati.
Ma a parte questo sviluppo "pop" dove non interessa nemmeno tanto il collegarsi alle antiche tradizioni, negli angoli dimenticati dell'Europa (e anche in Italia) persistono i "veri" stregoni, guaritori, veggenti e via dicendo, lontani dal proselitismo e dai riflettori. Un po' di medicina popolare e la sensazione di avere certe capacità (che siano reali o che si tratti di sintomi psichiatrici) esistono in tutto il mondo, mi vien da pensare che un certo tipo di magia popolare ci sarà sempre, a qualunque latitudine, con qualsiasi sottofondo culturale; beninteso finché il mondo non diventerà tutto un'unico delirio plastificato e urbanizzato.
Peraltro le streghe e gli stregoni del medioevo, se pure i loro riti erano rimembranze di antichi culti agresti, non avevano nessuna gerarchia che ne ricordasse pienamente il significato e ne formalizzasse i rituali. Il loro semplice e libero associarsi consentiva di esprimere una rabbia, una soffocata ribellione popolare contro i governanti e contro la chiesa, ma li rendeva anche estremamente poco consapevoli di sé, tanto che alcuni cominciavano a pensare di venerare effettivamente il demonio perché questo era ciò che gli inquisitori dicevano, con un bislacco rimando culturale tra nemici mortali.
Del resto, a parte l'esistere di certe tradizioni locali, che è comprovato, fino a che punto la stregoneria del medioevo e del rinascimento può considerarsi una vera e propria religione alternativa? Sarà sempre difficile stabilirlo.
Qui lo catalogo tra i libri fantasy perché la magia ovviamente ha una forte influenza sulla letteratura di genere. E in fondo, la magia è una fantasticheria.
Posso dire che il testo è abbastanza breve e agile, e offre una panoramica sintetica ma efficace del fenomeno: per me, che avevo bisogno di rinfrescare la memoria di letture vecchie parecchi anni, è stato utile. Una cosa che avrei voluto approfondire purtroppo non ha abbastanza spazio in questo libro (se non in alcune descrizioni abbastanza sbrigative) ovvero in cosa consistono i rituali, gli incantesimi, le evocazioni ecc... Ovviamente c'è da ammettere che le fonti sono quelle che sono. E poiché ogni praticante ci metteva del suo, non è così semplice fare una sintesi dei rituali magici.
C'è molto spazio dedicato invece ai processi, alle persecuzioni, all'ideologia repressiva degli stati e delle chiese. Ne sapevo già parecchio da prima, personalmente, ma in effetti se è questo l'argomento che vi interessa, il libro è consigliatissimo.
Alcuni punti da sottolineare sulla stregoneria? Direi di sì: vediamo un po'.
Il fenomeno era esistito anche nell'antichità più remota e parte delle tesi (alcune sensate, altre bislacche) sull'origine delle pratiche stregoniche si rifanno a riti agresti antichissimi. Evocazione dei morti, divinazione, filtri e veleni vari, incantamenti con feticci simili ai riti voodoo, cure per l'eterna giovinezza, sono tutte pratiche citate nella letteratura greca e romana, o riportate nella Bibbia, ecc...
I riferimenti a divinità particolari (Ecate/Diana, Erodiade) possono essere stati reali, ma certamente in buona parte "inquinati" dai processi inquisitori che facevano dire ai sospetti ciò che l'inquisitore s'aspettava di sentire. Il caprone con cui le streghe a volte dicevano di accoppiarsi è probabilmente un lascito di religioni pagane o riti agricoli.
A proposito di Inquisizione: non tutti sanno che le condanne sancite dai tribunali dell'Inquisizione non sono poi state molto numerose. La chiesa era addirittura più permissiva (ai tempi dell'alto medioevo) di quanto non fossero le autorità statali. Le cose sono peggiorate nel tempo perché si tendeva sempre più ad assimilare il concetto di stregoneria a quello di eresia (e come "stregoni" spesso erano condannati catari, valdesi ecc...). Nei paesi fermamente cattolici non c'è stata l'esplosione dei roghi, chi credeva al volo magico verso il Sabba veniva considerato più facilmente un rimbecillito che una persona pericolosa, e le condanne spesso erano miti. Dove infuriò la caccia alle streghe? Nelle zone contese tra cattolicesimo e protestantesimo: la strage si colloca, ironicamente, nel periodo rinascimentale, quando il medioevo con tutta la sua presunta ignoranza e il suo oscurantismo stava lasciando il passo all'umanesimo e all'età della "ragione." Centomila vittime, approssimativamente. Religiosi protestanti e autorità civili hanno responsabilità non minori (forse, se si fa un freddo conteggio numerico delle vittime, anche maggiori) della chiesa cattolica.
Tuttavia, a titolo di osservazione personale, mi insospettiscono i frequenti rimandi (nei manuali degli inquisitori, nelle disposizioni provenienti dall'alto) alla necessità di usare la tortura con giudizio, a non suggestionare gli imputati dicendo loro le colpe di cui si ritiene che si siano macchiati. Se si è tornati spesso a porre l'enfasi sulle pratiche da non seguire, ritengo sia stato perché in tali errori gli inquisitori cadevano altrettanto spesso, e volentieri! Non dimentichiamo che, per via della confisca dei beni, condannare la gente al rogo poteva diventare un lucroso affare e il dilagare a macchia d'olio delle delazioni (da parte del condannato, che tirava in ballo altri "colpevoli") lo faceva diventare ancora più conveniente. Buona parte delle condanne sono avvenute a raffica, quando certi inquisitori particolarmente "pii" giungevano in una regione e cominciavano a vedere streghe sappertutto.
Il libro parla anche della Stregonieria moderna, un argomento che per me riveste una certa curiosità perché una parte della stregoneria si è trasformata in vera e propria religione alternativa (il culto della wicca) saldandosi al fenomeno del neopaganesimo e anche a un certo femminismo d'assalto. E purtroppo, direi, confondendosi con tutta la paccottiglia (post-) hippy, new age, tossicomane-psichedelica e con il proliferare delle tante sette di profittatori, di satanisti e di scoppiati.
Ma a parte questo sviluppo "pop" dove non interessa nemmeno tanto il collegarsi alle antiche tradizioni, negli angoli dimenticati dell'Europa (e anche in Italia) persistono i "veri" stregoni, guaritori, veggenti e via dicendo, lontani dal proselitismo e dai riflettori. Un po' di medicina popolare e la sensazione di avere certe capacità (che siano reali o che si tratti di sintomi psichiatrici) esistono in tutto il mondo, mi vien da pensare che un certo tipo di magia popolare ci sarà sempre, a qualunque latitudine, con qualsiasi sottofondo culturale; beninteso finché il mondo non diventerà tutto un'unico delirio plastificato e urbanizzato.
Peraltro le streghe e gli stregoni del medioevo, se pure i loro riti erano rimembranze di antichi culti agresti, non avevano nessuna gerarchia che ne ricordasse pienamente il significato e ne formalizzasse i rituali. Il loro semplice e libero associarsi consentiva di esprimere una rabbia, una soffocata ribellione popolare contro i governanti e contro la chiesa, ma li rendeva anche estremamente poco consapevoli di sé, tanto che alcuni cominciavano a pensare di venerare effettivamente il demonio perché questo era ciò che gli inquisitori dicevano, con un bislacco rimando culturale tra nemici mortali.
Del resto, a parte l'esistere di certe tradizioni locali, che è comprovato, fino a che punto la stregoneria del medioevo e del rinascimento può considerarsi una vera e propria religione alternativa? Sarà sempre difficile stabilirlo.
martedì 8 febbraio 2011
I Cattivi sono facili?
Spesso i cattivi sono i veri protagonisti dei libri e dei film, quelli per cui fanno il tifo tutti. Vuoi perché interpretano i desideri nascosti di tanti di noi, vuoi perché appaiono più disinibiti e più "liberi," visto che fanno quello che gli pare senza inibizioni. Tuttavia, quando sento dire che questo o quel grande cattivo sono personaggi memorabili, e si elogia lo scrittore, l'attore o il regista che gli hanno dato vita, mi scappa un po' da ridere.
Credo che non sia poi così difficile, creare un cattivo "tosto." E ci sono molti aspetti per cui spesso questi cattivoni si somigliano, anche quando superficialmente sono molto diversi fra loro.
Spesso, hanno qualche lato positivo o almeno degno di nota. Comunque sono dei personaggi dalle grandi capacità, visto che devono far fronte agli eroi in maniera credibile. Quindi, un aspetto ammirevole ce l'hanno già fin dalla partenza. Quanto alla loro cattiveria, se si vuole che abbiano un minimo di spessore gliela si giustifica in maniera coerente con la loro personalità. Spesso hanno subito un'ingiustizia, e quindi sono già meno antipatici. Oppure c'è qualcosa che li ha traviati, o si sono trovati in circostantze per cui dovevano per forza finire così. Tutte queste spiegazioni razionali sono già delle mezze giustificazioni, che magari non ci rendono accettabili le azioni più turpi del cattivo, ma suggeriscono già un mezzo perdono fin dalla loro presentazione al lettore (o spettatore).
Nel mio non pubblicato romanzo, il Magia e Sangue che alcuni amici hanno avuto modo di leggere e che chi segue questo blog ha già sentito nominare, il cattivo risalta facilmente, piace a tutti, qualcuno ha fatto il tifo per lui. E io non ho fatto nessuna fatica a crearlo! Al contrario, il mio protagonista "buono" ha degli aspetti deboli, si appiglia a dei formalismi per giustificare certe prepotenze che combina, usa qualche privilegio per avere la meglio, ed essendo quasi imbattibile con un'arma in mano, usa questa superiorità in maniera talvolta discutibile. Non è poi così buono, non quanto vorrebbe essere, e non è nel giusto quanto dice di essere. Ma quella che deve compiere è una missione che va portata a termine e lui si ingegna per farcela, in un modo o nell'altro. Io speravo di aver creato un personaggio interessante, certamente più difficile del cattivo, e invece no, lo odiano tutti quelli che hanno letto il libro. Il che non mi ha persuaso a modificare questo protagonista imperfetto.
Ovviamente ci sono anche i cattivi fatti male. I cattivi non realistici, quelli che sghignazzano come dei maniaci, quelli che schiacciano il pulsante per far cadere la gente nelle botole.
Quelli che quando hanno i loro nemici in pugno se li fanno scappare dopo aver spiegato per filo e per segno le mosse che hanno programmato per vincere la sfida: insomma i cattivi imbecilli di cui sono pieni i libri e i film.
Io penso che ci sia una maniera molto semplice per evitare di fare dei cattivi del genere. Pensate a degli esseri umani, che per un motivo o per l'altro hanno scelto una cattiva strada, ma che avevano doti per essere diversi. Non pensate al bruto di quartiere, criminale limitato che è stato colato nello stampino dalle circostanze senza poter mai fare una vera scelta, ma a qualcuno che è in grado di fare cose più in grande. Pensate magari a personaggi storici ritenuti cattivi, e riflettete sul fatto che loro non si credevano così, per un motivo o per l'altro pensavano di avere ragione, oppure (anche sapendo di sbagliare) pensavano di avere le proprie ragioni.
La trappola peggiore, per chi vuole creare degli antagonisti, è quella del manicheismo (*). Il brutto regalo che un grande scrittore come Tolkien ha fatto al fantasy. I cattivi che sono il "male assoluto" possono essere usati nell'horror, per far paura, ma funzionano più per come si crea il contorno che per loro stessi. Nel fantasy funzionano anche meno, sono una macchia nera da evitare per i buoni, non una parte che contribuisce alla storia. Non sono definibili, non hanno niente da dire in effetti, anche quando disegnati bene sono poco più di un'immagine paralizzata, come un coro di angeli visto al negativo. Magari tanti non saranno d'accordo, ma che personalità ha Sauron?
(*) se non sai cosa vuol dire, vergognati, e poi clicca qui.
Credo che non sia poi così difficile, creare un cattivo "tosto." E ci sono molti aspetti per cui spesso questi cattivoni si somigliano, anche quando superficialmente sono molto diversi fra loro.
Spesso, hanno qualche lato positivo o almeno degno di nota. Comunque sono dei personaggi dalle grandi capacità, visto che devono far fronte agli eroi in maniera credibile. Quindi, un aspetto ammirevole ce l'hanno già fin dalla partenza. Quanto alla loro cattiveria, se si vuole che abbiano un minimo di spessore gliela si giustifica in maniera coerente con la loro personalità. Spesso hanno subito un'ingiustizia, e quindi sono già meno antipatici. Oppure c'è qualcosa che li ha traviati, o si sono trovati in circostantze per cui dovevano per forza finire così. Tutte queste spiegazioni razionali sono già delle mezze giustificazioni, che magari non ci rendono accettabili le azioni più turpi del cattivo, ma suggeriscono già un mezzo perdono fin dalla loro presentazione al lettore (o spettatore).
Nel mio non pubblicato romanzo, il Magia e Sangue che alcuni amici hanno avuto modo di leggere e che chi segue questo blog ha già sentito nominare, il cattivo risalta facilmente, piace a tutti, qualcuno ha fatto il tifo per lui. E io non ho fatto nessuna fatica a crearlo! Al contrario, il mio protagonista "buono" ha degli aspetti deboli, si appiglia a dei formalismi per giustificare certe prepotenze che combina, usa qualche privilegio per avere la meglio, ed essendo quasi imbattibile con un'arma in mano, usa questa superiorità in maniera talvolta discutibile. Non è poi così buono, non quanto vorrebbe essere, e non è nel giusto quanto dice di essere. Ma quella che deve compiere è una missione che va portata a termine e lui si ingegna per farcela, in un modo o nell'altro. Io speravo di aver creato un personaggio interessante, certamente più difficile del cattivo, e invece no, lo odiano tutti quelli che hanno letto il libro. Il che non mi ha persuaso a modificare questo protagonista imperfetto.
Ovviamente ci sono anche i cattivi fatti male. I cattivi non realistici, quelli che sghignazzano come dei maniaci, quelli che schiacciano il pulsante per far cadere la gente nelle botole.
Quelli che quando hanno i loro nemici in pugno se li fanno scappare dopo aver spiegato per filo e per segno le mosse che hanno programmato per vincere la sfida: insomma i cattivi imbecilli di cui sono pieni i libri e i film.
Io penso che ci sia una maniera molto semplice per evitare di fare dei cattivi del genere. Pensate a degli esseri umani, che per un motivo o per l'altro hanno scelto una cattiva strada, ma che avevano doti per essere diversi. Non pensate al bruto di quartiere, criminale limitato che è stato colato nello stampino dalle circostanze senza poter mai fare una vera scelta, ma a qualcuno che è in grado di fare cose più in grande. Pensate magari a personaggi storici ritenuti cattivi, e riflettete sul fatto che loro non si credevano così, per un motivo o per l'altro pensavano di avere ragione, oppure (anche sapendo di sbagliare) pensavano di avere le proprie ragioni.
La trappola peggiore, per chi vuole creare degli antagonisti, è quella del manicheismo (*). Il brutto regalo che un grande scrittore come Tolkien ha fatto al fantasy. I cattivi che sono il "male assoluto" possono essere usati nell'horror, per far paura, ma funzionano più per come si crea il contorno che per loro stessi. Nel fantasy funzionano anche meno, sono una macchia nera da evitare per i buoni, non una parte che contribuisce alla storia. Non sono definibili, non hanno niente da dire in effetti, anche quando disegnati bene sono poco più di un'immagine paralizzata, come un coro di angeli visto al negativo. Magari tanti non saranno d'accordo, ma che personalità ha Sauron?
(*) se non sai cosa vuol dire, vergognati, e poi clicca qui.
sabato 5 febbraio 2011
Dune (il gioco)
Finalmenteho potuto conoscere un vecchio successo della storica casa produttrice di wargames, la Avalon Hill: si tratta di Dune, prodotto nel lontano 1979 e ispirato all'omonimo libro di fantascienza.
Il sistema di gioco è stato sviluppato dai progettisti di un altro (semplicissimo) giochino, Cosmic Encounters, e alcuni elementi si riconoscono, nel senso che le caratteristiche delle varie fazioni sembrano fatte apposta per obbligarle a trattare fra loro, allearsi o scontrarsi.
Il gioco si basa sulle forze che si trovano sul pianeta (ma non tutte le fazioni hanno rilevanti forze militari), su delle carte che forniscono vari poteri e che si acquisiscono impadronendosi della Spezia, e sui poteri di ciascuna fazione. Ci sono i vari leader, senza molta caratterizzazione (salvo un numero che ci dice quanto sono in gamba) e alcuni di essi si riveleranno dei traditori. Ovviamente le caratteristiche del pianeta, con le tempeste di sabbia terribili e i vermoni che producono la Spezia, sono ben presenti. I poteri delle fazioni creano delle situazioni interessanti e alcuni sono veramente temibili, come quelli delle sacerdotesse Bene Gesserit, cui ci si riferiva (nella partita che ho giocato) con vari epiteti irriferibili. Che fazione è toccata a me? I Fremen, fieri e bellicosi, molto interessanti nel libro, ma anche dei poveracci: questo si vede molto bene nel gioco dove, privi dei bonus che permettono (agli altri!) di procurarsi carte speciali e vari frizzi e lazzi, i Fremen per raggiungere i propri obiettivi devono generosamente sacrificare il proprio sangue accettando perdite molto forti.
Il mio parere si basa in verità su una sola partita che non abbiamo nemmeno portato fino alla fine. Non posso essere definitivo col mio parere, qui, ma questo vecchio gioco si è rivelato molto interessante e capisco perché ci sia interesse a ripubblicarlo. Mi è anche chiaro, adesso, perché le copie usate di Dune riescano a tirare dei prezzi così forti sui mercati degli appassionati.
Il sistema di gioco è stato sviluppato dai progettisti di un altro (semplicissimo) giochino, Cosmic Encounters, e alcuni elementi si riconoscono, nel senso che le caratteristiche delle varie fazioni sembrano fatte apposta per obbligarle a trattare fra loro, allearsi o scontrarsi.
Il gioco si basa sulle forze che si trovano sul pianeta (ma non tutte le fazioni hanno rilevanti forze militari), su delle carte che forniscono vari poteri e che si acquisiscono impadronendosi della Spezia, e sui poteri di ciascuna fazione. Ci sono i vari leader, senza molta caratterizzazione (salvo un numero che ci dice quanto sono in gamba) e alcuni di essi si riveleranno dei traditori. Ovviamente le caratteristiche del pianeta, con le tempeste di sabbia terribili e i vermoni che producono la Spezia, sono ben presenti. I poteri delle fazioni creano delle situazioni interessanti e alcuni sono veramente temibili, come quelli delle sacerdotesse Bene Gesserit, cui ci si riferiva (nella partita che ho giocato) con vari epiteti irriferibili. Che fazione è toccata a me? I Fremen, fieri e bellicosi, molto interessanti nel libro, ma anche dei poveracci: questo si vede molto bene nel gioco dove, privi dei bonus che permettono (agli altri!) di procurarsi carte speciali e vari frizzi e lazzi, i Fremen per raggiungere i propri obiettivi devono generosamente sacrificare il proprio sangue accettando perdite molto forti.
Il mio parere si basa in verità su una sola partita che non abbiamo nemmeno portato fino alla fine. Non posso essere definitivo col mio parere, qui, ma questo vecchio gioco si è rivelato molto interessante e capisco perché ci sia interesse a ripubblicarlo. Mi è anche chiaro, adesso, perché le copie usate di Dune riescano a tirare dei prezzi così forti sui mercati degli appassionati.
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