sabato 18 dicembre 2010

Le distopie di 35 anni fa

Rollerball è un film di fantascienza che mi rimase molto impresso per un semplice motivo: lo vidi da ragazzino e il livello di violenza era molto insolito per l'epoca. Parlo ovviamente del primo, quello del 1975, e non del remake osceno fatto oltre 20 anni dopo.
Il film si avvale della regia di Norman Jewison (quello del primo Jesus Christ Superstar, e pure qui bisogna distinguere, perché anche di quel film è stato fatto un goffo remake), e di una buona performance di James Caan, nei suoi anni migliori. Ottimo uso di musica classica per la colonna sonora. Pessimo uso di un dialogo iniziale (dopo la prima partita) dove vediamo Caan parlare con un dirigente che sarà il suo antagonista principale: uno degli infodump più pesanti e palesi della storia del cinema, pessimo modo di iniziare un film. Forse era meglio mettere delle scritte in sovraimpressione all'inizio, come si fa tanto spesso (senza che nessuno si scandalizzi).

In un mondo dove non ci sono più i poveri ma governa un potere anonimo che crea una inconsapevole insoddisfazione nella gente (che assume psicofarmaci in continuazione), Caan interpreta Jonathan, stella di uno sport violentissimo diventata "troppo" importante in un mondo dove, bandite le guerre, la violenza è confinata in passatempi cretini. Peccato che il passatempo cretino per eccellenza, il Rollerball che consumava i suoi campioni velocemente, ora ha creato un personaggio che per la gente è un eroe. Non un eroe scomodo, all'inizio. A Jonathan hanno portato via la moglie perché il dirigente di una Corporazione se n'era invaghito, senza che lui protestasse (le Corporazioni governano tutto, non ci sono più gli stati, ed è stata fatta un'operazione di riscrittura del passato in stile orwelliano), e all'inizio sembra solo insoddisfatto e confuso, ma non ribelle di fronte all'intimazione di lasciare il Rollerball. (Da qui in poi: SPOILER). Caan è molto bravo a interpretare questo stato d'animo di Jonathan che comincia a "prendere coscienza" e a cercare di indagare il mondo attorno a sé: egli non ha, visto il mondo da cui proviene, gli strumenti culturali per sviluppare più di tanto questa consapevolezza (per dirla in maniera raffinata), e del resto non trova nessuno che lo aiuti (sembrano tutti ignoranti e superficiali, un po' come in Fahrenheit 451). Tuttavia saprà andare dritto al sodo, vincendo l'ultima partita che è stata trasformata in un gioco al massacro manipolando le regole allo scopo di sconfiggerlo.

Così, mentre Jonathan sembrava un personaggio accomodante e facilmente manipolabile, che accettava le amanti inviategli dalla corporazione limitandosi a rivedere le immagini filmate della moglie che gli è stata tolta, e sfogava tutto nel gioco, ora diventa cocciuto, cerca ostinatamente la verità e si oppone alla volontà dei padroni del mondo.

Fermo restando che per il contenuto di violenza questo film dovrebbe essere vietato ai minori, io l'ho trovato bello; allo stesso tempo molto valido per alcuni aspetti, e molto curioso per come sia, da altri punti di vista, così datato e ingenuo. Innanzitutto c'è la ricerca della verità storica da parte di Jonathan, e la scoperta che il passato oltre che manipolato a piacere è praticamente ormai dimenticato, depositato nelle memorie di un'intelligenza artificiale che lo nasconde; il tema del libero arbitrio, dell'impossibilità di essere felici anche quando, superficialmente, si vive in una società che soddisfa tutti i bisogni; la rivincita dell'individualità incarnata dal campione di Rollerball è allo stesso tempo sinistra, dal momento che si tratta di un eroe che uccide in uno sport sanguinario. Le stesse riflessioni di Jonathan mentre osserva un compagno di squadra ridotto a un vegetale in coma sono esplicite, quando sospetta che quella sia l'unica felicità possibile, vivere come una pianta senza pensieri. Non sempre queste tematiche sono portate avanti in maniera avvincente o convincente, a volte sono troppo semplificate, ma il film non è affatto superficiale, pur con questo curioso miscelare ragionamenti e scene di azione brutali.

Rollerball peraltro offre tanti paradossi, visto adesso. In parte era una contestazione al welfare state "dalla culla alla tomba" che poteva esser visto, ai tempi, come un probabile futuro dell'umanità. Comodo ma spersonalizzante, soffocante.
Oggi che stiamo finendo nella palta così velocemente dal punto di vista economico, un mondo di super aziende che ti assicurano un decente benessere (purché non rompi troppo le scatole e le lasci comandare) potrebbe sembrare quasi un paradiso. Guarda un po' che preoccupazioni si facevano, trentacinque anni fa.

Buffa anche l'importanza che vien data allo spettacolo televisivo "tutto per Jonathan" come se uno show dovesse avere chissà quale influenza, e curioso il fatto che un personaggio tutto sommato accomodante venga visto come un pericolo. Oggi vediamo il mondo "corporate" fare i salti mortali per aggiudicarsi un personaggio celebre come testimonial. Ammettiamo che in un mondo in cui l'individualismo è stato volutamente smorzato ci si comporterebbe in modo diverso, ammettiamo anche che le Corporazioni del film (che hanno in passato avuto delle guerre fra loro) debbano stare attente a rispettare una delicata etichetta nei loro rapporti. E Jonathan è simbolo di una sola di esse, (la Corporazione dell'Energia con sede a Huston, stesso posto da cui prende il nome la squadra) quindi creerebbe un problema di equilibri con le altre. Ma comunque resta la sensazione che sarebbe più conveniente aspettare che diventi vecchio e debba ritirarsi comunque, piuttosto che volerlo eliminare a tutti i costi.
Quanto meno, il film fallisce nel creare l'idea di un mondo dove l'individualismo sia stato messo ai margini. Anzi viene messa in evidenza l'ammirazione per i giocatori di Rollerball. Sono visti come dei superuomini, l'importante è che non stiano in circolazione troppo a lungo da diventare una specie di supereroi.

Esiste una sola donna dirigente nel gruppo dei capi di alto livello (si vede in una teleconferenza), per il resto le donne sono lavoratrici (alcune infermiere che si vedono nel film, una massaggiatrice...) oppure bellissime donne con sorrisi stereotipati (mogli, amanti...) che danno un'idea di donne oggetto di lusso. Non poi molto diverso dalla realtà di oggi, forse.

La scena in cui i festaioli (donne in prima fila!) bruciano gli alberi per divertimento poteva esser fatta meglio, resta importante per creare il tono di una società alienata. Anche la scena dello scienziato che dovrebbe svelare la realtà storica a Jonathan e va in crisi di nervi di fronte al computer che nega le notizie è un momento che va dritto allo scopo, sebbene la scena sia ridicola con gli occhi di oggi. Un altro paio di tocchi di questo genere, magari più azzeccati, e avremmo avuto un ritratto della società meglio comprensibile, il che avrebbe conferito maggior realtà e spessore al film.

Al coperto della loro soffice dittatura, i dirigenti della corporazione fanno i loro porci comodi: lo si vede da come hanno spezzato il matrimonio di Jonathan che pure è un privilegiato (tener presente comunque che la ex moglie ha una differente spiegazione). Ma i loro comodi li fanno dopo aver provveduto ai bisogni essenziali di tutti. Non sembrano neanche un po' i pazzi criminali di oggi, che si giocano in borsa, con i derivati, il diritto a una scodella di riso per milioni di persone. Sono antipatici, non si riesce però a odiarli davvero.

Curioso anche il fatto che, nonostante in qualche scena la Corporazione tolga i guanti bianchi e digrigni i denti nei confronti di Jonathan, dimostrando che in fin dei conti il potere non perde mai la propria brutalità, nella riunione (telematica) fra grandi dirigenti si preferisca togliere le regole alla finale del campionato, e sperare che il campione ci rimanga secco, piuttosto che sporcarsi le mani con un omicidio politico.

Da questo punto di vista il film visto oggi è indebolito in uno degli aspetti principali di allora, la "lotta contro il sistema," ma questo offre ancor più grande risalto a un'altra riflessione: al fatto che l'uomo resta sempre una bestia che ha bisogno di affrontare problemi, di combattere, di distruggere o autodistruggersi, e la sua violenza difficilmente può essere esorcizzata (un simile discorso lo faceva anche l'Agente Smith in Matrix, ricordate? Quando diceva che era stato sperimentato un mondo paradisiaco per la Matrice, ma agli uomini che dovevano esserne prigionieri non piaceva). Jonathan il ribelle che "riafferma l'uomo" in un mondo che cercava di vivere una vita forse noiosa ma libera della violenza che lo ha devastato nel passato, potrebbe essere la causa di nuove stragi e nuove sofferenze.
Curioso come oggi Rollerball sia un film ancora interessante, ma un altro film rispetto al giorno in cui uscì nei cinema.

5 commenti:

Hell ha detto...

Be', la mia idea la conosci... :)
Vorrei aggiungere che la pretesa lotta all'individualismo da parte delle Corporazioni è anche trattata superficialmente sotto un altro punto di vista:
come ben sottolinei, già è un paradosso il fatto che in questo tipo di società esista uno sport che, proprio in quanto tale, favorisce il sorgere di individualità e fenomeni di fandom, ma proprio non si capisce perché la corporazione aspetti proprio l'ultimo momento, ovvero quando è già ricco e famoso, per tentare di "far fuori" Jonathan.
Anche qui ci vedo una contraddizione. Che senso ha aspettare che diventi famoso? Per far vincere, nonostante tutto, la sua squadra?

Bell'analisi! ;)

Bruno ha detto...

@ elgraeco: Be', un po' tutta la storia si basa su un'ambientazione che (come abbiamo visto anche sul tuo blog) non convince del tutto, il film è suggestivo, poi qualche parte sta in piedi bene e qualche altra no.

Ammettiamo, per venire incontro all'obiezione, che si scelga di coltivare questi "eroi" proprio per dimostrare che tanto durano poco: se però vediamo l'ammirazione che i "superuomini" ricevono durante la scena della festa (sembrano i "Ronaldo" della situazione!) la mossa sembra comunque azzardata.

Nel caso di Jonathan c'era ovviamente un sacco di tempo per decidere di rovinargli la carriera. Il senso di urgenza non si capisce, l'importanza di questo campionato (dopo che Houston ne ha vinti una cifra) non convince, e sono molto discutibili le mosse del potere, che cerca di far morire Jonathan ma allo stesso tempo innalza la posta in gioco (l'interesse del pubblico) aumentando i rischi anche per se stesso.
Anche accettando lo scrupolo di non voler semplicemente uccidere Jonathan (uno scrupolo che va contro a molte lezioni della storia), ai potenti non mancano i mezzi per rovinare qualcuno senza farsi scoprire.

Però... però... anche per essere un film con dei difetti evidenti, è incredibile quante riflessioni Rollerball riesca ancora stimolare.

Hell ha detto...

Mi hai tolto le parole di bocca: incredibile come si possa discutere piacevolmente su un film che, per quanto impreciso, offre decine e decine di spunti e, soprattutto, altrettante angolazioni da cui vedere le cose.

Sotto questo punto di vista, credo sia il film più ricco che mi sia mai capitato di recensire. La discussione che ne è scaturita è di gran lunga la più interessante mai fatta in rete.

:)

Hell ha detto...

Ah, intendevo dire "la più interessante mai fatta in rete, DA ME".
Sennò poi mi si accusa di essere un megalomane! :P

Bruno ha detto...

Il regista penso che sia uno parecchio abile a studiare le varie angolazioni di un discorso. Lo si vede anche in Jesus Christ Superstar che, sebbene pieno di argomenti che non si capisce esattamente dove vogliano andare a parare (sul fatto che Gesù fosse una "stella" mediatica in un mondo senza media, ribadito in diverse scene, balletti ecc...) dà tutta una serie di stimoli riguardo alla figura di Cristo (e anche a quella di Giuda, uno dei tanti che finiscono all'inferno per le buone intenzioni).
E come in Rollerball c'è lo sport assassino a dare un pugno nello stomaco allo spettatore, in quel film abbiamo una rappresentazione di Cristo tormentata, nevrotica e rabbiosa, fin troppo umana nel vivere addirittura il dubbio su quello che sta facendo.
Non privo dei suoi difetti, anche Jesus Christ Superstar è un film che non ha minimamente perso forza espressiva.