lunedì 28 gennaio 2008

Il Gioco di Ruolo può aiutare uno scrittore?


Ovviamente parlo di uno scrittore del fantastico ma non sarebbe impossibile parlare di altri generi. Ma innanzitutto: se non sapete cosa è un Gioco di Ruolo (GDR) consultate questa risorsa.
Un amico a cui avevo fatto leggere il mio libro (Magia e Sangue) diceva che "il fantasy ha bisogno di scrittori che conoscono il gioco di ruolo." Forse amava il feeling di realismo che necessariamente si crea quando si è costretti a seguire delle regole ed una ambientazione coerente.
Di fatto un GDR, purché non abbia un regolamento sballatissimo, può insegnare qualcosa sulle armi dell'epoca di riferimento, nozioni utili se il conflitto armato è un elemento di cui si vuole scrivere. E quasi tutti i GDR ormai propongono ambientazioni studiate con una certa accuratezza, spesso tratte proprio da libri di argomento fantastico. E' già una scoperta interessante vedere un'opera che abbiamo letto con piacere, analizzata e scomposta in elementi che la rendono spiegabile e giocabile.

Quindi una prima possibile utilità del GDR la possiamo vedere nella costruzione dettagliata di una realtà alternativa. E qui esiste anche una prima differenza di possibilità creative: chi decide di arbitrare un GDR può limitarsi ad acquistare le ambientazioni che esistono (moduli, espansioni ecc...) oppure usare la fantasia al posto del portafoglio e crearsi le proprie. In tal caso può tramutare libri in ambientazioni di gioco (per due volte così ho potuto giocare nel mondo di Zothique di Clark Ashton Smith...). Oppure può dedicarsi a quello svago che amo molto e che può essere così utile alla creazione di una ambientazione fantastica valida anche per un libro: la creazione di mondi.
Dal disegnare una cartina, immaginare terre e mari e una geografia, può già nascere molto. C'è chi pensa che un mondo immaginario debba essere descritto con estremo rigore scientifico (ci vorrebbe quindi un geologo, un botanico, uno zoologo ecc... per creare una ambientazione). Può darsi, ma bisogna anche chiedersi se ne vale la pena. Sia nello scrivere un libro o un racconto, sia nel creare una ambientazione per il GDR, mantenere quello che in inglese si definisce il "sense of wonder" può essere più importante dell'esattezza scientifica di ogni particolare.
Ma una certa attenzione permette già di individuare ed eliminare incongruenze e assurdità che altrimenti potrebbero farsi strada nel nostro lavoro creativo. Si sa, del resto, che le basi devono essere solide per far muovere con sicurezza chi deve narrare: agli spettatori (o giocatori) non è indispensabile far vedere tutto.

(continua)

16 commenti:

Parao ha detto...

Di più, Bruno, agli spettatori è sbagliato far vedere tutto: sarebbe di una noia mortale!

E dissento nel modo più assoluto con chiunque sostenga che per creare un'ambientazione ci vogliano esperti in ogni settore. E' stato ampiamente dimostrato che singoli scrittori sono più che capaci di creare mondi credibili, coerenti e al tempo stesso interressanti.
L'importante è agire con senno.

Anonimo ha detto...

Conoscere il gioco di ruolo credo sia fondamentale per uno scrittore fantasy degno di questo nome per quello che insegna questa esperienza e soprattutto:
- Mettersi veramente nei panni di ogni personaggio.
- Chiedersi il perchè delle cose e trarne le conseguenze
- fare un ambientazione coerente.
Queste cose difficilmente sono innate e si sviluppano giocando e giocando sempre di piu' ci si pongono sempre piu' domande e cercando le risposte si ha un processo di maturazione che viene utile nello scrivere libri come nalla vita quotidiana.
Comunque chi dice che non serve questa esperienza è perchè "guardacaso" non l'ha mai provata....
Ciao Illoca

Bruno ha detto...

@Parao: d'accordo... e del resto è in sintonia anche con l'opinione di Tolkien in materia (invitava a non stare a cercare troppo il dettaglio minuto). Quanto alla ricerca esasperata della verosimiglianza scientifica, la concepisco di più, ovviamente, se parliamo di fantascienza (che non è esclusa dal discorso che sto facendo). Anche se è inutile che lo scrittore si scervelli per immaginare un sistema "credibile" per, che so, volare più veloce della luce.

@Illoca: sull'identificazione con il personaggio e sull'interpretazione, nonché sulla storia, dirò la mia in questo stesso blog nei prossimi giorni (spero). Per quanto riguarda l'ambientazione, di cui abbiamo parlato adesso, il beneficio del GDR mi sembra abbastanza indubbio. Sugli altri argomenti ho una opinione meno univoca.

Anonimo ha detto...

Ti diro,
non ho mai fatto un GDR, ma concordo che possa essere una buona palestra, sebbene non imprescindibile.
Da esterno all'ambiente, penso che tali giochi possano aiutare ad apprendere certi meccanismi nel costruire storie logiche e mondi logici.
La logica dovrebbe essere la prima cosa da imparare per costruire qualcosa (il classico esempio secondo cui non si può costruire una casa partendo dal tetto) ma sono pure importanti delle conoscenze specifiche.
Non dico che si debba essere degli specialisti, ma se uno vuole costruire un mondo deve possedere certe conoscenze (se non vuole averle, per quanto mi riguarda, è solo un pivello che non avrà i miei soldi). Per fare un esempio:
se uno scrittore mette nella sua cartina delle montagne, queste non devono essere messe a caso, ma in base alle semplici nozioni (anche scolastiche) che si hanno sulla loro formazione. Se tu, scrittore, mi scrivi che una montagna è altissima, purissima, levissima e con una bella punta, ma poi dici che è antichissima, mi viene a mancare il fenomeno dell'erosione.
Allo stesso modo (questo è un caso estremo) se uno scrittore mi mette un abete in una zona descritta come se fosse tropicale, sarebbe lecito rimandarlo all'asilo.

Bruno ha detto...

@Giubrone: imprescindibile no, visto che tanti bei libri sono stati scritti prima che esistesse il GDR...

Anonimo ha detto...

Bruno, quando si parla di "gioco di ruolo" non credo sia corretto far riferimento a quando questo è stato concettualizzato dagli psicologi, ma essendo una capacita' intellettuale sviluppata dall'uomo (mettersi nei panni di qualcun'altro) credo debba essere considerato come "da sempre esistente".
Illoca

Bruno ha detto...

Preciserei per evitare equivoci che intendo il gioco di ruolo ludico, moderno, commerciale, come immagino sia abbastanza chiaro dall'articolo. Di ciò che fanno gli psicologi con questo strumento non so abbastanza per poterne parlare. Peraltro la base del gioco di ruolo si trova perfino nei giochi infantili: come dice l'articolo di Wikipedia: il "facciamo finta che" dei bambini è nella sua essenza un gioco di ruolo molto semplice.
Certo, però il gioco di ruolo con carta e matita sicuramente stimola molto di più...

Simone ha detto...

Il gioco di ruolo può aiutare nei primi tentativi di approccio all'ideazione di una storia, visto che avendo regole predefinite facilita in un certo senso il compito dell'autore.

Credo però che sia anche un'arma a doppio taglio, perché il rischio è di fissarsi con quel tipo di storia (problema/combattimento) personaggi (buoni/malvagi) e ambientazione (draghi, maghi ecc).

Vedo tantissimi aspiranti scrittori che scrivono fantasy, e secondo me molti semplicemente si sono fissati col genere e non riescono a parlare di qualcosa di diverso e che magari li rappresenti di più.

Poi il fantasy come genere "scelto" è ok, ma appunto bisogna sceglierlo consapevolmente e non fermarsi lì perché si conosce solo quello.

Simone

Anonimo ha detto...

Premetto che i giochi di ruolo gli ho molto giocati ed amati e ho anche provato sia acimentarmi come master che a creare ambientazioni orignali, seppure con discutibili risultati.
A mio avviso il problema che potrebbe sorgere dipende dal fatto che il gioco di ruolo e' costruito attorno al giocatore, nel senso che lo mette in condizione di agire. Il lettore al contrario e' "rapito" dalla vicenda che, essendo appunto narrazione e non azione, ha una dimensione ed una struttura teas a veicolare contemporaneamente significante e significato.
Dalle mie limitate esperienze mi viene da dire che nel gioco di ruolo a fronte dello sforzo compiuto nel mettere a disposizione del giocatore una situazione non corrisponde da parte del giocatore uno sforzo interpretativo/recitativo di pari intensita'.
In sintesi quindi temo che l'esperienza nei giochi di ruolo possa generare deleteria letteratura fantasy con personaggi egoriferiti (i personaggi da me giocati ne sono un esempio), dialoghi sconclusionati (dal finto aulico allo slang da pizzeria senza soluzione di continuita'), combattimenti fini a se stessi (lascio la spada ed uso il tirapugni per fare "esperienza") e via dicendo.

Anonimo ha detto...

Secondo la mia personale opinione troppi sono convinti che giocare di ruolo possa aiutare se non addirittura essere fondamentale nello scrivere letteratura fantastica.
Io credo che una persona interessata al fantasy possa sì avvicinarsi al mondo dei giochi di ruolo ma, allo stesso tempo, nel momento in cui si passa al sedersi al tavolo per creare letteratura, dadi miniature e regolamenti è bene lasciarli a casa del master di turno.
Dopo, come sempre, ci sono casi e casi. Magari qualcuno può riuscire ad usare a suo vantaggio l'esperienza di giocatore ma personalmente sono più propenso a pensare questa eventualità come un’eccezione e non come la regola.

T.S.

Bruno ha detto...

Le osservazioni di Federico e di T.S. sono pertinenti. E' chiaro che si debba fare dei distinguo, e come già espresso, si dovrà porre attenzione all'uso che si fa dello strumento.
Però il GDR può senz'altro creare quella forma mentis adatta al creatore di mondi e di storie. Per quel che riguarda i personaggi, forse un po' meno; ne parlerò nel prosieguo dell'articolo.

Anonimo ha detto...

E' utile sì, a mio parere.
Impersonare un personaggio nel gioco e renderlo il più possibile coerente aiuta a esercitarsi sulla caratterizzazione dei personaggi di un romanzo o di un racconto.
Caillean

Nena ha detto...

basti pensare che SIC - Scrittura Industriale Collettiva é nato a partire dai gdr... e si che non fanno fantasy

Bruno ha detto...

Scrittura Industriale collettiva... Chi sono costoro?

Anonimo ha detto...

Sono un Master di GDR da almeno 30 anni. Ho praticamente sempre masterizzato perché lo preferisco che a fare il giocatore. Scrivo anche qualche racconto, fantasy oppure no. Il mio metodo di gioco è quello di dare la massima libertà di campo ai miei giocatori e di inventarmi le storie che faccio. Improvviso parecchio durante le sessioni. Tutto questo per dire che per scrivere è necessario essere un Master, non un giocatore. E un master abituato a improvvisare, perché ti abitui a usare la logica, al volo. Ti abitui a non confonderti col colore degli occhi di un NPC o delle caratteristiche della spada del protagonista. Questo ti serve quando scrivi: fai meno errori di valutazione e di memoria e le tue storie non sono mai illogiche. E sei comunque abituato a documentarti: io per far giocare il mio gruppo nella Walhalla mi sono studiato, 3 mesi prima, un saggio di 800 pagine sui miti nordici, l'ho poi adattato al AD&D Seconda Edizione. Ma non è questione di genere: se sei abituato a usare la testa puoi scrivere anche un horror o un giallo che sarà sempre logico e filante. Poi dipenderà dal tuo talento di scrittore, ma lì non c'entra più nulla con il saper fare il Master...

Bruno ha detto...

... giusto!