martedì 16 maggio 2023

La Casa di Jack

 È una buona idea dare un'altra possibilità a Lars von Trier? Probabilmente no, ma peggio che con Melancholia non può andare. Io comunque l'ho fatto, guardandomi questo film del 2018, La Casa di Jack (in inglese, The House that Jack Built), storia di un serial killer interpretato da Matt Dillon. Di storie di assassini ne ho viste fin troppe, ma questo attore è uno dei miei preferiti, per interpretazioni come quelle di Drugstore Cowboy, Rumble Fish, Da Morire. In tutti i film in cui l'ho visto, e oso metterci anche Tutti Pazzi per Mary, la sua interpretazione mi è piaciuta. Anche in questo La Casa di Jack, secondo me, Matt Dillon è bravo, mentre il film ha alti e bassi. Vediamo un po' di che si tratta ma, attenzione, anticiperò la trama.

Jack, il personaggio di Matt Dillon, è un architetto, ma uno che spreca il suo tempo e talento senza combinare nulla di buono. Per via di una eredità è ricco, ma spende il suo tempo in una nevrotica ricerca della casa "perfetta," dei materiali adatti, delle forme a lui congeniali. Comincia a costruire quindi "la casa di Jack," e arrivato a un certo punto scopre di non essere soddisfatto e la fa radere al suolo. E poi prova a costruirla in un altro modo. Più di una volta.

E, ovviamente, Jack ammazza la gente, in una serie di flasback. La prima vittima è una donna piuttosto rompiscatole che gli chiede aiuto per un problema alla macchina. La interpreta nientemeno che Uma Thurman. La poveretta finisce (cadavere) in una stanza frigorifera, che sarà il magazzino dove Jack accumula le sue vittime.

Le scorribande del nostro assassino sono correlate da strani dialoghi, in cui Jack spesso prende in giro la dabbenaggine delle sue vittime, e dalla conversazione con una voce interiore, misterioso personaggio con cui Jack discute della sua vita, della società, dei suoi omicidi e di temi filosofici. Non ha alcuna paura di essere preso, o forse è guidato da una sottintesa volontà di essere alla fine eliminato o catturato dalla polizia... Jack in un caso ingaggia con un poliziotto un pedante alterco, in una situazione in cui ha la necessità di far sparire un cadavere da sotto il suo naso. E manda lettere ai giornali, si comporta in maniera volutamente imprudente, come a dimostrare che il destino sia dalla sua parte. Dopo ogni uccisione mette le sue vittime a congelare nella cella frigorifera.

Ma non è poi così imprendibile, il nostro assassino, e in una surreale scena finale incontra il personaggio con cui ha conversato in precedenza e che per noi era una voce fuori campo. Si tratta di Virgilio, nientemeno. Interpretato da Bruno Ganz, che ora lo accompagna all'inferno; per quanto ne so, La Casa di Jack è l'ultimo ruolo cinematografico di questo grande attore italo-svizzero.

Trovando un possibile percorso di fuga sopra l'abisso fiammeggiante dei dannati, Jack vuol cercare di sfuggire alla propria punizione, sebbene Virgilio lo sconsigli. Ci prova, inevitabilmente cade, e finisce nell'abisso, forse a dimostrazione di quanto si sbagliasse quando si riteneva predestinato a farcela in barba a tutto e tutti.

La Casa di Jack è un film da interpretare, coi suoi momenti noiosi e prolissi (il parlare nevrotico di Jack, per esempio), scene che danno da pensare, un finale strano ma che stimola la riflessione. In effetti il finale, dove Jack va incontro all'inevitabile punizione, incluso il futile tentativo di evitarla, va a creare un sobrio contraltare all'assurdo chiacchierare di questo folle assassino, ai suoi inutili tentativi di costruirsi la casa perfetta, agli insensati crimini che commette. Questo in parte riscatta certe scene violente e altre che fanno semplicemente ribrezzo. La Casa di Jack è andato male al botteghino e certamente non è un film adatto a tutti, ma se siete nella fortunata situazione di non aver mai visto un film di Lars von Trier, e decidete che ne dovete proprio vedere uno, con questo non butterete via il vostro tempo.



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