lunedì 5 dicembre 2016

Breve Storia del Futuro

Strano libro che mi è stato regalato e che ho letto con interesse nonostante un certo iniziale scetticismo, Breve Storia del Futuro è stato scritto da un economista, Jacques Attali: non quindi da uno scrittore di fantascienza che si diverte a fare delle ipotesi, per quanto Attali vanti di aver previsto esattamente molti fatti poi verificatisi... ma non mi è dato di verificare le sue affermazioni. Di lui so che è un francese di religione ebraica e origine pied-noir (ovvero: faceva parte della comunità residente in Algeria, spazzata via dal paese quando è diventato indipendente), ed è stato l'eminenza (economica) grigia dello stato francese per parecchio tempo, ricoprendo importanti incarichi sotto Mitterand e Sarkozy, nonché un banchiere di primo piano. Il libro è già un po' vecchiotto ma è stato aggiornato, quella che ho letto è la versione più recente.

Con tanto curriculum, mi sarei aspettato che questo autore sia un altro cantore delle gioie della globalizzazione, ma non è così: nonostante il libro di Attali abbia una specie di lieto fine appiccicato un po' a forza (vedremo dopo) il ritratto del mondo che verrà non è affatto roseo. La globalizzazione la dà per scontata e inevitabile, non per una bella cosa. Un lettore di romanzi cyberpunk vi vedrà molte delle premesse di quel genere fantascientifico.


Si parte con una storia del mondo che è praticamente una storia dell'economia, interpretata da Attali con delle semplificazioni brutali, tagliate con l'ascia per disporre tutto quanto secondo certe categorie che gli fanno comodo per il suo discorso. Nel mondo avremmo tre tipi fondamentali di ordinamenti che reggono le cose umane: sacrale (rituale-religioso), militare (aristocratico) e mercantile (economico). La democrazia è una specie di sacra meta a cui si arriva con il prevalere dell'ordine mercantile in Europa in tempi relativamente moderni (Attali cancella però le democrazie elleniche, la repubblica Romana ecc... con una grande disinvoltura); con l'ordine mercantile si ha anche un fiorire del libero pensiero e un desiderio di libertà individuale, che è (sarebbe) irrimediabilmente in crescendo nella storia del mondo. Ma, come vedremo, la ricerca della libertà individuale è in paradossale contrasto con certe conseguenze dell'ascesa dell'ordine mercantile.

La storia del mondo è stata scritta da due tipi di popolazioni in perenne contrasto fra loro: nomadi e stanziali. L'elite del capitalismo apolide di oggi, che può spostarsi (coi soldi) da un paese all'altro senza alcuna difficoltà, e che esercita (coi soldi) il suo potere su nazioni e popoli anche distanti, è un esempio di nomadismo. Gli stati organizzati con eserciti, strutture, un popolo che abita in una certa regione sono ovviamente stanziali. Il nomade di Attali è sempre una specie di predone, che viola le regole dei popoli stanziali, li saccheggia e li distrugge a piacere, e questo vale sia per un inventore di software ad alto livello che per un hacker che per un arciere mongolo a cavallo.


L'ordine mercantile ha trovato dei "cuori" che hanno permesso la sua espansione, appoggiandosi a certe invenzioni, a certi retroterra da cui trarre risorse, con una classe dirigente che sapeva aggregare le migliori menti, usava i migliori artisti per il proprio appagamento eccetera. Anche qui tuto tagliato con l'accetta (Genova cuore del mondo economico col potere della speculazione finanziaria?... io non l'avevo mai sentita). Attali fa un elenco di questi centri del potere mercantile nella storia, potete facilmente immaginarne alcuni: Venezia, Anversa, Londra, New York... ma non è una parte fondamentale del discorso perché nella sua profezia Attali non ha una destinazione certa per dove il mercato sposterà il suo nuovo "cuore," quando sarà abbandonato quello attuale, che è Los Angeles.

Il futuro arriverà per Attali in cinque ondate: e la prima (2015 - 2025) sarà la fine del predominio statunitense. Questa è una "profezia" già fatta da altri ma che mi ha colpito, perché ho letto il libro proprio poco dopo l'elezione di un presidente, Donald Trump, che ha parlato della necessità di bilanciare meglio gli impegni della superpotenza americana - non si sa ancora cosa farà ovviamente, ma il "fare l'America di nuovo grande" di Trump sembra che possa passare per l'abbandono di certi compiti internazionali. Nello stesso tempo, la democrazia si imporrà in quegli stati che la rifiutano ancora (forse Cina inclusa). La tecnologia renderà gli spostamenti molto più facili e il collegamento telematico incredibilmente ubiquo e sofisticato. Arriveranno i robot domestici, le auto come le conosciamo oggi per lo più scompariranno sostituite da mezzi leggeri ed economici cui saremo "abbonati" - come per la tessera del tram, diciamo - e che si guideranno da soli. Poveri tassisti, forse hanno trovato quelli che li fregano.

Se gli USA non saranno più la potenza predominante, chi lo sarà? Nessun'altra. La seconda ondata del futuro (2025 - 2035) è quella del mondo policentrico. Mondo in cui si afferma il mercato, in cui tutto viene ridotto a prodotto da venderti a caro prezzo, in cui le garanzie sociali andranno a gambe all'aria insieme con la forza degli stati nazionali. In questo mondo non sarà più così importante dove sia la città più ricca e affluente, per via dei collegamenti sempre più facili. Sorgeranno nuove superpotenze (Cina, India), l'Africa conoscerà una crescita tumultuosa e caotica ma non emergerà del tutto dalla povertà, altre nazioni si sgretoleranno: l'Italia del Nord si libererà della zavorra costituita dall'Italia meridionale.



La terza ondata del futuro sarà quella dell'Iperimpero (2035 - 2050). Gli stati avranno sempre meno importanza, e la democrazia sarà la loro forma generalizzata (e qui mi viene però da dire, se gli stati non hanno importanza, non ha importanza nemmeno la loro forma). Una classe nomade privilegiata (quelli che controllano la ricchezza e la produzione, i tecnici di alto livello, gli artisti di successo ecc...) dominerà su un mondo di persone in parte escluse da ogni beneficio e in parte incluse precariamente, in uno stato di continua ansiosa competizione. I potenti trasgrediranno a piacere le norme statali e sarà quasi impossibile obbligarli a rispettarle (pensate ai grandi gruppi economici che già oggi si avvalgono scandalosamente di paradisi fiscali per le proprie sedi sociali anche se operano nel mondo intero). Gli stati saranno in competizione per attirare i potenti "nomadi" in continuo movimento in modo da poter offrire servizi e approfittare indirettamente del loro ricco stile di vita.
Le persone saranno sorvegliate ossessivamente, nessuno (stato o mutua privata) sarà disposto a concedere assistenza medica a una persona senza averne valutato eventuali abitudini pericolose come fumare o guidare aggressivamente. I servizi che lo stato sarà in grado di erogare al cittadino diminuiranno sempre di più (ne sappiamo già qualcosa, eh?), e parte dell'apparato statale sarà dato in appalto ai privati fino a livelli che oggi riterremmo impossibili.

Dopo l'Iperimpero ci sarà l'Iperconflitto (2050 - 2060). Questa quarta fase vedrà un esplodere di violenza per motivi religiosi, economici, culturali, politici, di divisione delle risorse (anche la semplice acqua...), e per il semplice nazionalismo. Le catastrofi ambientali e la difficoltà di fornire il minimo vitale per tutti renderanno evidente che il mercato globalizzato non ha portato la felicità, e si scateneranno lotte di ogni tipo, al punto da far diventare il mondo occidentale simile all'Africa di oggi. I ricchi dovranno difendersi in proprietà recintate e fortificate, la loro vita sarà bunkerizzata.
Attali elenca una quantità di possibili momenti di scontro (ad esempio, la Cina che si decide a riconquistare Taiwan) anche se, a mio parere, entra in contraddizione con quello che ha scritto prima: in questa fare di conflitto gli stati e la loro volontà dovrebbero ormai essere più che bolliti dagli eventi delle tre fasi precedenti, no? Comunque sia, di motivi per il conflitto non faccio fatica a vederne.



Contro l'ordine mercantile e quello che resta dell'occidente si uniranno tutti i delusi (o gli ideologicamente contrari) alla globalizzazione, in una violentissima resa dei conti. Le religioni diventeranno sempre più centrali in questa rivolta e forse controlleranno eserciti. L'islam cercherà di dominare il mondo (e certi nazionalismi lo useranno come paravento). I nomadi nullatenenti (emigranti in cerca di lavoro o in fuga da varie catastrofi ecc... insomma non i "nomadi" della classe dominante) assaliranno i centri della ricchezza e del potere quando le loro richieste di una vita decente saranno deluse.

Alla fine Attali mette un'ultima fase dove sorge l'Iperdemocrazia, ovvero l'azione di gente per bene, Organizzazioni Non Governative, filantropi che leniranno questi conflitti e inizieranno una nuova era di grande rispetto per le esigenze dell'uomo. In stridente contrasto con una realistica e disincantata disamina delle tendenze odierne, questa età dell'oro in arrivo mi sembra assolutamente posticcia e l'autore non nasconde che la vede più come una speranza che come una necessità storica; per chi leggerà il libro c'è anche una citazione di Marx che fa capire come nei futuri radiosi "ci si debba" credere, più che avere motivo per crederci. Sulla bontà dei "filantropi" ho comunque fortissimi dubbi.

Alcune critiche a questo libro le ho già inserite nel post. Ne aggiungo altre in conclusione: innanzitutto Attali non va molto al di là di quello che si può già intuire come tendenza, anche se riconosco che sappia a volte creare delle immagini molto suggestive. In secondo luogo, la comparsa dell'automazione potrebbe radicalizzare i problemi in tempi più rapidi di quanto Attali pensi e portare o a una conclusione ragionevole (se il lavoro va tutto ai robot, troviamo la maniera di fare campare la gente) o stupida e guerrafondaia (siamo in economia di mercato, se c'è lavoro solo per cento o duecento milioni di persone, così sia).
Un'altra impressione che mi viene è che se davvero andiamo incontro al disgregarsi degli stati, quello che Attali ci descrive è in realtà un medioevo tecnologico, ma in effetti una situazione in cui gli "ipernomadi" della casta dominante potrebbero anche desiderare di evitare, perché potrebbe non essere così facile per loro gestirla a proprio vantaggio. Può darsi che il pendolo dopo essere andato in una certa direzione per tanto tempo adesso abbia una sostanziosa correzione in direzione opposta (con eventi tipo Brexit, elezione di Trump, ascesa di partiti populisti in Europa, ma è presto per valutare l'importanza e la durata del fenomeno).

Se Attali sia in fondo favorevole alla globalizzazione da questo libro non si capisce bene, ma mi sembra che la veda come futuro inevitabile (non solo la globalizzazione, ma anche il fatto che sia gestita dalle elite di "nomadi" sciacalli che conosciamo bene). Il suo libro però fa venire voglia di fare di tutto per evitarla.




6 commenti:

M.T. ha detto...

già, meglio evitarla: dov'è il tasto del reset? :)
Battute a parte, è inquietante, ma alcune cose già ci sono e sono abbastanza visibili.

Bruno ha detto...

Il problema è che se "evitare" vuol dire chiudersi nel protezionismo, sarebbe una strategia perdente alla lunga.

Ivano Landi ha detto...

Ma c'è davvero bisogno di aspettare fino al 2050 per rendersi conto che la globalizzazione ho portato benefici solo a(i soliti) pochi? Spero di no...

Bruno ha detto...

Direi che sono in tanti ad averlo capito, il problema è che se la risposta sta in scatti di rabbia ed esaltazioni rozzamente populistiche (termine abusato, magari, ma non mi pare ci sia una precisa progettualità né dietro la Brexit né dietro la vittoria di Trump) non se ne esce.
Attali non dice che non ci sarà opposizione o "fughe all'indietro" di fronte alla globalizzazione, ma sostiene che la sua forza non verrà arrestata.

M.T. ha detto...

Tanti se ne sono resi conto, tanti hanno denunciato, ma sembra che in molti di più non vogliano ascoltare né fare qualcosa per cambiare.

Bruno ha detto...

@ M.T. queste sono le correnti inarrestabili della storia. Almeno secondo il nostro scrittore...