venerdì 25 settembre 2015

Red Country

A chiudere (forse) coi romanzi ambientati nel mondo della Prima Legge di Joe Abercrombie arriva questo Red Country, e va subito detto che è una chiusura in sordina. Il libro non ha certo la potenza di The Heroes, né la cruenta passione di Best Served Cold. Alcuni personaggi che conosciamo da molto tempo ricompaiono, e uno si congeda "definitivamente" nel senso che muore in maniera abbastanza convincente, al di là di ogni possibile escamotage per resuscitarlo in seguito - se mai all'autore venisse voglia. La storia finisce, se vogliamo, in gloria, con i buoni che riescono a cavarsela, e questo non posso dire che mi dispiaccia. Il problema è un altro. Abercrombie in questo libro opera una commistione (fa un cross over, se vogliamo dirla in maniera elegante) tra due generi, e lo fa in una maniera che non mi ha convinto affatto. Red Country non è in effetti un romanzo fantasy, ma un tipico western, per quanto manchino le Colt e i fucili Winchester. E non lo dico perché c'è qualche elemento che lo faccia pensare, ma perché tutto l'impianto della storia è tipico di una storia western. C'è anche il presagio di un mitico duello finale, roba da film di Sergio Leone, una resa dei conti tra due personaggi che hanno una partita in sospeso da molto tempo. Un duello che si farà aspettare parecchio. Se volete proprio sapere di che si tratta, lo scrivo più avanti in modo da non anticipare qui elementi fondamentali della trama.


Dicevo che si tratta di un western: e infatti avremo una protagonista femminile (Shy South, chissà come lo avranno tradotto in italiano?) che è una ex fuorilegge con tanto di taglia che compariva sui manifesti, ora sistematasi in una fattoria della "frontiera" assieme a due fratellini e a un paio di aiutanti, uno dei quali è una specie di padre adottivo: si chiama Lamb, è un vecchio nordico cui manca un dito (vi fa pensare qualcosa?), mite e rinunciatario, ma forse con qualche scheletro nell'armadio. Avremo il tipico raid in cui la fattoria viene distrutta. Avremo le carovane coi conestoga, e il tipico scout esperto che scorta i pionieri verso una meta malfamata ma, si dice, ricca di oro. Avremo, quindi, la città di frontiera dove tutto è criminalità, gioco d'azzardo, alcolismo, bordelli e perdizione. Avremo gli indiani, solo che qui sono dei selvaggi che vengono chiamati Ghost. Avremo la classica gang di cattivi, che stavolta non sono messicani ma i mercenari di Nicomo Cosca. Uno di essi farà la parte del buono a nulla in cerca di redenzione. Avremo dei cattivi ancora più cattivi, ovvero l'Inquisizione, in cerca di ribelli a cui infliggere sofferenze. Avremo l'attore vecchio e fallito in cerca di nuovi palcoscenici per cercare di resuscitare la propria carriera... Non sto a elencare tutto ma in definitiva, e questo è il vero problema, nessun cliché del western ci verrà risparmiato. E non è un adattamento dei temi tipici del western a un mondo fantasy: è proprio il selvaggio west, uguale preciso, appiccicato brutalmente in un angolo della mappa del mondo della Prima Legge.

L'unico elemento un po' fuori del quadro (ma nemmeno del tutto) è il Dragon People, che mi fa pensare a quelle avventure non propriamente western in cui Tex Willer incontrava qualche strana setta, misterioso residuo delle crudeli civiltà azteche o maya (incontro dal quale tali sette ne uscivano ovviamente coi piedi in avanti, mentre Tex e i suoi pard spendevano un sacco di soldi in munizioni).

Quanto alla storia avremo ovviamente le solite scene brutali, volgari o sanguinolente cui Abercrombie ci ha abituato, e anche qui non è una sorpresa. Shy South e Lamb si battono per la propria famiglia, reale o adottiva, e questo è un tema forte, che pone per una volta tanto la ragione e la giustizia da una parte sola, anche se più che di giustizia con la "G" maiuscola si tratta di persone che si battono per la propria vita e i propri cari. Per farla breve, Red Country non è un bellissimo finale per una serie di libri che fra alti e bassi hanno saputo calamitare il mio interesse, posso dire però che si fa leggere.

Le anticipazioni della trama che ho (quasi) evitato sopra le metto qui, alla fine della recensione, in modo che chi non conosce ancora il libro possa scegliere se terminare la lettura. Il personaggio che finalmente schiatta è Nicomo Cosca, ormai decisamente invecchiato e malconcio dopo una vita dissoluta e alcolica. Non posso dire che mi dispiaccia ma in fondo sembra non dispiacere molto nemmeno a lui. Compare invece nella prima parte del libro Shivers (Brivido) che cerca Logen Novedita per chiudere finalmente la partita con lui. Pensavo che Shivers dovesse recitare qui una parte da protagonista e invece torna solo alla fine, quando riesce a trovare Lamb, ovvero Logen. Precedentemente Shivers aveva rinunciato a vendicarsi su Logen quando ne aveva avuta l'opportunità (Logen era l'uccisore di suo fratello) non volendo macchiarsi di un delitto; questa volta, finite da tempo in completa disillusione le sue speranze di diventare un uomo migliore, Shivers rinuncia allo scontro finale per saggezza, decidendo che è giusto lasciare perdere la vendetta. Mi piacerebbe chiedere ad Abercrombie chi avrebbe fatto vincere, se ci fosse stato lo scontro finale.


3 commenti:

M.T. ha detto...

Confermi le impressioni che avevo letto in rete. Avevo già avuto il sentore di un calo nei libri di Abercrombie, almeno da parte mia: dopo The Heroes, gli altri romanzi non mi sono sembrati all'altezza, seppur validi. Per questo dopo la lettura di Il sapore della vendetta ho deciso di fermarmi con questo autore.

Bruno ha detto...

Il calo serio io personalmente lo vedo in quest'ultimo romanzo dei sei dedicati al mondo della prima legge. Questo è l'unico che m'ha fatto pensare che se non l'avessi letto sarei stato benissimo lo stesso...

M.T. ha detto...

Il fatto del calo dipende che il primo libro che ho letto di Abercrombie è stato The Heroes, per me il migliore, e da lì il resto è stato un gradino sotto.