sabato 5 settembre 2015

La classe operaia (e non solo) va in castigo

Un articolo del Guardian (in inglese) esamina cosa è successo quando sono state rivelate le (pessime) condizioni lavorative che esistono presso Amazon, gigante della New Economy (nonché della globalizzazione).
Una cultura del lavoro competitiva e spietata, che sembra prevedere solo una passata sotto il
bulldozer per concetti quali il rispetto della dignità del lavoratore e i diritti a condizioni lavorative accettabili.
Dal momento che il mondo economico è rimasto inerte di fronte a qualsiasi appello al boicottaggio, sembra che la reazione del management, sostanzialmente una lettera in cui si dice che le cose non stanno davvero così, sia stata sufficiente a sopire qualsiasi contestazione. Insomma, dopo la denuncia cosa è successo? poco. Ma perché?

L’articolo dà diverse giustificazioni per questa indifferenza, compresa una che magari non è molto comprensibile per noi italiani: ovvero che in molte aziende USA il dipendente è incoraggiato a pensare in grande (sperare in chissà quale carriera) e ovviamente poiché non tutti ce la fanno a ottenere quello che sperano, è chiaro che molti siano arrabbiati.
Insomma trattare ruvidamente il lavoratore per il mondo economico non è un problema, finché non vi è una grossolana violazione dei diritti, di quelle che rischiano di creare un pericolo per i profitti dell’azienda (ovvero grosse cause, class action e simili che costringano a sborsare indennizzi clamorosi, un’evenienza che nell’Italia dei diritti dei lavoratori non succede mai, ma nella crudele America capitalista qualche volta si verifica).


Ma se, passando a un discorso più generale, il lavoratore specializzato, con capacità che possono venire contese dai grandi protagonisti della nuova economia, è spremuto come un limone ma ancora ha la prospettiva di una qualche mobilità sociale e di una paga decente, per l'anonima tuta blu, per il bracciante agricolo (peggio ancora) o per il colletto bianco senza grosse capacità da offrire sul mercato c'è una saracinesca di ostile silenzio. Non solo le sempe più difficili condizioni di lavoro, quando lavoro c'è. Più in generale, sembra che della sorte del lavoratore non importi più molto, sebbene, paradossalmente, la maggior parte di noi appartenga alla categoria o vi apparterrebbe se riuscisse a farsi assumere. 

Ci piace parlare di noi stessi quando consumiamo, quando scegliamo dei prodotti e li apprezziamo. Per quanto riguarda il lavoro e le sue difficoltà avverto un disinteresse generalizzato, tra molti di quelli che conosco, al di là di qualche frase di circostanza, di qualche stanco rito sindacale o di ex-sinistra. Un atteggiamento, da parte di chi si può permettere di tenerlo, del tipo: io per mia fortuna sto abbastanza bene. Mi posso permettere questo tablet, questa auto. Il tizio che li produce lavora in una specie di inferno sulla terra? Peccato, ma sono affari suoi. È scontato che chi fa un lavoro poco qualificato viva di merda. Cerco ovviamente di non essere io quello. Parlarne mi annoia, però.


Una volta le condizioni di vita della gente e dei lavoratori (nel nostro paese, nel mondo) erano un problema primario. Un dibattito lungo più di un secolo. Oggi il discorso sembra chiuso. Non è cominciato da poco, questo trend. Se leggete il lungo ma interessante articolo che fu pubblicato su Repubblica dopo il tremendo incidente della Thyssen-Krupp di Torino, constaterete che otto anni fa, quando questa crisi nera ancora non era scoppiata, eravamo già più o meno in questa stessa condizione (citazione: l'operaio "esiste in fabbrica e non fuori, nel lavoro e non nella testa della politica").

Come siamo arrivati a questo?

6 commenti:

Ivano Landi ha detto...

Forse la risposta è ancora la stessa data da Chaplin in Tempi Moderni. Una società formata da pecore ubbidienti al loro buon pastore ha solo due direzioni possibili: o verso la tosatoria (chissà come si dice in vero italiano) o verso il macello.

Bruno ha detto...

Sì, sta succedendo un po' tutt'e due le cose. Ma c'è un modo per impedirlo? Disobbedire, come?

Ivano Landi ha detto...

Non so, tutto secondo me parte dall'individuo. Io nel mio piccolo ho cercato di non esserlo pecora e almeno in parte credo di esserci riuscito.

M.T. ha detto...

Siamo nell'Era dell'Economia. Il denaro è l'unico dio che si riconosce. Denaro e potere sono i valori predominanti. Quando da anni la gente viene presa in giro che gli imprenditori sono benefattori, sono eroi, si capisce che si può fare ben poco contro un sistema che è garante e giudice di se stesso. Le persone non hanno più speranza di cambiamento, sanno di avere a che fare con un potere troppo grande per essere contrastato. Non sono consapevoli che sono stati proprio loro a creare questo sistema, a dargli potere e che come gliel'hanno dato possono anche toglierlo. Sembra impossibile, ma se non lo si alimenta, esso muore, proprio come i vampiri (riferimento all'archetipo, non a quella boiata di Twilight). Se ci si pensa sono la stessa cosa. I vampiri fanno paura perché sono potenti, possono fare grandi cose, difficilmente contrastabili da una persona, ma senza le persone (soprattutto il loro sangue), essi non sono nulla, cessano di esistere. Gli imprenditori, le multinazionali sono la stessa identica cosa e li si ferma allo stesso modo: non gli si dà il permesso (un vampiro non può entrare in un edificio se non è la persona a concedergli l'ingresso), non gli si concede tutto quello che vogliono. E per fare questo occorre consapevolezza. Il problema è che la maggior parte delle persone non vuole pensare, non vuole responsabilità, solo avere un'esistenza tranquilla (non importa se questa non è vita, ma solo sopravvivenza, e se sono altri a pagarne il prezzo).

Bruno ha detto...

Credo che sia stata una grande operazione per farci pensare che questa è la realtà ed è controproducente non accettarla così com'è. Anche perché ovviamente, il paese che con le sue leggi protegge di più chi lavora rischia che le industrie scappino. E con le meraviglie della globalizzazione, poiché le barriere commerciali sono il diavolo, la produzione (tutta quella che può farlo) si sposta dove si può sfruttare meglio. Il bello è che ci guadagna pure il comune mortale (fino a che ha un lavoro e dei soldi da spendere).

M.T. ha detto...

Questo è il fatto: si è voluto e si vuole far credere che questo è l'unico modo di fare, l'unico modo di vivere. Contando che la maggior parte della gente è abituata a seguire, ad affidarsi agli altri, specie quelli che stanno in alto, considerandoli più intelligenti, capaci di fare le scelte migliori per tutti, chi sta al potere può fare quello che vuole, giocando sul fatto che le persone lo ritiene intoccabile. Ed è allarmante come tanti non si accorgono, o non gli danno importanza, il fatto che chi ha soldi (imprenditori) vada al governo a comandare (es. Berlusconi) oppure si leghi a chi è al governo (es. Marchionne con Renzi) per imporre la sua volontà; in un sistema equilibrato ci sarebbe separazione tra potere governativo e potere economico, ma si sa che ai poteri piace andare a braccetto (salvo alcune eccezioni, anche le istituzioni religiose si sono legate fortemente ai primi due, a discapito di quella spiritualità che invece dovrebbe essere le sue fondamenta).
Purtroppo tutto ciò viene visto come qualcosa di normale, ma normale non è, non è neppure umano, piuttosto sembra qualcosa di demoniaco, un meccanismo spietato che richiede in continuazione il sacrificio di tempo, energie, spesso anche vite, di centinaia, migliaia d'individui. Si parla di società civili, additando come barbare quelle del passato, ma, anche se ha cambiato abito, c'è sempre violenza, c'è sempre sopraffazione. Tutto ciò è bestiale.