mercoledì 14 ottobre 2009

Una grana per Stephanie Meyer

Questa probabilmente la sapete già. L'autrice di Twilight (che abbiamo avuto il piacere di vedere per tre secondi e mezzo anche nell'omonimo film) è chiamata in causa da un'altra scrittrice con l'accusa di aver copiato (o tratto pesantemente ispirazione) da alcune parti del suo libro The Nocturne. L'opera di Stephanie Meyer in questione non è lo stesso Twilight ma Breaking Dawn, il quarto libro della serie.
L'accusa parte dalla giovane Jordan Scott, che avrebbe scritto il suo libro dai 15 ai 18 anni, pubblicandolo nel 2006 con Barnes and Noble in 5.000 copie tutte andate vendute. Insomma, una baby-autrice. Alla faccia di chi pensava che sta scalogna ci fosse solo da noi.

Breaking Dawn è stato pubblicato nel 2008 (i precedenti libri della serie sono comparsi tra il 2005 e il 2007). Secondo l'accusa della signorina Scott, ora ventunenne, Breaking Dawn è diverso dagli altri libri della serie, e questo perché avrebbe ricevuto l'influenza stilistica del suo Nocturne, in dialogo, trama e personaggi rappresentati. Chi ha letto le parti incriminate riferisce di situazioni e dialoghi molto simili, per quanto la Meyer abbia detto di non aver mai letto The Nocturne.
La giovane miracolosa scrittrice, oltraggiata dal saccheggio del proprio patrimonio intellettuale, ha intimato a Stephanie Meyer di cessare la pubblicazione di Breaking Dawn. Chi lo avrebbe mai detto, la Meyer se n'è fregata. Pertanto la faccenda sta finendo in tribunale.

Le mie considerazioni in merito:
1) Se ha dovuto davvero copiare da una che ha pubblicato a 18 anni, il livello medio della serie non è aumentato molto, a partire da Twilight.
2) Forse quando ci si limita a rimescolare i soliti quattro elementi in croce che fanno la moda di turno, certi inconvenienti sono inevitabili anche senza che nessuno abbia voluto copiare. Un po' come se si fossero mischiati gli ingranaggi che scrivevano i romanzetti sconci per i prolet in 1984 di Orwell...
3) Comunque intentare una causa contro qualcuno di più celebre può sempre essere uno stratagemma promozionale... Se poi si ha ragione, ci scappano anche dei bei soldi. Sarà vero che Michael Jackson ha voluto copiare Al Bano? (pensate un po', Al Bano Carrisi...). Chi lo sa, ma qualche milione di dollari alla fine ha dovuto darglielo...
4) Se il primo libro della Meyer è uscito nel 2005 e quello della Scott nel 2006, non è che la Meyer potrebbe invece accusare la Scott di aver scopiazzato le sue tematiche?
5) In attesa di vedere come finisce questa storia, facciamoci due risate.

2 commenti:

Alberto ha detto...

Quoto in pieno... mai sforzarsi di produrre qualcosa di nuovo; è chiaro che, se usufruisci di un tema ben collaudato e alla moda, prima o poi scopri che qualcuno è arrivato prima di te. Poi non è detto che sia plagio, non esistono molti modi diversi di sviluppare la stessa storia e la convergenza (anche stilistica) è in agguato.
In questo Lovecraft è stato un genio, visto che ha chiesto esplicitamente ad alcuni amici (C.A. Smith, Howard, Bloch ecc.) di utilizzare liberamente il suo "universo" dei miti di Chulhu e di arricchirlo a piacimento.
Il risultato? C'è gente che scrive sui "miti" ancora oggi, dopo 72 anni danna morte di HPL. Non male, come eredità :-)

Bruno ha detto...

Be', sul "mai sforzarsi di produrre qualcosa di nuovo" posso dire che in questo contesto ci sono pochi ingredienti e sempre gli stessi: scrivere vampire romance è soprattutto operazione di cassetta anche se chissà che non arrivi qualche mente geniale a ribaltare e rivoluzionare con ironia e irriverenza questo filone del romanzo rosa. Ne dubito: questi sono i settori dove i lettori (lettrici) vogliono essere rassicurati con la monotonia di certi elementi che devono esserci sempre.
Andare in tribunale per un palgio su un libro di questo genere mi sembra ridicolo, anche se bisognerebbe leggere i passi incriminati. Ma chi ha voglia?
Difficile accostare Lovecraft, che sta in un altro mondo (a tutti gli effetti). Come molti dei grandi, lui non ha sfondato e problemi commerciali non ne aveva, tanto che ha permesso ad altri scrittori di usare il mondo che ha inventato.