venerdì 4 aprile 2008

Letteratura vera, e quella di Serie B

Nel corso di scrittura creativa offerto a poco prezzo dal Comune di Milano, ci fu un passaggio scontato ma che non poteva mancare: la diligente riaffermazione delle tesi di Benedetto Croce per cui la narrativa letteraria sarebbe superiore alla narrativa di genere (termine che evolve dal cosiddetto romanzo popolare ottocentesco e che include il giallo, il fantasy, l'horror e così via); la prima ha valore artistico, la seconda è invece stereotipata, ridotta a schematismi, volta a priori a sollecitare questa o quella pulsione nel lettore anziché appellarsi ad un senso estetico complessivo.

Ovviamente c'è tutta una teoria filosofica dietro all'estetica crociana, ma non ho intenzione di rifilarvela qui. Potrete approfondire meglio altrove, visto che per la filosofia ho moderate capacità e pochissima passione.

Ovvio corollario della critica crociana è che la letteratura di genere sarebbe grossolanamente commerciale. Per il nostro celebre intellettuale infatti l'arte è un'attività spirituale che deve avere la propria autonomia: libera dalla ricerca dell'utile economico, quindi, e anche dalla morale o dall'attività conoscitiva.
Per quanto riguarda il fantastico, il nostro aveva poche simpatie: poiché la cultura italiana nasce in un paese "solare," poco ci si adattano le brume nordiche popolate di spettri. Non ho la citazione sottomano ma per quanto ne so, posizione non molto diversa tenne prima di lui il Manzoni. Se la tesi sulla letteratura di genere può essere valida per chi la apprezza, che in Italia non si possa gradire il genere fantastico è opinione che non è più possibile sostenere. Il tempo, e la diffusione di fantasy e fantascienza, hanno fatto giustizia di certe frasi fatte che possono essere solo opinioni personali (magari anche illustri) e non dogmi. Persiste ancora, da parte di chi si occupa della letteratura alta, la facile equazione fantasy = merda (e lo stesso per la fantascienza).

Chissà se esiste ancora una letteratura alta esente da ogni costrizione commerciale, ci sarebbe da chiedere, dal basso del nostro sterco.
Quanto alla diatriba contro la letteratura di genere, mi prendo la briga di tradurre qualche riga dell'intervista a Patrick Rothfuss, autore de "Il Nome del Vento," un ottimo libro di genere, ne ho parlato non molti giorni fa su questo blog:
Ma cosa significa "libri di genere"? Col passar del tempo la definizione "narrativa di genere" m'irrita sempre di più. Sembra implicare che solo una, la "narrativa letteraria," sia la vera narrativa, e qualsiasi altra sia la sua cugina bastarda. Io dico, la narrativa letteraria è solo un genere come un altro. Ha le sue regole e i suoi difetti come qualsiasi altro. E come per gli altri generi, l'85 per cento della narrativa letteraria è merda allo stato puro. Pretenziose, autoreferenziali, manieristiche stronzate che trascurano ciò che dà valore a una storia. Parlo di buon uso del linguaggio, una buona trama, validi personaggi e, si spera, qualche contenuto di valore qua e là.
Ora, per evitare che mi si accusi di avere un pregiudizio, ci tengo a confermare che lo stesso vale per il genere fantasy. La differenza è che la narrativa letteraria tende a prediche noiose o storie prive di ogni vivacità, il fantasy tende a dei cliché, storie di stregoni malvagi che cercano di distruggere il mondo, di giovani principi il cui avvento era stato previsto da una profezia, Elfi con i loro archi, spade magiche, cupi vampiri, unicorni...

Non posso che essere d'accordo, ricordando però che anche i cliché possono essere reinventati, come lo stesso Rothfuss ha fatto.

Ora, però, se gli autori vogliono scrivere fantasy rifiutando di essere Serie B, cerchino di non scrivere "manieristiche stronzate".

Link: L'intervista a Rothfuss (in inglese); la pagina di Wikipedia su Benedetto Croce.

10 commenti:

Mirtillangela ha detto...

Ciao! Innanzi tutto complimenti per il blog, lo sto spulciando da un pò e fino ad ora non ho trovato post non interessanti!

Quanto al tema trattato in questo articolo specifico, che dire, sul mio blog se ne è parlato spesso in diversi momenti, ma quello che emerge sempre è la domanda angosciosa: perchè gli italiani snobbano tutto, spec. il fantasy nostrano?

La risposta l'ha data tu. Croce e compagnia hanno talmente impregnato la cultura italica di profonda snobberia nei cofronti dei generi ritenuti non nobili, che ancora si fa fatica a non storcere il naso davanti a produzioni, e passioni, fantastiche.

Del resto, come noti tu, oggi quale letteratura è libera dai vincoli del mercato?? Quindi che senso ha ragionare in termini di libri veri e libri così così?

Bah, ai posteri l'ardua sentenza!

Bruno ha detto...

Ringrazio per i complimenti. Quanto al fantasy lo vedo in cattiva salute dappertutto, nel senso che quel libro che ha successo raramente è quello che mi sembra valido. Senza nulla togliere alla fatica che ci vuole per avere successo. Per gli italiani ci vuole che nasca abbastanza interesse (e qui torniamo al vituperato mercato) perché trovino la forza e la voglia di farsi le ossa e migliorarsi: speriamo che questa possibilità si crei. Ovvero, speriamo che si smetta di snobbarli.

Mirtillangela ha detto...

Io penso che sia editori che scrittori dovrebbero liberarsi un pò dell'elitaria visione della letteratura di cui parlavi nel post; se è vero che le case editrici "snobbano" il prodotto fantasy nostrano è pure vero che anche gli autori hanno interiorizzato una visione "alta" della letteratura. Le conseguenze? Libri fantasy tendenzialmente "educativi" o comunque carichi di "messaggi" e target giovanissimo.

Forse una virata maggiormente "matura" gioverebbe al futuro del nostro fantasy ma entriamo nel merito delle preferenze degli scrittori quindi mi taccio! ^^'

Bruno ha detto...

Quanto al target: evidentemente quello giovane conta, come dici tu, e immagino sia quello che dia i maggiori guadagni. Ci sono molti però che si lamentano dell'eccessivo rivolgersi da parte degli autori a un pubblico giovanile.

Quanto alla visione della letteratura, penso che lo scrittore dovrebbe per prima cosa cercare di creare una storia avvincente. I contenuti di qualità (messaggi morali, sociali, filosofici, politici ecc...) possono essere ovunque, senza che il libro debba per forza avere un contenuto "esplicitamente" impegnato. Ad ognuno il suo parere, personalmente nel fantasy non amo che si scenda troppo esplicitamente su temi impegnati, apprezzo molto di più che si rimanga nel sottinteso o nel breve spunto.

Anonimo ha detto...

Secondo me c'e' un equivoco.

Io non credo che croce volesse dire:

"letteratura alta"=bellissimo
"letteratura di genere"=cacca.

semplicemente diceva:

c'e' l'arte.
e ci sono altre cose che non sono arte.

Per fare un esempio (nell'illustrazione fantasy): io amo Matthews, Harrison, Day, Olivier, Frazetta.

Ma sebbene sian bravissimi e mi piacciano molto non li reputo "arte"

Giger e' al confine dell'arte (IMHO, ovvio). Come Dali'.

Ma (IMHO) l'arte nell'illustrazione fantastica si sprigiona quando si sprigiona.

Come in tutte le forme espressive.

E croce non voleva categorizzarle.
Semplicemente fotografo' che alla sua epoca e per lui la narrativa fantastica
non aveva ancora raggiunto una massa critica tale di opere valide da poterla annoverare come arte.

Pur partendo da una tradizione letteraria che parte da un viaggio nell'aldila' per passare ad una storia di ippogrifi e di senno nascosto sulla luna e sbocciare nella classica favola di amore contrastato dal signorotto del castello.

Be croce non era proprio fesso. Sapeva bene che la letteratura italiana del passato era impregnata di "sense of wonder".

Era quella del suo presente che iniziava a latitare.

Su quella del mio presente taccio.

Bruno ha detto...

appunto, ma partendo dal discrimine "questa è arte, quella non lo è" si fa presto ad arrivare al brutale corollario "questa è roba di valore, il resto è merda."
Il fatto che l'autore americano che cito (fa il professore, tra l'altro) s'incazzi per i medesimi motivi indica tra l'altro che certi punti di vista hanno lasciato lo zampino anche in paesi che sanno onorare in ben altro modo il fantastico.
A parte che la mancanza di massa critica relativa a un genere non impedirebbe alla singola opera appartenente a tale genere di essere "arte."
Ma la visione crociana era ancor più restrittiva, visto che si inventava un'incompatibilità del popolo italico con i toni gotici e oscuri che gli venivano da un nord europa con cui evidentemente aveva poca voglia di confrontarsi.
Poi per carità, le sue tesi avranno avuto una maggiore complessità, e tuttavia il suo atteggiamento verso il fantastico mi pare tutto fuorché illuminato.

Quanto all'arte figurativa ti ringrazio per le tue impressioni, a cui però... non sono in grado di aggiungere gran che!

Anonimo ha detto...

Emmeesse scrisse:

c'e' l'arte.
e ci sono altre cose che non sono arte.
Per fare un esempio (nell'illustrazione fantasy): io amo Matthews, Harrison, Day, Olivier, Frazetta.

Ma sebbene sian bravissimi e mi piacciano molto non li reputo "arte"

Giger e' al confine dell'arte (IMHO, ovvio). Come Dali'."


Quest'ultima frase mi ha messo in crisi... Su Giger posso essere d'accordo, su Dalì, mah!
Mi piacerebbe che emmeesse approfondisse il discorso.
Mi intriga che uno come Dalì venga considerato ai limiti.
Prorpio uno come lui che si considerava l'artista per eccezione

LucaCP ha detto...

Bruno, grazie mille per la segnalazione. Non posso che confermare le parole di Rothfuss; è inutile crocifiggere un tipo di letteratura per innalzarne un altro. Bisogna riconoscere l'esistenza di entrambe le tipologie, eliminando i pregiudizi.

Mi ritrovo in particolare in questo passaggio: "l'85 per cento della narrativa letteraria è merda allo stato puro. Pretenziose, autoreferenziali, manieristiche stronzate che trascurano ciò che dà valore a una storia. Parlo di buon uso del linguaggio, una buona trama, validi personaggi e, si spera, qualche contenuto di valore qua e là.". Manieristiche Stronzate. Non potevo dirlo meglio.

Klytia ha detto...

Girellando nel blog sono inciampata in questo interessante articolo: l'eterno dilemma sul cosa è arte e cosa non lo è.
Non mi pronuncio sulla qualità dei romanzi nostrani, fantasy e non, che conosco davvero poco per pregiudizi miei; ma che in Italia tutto debba essere colto e impegnato, ahimè, è un dato di fatto.

Mi allaccio al commento di Bruno, che condivido, "ma partendo dal discrimine "questa è arte, quella non lo è" si fa presto ad arrivare al brutale corollario "questa è roba di valore, il resto è merda."" per dire che in fondo il "problema" venne risolto a suo tempo da Manzoni, non Alessandro bensì Piero, con la sua "Merda d'artista". Se anche la cacca diventa arte allora tutto è arte, che poi è il concetto che voleva esprimere Manzoni (per inciso a me queste forme di "rottura" sembrano spesso delle prese in giro, ma vabbè, concediamo a Manzoni il fatto che fu il primo)
Il confine da cosa è arte e cosa non lo è è davvero labile e spesso soggettivo, ho trovato anche gente che riesce a distinguere tra "Arte" e "arte", contenti loro...

Da brava esterofila quale sono ho sempre preferito questa frase di Wilde, soprattutto la parte finale che si adatta a qualunque "etichetta" letteraria : "There is no such thing as a moral or an immoral book. Books are well written, or badly written. That is all".
Con buona parte di Croce, che dalla sua parte ha il fatto di essere figlio della sua epoca, e di tutti gli intelletualoidi contemporanei che ne adottano la critica letteraria.

Bruno ha detto...

Non posso che concordare (bella poi la frase di Wilde).
Quanto alle geniali trovate degli artisti che riescono a trasformare la merda in arte, sono prese per i fondelli che in fondo apprezzo, anche se, come tutti i giochi, sono belle se durano poco. Non comprerei un barattolo di quella mercanzia, però.