Quest'anno lo ricorderemo come uno dei più difficili, anche se penso che il peggio (dal punto di vista della crisi economica) debba ancora arrivare. Ma a parte la situazione economica, sociale e politica del Paese, potrei dire di aver avuto qualche soddisfazione personale con la pubblicazione di due racconti, nei 365 Racconti Horror per un Anno e nel Magazzino dei Mondi. La cosa che invece mi spiace di più è che sto ancora lottando per vedere pubblicato il mio gioco (che davo per certo solo un annetto o due fa: stolto!) e non ho avuto tempo di procedere coi miei progetti librari.
A parte i fatti miei personali, il 2011 si segnla anche per lo "sdoganamento" dei lettori di ebook. Due anni fa avevo cercato di fare il profeta su quello che poteva comportare questa rivoluzione (in seguito il tema su come cambierà il mondo, l'editoria, l'intero universo con l'avvento del lettore digitale è diventato tormentone periodico di riviste e quotidiani, e non più solo sfizio di qualche blog). Anche qui, però, non c'è da essere troppo ottimisti. Salvo qualche decantato caso, non è nata una editoria "democratica," di qualità e diffusa dal basso per mezzo degli ebook, anzi si rischia un clamoroso monopolio fatto di macchine dedicate e autorizzazioni DRM quando di distributori sul mercato ne sarà rimasto solo uno.
Ma a parte le fosche previsioni, quello che si deve constatare adesso è un sostanziale cartello per non abbassare i prezzi (salvo la "guerriglia" delle piccole case editrici), decisamente una grossa delusione.
Letture del 2011: per il fantasy non ho dubbi, la lettura (mia) più interessante dell'anno è The Wise Man Fear di Rothfuss. Per la fantascienza, The Windup Girl di Bacigalupi. Entrambi letti in lingua originale. Italiani: senz'altro il Burattinaio di Barbi.
Quanto al 2012, ci riserva probabilmente molti dolori, ma almeno quando sarà finito avremo fatto una risata sulle profezie che lo indicano l'anno della fine del mondo. Facendo i debiti scongiuri, ovviamente.
sabato 31 dicembre 2011
martedì 20 dicembre 2011
Nel prequel di Alien non c'è Alien
Un rapido aggiornamento sulle fatiche di Ridley Scott intenzionato a tornare alla fantascienza con il prossimo film. Prometheus, il "prequel" di Alien, non avrà affatto un collegamento diretto con la storia che tutti conosciamo. Anzi, non ci sarà la creatura terrificante che amiamo così tanto. Che fregatura, eh? Comunque il legame c'è, nel senso che si tornerà a parlare dell'astronave dove Alien (o meglio, il suo bozzolo) viene incontrato per la prima volta. Chi era il personaggio (cadavere) che si vede nella scena? Da dove veniva la misteriosa astronave? dove era diretta? E se siamo di fronte alla civiltà che ha creato un'arma biologica così potente (perché questo è Alien, in fondo) cos'altro potrebbero fare questi stranieri?
Bene, aspetto con ansia il risultato, anche se il perfido mostriciattolo mi mancherà.
Bene, aspetto con ansia il risultato, anche se il perfido mostriciattolo mi mancherà.
domenica 18 dicembre 2011
Segnalazioni
Un fine settimana privo di novità per Mondi Immaginari. Segnalo però un paio di cose in giro per la rete.
Innanzitutto, nel blog di Ferruccio Gianola abbiamo i consigli di scrittura di Neil Gaiman.
Per chi ha qualche soldo da spendere, nel blog di Patrick Rothfuss è segnalata una serie di iniziative di beneficienza (donazioni, aste, ecc...).
La Torre di Tanabrus invece ci porta al libro rivelazione (praticamente un evento prima ancora che qualcuno del comune pubblico lo avesse letto...) The Night Circus.
E qui chiudo. Buon Natale se non riesco ad aggiornare prima...
Innanzitutto, nel blog di Ferruccio Gianola abbiamo i consigli di scrittura di Neil Gaiman.
Per chi ha qualche soldo da spendere, nel blog di Patrick Rothfuss è segnalata una serie di iniziative di beneficienza (donazioni, aste, ecc...).
La Torre di Tanabrus invece ci porta al libro rivelazione (praticamente un evento prima ancora che qualcuno del comune pubblico lo avesse letto...) The Night Circus.
E qui chiudo. Buon Natale se non riesco ad aggiornare prima...
giovedì 15 dicembre 2011
Sangue straniero e letteratura fantasy
L'accaduto è doloroso, ma dedicherei un grandissimo "chi se ne frega" riguardo allo specifico fatto che l'assassino di Firenze fosse un amante del fantasy. Perché bisognerebbe sentire il bisogno di chiedere scusa di esistere? Perché allora non va Clint Eastwood a chiedere scusa per aver interpretato
l'ispettore Callaghan, visto che l'uccisore di Firenze era
"ossessionato" dalla figura del giustiziere cinematografico?
Perché la chiesa non chiede scusa per la strage di Oslo visto che l'aggressore (Anders Breivik) era un fanatico cristiano e si definiva un crociato? La verità è che questi personaggi sono semplicemente pazzi, e di fatto nel caso di Breivik la schizofrenia è stata diagnosticata.
Di qualsiasi cosa si parli, anche fosse del tutto paciosa e pacifica, si corre il rischio di essere associati a qualche azione brutta... così come tanti altri interessi, il fantastico può piacere a gente molto varia: che il mondo se ne faccia una ragione.
Perché la chiesa non chiede scusa per la strage di Oslo visto che l'aggressore (Anders Breivik) era un fanatico cristiano e si definiva un crociato? La verità è che questi personaggi sono semplicemente pazzi, e di fatto nel caso di Breivik la schizofrenia è stata diagnosticata.
Di qualsiasi cosa si parli, anche fosse del tutto paciosa e pacifica, si corre il rischio di essere associati a qualche azione brutta... così come tanti altri interessi, il fantastico può piacere a gente molto varia: che il mondo se ne faccia una ragione.
lunedì 12 dicembre 2011
Sangue, budella e messaggi politici
Non è che capiti spesso un film che riesca ad avere le parentesi nel titolo, ma Frontier(s) ce l'ha. L'originalità vorrebbe averla anche nell'accostare a una storia di orrore e follia neonazista gli episodi di violenza della periferia parigina, ma il tentativo fa ridere.
Il regista è Xavier Gens (francese, come del resto il film), che ha partecipato anche, più recentemente a La Horde, un'apocalisse zombie alla parigina. Gli attori a me sono sommamente sconosciuti. La trama parte da Parigi, nella tensione di un'elezione politica in cui l'ultradestra sta per andare democraticamente al potere, cosa che fa scoppiare dei disordini. Un gruppo di emarginati del ghetto, dai volti e dai nomi arabeggianti, approfitta del momento caotico per cercare di fare una rapina.
Il colpo va male e uno dei nostri poveri emarginati resta ferito, e con questo problema anche la lealtà reciproca dei membri del gruppo vacilla. Per farla breve, decidono di mollare il ferito in ospedale e di fuggire verso il confine in due gruppi separati.
Uno di questi gruppi, ovvero due dei rapinatori, si ferma in un posto fuori mano e va in un albergo. I nostri due fuggiaschi vengono accolti da due ragazze, una che si dimostra subito fin troppo ammiccante, accogliente e di facili costumi, l'altra che guarda con fissità e risponde a monosillabi. Inoltre il personaggio che va a preparare le stanze ha una faccia patibolare, e il posto è una schifezza.
A questo punto una persona con un po' di cervello, anche di fronte alla trappola sessuale, dovrebbe dire: "senta ci ho ripensato, preferisco fare altre 18 ore filate in autostrada" ma ovviamente nei film dell'orrore le vittime non capiscono mai le cose più ovvie...
E finalmente arriviamo a sangue, mutilazioni, violenze, gente fuori di testa e via dicendo, come nella premessa iniziale. Questo è quanto: valore del film? Poco. C'è una certa capacità di rappresentare personaggi inquietanti in un ambiente malato, ma avrebbe valore se ci fosse una tensione psicologica che arrivi nel finale all'esplosione di violenza, qui invece qualsiasi (eventuale) talento è sprecato in un tripudio di sbudellamenti. Buon divertimento.
Il regista è Xavier Gens (francese, come del resto il film), che ha partecipato anche, più recentemente a La Horde, un'apocalisse zombie alla parigina. Gli attori a me sono sommamente sconosciuti. La trama parte da Parigi, nella tensione di un'elezione politica in cui l'ultradestra sta per andare democraticamente al potere, cosa che fa scoppiare dei disordini. Un gruppo di emarginati del ghetto, dai volti e dai nomi arabeggianti, approfitta del momento caotico per cercare di fare una rapina.
Il colpo va male e uno dei nostri poveri emarginati resta ferito, e con questo problema anche la lealtà reciproca dei membri del gruppo vacilla. Per farla breve, decidono di mollare il ferito in ospedale e di fuggire verso il confine in due gruppi separati.
Uno di questi gruppi, ovvero due dei rapinatori, si ferma in un posto fuori mano e va in un albergo. I nostri due fuggiaschi vengono accolti da due ragazze, una che si dimostra subito fin troppo ammiccante, accogliente e di facili costumi, l'altra che guarda con fissità e risponde a monosillabi. Inoltre il personaggio che va a preparare le stanze ha una faccia patibolare, e il posto è una schifezza.
A questo punto una persona con un po' di cervello, anche di fronte alla trappola sessuale, dovrebbe dire: "senta ci ho ripensato, preferisco fare altre 18 ore filate in autostrada" ma ovviamente nei film dell'orrore le vittime non capiscono mai le cose più ovvie...
E finalmente arriviamo a sangue, mutilazioni, violenze, gente fuori di testa e via dicendo, come nella premessa iniziale. Questo è quanto: valore del film? Poco. C'è una certa capacità di rappresentare personaggi inquietanti in un ambiente malato, ma avrebbe valore se ci fosse una tensione psicologica che arrivi nel finale all'esplosione di violenza, qui invece qualsiasi (eventuale) talento è sprecato in un tripudio di sbudellamenti. Buon divertimento.
sabato 10 dicembre 2011
Garage Ermetico (molto)
Dal momento che mi piacciono i fumetti ma sono scettico su quello che arriva dal Giappone, dovrò amare ovviamente qualcos'altro. Tra le mie preferenze trovano posto gli autori francesi (e giù di lì) e fra questi l'immaginifico Moebius (Jean Giraud) di cui ho ripescato un'opera di parecchi anni fa: Il Garage Ermetico. Un fumetto da anni settanta, quando un autore poteva uscir fuori di testa, mettere su carta quello che gli pareva ed essere pubblicato. Il nostro Moebius fece praticamente a meno di una storia e di una sceneggiatura, seguendo un filo conduttore che lasciava il lettore estremamente sul vago. Idea veramente azzeccata se dopo un po' le cose si fossero ricucite andando da qualche parte, purtroppo non è proprio così.
C'è un tizio in fuga, un altro che lo insegue, e... boh? Più che altro abbiamo un inseguirsi di situazioni, di scenografie, di esplorazioni nel tratto dell'autore, un insieme senza ordine definito che cerca di creare delle sensazioni ma non di comporre una storia.
Comunque è disegnato bene, e si fa leggere.
C'è un tizio in fuga, un altro che lo insegue, e... boh? Più che altro abbiamo un inseguirsi di situazioni, di scenografie, di esplorazioni nel tratto dell'autore, un insieme senza ordine definito che cerca di creare delle sensazioni ma non di comporre una storia.
Comunque è disegnato bene, e si fa leggere.
giovedì 8 dicembre 2011
Estrapolazioni
Condivido un articolo che ho letto in rete tempo fa, non è roba nuova ma merita qualche approfondimento. Scrivere sul futuro, quindi essenzialmente fantascienza, richiede una capacità di estrapolare dal presente (della tecnologia) il futuro (della medesima). Scrivere fantascienza non è necessariamente un tentativo di predirre tutto il futuro, ma direi che non vale la pena di chiamare fantascienza un libro, o un film, se non c'è un'analisi, una previsione, una scommessa su sviluppi tecnologici e sociali. Questo indipendentemente dal fatto che oggi l'etichetta fantascienza non la voglia praticamente nessuno.
Nel post alcuni autori di una certa fama (Larry Niven tra gli altri) sono stati invitati a dire la loro.
Alcune considerazioni sono molto interessanti.
Le previsioni non possono essere a lungo termine, oltre 10 o 15 anni (Nancy Kress). Questo perché intervengono sviluppi non ipotizzabili, basati su novità tecnologiche improvvise e imponderabili. Vero, dico io, ma solo se si cerca di azzeccarci anche nei dettagli. Non c'è niente di male nel fare del world-building a scadenze molto più lunghe (anche nell'articolo è una delle vie consigliate, ma per un altro motivo: nessuno ti potrà venire a dire che le tue previsioni non erano azzeccate).
L'economia detta legge (Robert Sawyer). Nel 1969, quando l'uomo sbarcò sulla Luna per la prima volta, forse nessuno avrebbe detto che tre anni dopo ci sarebbe stato l'ultimo episodio di questa esplorazione. Gli scienziati e i fanatici dell'eplorazione spaziale possono pensare quello che vogliono, ma se non c'è convenienza a fare una cosa, non si farà.
La mia opinione: ok, è un argomento potente. Se devi pensare che il futuro non sia dettato da considerazioni economiche devi anche immaginare e giustificare un importante cambiamento sociale che trasformi il contesto. Per esempio, per qualche plausibile motivo una superpotenza dovrebbe cadere sotto il dominio di un tiranno che voglia e possa spendere denaro a palate per andare a farsi una passeggiata su un satellite di Giove, fregandosene di problemi più urgenti. Difficile. Credo comunque che le difficoltà tecniche abbiano smorzato gli entusiasmi verso l'esplorazione dello spazio tanto quanto la mancanza di un ritorno economico immediato. Il costo per fare un passo significativo, ovvero trovare un luogo da cui sia sensato trarre materie prime o un pianeta vivibile per esportare popolazione in eccesso, non è nemmeno immaginabile, perché la tecnologia per fare queste cose non esiste e non è al momento ipotizzabile in maniera realistica.
Per Larry Niven gli obiettivi eterni dell'uomo dettano le scoperte, che è anche un po' come tornare a parlare di economia. Poter viaggiare lontano, vivere a lungo, sapere di più. Ma ogni scoperta avrà le sue controindicazioni (come il traffico per l'automobile) e le sue conseguenze inattese.
Una interessante idea sull'intelligenza artificiale applicata alla cura delle persone (Robert Sawyer): ci sono sviluppi che possono far pensare a delle applicazioni in tempi relativamente brevi. Fare le pulizie, accudire gli anziani o i disabili, occuparsi di piccoli compiti domestici: tutti vogliono qualcuno o qualcosa che li aiuti in queste incombenze. La maggior parte della gente non vuole però nulla che faccia ricordare o pensare alle ingiustizie storiche, sociali, di classe ecc... Ovvero, un extracomunitario che ti fa le pulizie, detto dal punto di vista nostrano. La risposta sono i robot e quindi i robot arriveranno, dice l'articolo. Sarà? Io credo di sì. Un paese che invecchia velocemente e non vuole stranieri fra i piedi (il Giappone) non a caso è all'avanguardia in queste tecnologie. Però da questo mi permetto di prevedere dell'altro: l'uscita dal mercato del lavoro di operai di tutti i tipi (non solo i generici o gli imbianchini, muratori e simili, ma anche i tecnici specializzati, almeno entro certi limiti), guidatori di veicoli, cassieri e commessi di negozio, barbieri e parrucchieri (tranne quelli più di moda), falegnami, fabbri e simili artigiani, e via dicendo. A questo punto o ci potrà essere una risposta sociale, ovvero la tanto decantata "fine del lavoro" con una vita più o meno scalcagnata per il 90% della popolazione o giù di lì, condannata a ridursi a inutili scimmie, o una risposta liberale, ovvero i giochi sono fatti, chi controlla questa rivoluzione conta i suoi soldi, chi viene messo fuori mercato può crepare, il tutto con le tensioni (a dir poco) forti che ne deriverebbero. Non vedo come riassorbire una simile massa di disoccupati. Insomma, il futuro è inquietante. Per questo ho messo un bell'incrociatore spaziale come illustrazione del post, non esisterà forse mai, ma almeno mette speranza.
Nel post alcuni autori di una certa fama (Larry Niven tra gli altri) sono stati invitati a dire la loro.
Alcune considerazioni sono molto interessanti.
Le previsioni non possono essere a lungo termine, oltre 10 o 15 anni (Nancy Kress). Questo perché intervengono sviluppi non ipotizzabili, basati su novità tecnologiche improvvise e imponderabili. Vero, dico io, ma solo se si cerca di azzeccarci anche nei dettagli. Non c'è niente di male nel fare del world-building a scadenze molto più lunghe (anche nell'articolo è una delle vie consigliate, ma per un altro motivo: nessuno ti potrà venire a dire che le tue previsioni non erano azzeccate).
L'economia detta legge (Robert Sawyer). Nel 1969, quando l'uomo sbarcò sulla Luna per la prima volta, forse nessuno avrebbe detto che tre anni dopo ci sarebbe stato l'ultimo episodio di questa esplorazione. Gli scienziati e i fanatici dell'eplorazione spaziale possono pensare quello che vogliono, ma se non c'è convenienza a fare una cosa, non si farà.
La mia opinione: ok, è un argomento potente. Se devi pensare che il futuro non sia dettato da considerazioni economiche devi anche immaginare e giustificare un importante cambiamento sociale che trasformi il contesto. Per esempio, per qualche plausibile motivo una superpotenza dovrebbe cadere sotto il dominio di un tiranno che voglia e possa spendere denaro a palate per andare a farsi una passeggiata su un satellite di Giove, fregandosene di problemi più urgenti. Difficile. Credo comunque che le difficoltà tecniche abbiano smorzato gli entusiasmi verso l'esplorazione dello spazio tanto quanto la mancanza di un ritorno economico immediato. Il costo per fare un passo significativo, ovvero trovare un luogo da cui sia sensato trarre materie prime o un pianeta vivibile per esportare popolazione in eccesso, non è nemmeno immaginabile, perché la tecnologia per fare queste cose non esiste e non è al momento ipotizzabile in maniera realistica.
Per Larry Niven gli obiettivi eterni dell'uomo dettano le scoperte, che è anche un po' come tornare a parlare di economia. Poter viaggiare lontano, vivere a lungo, sapere di più. Ma ogni scoperta avrà le sue controindicazioni (come il traffico per l'automobile) e le sue conseguenze inattese.
Una interessante idea sull'intelligenza artificiale applicata alla cura delle persone (Robert Sawyer): ci sono sviluppi che possono far pensare a delle applicazioni in tempi relativamente brevi. Fare le pulizie, accudire gli anziani o i disabili, occuparsi di piccoli compiti domestici: tutti vogliono qualcuno o qualcosa che li aiuti in queste incombenze. La maggior parte della gente non vuole però nulla che faccia ricordare o pensare alle ingiustizie storiche, sociali, di classe ecc... Ovvero, un extracomunitario che ti fa le pulizie, detto dal punto di vista nostrano. La risposta sono i robot e quindi i robot arriveranno, dice l'articolo. Sarà? Io credo di sì. Un paese che invecchia velocemente e non vuole stranieri fra i piedi (il Giappone) non a caso è all'avanguardia in queste tecnologie. Però da questo mi permetto di prevedere dell'altro: l'uscita dal mercato del lavoro di operai di tutti i tipi (non solo i generici o gli imbianchini, muratori e simili, ma anche i tecnici specializzati, almeno entro certi limiti), guidatori di veicoli, cassieri e commessi di negozio, barbieri e parrucchieri (tranne quelli più di moda), falegnami, fabbri e simili artigiani, e via dicendo. A questo punto o ci potrà essere una risposta sociale, ovvero la tanto decantata "fine del lavoro" con una vita più o meno scalcagnata per il 90% della popolazione o giù di lì, condannata a ridursi a inutili scimmie, o una risposta liberale, ovvero i giochi sono fatti, chi controlla questa rivoluzione conta i suoi soldi, chi viene messo fuori mercato può crepare, il tutto con le tensioni (a dir poco) forti che ne deriverebbero. Non vedo come riassorbire una simile massa di disoccupati. Insomma, il futuro è inquietante. Per questo ho messo un bell'incrociatore spaziale come illustrazione del post, non esisterà forse mai, ma almeno mette speranza.
Iscriviti a:
Post (Atom)