Il 2013 rimarrà credo famoso come l'anno in cui una grande quantità di nomi del mondo artistico, o semplicemente personaggi famosi, ci hanno lasciato. Certi di questi personaggi li ritenevo importanti per me, altri ero semplicemente abituato a "sentirli in giro" e mi dà una brutta sensazione di mondo che volta pagina, sapere che ora non ci sono più. Iannacci, Mennea, la Melato, oppure Lou Reed e Ray Manzarek, ovviamente Jack Vance... persone che magari erano ormai in parte o del tutto inattive, ma che hanno fatto epoca.
lunedì 30 dicembre 2013
domenica 29 dicembre 2013
Sempre in ballo il destino del mondo - o dell'universo.
C'è una faccenda su cui avevo già riflettuto in passato, ed è oggetto di un paio di articoli (in inglese) del sito io9.com. I due link li trovate in fondo all'articolo, il problema è:nella maggior parte dei film fantastici la posta in gioco è altissima, sempre più alta. C'è sempre in ballo il destino dell'umanità intera, mai un problema che riguarda una persona sola. La regola del gioco è "escalation:" Gli Avengers non possono essere impegnati a salvare Guam, devono salvare il mondo! (citazione dagli articoli).
Da una parte devo dire che nel fantasy e nella fantascienza (soprattutto nell'High Fantasy) la posta in gioco terribilmente alta è stata frequente anche in passato, ma è vero che sta diventando un obbligo. Per contraltare, mi viene da pensare (anche se non ne è stato tratto nessun film) alle storie di Jack Vance, che ci ha lasciato quest'anno e che da sempre è uno dei miei autori preferiti: talvolta ci sono regni o anche pianeti in ballo, perciò non si può dire che i suoi eroi si battano per obiettivi di poco conto, ma spesso si tratta anche delle loro storie personali, di faccende importanti per il singolo e qualche persona che gli è vicina, e basta. Non conosco l'intera produzione di Vance ma posso dire che generalmente nelle sue storie non c'è in ballo il destino dell'intera umanità. La maggior parte delle trame della Terra Morente è così, almeno per quanto ricordo a memoria: si tratta di storie personali.
Oppure, uscendo dal fantastico e andando alla produzione "mainstream," penso a un film anni '70 che mi son visto quest'anno quando ho fatto una carrellata sulla carriera di un'attrice che ci ha lasciato, Karen Black: Cinque Pezzi Facili con Jack Nicholson come protagonista. Il significato del film ha molto a che fare con tematiche dell'epoca, lontanissime dal gusto di oggi, ma era notevole come si basasse tutto sulla storia di un uomo di talento ma insoddisfatto di se stesso e incapace di rapportarsi con gli altri, il tipo di storia che quando viene prodotta in Italia evito come la peste... eppure il film m'è piaciuto.
In effetti basterebbe l'emozione di vivere un'avventura e i relativi pericoli per fare la base di una storia da raccontare. Ma non basta più, sia perché il pubblico non la vuole (non la sa capire?) sia perché il cinema non la sa raccontare.
Anche le scene di combattimento, che mi mancavano tanto quando ero ragazzo (negli anni '70 e '80 non si sono fatti tantissimi film di guerra) sono diventate lunghe e soprattutto fini a se stesse. Rallentano la storia, fanno sbadigliare (Mi è accaduto sia con la trilogia del Signore degli Anelli che con lo Hobbit, i due film visti finora, ma anche con gli Avengers).
Un'altra cosa che gli articoli fanno notare è che il protagonista di questi film è cambiato: tende ad essere la persona predestinata, viste le sue qualità e capacità o qualche profezia del destino, a risolvere il problema. Sono scomparsi i personaggi "qualunque" a cui capita un'avventura straordinaria. Questo quello che dice uno dei due articoli, anche qui sono incerto. In parte direi che in certi casi è vero (pensateci, vi verranno in mente degli esempi). In parte penso anche che l'abitudine "democratica" di Hollywood per cui basta un cretino qualunque (un americano qualunque? ooopss...) a compiere qualunque impresa fosse veramente una fesseria. D'altra parte l'idea che con ingegnosità e voglia di darsi da fare tutti gli ostacoli potessero essere superati potrebbe esser meglio dell'invito a fare lo spettatore mentre Tony Stark mette la tuta di Iron Man e salva il mondo, con il sottinteso che lui lo può fare e tu no.
I link:
http://io9.com/why-so-many-movies-seem-so-much-the-same-1489291670
http://io9.com/why-does-every-story-have-to-be-an-earth-shattering-epi-1488997567
Da una parte devo dire che nel fantasy e nella fantascienza (soprattutto nell'High Fantasy) la posta in gioco terribilmente alta è stata frequente anche in passato, ma è vero che sta diventando un obbligo. Per contraltare, mi viene da pensare (anche se non ne è stato tratto nessun film) alle storie di Jack Vance, che ci ha lasciato quest'anno e che da sempre è uno dei miei autori preferiti: talvolta ci sono regni o anche pianeti in ballo, perciò non si può dire che i suoi eroi si battano per obiettivi di poco conto, ma spesso si tratta anche delle loro storie personali, di faccende importanti per il singolo e qualche persona che gli è vicina, e basta. Non conosco l'intera produzione di Vance ma posso dire che generalmente nelle sue storie non c'è in ballo il destino dell'intera umanità. La maggior parte delle trame della Terra Morente è così, almeno per quanto ricordo a memoria: si tratta di storie personali.
Oppure, uscendo dal fantastico e andando alla produzione "mainstream," penso a un film anni '70 che mi son visto quest'anno quando ho fatto una carrellata sulla carriera di un'attrice che ci ha lasciato, Karen Black: Cinque Pezzi Facili con Jack Nicholson come protagonista. Il significato del film ha molto a che fare con tematiche dell'epoca, lontanissime dal gusto di oggi, ma era notevole come si basasse tutto sulla storia di un uomo di talento ma insoddisfatto di se stesso e incapace di rapportarsi con gli altri, il tipo di storia che quando viene prodotta in Italia evito come la peste... eppure il film m'è piaciuto.
In effetti basterebbe l'emozione di vivere un'avventura e i relativi pericoli per fare la base di una storia da raccontare. Ma non basta più, sia perché il pubblico non la vuole (non la sa capire?) sia perché il cinema non la sa raccontare.
Anche le scene di combattimento, che mi mancavano tanto quando ero ragazzo (negli anni '70 e '80 non si sono fatti tantissimi film di guerra) sono diventate lunghe e soprattutto fini a se stesse. Rallentano la storia, fanno sbadigliare (Mi è accaduto sia con la trilogia del Signore degli Anelli che con lo Hobbit, i due film visti finora, ma anche con gli Avengers).
I link:
http://io9.com/why-so-many-movies-seem-so-much-the-same-1489291670
http://io9.com/why-does-every-story-have-to-be-an-earth-shattering-epi-1488997567
giovedì 26 dicembre 2013
Sei Stagioni su IlO
Prosegue la storia di Cyann a opera di Bourgeon e Lacroix: avevamo lasciato la ragazza in procinto di partire dal suo pianeta natale (la SOnda) per andare su un lontano mondo selvaggio a cercare aiuto per risolvere le varie situazioni di crisi in cui la sua società si dibatte: tra queste le "febbri purpuree" che uccidono la popolazione maschile. La spedizione parte e si avvicina al pianeta di IlO quando la grande e complessa astronave ha un guasto, che parte da un incidente che lascia una prima vittima carbonizzata. Si decide di sbarcare sul pianeta con due grandi scialuppe di salvataggio, che però restano separate durante la discesa. Cyann organizza il suo gruppo con pugno di ferro e parte alla ricerca del secondo contingente, che è guidato da Crysane, muovendosi con un grosso veicolo (dotato di un leggero ricognitore volante) sulla superficie ghiacciata del pianeta.
lunedì 23 dicembre 2013
Dragonero
Quando la Bonelli si lancia sul fantasy, non si può restare indifferenti. Pertanto mi sono comprato il numero 7 del fumetto Dragonero per dare un'occhiata (il numero è a opera di Vietti e Rizzato).
Premetto che ho letto un po' di commenti negativi che mi hanno messo in guardia, ma che diversamente dal mio atteggiamento verso i libri, sono abbastanza di bocca buona sui fumetti. Della Bonelli non sono lettore costante ma negli anni ho comprato un discreto numero di albi, direi cento o duecento, tra i vari Tex, Dylan Dog, Legs, Nathan Never e perfino qualche Zagor quando ero bambino.
Quindi l'esito non era scontato, anche se, diciamo la verità, quando leggo fumetti di genere fantasy o fantascienza la grafica è qualcosa di molto importante per me, quindi non sapevo se lo stile da "fumetto popolare" della Bonelli mi sarebbe piaciuto.
Alla resa dei conti, quello si è rivelato il male minore...
Premetto che ho letto un po' di commenti negativi che mi hanno messo in guardia, ma che diversamente dal mio atteggiamento verso i libri, sono abbastanza di bocca buona sui fumetti. Della Bonelli non sono lettore costante ma negli anni ho comprato un discreto numero di albi, direi cento o duecento, tra i vari Tex, Dylan Dog, Legs, Nathan Never e perfino qualche Zagor quando ero bambino.
Quindi l'esito non era scontato, anche se, diciamo la verità, quando leggo fumetti di genere fantasy o fantascienza la grafica è qualcosa di molto importante per me, quindi non sapevo se lo stile da "fumetto popolare" della Bonelli mi sarebbe piaciuto.
Alla resa dei conti, quello si è rivelato il male minore...
venerdì 20 dicembre 2013
I lettori possono essere esigenti...
Segnalo un commento, positivo ma non privo di critiche al mio post di presentazione di Nove Guerrieri...
e già che ci siamo una "pagella" del mio racconto gratuito Gruppo 42.
e già che ci siamo una "pagella" del mio racconto gratuito Gruppo 42.
mercoledì 18 dicembre 2013
The Road
Questo The Road con Viggo Mortensen l'avevo saltato perché di catastrofismo ce n'è tanto in giro e ho bisogno di diluirlo un po', ma visto che è tratto da un libro premiato e di successo (e dal titolo omonimo; scritto da Cormac McCarthy) e che il protagonista è un attore che apprezzo, l'ho recuperato.
Siamo nel mondo del dopobomba, sembrerebbe, c'è qualcosa di simile a un (leggero, ma nemmeno tanto) inverno nucleare, ma la storia non lo specifica. Non ci sono quasi più animali, non ci sono coltivazioni, gli alberi muoiono lentamente sotto un cielo plumbeo che nasconde sempre il sole, e la mancanza di cibo ha portato l'umanità al cannibalismo su larga scala. Apocalisse quindi senza speranza, recupero, redenzione, niente di niente. Uno dei temi infatti è l'inutilità di portare avanti una difficile sopravvivenza se non c'è nessun futuro davanti. Un altro, la necessità di essere armati, e di tenere un proiettile per sé nel caso in cui si incontri una banda di cannibali, per non farsi prendere vivi. Al protagonista infatti all'inizio della storia resta una pallottola per sé e una per il figlio, a cui insegna come spararsi in bocca. Insomma, una storia cupa che non fa sconti.
Il protagonista (non sappiamo i nomi di nessun personaggio) viaggia verso sud con il figlio. Spera di raggiungere luoghi dove faccia meno freddo. Sappiamo da vari flashback che ha avuto una moglie, è nato un bambino, la famiglia ha resistito finché possibile in una casa, ma alla fine la disperazione e la follia hanno portato lei a lasciare figlio e marito, per abbandonarsi al destino e andare verso morte sicura.
Siamo nel mondo del dopobomba, sembrerebbe, c'è qualcosa di simile a un (leggero, ma nemmeno tanto) inverno nucleare, ma la storia non lo specifica. Non ci sono quasi più animali, non ci sono coltivazioni, gli alberi muoiono lentamente sotto un cielo plumbeo che nasconde sempre il sole, e la mancanza di cibo ha portato l'umanità al cannibalismo su larga scala. Apocalisse quindi senza speranza, recupero, redenzione, niente di niente. Uno dei temi infatti è l'inutilità di portare avanti una difficile sopravvivenza se non c'è nessun futuro davanti. Un altro, la necessità di essere armati, e di tenere un proiettile per sé nel caso in cui si incontri una banda di cannibali, per non farsi prendere vivi. Al protagonista infatti all'inizio della storia resta una pallottola per sé e una per il figlio, a cui insegna come spararsi in bocca. Insomma, una storia cupa che non fa sconti.
Il protagonista (non sappiamo i nomi di nessun personaggio) viaggia verso sud con il figlio. Spera di raggiungere luoghi dove faccia meno freddo. Sappiamo da vari flashback che ha avuto una moglie, è nato un bambino, la famiglia ha resistito finché possibile in una casa, ma alla fine la disperazione e la follia hanno portato lei a lasciare figlio e marito, per abbandonarsi al destino e andare verso morte sicura.
lunedì 16 dicembre 2013
Segnalazione
Per chi volesse dare un'occhiata, ecco il link a una intervista a Cristina Donati, che poi è stata la mia editor per Nove Guerrieri.
domenica 15 dicembre 2013
Ispirazioni e opportunità nello scrivere
Devi tener conto di diverse esigenze se decidi di scrivere. Innanzitutto, a parte i rari ma non impossibili artisti geniali, spenderai una grande quantità di tempo prima di arrivare a uno stile decente e comprensibile; io penso di esserci più o meno arrivato, ma mi ero illuso di essere bravo anche quando evidentemente (posso dire in retrospettiva) non lo ero per niente.
Dopo aver deciso di sacrificare un sacco di tempo per migliorarti (a scapito di altre attività, anche di questo va tenuto conto), devi decidere se intendi guadagnarci sopra per vivere o no, e questa per me è stata una decisione facile (decisione per il no, visto che è decisamente difficile arrivare in una posizione tale da fare dello scrivere il proprio mestiere, e se decidi di provarci non scriverai probabilmente mai più quello che vuoi scrivere, senza del resto avere la garanzia di farcela).
Dopo aver deciso di sacrificare un sacco di tempo per migliorarti (a scapito di altre attività, anche di questo va tenuto conto), devi decidere se intendi guadagnarci sopra per vivere o no, e questa per me è stata una decisione facile (decisione per il no, visto che è decisamente difficile arrivare in una posizione tale da fare dello scrivere il proprio mestiere, e se decidi di provarci non scriverai probabilmente mai più quello che vuoi scrivere, senza del resto avere la garanzia di farcela).
giovedì 12 dicembre 2013
Lo Hobbit - La desolazione di Smaug
Mi sono recato un po' di malavoglia a vedere questo secondo capitolo dell'Hobbit di Peter Jackson.
Non mi aspettavo niente di particolarmente valido da The Hobbit - La desolazione di Smaug, perché fin dal primo film della trilogia del Signore degli Anelli, che mi era abbastanza piaciuto, avevo visto i primi sintomi della caduta verso la banalizzazione della storia e la commercializzazione più bieca, in una progressione lineare che aveva reso inguardabili certe sequenze del Ritorno del Re e noiosissime certe fasi del primo film Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato.
A dire il vero questa caduta libera non si è interrotta dal punto di vista della fedeltà all'opera originale, perché ci sono pesantissime licenze artistiche, ma il secondo Hobbit è meno noioso del primo, più ricco di azione e di personaggi.
Compaiono in massa gli umani e gli elfi (e ritorna Orlando Bloom), abbiamo la presentazione del personaggio di Tauriel (Evangeline Lilly) che ha scandalizzato il pubblico più purista perché destinata alla storia d'amore con un nano. Chissà se Tolkien avrebbe apprezzato. Se Arwen e Aragorn si sono sposati, e se Legolas ha potuto legarsi in amicizia con Gimli, in fondo la possibilità di un amore tra un nano e un'elfa non è poi così oscena. Ma sono mie illazioni.
Non mi aspettavo niente di particolarmente valido da The Hobbit - La desolazione di Smaug, perché fin dal primo film della trilogia del Signore degli Anelli, che mi era abbastanza piaciuto, avevo visto i primi sintomi della caduta verso la banalizzazione della storia e la commercializzazione più bieca, in una progressione lineare che aveva reso inguardabili certe sequenze del Ritorno del Re e noiosissime certe fasi del primo film Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato.
A dire il vero questa caduta libera non si è interrotta dal punto di vista della fedeltà all'opera originale, perché ci sono pesantissime licenze artistiche, ma il secondo Hobbit è meno noioso del primo, più ricco di azione e di personaggi.
Compaiono in massa gli umani e gli elfi (e ritorna Orlando Bloom), abbiamo la presentazione del personaggio di Tauriel (Evangeline Lilly) che ha scandalizzato il pubblico più purista perché destinata alla storia d'amore con un nano. Chissà se Tolkien avrebbe apprezzato. Se Arwen e Aragorn si sono sposati, e se Legolas ha potuto legarsi in amicizia con Gimli, in fondo la possibilità di un amore tra un nano e un'elfa non è poi così oscena. Ma sono mie illazioni.
lunedì 9 dicembre 2013
Amerigo
Sognavate un gioco in cui andate a esplorare isole misteriose e poi le riempite di casette prefabbricate? Con Amerigo potete farlo! Il boardgame, creato da Stefan Feld per la Queen Games, è una delle recenti uscite ludiche della manifestazione di Essen, la più importante d'Europa per il settore. Il gioco è un misto di esplorazione navale, costruzione (con conseguente controllo del territorio) e commercio, insomma un economico con molti aspetti. Ho avuto la possibilità di giocare una sola partitella, che mi ha lasciato impressioni contrastanti.
Una delle caratteristiche del gioco è la "torre" in cui si buttano i cubetti, e da cui esce il responso. Ovvero: il tipo di fasi, e quanto intense, a disposizione dei giocatori. Questa torre (che potete ammirare nell'immagine che ho preso a prestito dal sito Boardgamegeek) è una costante dei giochi della Queen Games, io personalmente l'ho trovata poco spettacolare e il suo effetto facilmente simulabile in cento altri modi: cosa cavolo c'è di così particolare nell'attrezzo? boh. A dire il vero è bruttina anche la mappa, che è modulare e componibile (le caselle del bordo esterno sono molto più grandi così i giocatori possono "circumnavigare" facilmente la mappa in cerca delle risorse che desiderano).
Il tutto a dire il vero non è che sia poi così male, è il gioco che mi è parso, mi si perdoni, leggerino, un po' già visto e senza grande originalità. Bisogna navigare con un paio di caravelle, sbarcare, impadronirsi dei porti, acquistare i tasselli delle abitazioni e in seguito disporli sul terreno. Facendo questo si raggiungono le risorse economiche, i classici beni coloniali (caffè, cotone ecc...), di cui si fa incetta.
Non c'è solo questo: esiste la possibilità di "sviluppare" la tecnologia, che dà un certo numero di bonus (fatto questo all'inizio, si ha un vantaggio sostanziale per tutta la partita, ed è quello che ha scoperto il vincitore del match cui ho partecipato). Si deve anche sviluppare la produzione, che è un moltiplicatore delle risorse che trovate sul terreno, come ho detto prima.
Ci sono premi per chi termina di coprire un'isola con le costruzioni, vantaggi ad acquisire più approdi possibile e in generale una vivace interazione non militare: ci si limita a soffiare agli altri le possibilità che il gioco offre per fare punti vittoria.
Esiste anche, in astratto, la minaccia dei pirati, però per farvi fronte bisogna impostare una politica difensiva piuttosto costosa e ho anche visto chi sceglie di farne completamente a meno.
In definitiva una somma di azioni di diverso tipo si bilancia in una corsa alla vittoria finale dove sarà importante sviluppare un qualcosa di più efficiente degli altri giocatori, un "meccanismo" che funzioni per la propria fazione come fabbrica di punti vittoria capace di distaccare la concorrenza.
Punti negativi, la brevità imposta al gioco, che da una parte potrebbe essere una benedizione ma dall'altra impedisce di pianificare a lungo termine, una certa ovvietà delle azioni disponibili (ma magari mi sbaglio...) e anche la benedetta torre dei cubetti, che spesso rende possibili delle scelte tattiche diverse da quello che la fase corrente imporrebbe, a seconda di cosa esce fuori dalla gettata dei cubi colorati: sarebbe un'ottima cosa, il brutto è che molto rapidamente ci si rende conto di quello che è meglio lasciar perdere e di quello che conviene invece scegliere di fare.
Morale: elementi interessanti ma gioco volutamente un po' leggerino. Potrebbe andare bene per chi ha scoperto il mondo dei boardgame e vuole gradualmente avvicinarsi ai giochi di maggiore complessità.
Una delle caratteristiche del gioco è la "torre" in cui si buttano i cubetti, e da cui esce il responso. Ovvero: il tipo di fasi, e quanto intense, a disposizione dei giocatori. Questa torre (che potete ammirare nell'immagine che ho preso a prestito dal sito Boardgamegeek) è una costante dei giochi della Queen Games, io personalmente l'ho trovata poco spettacolare e il suo effetto facilmente simulabile in cento altri modi: cosa cavolo c'è di così particolare nell'attrezzo? boh. A dire il vero è bruttina anche la mappa, che è modulare e componibile (le caselle del bordo esterno sono molto più grandi così i giocatori possono "circumnavigare" facilmente la mappa in cerca delle risorse che desiderano).
Il tutto a dire il vero non è che sia poi così male, è il gioco che mi è parso, mi si perdoni, leggerino, un po' già visto e senza grande originalità. Bisogna navigare con un paio di caravelle, sbarcare, impadronirsi dei porti, acquistare i tasselli delle abitazioni e in seguito disporli sul terreno. Facendo questo si raggiungono le risorse economiche, i classici beni coloniali (caffè, cotone ecc...), di cui si fa incetta.
Non c'è solo questo: esiste la possibilità di "sviluppare" la tecnologia, che dà un certo numero di bonus (fatto questo all'inizio, si ha un vantaggio sostanziale per tutta la partita, ed è quello che ha scoperto il vincitore del match cui ho partecipato). Si deve anche sviluppare la produzione, che è un moltiplicatore delle risorse che trovate sul terreno, come ho detto prima.
Ci sono premi per chi termina di coprire un'isola con le costruzioni, vantaggi ad acquisire più approdi possibile e in generale una vivace interazione non militare: ci si limita a soffiare agli altri le possibilità che il gioco offre per fare punti vittoria.
Esiste anche, in astratto, la minaccia dei pirati, però per farvi fronte bisogna impostare una politica difensiva piuttosto costosa e ho anche visto chi sceglie di farne completamente a meno.
In definitiva una somma di azioni di diverso tipo si bilancia in una corsa alla vittoria finale dove sarà importante sviluppare un qualcosa di più efficiente degli altri giocatori, un "meccanismo" che funzioni per la propria fazione come fabbrica di punti vittoria capace di distaccare la concorrenza.
Punti negativi, la brevità imposta al gioco, che da una parte potrebbe essere una benedizione ma dall'altra impedisce di pianificare a lungo termine, una certa ovvietà delle azioni disponibili (ma magari mi sbaglio...) e anche la benedetta torre dei cubetti, che spesso rende possibili delle scelte tattiche diverse da quello che la fase corrente imporrebbe, a seconda di cosa esce fuori dalla gettata dei cubi colorati: sarebbe un'ottima cosa, il brutto è che molto rapidamente ci si rende conto di quello che è meglio lasciar perdere e di quello che conviene invece scegliere di fare.
Morale: elementi interessanti ma gioco volutamente un po' leggerino. Potrebbe andare bene per chi ha scoperto il mondo dei boardgame e vuole gradualmente avvicinarsi ai giochi di maggiore complessità.
sabato 7 dicembre 2013
Self Publishing, visioni contrapposte
Da un mesetto o poco più il Gruppo Mondadori ha creato un portale, Scrivo.me, dedicato all'autopubblicazione: ho avuto occasione di darci un'occhiata e riferire su Fantasy Magazine le mie impressioni, tra luci e ombre. Questa iniziativa mi ha lasciato un po' incerto (perché una grande casa editrice dovrebbe dare indicazioni per l'autopubblicazione?) ma ho visto come positivo l'atteggiamento amichevole verso gli autopubblicati.
Anzi, visto che veniva dal campo Mondadori un segnale di pace, ho creduto che significasse una tregua nell'ennesima guerriglia degli Italiani che si dividono su tutto. Invece no.
Anzi, visto che veniva dal campo Mondadori un segnale di pace, ho creduto che significasse una tregua nell'ennesima guerriglia degli Italiani che si dividono su tutto. Invece no.
lunedì 2 dicembre 2013
Jobs
Un film sulla vita di Steve Jobs non poteva soddisfare tutti e infatti molte critiche s'è tirato dietro questo tentativo, effettuato da parte di Joshua Michael Stern (con l'attore Ashton Kutcher, ex marito di Demi Moore, nella parte dell'imprenditore e tecnocrate statunitense).
Jobs non descrive tutta la vita del suo protagonista e si sofferma anche troppo su alcuni aspetti trascurandone altri; certamente sarebbe stato problematico soffermarsi sulla malattia e sulla morte di Jobs, e forse un po' anticlimatico (se vedete un film su Napoleone, vi interessano davvero gli ultimi anni di agonia a Sant'Elena?). E' stata una scelta secondo me un po' furbetta, tuttavia, saltare o minimizzare i progetti meno riusciti, i lunghi anni in cui il nostro eroe non ha concluso nulla di particolarmente eccitante, e via dicendo. Un altro difetto è che, proprio in virtù di queste mancanze, il film forse non è così facile da seguire per chi non è al corrente (avendo letto la biografia o qualche articolo) sulla vita di Steve Jobs.
Jobs tuttavia ha anche alcuni aspetti positivi, che permettono a chi voglia riflettere un poco di farsi un'idea di chi fosse questo personaggio, un tipo umano raro ma molto caratteristico.
Jobs non descrive tutta la vita del suo protagonista e si sofferma anche troppo su alcuni aspetti trascurandone altri; certamente sarebbe stato problematico soffermarsi sulla malattia e sulla morte di Jobs, e forse un po' anticlimatico (se vedete un film su Napoleone, vi interessano davvero gli ultimi anni di agonia a Sant'Elena?). E' stata una scelta secondo me un po' furbetta, tuttavia, saltare o minimizzare i progetti meno riusciti, i lunghi anni in cui il nostro eroe non ha concluso nulla di particolarmente eccitante, e via dicendo. Un altro difetto è che, proprio in virtù di queste mancanze, il film forse non è così facile da seguire per chi non è al corrente (avendo letto la biografia o qualche articolo) sulla vita di Steve Jobs.
Jobs tuttavia ha anche alcuni aspetti positivi, che permettono a chi voglia riflettere un poco di farsi un'idea di chi fosse questo personaggio, un tipo umano raro ma molto caratteristico.
venerdì 29 novembre 2013
Vento di Cambiamento
La storia del generale Alessandro La Marmora a quanto pare è più complessa di come ce l'hanno raccontata. Dopo la battaglia di Novara, che vedeva la Prima Guerra d'Indipendenza concludersi con una rognosa sconfitta condita di acrimonie, il nostro valoroso ufficiale si vide costretto ad affrontare dei fenomeni straordinari: misteriose creature che terrorizzavano la popolazione, veri e propri zombi, strane dicerie e tenebrose divinità. Vento di Cambiamento, di Marina Belli, si inserisce nella serie di ebook autopubblicati con la tematica del "Risorgimento di Tenebra," dove vediamo le tematiche tradizionali delle nostre guerre d'indipendenza e del periodo risorgimentale mescolate a storie horror con elementi quali mostri, morti viventi, fantasmi. Di questo ebook devo dire che è riuscito a trasmettere bene, pur senza soffermarsi particolarmente sugli elementi di ricostruzione "storica" o dei costumi, la sensazione di trovarsi lì, nelle campagne piemontesi di centocinquanta e rotti anni fa, tra casolari, contadini, soldati, nebbia, vetturini che parlano in dialetto e cavalli imbizzarriti da improvvise apparizioni nella penombra.
martedì 26 novembre 2013
Nove Guerrieri
E' uscito in formato ebook per la Editrice GDS il mio romanzo d'esordio, intitolato Nove Guerrieri. Si tratta di un fantasy piuttosto tradizionale, dove la narrazione è in prima persona. Un po' narra di un'avventura drammaticamente importante per chi la compie, un po' è un romanzo di formazione, ovvero una storia che lascia il protagonista cambiato, per quanto tutto si svolga nel giro di pochi giorni.
Avendo scelto la brevità e la semplicità non ci sono grandi ambientazioni di cui parlare; ma sia pure in una storia senza grandissimi elementi di originalità nella trama penso di aver creato qualche cosa di insolito, o quanto meno di interessante, nel filtro del personaggio narrante. Si tratta di un giovane (non un predestinato da antiche profezie a salvare il mondo, per fortuna) che nella sua marcia osserva se stesso e i compagni, candidamente sincero nel notare le mancanze proprie e altrui.
Nella trama c'è una dura lotta per la vita, e forse è una trama "high fantasy," ma non ci sono grandi eroi: i personaggi pur non mancando di coraggio sono persone molto ordinarie che lottano con le proprie debolezze.
Questo il link presso Amazon, penso che a breve sarà disponibile su molti altri negozi online e potrò dare un elenco.
In effetti avevo quasi intrapreso la strada dell'autopubblicazione, sia per Nove Guerrieri che per un altro progetto che è quasi completo (il titolo è Khaibit e forse qualcuno intuirà di cosa si tratta). Avevo spedito il testo alla GDS pensando che non avrei avuto risposta, come al solito (qualcuno in verità risponde sempre: sono le case edtrici a pagamento, talvolta con richieste di denaro esorbitanti), invece ho avuto la mia opportunità che ho colto con piacere.
Per sperimentare l'autopubblicazione utilizzerò Khaibit, che forse distribuirò gratuitamente, e possibilmente un piccolo saggio su Tolkien che sto scrivendo.
Avendo scelto la brevità e la semplicità non ci sono grandi ambientazioni di cui parlare; ma sia pure in una storia senza grandissimi elementi di originalità nella trama penso di aver creato qualche cosa di insolito, o quanto meno di interessante, nel filtro del personaggio narrante. Si tratta di un giovane (non un predestinato da antiche profezie a salvare il mondo, per fortuna) che nella sua marcia osserva se stesso e i compagni, candidamente sincero nel notare le mancanze proprie e altrui.
Nella trama c'è una dura lotta per la vita, e forse è una trama "high fantasy," ma non ci sono grandi eroi: i personaggi pur non mancando di coraggio sono persone molto ordinarie che lottano con le proprie debolezze.
Questo il link presso Amazon, penso che a breve sarà disponibile su molti altri negozi online e potrò dare un elenco.
In effetti avevo quasi intrapreso la strada dell'autopubblicazione, sia per Nove Guerrieri che per un altro progetto che è quasi completo (il titolo è Khaibit e forse qualcuno intuirà di cosa si tratta). Avevo spedito il testo alla GDS pensando che non avrei avuto risposta, come al solito (qualcuno in verità risponde sempre: sono le case edtrici a pagamento, talvolta con richieste di denaro esorbitanti), invece ho avuto la mia opportunità che ho colto con piacere.
Per sperimentare l'autopubblicazione utilizzerò Khaibit, che forse distribuirò gratuitamente, e possibilmente un piccolo saggio su Tolkien che sto scrivendo.
domenica 24 novembre 2013
Punto Nemo
Con Punto Nemo l'autore Domenico Attianese si è cimentato in un incrocio tra l'avventura alla Jules Verne rivista in un'ottica steampunk (con tanto di misterioso sommergibile retro-futuristico) e l'incubo lovecraftiano. L'ambientazione però è moderna, sebbene l'azione prenda luogo a Providence, città che gli amanti dei racconti di Lovecraft ricorderanno come uno dei punti focali del suo universo. Qualcosa sta succedendo e il capitano Nemo è pronto a intervenire con la sua squadra di specialisti. L'avversario principale sembra essere un discendente del grande Lovecraft in persona. Ben descritte le atmosfere di inquietudine, incertezza, pericolo. Purtroppo si tratta solo di un racconto: dopo un'apertura che promette bene e fa pensare a una storia di ampio respiro, tutto si risolve in alcune pagine di azione serrata. Punto Nemo è quindi un ottimo antipasto ma, almeno per ora, non abbiamo il resto del banchetto che sembra promettere. Arriverà?
Per acquistare l'ebook cliccate qui.
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mercoledì 20 novembre 2013
Thor: the Dark World... scusate il ritardo
Negli scorsi anni sono andato assai tempestivamente a vedermi quasi tutti i film di supereroi in circolazione. Non proprio tutti, che bisogna essere proprio dei veri credenti per farcela, ma a parte gli X-Men e qualche Uomo Ragno la maggior parte me li sono visti.
Il secondo Thor era in preventivo tuttavia non sono andato ancora a vederlo e a essere sincero aspetto che mi venga la voglia.
Forse è la pioggia continua di questi giorni, forse l'influenza di diversi problemi che devo fronteggiare in questo periodo, e alcuni difficili appuntamenti futuri.
Forse però di questi film di supereroi ne ho visti troppi e mi sono un po' stufato. So che alla fine sono divertenti e spettacolari, per quanto di solito nulla di eccezionale dal punto di vista del "cinema" (recitazione, trame, ecc...), non m'è venuta alcuna mania intellettualoide che mi impedisca di vederli, ma ho paura di essere in fase di stanca per quanto riguarda il genere supereroistico. Staremo a vedere...
Il secondo Thor era in preventivo tuttavia non sono andato ancora a vederlo e a essere sincero aspetto che mi venga la voglia.
Forse è la pioggia continua di questi giorni, forse l'influenza di diversi problemi che devo fronteggiare in questo periodo, e alcuni difficili appuntamenti futuri.
Forse però di questi film di supereroi ne ho visti troppi e mi sono un po' stufato. So che alla fine sono divertenti e spettacolari, per quanto di solito nulla di eccezionale dal punto di vista del "cinema" (recitazione, trame, ecc...), non m'è venuta alcuna mania intellettualoide che mi impedisca di vederli, ma ho paura di essere in fase di stanca per quanto riguarda il genere supereroistico. Staremo a vedere...
Masterpiece!
Salvo pochi appuntamenti fissi, raramente guardo la TV. Snobismo? No, è che per lo più trasmettono roba per me inguardabile, e non voglio pagare un fisso al mese per una TV via satellite, ammesso che sia meglio di quello che si ottiene su quella pubblica.
Quando la guardo comunque non mi soffermo sui reality show (non ne ho mai visto uno dall'inizio alla fine, in verità, non ho proprio capito che razza di roba sono e perché a uno dovrebbero piacere). Perciò ovviamente non ho guardato Masterpiece, il programma televisivo dove si confrontano gli aspiranti scrittori per contendersi il diritto a pubblicare con centomila copie garantite (c'è già chi garantisce di comprarsele? e di leggerle? forse non ho capito bene), e se non si fosse abbondantemente discusso in giro del programma, non saprei nemmeno che esiste.
Quindi non posso parlare di ciò che non ho visto, ma degli scrittori che, costretti o volonterosi, diventano fenomeni da baraccone, o vendono più se stessi che il proprio libro, avevo già scritto a sufficienza qui. Di guardare Masterpiece non sento il bisogno e sicuramente non ne avete bisogno neppure voi. Mandategli l'audience a zero, fate un favore a voi stessi.
Quando la guardo comunque non mi soffermo sui reality show (non ne ho mai visto uno dall'inizio alla fine, in verità, non ho proprio capito che razza di roba sono e perché a uno dovrebbero piacere). Perciò ovviamente non ho guardato Masterpiece, il programma televisivo dove si confrontano gli aspiranti scrittori per contendersi il diritto a pubblicare con centomila copie garantite (c'è già chi garantisce di comprarsele? e di leggerle? forse non ho capito bene), e se non si fosse abbondantemente discusso in giro del programma, non saprei nemmeno che esiste.
Quindi non posso parlare di ciò che non ho visto, ma degli scrittori che, costretti o volonterosi, diventano fenomeni da baraccone, o vendono più se stessi che il proprio libro, avevo già scritto a sufficienza qui. Di guardare Masterpiece non sento il bisogno e sicuramente non ne avete bisogno neppure voi. Mandategli l'audience a zero, fate un favore a voi stessi.
lunedì 18 novembre 2013
Deadhouse Gates
Alla lettura del primo libro della saga di Steven Erikson, la mia reazione era stata: capolavoro, ma dove? E in effetti era un testo proprio difficile da digerire. Ad ogni modo ho continuato la saga.
E a mio parere è molto meglio Deadhouse Gates, che ho letto in inglese. Il libro segue diversi personaggi, alcuni che provengono dal volume precedente, dove c'è stata la diaspora degli "Arsori di Ponti" condannati come infedeli e ribelli dall'imperatrice Laseen (in realtà un'usurpatrice lei stessa). Incontriamo Felisin, una nobile dell'Impero Malazan condannata alla schiavitù nelle miniere dalla sorella e rivale Tavore. Assistiamo al degrado e alla miseria (anche morale) in cui la giovane cade, alla disperata fuga assieme a due accompagnatori con cui è legata dalle necessità della lotta per la sopravvivenza, ma senza nessuna amicizia o rispetto reciproco. Poi abbiamo la missione di Kalam che vuole uccidere l'imperatrice (e consegnare un certo libro molto utile alla ribellione contro l'impero). Ma l'epica di Deadhouse Gate in effetti è un'altra.
E a mio parere è molto meglio Deadhouse Gates, che ho letto in inglese. Il libro segue diversi personaggi, alcuni che provengono dal volume precedente, dove c'è stata la diaspora degli "Arsori di Ponti" condannati come infedeli e ribelli dall'imperatrice Laseen (in realtà un'usurpatrice lei stessa). Incontriamo Felisin, una nobile dell'Impero Malazan condannata alla schiavitù nelle miniere dalla sorella e rivale Tavore. Assistiamo al degrado e alla miseria (anche morale) in cui la giovane cade, alla disperata fuga assieme a due accompagnatori con cui è legata dalle necessità della lotta per la sopravvivenza, ma senza nessuna amicizia o rispetto reciproco. Poi abbiamo la missione di Kalam che vuole uccidere l'imperatrice (e consegnare un certo libro molto utile alla ribellione contro l'impero). Ma l'epica di Deadhouse Gate in effetti è un'altra.
venerdì 15 novembre 2013
Black Rose, il vecchio mondo sta morendo
Devo la segnalazione di questo fumetto a un post del sito io9, un post dove ci si pone la domanda: cosa succede quando arriva la tecnologia a prendere a calci nel sedere il fantasy? Il riferimento è a un fumetto che si può leggere gratuitamente in rete, Black Rose, o per essere più precisi più che un fumetto ormai una serie. Autori: Christopher Arndt, Aaron Minier, Brandon Peat.
In effetti nella prima storia che ho letto i poteri della magia possono ben poco contro un colpo di pistola ben assestato... il conflitto è tra gli Athelicans, che sono all'inizio di una rivoluzione industriale un po' verniciata di steampunk, e gli Handwavers, la cui magia è fatta di pensiero e parole che piegano al loro volere mare, cielo e terra. Ma non i loro nemici, a quanto si vede nelle prime tavole (il sito del fumetto è questo).
In effetti nella prima storia che ho letto i poteri della magia possono ben poco contro un colpo di pistola ben assestato... il conflitto è tra gli Athelicans, che sono all'inizio di una rivoluzione industriale un po' verniciata di steampunk, e gli Handwavers, la cui magia è fatta di pensiero e parole che piegano al loro volere mare, cielo e terra. Ma non i loro nemici, a quanto si vede nelle prime tavole (il sito del fumetto è questo).
mercoledì 13 novembre 2013
Lucca Comics & Games, altre considerazioni
Nell'articolo in inglese che ho linkato un paio di giorni fa, un organizzatore, intervistato, si diceva per nulla preoccupato della crescita della manifestazione, ormai sproporzionata alle dimensioni della città. Anzi, riteneva che ci sia ancora molto spazio per crescere e assicurava che si sta lavorando alla possibilità di avere spazi maggiori per eventi più grandi.
In effetti le preoccupazioni ci sono e non sono poche. Anche un articolo su Fantasy Magazine (non scritto da me!) pone alcune questioni preoccupanti: "S'impongono delle riflessioni sull'accessibilità e sulla viabilità di Lucca, sulla sicurezza e sulla fruibilità stessa dalla manifestazione."
Sono perfettamente d'accordo. Ho già parlato dei mille disagi che partecipare a Lucca Comics&Games ha comportato per il sottoscritto e confermo che, già adesso, trovare un posto letto per il 2014 a una distanza ragionevole dagli stand è praticamente impossibile. Può darsi che alcuni alberghi non siano prenotabili perché è troppo presto e la loro organizzazione non consente di lavorare con tanto anticipo, ma la sensazione è che l'accoglienza a Lucca scoppi nei giorni della manifestazione, e non ci sia presa d'anticipo che tenga. D'altra parte se i 200.000 ingressi, cui devono aggiungersi espositori, staff e imbucati vari possono essere valutati in almeno centomila persone in carne e ossa che si sono recate alla manifestazione nei giorni più affollati, e se è vero che (come si legge su Wikipedia) la città conta 87mila abitanti, è evidente che non ci può essere spazio per tutti.
Il fatto che si vedessero i cosplayer in giro a Montecatini Terme per non avere trovato posto più vicino (come ho già scritto nell'altro post sono oltre 20 km di distanza) è comunque piuttosto impressionante.
In effetti le preoccupazioni ci sono e non sono poche. Anche un articolo su Fantasy Magazine (non scritto da me!) pone alcune questioni preoccupanti: "S'impongono delle riflessioni sull'accessibilità e sulla viabilità di Lucca, sulla sicurezza e sulla fruibilità stessa dalla manifestazione."
Sono perfettamente d'accordo. Ho già parlato dei mille disagi che partecipare a Lucca Comics&Games ha comportato per il sottoscritto e confermo che, già adesso, trovare un posto letto per il 2014 a una distanza ragionevole dagli stand è praticamente impossibile. Può darsi che alcuni alberghi non siano prenotabili perché è troppo presto e la loro organizzazione non consente di lavorare con tanto anticipo, ma la sensazione è che l'accoglienza a Lucca scoppi nei giorni della manifestazione, e non ci sia presa d'anticipo che tenga. D'altra parte se i 200.000 ingressi, cui devono aggiungersi espositori, staff e imbucati vari possono essere valutati in almeno centomila persone in carne e ossa che si sono recate alla manifestazione nei giorni più affollati, e se è vero che (come si legge su Wikipedia) la città conta 87mila abitanti, è evidente che non ci può essere spazio per tutti.
Il fatto che si vedessero i cosplayer in giro a Montecatini Terme per non avere trovato posto più vicino (come ho già scritto nell'altro post sono oltre 20 km di distanza) è comunque piuttosto impressionante.
lunedì 11 novembre 2013
Seasons
Seasons è un gioco strategico di autori francesi, uscito nel 2012 (Libellud). Si segnala per i componenti graficamente piuttosto accattivanti, dalle piccole plance per i giocatori, ai segnalini colorati dell'energia, ai coloratissimi dadi, al tabellone rotondo delle stagioni, alle carte coi disegni vivaci e ingenui. I giocatori impersonano dei maghi che si sfidano in un duello lungo tre anni, e da qui nasce la tematica delle stagioni. Esiste una prima fase di "deck building" in cui ciascun giocatore si crea il mazzo di carte migliore che può (dopo aver preso un certo numero di carte ne sceglie una e passa al giocatore alla sua sinistra le rimanenti, ricevendole a propria volta da quello di destra: ovviamente dopo i primi passaggi il meglio è già andato...). Le carte sono quindi suddivise dal giocatore in tre gruppetti: ogni anno di gioco otterrà uno di essi, per cui non le ha tutte a disposizione fin da subito e la decisione su come disporle può essere importante. Dopodiché il tempo comincia a scorrere e tutto vive attorno ai grossi dadi colorati e al tracciato delle stagioni.
venerdì 8 novembre 2013
Segnalazione per gli anglofoni
Su Hollywood Reporter parlano di Lucca comics & Games...
http://www.hollywoodreporter.com/news/italys-lucca-comics-fest-closes-652806
http://www.hollywoodreporter.com/news/italys-lucca-comics-fest-closes-652806
giovedì 7 novembre 2013
Venetia
Venetia: gioco italiano di Stratelibri presentato a Lucca Comics & Games 2013: non ho fatto in tempo a partecipare alla partita di prova cui mi ero iscritto perché era stata cancellata la demo nello stand di Giochi Uniti. Motivo: non avevano più scatole da vendere. E' un buon motivo? non lo è? Evitiamo la polemica, anche perché uno degli addetti allo stand si è comunque messo a illustrarmi il gioco anche se non c'era partita da giocare.
Due cose mi hanno attirato verso questo gioco: l'interesse verso la storia di Venezia e la qualità di mappa e componenti, decisamente ben fatti. La suddivisione del gioco in periodi storici, ovvero l'ascesa della città marinara, il suo apogeo e il declino, mi hanno ulteriormente incuriosito, anche se il gioco è fondamentalmente astratto. I giocatori prendono le parti delle famiglie più illustri, in lotta per la gloria e la potenza della loro città ma anche per arricchire le proprie casate e accaparrarsi le cariche più importanti.
Due cose mi hanno attirato verso questo gioco: l'interesse verso la storia di Venezia e la qualità di mappa e componenti, decisamente ben fatti. La suddivisione del gioco in periodi storici, ovvero l'ascesa della città marinara, il suo apogeo e il declino, mi hanno ulteriormente incuriosito, anche se il gioco è fondamentalmente astratto. I giocatori prendono le parti delle famiglie più illustri, in lotta per la gloria e la potenza della loro città ma anche per arricchire le proprie casate e accaparrarsi le cariche più importanti.
lunedì 4 novembre 2013
Sopravvivere a Lucca Comics & Games
Dopo aver partecipato (per temprarmi!) a Cartoomics-Ludica in quel di Milano (il mio post è qui) mi sono cimentato per la prima volta con Lucca Comics & Games. Ho scoperto che, come del resto mi avevano anticipato, a Lucca c'è molta più gente e la ressa raggiunge livelli incredibili. L'avventura ha avuto i suoi momenti interessanti ma non sono proprio sicuro di volerla ripetere, per lo meno non allo stesso modo (qua sotto, una vista del centro città).
martedì 29 ottobre 2013
A Scanner Darkly
Film strano, tratto da un'opera del mitico Philip Dick, girato con attori in carne e ossa ma trasformato in una specie di cartone animato con la tecnica del rotoscopio (una specie di disegno eseguito fotogramma per fotogramma che copre le sagome reali di attori e oggetti... enormemente laborioso, se non lo facesse il computer, ma con l'automatizzazione non è lavoro da poco).
A Scanner Darkly, ovvero Un Oscuro Scrutare, tratta di droga, di sorveglianza, di abusi polizieschi.
Il cast, che non vediamo per davvero, è di tutto rispetto: Keanu Reeves, Winona Rider, Robert Downey Jr.
A Scanner Darkly, ovvero Un Oscuro Scrutare, tratta di droga, di sorveglianza, di abusi polizieschi.
Il cast, che non vediamo per davvero, è di tutto rispetto: Keanu Reeves, Winona Rider, Robert Downey Jr.
domenica 27 ottobre 2013
Segnalazione
Su Goodreads, per gli anglofoni, Patrick Rothfuss (Il Nome del Vento) parla di Red Seas under Red Skies (Scott Lynch)
mercoledì 23 ottobre 2013
Guido Crepax
La mostra dedicata a Guido Crepax nel centro di
Milano si è chiusa a metà settembre, e per pigrizia non ne ho parlato
fino ad adesso, e ormai è troppo tardi per invitarvi a visitarla. Peccato. Si è
trattato di un percorso
molto interessante, non fatto unicamente di fumetto ma anche di design, moda, fotografia, giochi, curiosità varie: un’iniziativa abbastanza snella che si percorreva rapidamente ma che sapeva cogliere i punti d'interesse nel percorso di questo autore, sui generis, del fumetto italiano. Guido Crepax è vissuto in un periodo di cambiamenti (anni ’60) e nel cuore della “rivoluzione” sessantottina, ma allo stesso tempo nel cuore della Milano industriale e del design, e il suo lavoro ricalca la partecipazione alle attività di una città (ricca e borghese) che allo stesso tempo in cui lavorava e produceva opulenza creava anche cultura, progresso e cambiamento. Bei tempi, in questo senso. Le prime creazioni di Guido Crepax infatti sono copertine di dischi (l'epoca del vinile) e di libri, o immagini pubblicitarie.
molto interessante, non fatto unicamente di fumetto ma anche di design, moda, fotografia, giochi, curiosità varie: un’iniziativa abbastanza snella che si percorreva rapidamente ma che sapeva cogliere i punti d'interesse nel percorso di questo autore, sui generis, del fumetto italiano. Guido Crepax è vissuto in un periodo di cambiamenti (anni ’60) e nel cuore della “rivoluzione” sessantottina, ma allo stesso tempo nel cuore della Milano industriale e del design, e il suo lavoro ricalca la partecipazione alle attività di una città (ricca e borghese) che allo stesso tempo in cui lavorava e produceva opulenza creava anche cultura, progresso e cambiamento. Bei tempi, in questo senso. Le prime creazioni di Guido Crepax infatti sono copertine di dischi (l'epoca del vinile) e di libri, o immagini pubblicitarie.
giovedì 17 ottobre 2013
Mirror Mirror
Ho sempre apprezzato le capacità artistiche di Tarsem Singh e anche se fra i due film dedicati a Biancaneve del 2012 ho preferito vedermi Biancaneve e il Cacciatore (con una grande Charlize Theron e non moltissimo altro), sapevo che prima o poi avrei dato una possibilità anche a Mirror Mirror, dove alla perfida regina interpretata da Julia Roberts (foto in fondo all'articolo), ancora bellissima sebbene non più giovane, si contrappone la vivace biancaneve (foto qua sotto, con mezzo cigno in testa) ovvero Lily Collins, perfetta nella miscela di innocenza, bellezza e grazia.
Tarsem Singh, a dire la verità, ha preso un po' in giro il materiale con cui ha lavorato senza però trasformarlo in qualche cosa di originale o propriamente suo. Il principe della favola, interpretato da Armie Hammer (star di The Lone Ranger, film che finora ho evitato di vedere), è piazzato come una specie di allocco che non sa cosa fare di se stesso. Concupito dalla regina, ripetutamente sconfitto dai misteriosi banditi della foresta, manovrato contro la stessa Biancaneve (che ad un certo punto svolge una vera guerriglia contro la sovrana) ma da lei preso prigioniero, ci metterà un bel po' a riscattarsi.
Un altro personaggio, Brighton (Nathan Lane), è il factotum della regina, un lacché leccapiedi che ha momenti di buon cuore perché in fondo è un bravo ragazzo (salverà la stessa Biancaneve), e fa da macchietta comica per rendere più lieve la situazione.
Grande interprestazione di entrambe le protagoniste: naturalmente graziosa la Collins, bravissima la Roberts con quel suo egoismo cinico che sa essere quasi simpatico nella noncuranza con cui calpesta gli altri e insegue il proprio interesse o il proprio piacere. D'altra parte c'è lo specchio magico, che garantisce dei poteri alla regina ma che la avverte di un prezzo che dovrà pagare (lo sapremo dopo, ma lo si può immaginare). Quanto ai nani, avranno anche loro la loro parte di avventure e di ricompense.
Come in tutti i film di Tarsem Singh che si rispettino ci sono scenografie incredibili e sontuose, costumi meravigliosi e imprevedibili, bellissime stoffe, copricapi pazzeschi e via discorrendo. L'effetto visivo non va mai perso con questo regista.
In definitiva Mirror Mirror non è un grandissimo film e non ha molto di sorprendente, è proprio una favola su pellicola, ma fra i due Biancaneve in fondo penso che questo sia il migliore: leggero, ironico ed elegante, fatto senza credere di fare chissà che cosa, non esce veramente dal solco della tradizione ma riesce a stravolgerla per farci fare qualche risata senza bisogno di volgarità. Credo che seguirò il buon Tarsem più assiduamente.
venerdì 11 ottobre 2013
Gravity 3D
Di solito i film che aspetto con ansia li vado a vedere il prima possibile e ne parlo quindi al primo giorno di programmazione o giù di lì. Ho aspettato con Gravity (per gli amici anche Gravity 3D) per motivi di impegni ma anche per un altro motivo. Mi avevno un po' trattenuto le recensioni che ne parlavano di un film estremamente irrealistico, e che facevano un po' a pugni con la simulazione apparentemente valida del trailer, dove la povera Sandra Bullock se ne vola via agganciata a un rottamone che ruota vorticosamente.
Poi sono andato a vederlo lo stesso e mi sono reso conto che sì, avvengono cose non realistiche, ma questo non toglie nulla dall'intensità, dall'emozione e dallo spettacolo.
Poi sono andato a vederlo lo stesso e mi sono reso conto che sì, avvengono cose non realistiche, ma questo non toglie nulla dall'intensità, dall'emozione e dallo spettacolo.
lunedì 7 ottobre 2013
Miti e Leggende Nordiche
Una cosa l'ho già detta riguardo alla mitologia nordica: chi si aspetta chissà che cosa dai testi originali può rimanere ferocemente deluso. Le storie di Re Artù o del guerriero Cù Chulainn, per citare due esempi celtici, sono a volte poco comprensibili, a volte raccontate in uno stile piuttosto scarno che poco può piacere ai moderni, e talvolta sono aridi elenchi di imprese, roba davvero grandiosa per carità, ma che dopo un po' ti può fare sbadigliare. Poiché tutto è stato raccolto da monaci, da scrittori più tardi e via dicendo, spesso i testi "originali" non esistono e c'è comunque il filtro di un mondo già meno antico, già più civilizzato, più cristiano e via dicendo. Questo si sente molto ad esempio nel Kalevala di cui ho già parlato in passato, e che contiene anche la venuta di Gesù, che scaccia via dal trono della Carelia il fiero eroe pagano Väinämöinen il quale se ne va arrabbiato, protestando "un giorno avrete ancora bisogno di me," una storia che ho trovato bellissima ma che denuncia una commistione di temi piuttosto tarda.
Tutte queste cose le ho già scritte e valgono anche per i miti e le leggende germaniche. Alle quali vanno comunque riconosciute la fantasia e la bizzarria di certe creazioni. Il mitico gigante Ymir dal cui corpo sono create le creature divine e sovrannaturali del mondo, l'albero Yggrdasil, immenso portento che regge l'universo, i nani che reggono la volta celeste...
Tutto questo l'ho (ri)letto in Miti e Leggende Nordiche di Salvatore Tufano, testo degli anni '80, fin troppo schematico, però utile a dare un'idea.
Della mitologia nordica bisogna dire che spesso è cupa, intrisa di pessimismo, di storie di tradimenti e di destini segnati, molto più di quanto si trovi nei miti mediterranei. Del resto avere nella famiglia divina un personaggio come Loki, meschino e traditore, e destinato a schierarsi con le forze dell'oscurità nella battaglia finale, è proprio triste.
La storia di Sigfrido e Brunilde ha dato ispirazione a due personaggi molto diversi, tanti secoli dopo: J.R.R. Tolkien e... Richard Wagner.
Tutte queste cose le ho già scritte e valgono anche per i miti e le leggende germaniche. Alle quali vanno comunque riconosciute la fantasia e la bizzarria di certe creazioni. Il mitico gigante Ymir dal cui corpo sono create le creature divine e sovrannaturali del mondo, l'albero Yggrdasil, immenso portento che regge l'universo, i nani che reggono la volta celeste...
Tutto questo l'ho (ri)letto in Miti e Leggende Nordiche di Salvatore Tufano, testo degli anni '80, fin troppo schematico, però utile a dare un'idea.
Della mitologia nordica bisogna dire che spesso è cupa, intrisa di pessimismo, di storie di tradimenti e di destini segnati, molto più di quanto si trovi nei miti mediterranei. Del resto avere nella famiglia divina un personaggio come Loki, meschino e traditore, e destinato a schierarsi con le forze dell'oscurità nella battaglia finale, è proprio triste.
La storia di Sigfrido e Brunilde ha dato ispirazione a due personaggi molto diversi, tanti secoli dopo: J.R.R. Tolkien e... Richard Wagner.
venerdì 4 ottobre 2013
The Big Breakout
Questo è un libro che (nella sua versione italiana intitolata Un Ponte per Patton) mi era stato regalato ma che ho distrutto perché me ne vergognavo. Proprio così, ero un timorato tredicenne (circa) molto cattolico e mi imbarazzava la quantità di parolacce, bestemmie e scene violente (più una di sesso) di questa "fiction militare" scritta da Charles Whiting (1926-2007), storico e scrittore estremamente prolifico, entrato nell'esercito britannico a 16 anni perché non vedeva l'ora di partecipare alla Seconda Guerra Mondiale. Oltre ad aver scritto qualche non memorabile libro di storia militare (ho letto quello sulla battaglia di Kasserine e quello sullo sbarco in Sicilia) Whiting ha sfornato libri di action, come si direbbe oggi, a centinaia, tutti incentrati in un modo o nell'altro sul conflito di cui è stato testimone. E credo che dia ancora dei punti a molto di quello che si legge oggi in quel settore, anche se le armi di cui parla non sono le ultimissime trovate ultramoderne e le descrizioni dei combattimenti non possano dirsi realistiche (per quello che posso giudicare io).
lunedì 30 settembre 2013
Evangelion 3.0
L'Evangelion day, ovvero la proiezione del film Evangelion 3.0 per un giorno solo, mi ha dato l'opportunità di vedere qualcosa di questa serie che, si dice ha influenzato Pacific Rim di Guillermo del Toro.
Le premesse sono complicate ma qualche somiglianza in teoria potrebbe esserci visto che ci sono degli antagonisti (che chissà perché si chiamano Angeli) intenti a portare distruzione sulla Terra. Però la somiglianza è solo apparente. In Pacific Rim arrivavano i mostri e si doveva fare a botte, botte da orbi secondo il vecchio stile dei robottoni giapponesi, qui ci sono delle complesse implicazioni filosofiche e approfondimenti psicologici al di là del necessario (nel personaggio di Shinji) e non è la battaglia in sé che risolve le cose.
Sono critico sugli approfondimenti psicologici perché in verità si tratta delle solite menate giapponesi. Sono un buono a niente, ogni volta che provo a far qualcosa combino un danno, tutti dicono che è colpa mia, è ora che mi riscatti e dimostri cosa so fare, ora scateno la mia rabbia e via dicendo, litanie espresse in una maniera anche piuttosto noiosa e più utili a capire qualcosa della frustrazione di un popolo che si è imprigionato in una società alveare retta sulla vergogna e sul senso di colpa che a creare dei personaggi interessanti. Qui si aggiunge una specie di mentore piuttosto gay anziché no (Kaworu, che in effetti è... non ve lo dico) e un bel pezzo di film si perde in dialoghi piuttosto tediosi fra i due.
Belli i colori, belli tecnicamente parecchi dei mezzi, la storia potrebbe avere anche degli spunti interessanti ma la spiegazione di molte cose è rimandata al prossimo capitolo.
Non posso consigliare di vedere o non vedere questo film al cinema perché l'opportunità era irripetibile, e non m'intendo dell'universo di Evangelion, perciò la mia opinione che non si capiva quasi nulla del film va presa con le pinze; però posso dire che alla fine della proiezione la gente perplessa era parecchia, quindi siete avvisati.
Le premesse sono complicate ma qualche somiglianza in teoria potrebbe esserci visto che ci sono degli antagonisti (che chissà perché si chiamano Angeli) intenti a portare distruzione sulla Terra. Però la somiglianza è solo apparente. In Pacific Rim arrivavano i mostri e si doveva fare a botte, botte da orbi secondo il vecchio stile dei robottoni giapponesi, qui ci sono delle complesse implicazioni filosofiche e approfondimenti psicologici al di là del necessario (nel personaggio di Shinji) e non è la battaglia in sé che risolve le cose.
Sono critico sugli approfondimenti psicologici perché in verità si tratta delle solite menate giapponesi. Sono un buono a niente, ogni volta che provo a far qualcosa combino un danno, tutti dicono che è colpa mia, è ora che mi riscatti e dimostri cosa so fare, ora scateno la mia rabbia e via dicendo, litanie espresse in una maniera anche piuttosto noiosa e più utili a capire qualcosa della frustrazione di un popolo che si è imprigionato in una società alveare retta sulla vergogna e sul senso di colpa che a creare dei personaggi interessanti. Qui si aggiunge una specie di mentore piuttosto gay anziché no (Kaworu, che in effetti è... non ve lo dico) e un bel pezzo di film si perde in dialoghi piuttosto tediosi fra i due.
Belli i colori, belli tecnicamente parecchi dei mezzi, la storia potrebbe avere anche degli spunti interessanti ma la spiegazione di molte cose è rimandata al prossimo capitolo.
Non posso consigliare di vedere o non vedere questo film al cinema perché l'opportunità era irripetibile, e non m'intendo dell'universo di Evangelion, perciò la mia opinione che non si capiva quasi nulla del film va presa con le pinze; però posso dire che alla fine della proiezione la gente perplessa era parecchia, quindi siete avvisati.
domenica 29 settembre 2013
La Fine del Mondo
Confesso di non poter sopportare i malinconici ricordi del "come eravamo." Non ce l'ho fatta a vedere da ragazzo Il Grande Freddo (che per chi non lo sapesse è un film di un sacco di anni fa su ex sessantottini che si riuniscono e tirano i conti della loro vita) quando non avrei avuto ancora da mescolare nessuna malinconia mia a quelle dei personaggi sullo schermo, e ho evitato da allora la maggior parte dei film del genere. Mi prendono male anche se, del resto, non mi ci vedo mai rappresentato. Non ero un virgulto rivoluzionario negli anni '70, non ero un paninaro o uno yuppie negli anni '80 (e poi tutta quella musica schifosa, mioddio...), non ero quel che cacchio erano negli anni '90 e così via. Ma c'è il concetto generale: la malinconia dei tuoi anni che furono, andati diversamente da come avresti voluto, le amicizie che sono andate in acido, le cose che non sono ndate per il verso giusto.
E' quindi stato uno sforzo per me guardare La Fine del Mondo, film uscito in pochissime sale, purtroppo.
E' quindi stato uno sforzo per me guardare La Fine del Mondo, film uscito in pochissime sale, purtroppo.
mercoledì 25 settembre 2013
Dominant Species
In Dominant Species, gioco della GMT Games, è protagonista l'evoluzione e il periodo preso in esame è quello prima dell'ultima glaciazione. I giocatori prendono quindi le parti di specie animali: mammiferi, insetti, uccelli, rettili e via dicendo. La cosa mi ha lasciato un po' perplesso sia perché nell'evoluzione non vi è niente di intenzionale, sia perché la natura vive di equilibri e non ha molto senso una "competizione" tra specie animali. Questo però non ci deve confondere più di tanto, perché tolta la patina dell'ambientazione Dominant Species è un gioco profondamente astratto (il che non è necessariamente un complimento).
martedì 24 settembre 2013
Nel fantasy la magia prende il posto della tecnologia?
Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia... La frase di Arthur C. Clarke è vastamente conosciuta e utilizzata ogni volta che si è voluto giustificare lo "svarione" nel fantastico di uno scrittore che si occupava prevalentemente di fantascienza (La Terra Morente di Vance è un esempio). Ho sempre pensato che questa fosse una mezza verità. Nel senso che la magia, quando non è il fulmine che parte dal dito di uno stregone, ma qualcosa di molto più profondo, intessuto nella sostanza del mondo e nell'animo delle persone, quando è un arcano potere che risveglia la forza di un mito, non ha né gli effetti né dà le sensazioni di alcuna tecnologia immaginabile.
Né avrebbe senso tirar fuori spiegazioni razionalizzate a forza là dove il sentire di una narrazione è decisamente legato al sovrannaturale. Per questo, ad esempio, l'opera di Vance che ho citato prima l'ho sempre vista come fantasy.
Io mi interesso di fantascienza come di fantasy, ad ogni modo, e la considerazione che ho scritto oggi non è la mia bordata nelle guerre di religione tra appassionati, guerre cui non partecipo.
Né avrebbe senso tirar fuori spiegazioni razionalizzate a forza là dove il sentire di una narrazione è decisamente legato al sovrannaturale. Per questo, ad esempio, l'opera di Vance che ho citato prima l'ho sempre vista come fantasy.
Io mi interesso di fantascienza come di fantasy, ad ogni modo, e la considerazione che ho scritto oggi non è la mia bordata nelle guerre di religione tra appassionati, guerre cui non partecipo.
giovedì 19 settembre 2013
Rush, ovvero un duello storico della Formula Uno
La storia è nota quindi farò delle anticipazioni sulla trama di questo film, anche se non tutti ricorderanno in prima persona i fatti ormai lontani che vengono narrati. Immagino che la maggior parte degli italiani ne hanno comunque sentito dire.
Io andavo alle medie inferiori nel 1976, e questo film mi ha aiutato a ricordare quante cose fossero diverse da oggi a quei tempi. Rush ci riporta all'anno in cui Niki Lauda (che in realtà di nome fa Andrea Nikolaus) rischiò di morire tra le fiamme di un incidente avvenuto durante il Gran Premio di Germania, che ai tempi si correva nel lunghissimo (e troppo pericoloso) circuito del Nurburgring. La conseguenza fu che il campionato mondiale vide un vincitore poco prevedibile, il talentuoso ma incostante (e imprudente) britannico James Hunt, personaggio sopra le righe, i cui stravizi in cerca di piacere tra donne, alcool e droga non erano e non sono buon viatico per eccellere in nessuno sport. Non è facilissimo portare sullo schermo gli sport motoristici (comunque ricordo con piacere La 24 Ore di Le Mans) ma questa storia fa parte del gruppo piuttosto ristretto (con le vite di Villeneuve e Senna, per quello che ricordo io) su cui val la pena provarci, ed è bello che sia stato fatto.
Io andavo alle medie inferiori nel 1976, e questo film mi ha aiutato a ricordare quante cose fossero diverse da oggi a quei tempi. Rush ci riporta all'anno in cui Niki Lauda (che in realtà di nome fa Andrea Nikolaus) rischiò di morire tra le fiamme di un incidente avvenuto durante il Gran Premio di Germania, che ai tempi si correva nel lunghissimo (e troppo pericoloso) circuito del Nurburgring. La conseguenza fu che il campionato mondiale vide un vincitore poco prevedibile, il talentuoso ma incostante (e imprudente) britannico James Hunt, personaggio sopra le righe, i cui stravizi in cerca di piacere tra donne, alcool e droga non erano e non sono buon viatico per eccellere in nessuno sport. Non è facilissimo portare sullo schermo gli sport motoristici (comunque ricordo con piacere La 24 Ore di Le Mans) ma questa storia fa parte del gruppo piuttosto ristretto (con le vite di Villeneuve e Senna, per quello che ricordo io) su cui val la pena provarci, ed è bello che sia stato fatto.
martedì 17 settembre 2013
Eclipse
Ho sperimentato questo gioco di fantascienza del 2011 che ha riscosso un buon successo e per il quale sono uscite delle espansioni. Eclipse è un gioco strategico di fantascienza, creato da un autore finlandese; vanta una notevole elasticità riguardo al numero di giocatori che possono partecipare a una partita (se ho capito bene, con le espansioni sono più di sei) e una certa quantità di regole veramente eleganti. C'è anche una certa variabile data dalla sorte su quello che può avvenire nel corso di una partita, e me ne sono accorto sulla mia pelle.
Ma andiamo con ordine.
Ma andiamo con ordine.
lunedì 16 settembre 2013
Il Libro Blu - segnalazione
Mi è stato chiesto di leggere Il Libro Blu di Fernanda Raineri, un libro per ragazzi. L'ho letto scoprendo di essere piuttosto inadeguato al compito. Non saprei nemmeno dire a che fascia di età è rivolto, ma ha qualche assonanza, diciamo, con la collana "Il Giallo dei Ragazzi" di un sacco di tempo fa, anche come semplicità espositivia (uno stile che chiaramente per un adulto è un po' insipido). La casa editrice è La Case Books e, saggiamente, ha predisposto l'uscita in digitale (è stato anche pubblicato dalla GDS in cartaceo).
La storia parte un po' al rallentatore secondo me, con la protagonista (Stella) che parte verso la costa est degli USA per una agognata vacanza. Incontrati degli amici di oltreoceano comincia l'avventura, ma Stella ha avuto un problema: le è stata scambiata la valigia e si ritrova proprietaria di un misterioso libro il cui ermetico contenuto probabilmente ha a che fare con qualche segreto militare.
I ragazzi hanno la piacevole sorpresa di imbattersi nell'attore preferito di Stella ma è un incontro un po' ruvido visto che per errore gli danneggiano la moto (l'attore è Keanu Reeves e non è contento). E c'è qualcuno che vuole quel libro che la ragazza possiede per sbaglio e che vorrebbe restituire al legittimo proprietario: la faccenda si complica e diventa pericolosa, tra avventure e inseguimenti.
Non posso dare facilmente una valutazione (e non penso che mi cimenterò nuovamente con un libro di questo genere, sono troppo vecchio) posso solo dire che ci sono momenti più riusciti e altri dove l'azione langue un po'.
La storia parte un po' al rallentatore secondo me, con la protagonista (Stella) che parte verso la costa est degli USA per una agognata vacanza. Incontrati degli amici di oltreoceano comincia l'avventura, ma Stella ha avuto un problema: le è stata scambiata la valigia e si ritrova proprietaria di un misterioso libro il cui ermetico contenuto probabilmente ha a che fare con qualche segreto militare.
I ragazzi hanno la piacevole sorpresa di imbattersi nell'attore preferito di Stella ma è un incontro un po' ruvido visto che per errore gli danneggiano la moto (l'attore è Keanu Reeves e non è contento). E c'è qualcuno che vuole quel libro che la ragazza possiede per sbaglio e che vorrebbe restituire al legittimo proprietario: la faccenda si complica e diventa pericolosa, tra avventure e inseguimenti.
Non posso dare facilmente una valutazione (e non penso che mi cimenterò nuovamente con un libro di questo genere, sono troppo vecchio) posso solo dire che ci sono momenti più riusciti e altri dove l'azione langue un po'.
giovedì 12 settembre 2013
Un paio di segnalazioni
Una segnalazione... tardiva. Uno dei miei racconti (da una pagina!) che era stato pubblicato nella raccolta 365 Storie d'Amore è stato poi scelto per la pagina culturale del Cittadino di Lodi e quindi pubblicato uno di questi passati giovedì dello scorso agosto.
Purtroppo non sapevo quale data e non ero in grado di reperire il quotidiano nei miei consueti punti di riferimento (lavorando indefessamente per tutto il mese) quindi non ho avuto il piacere di "vedermi" sulla pagina di giornale.
Cosa che a qualcuno sermbrerà un po' di ridicola ma ammettiamolo, non mi sarebbe spiaciuta.
L'altra comunicazione riguarda i Delos Days 2013. Il prossimo sabato 13 settembre alle 15 si parlerà di Tolkien e ci sarò anch'io (tra Chiara Codecà e Paolo Gulisano). Se mi lasceranno parlare :) esporrò le critiche e le motivazioni di vari personaggi che hanno argomentato CONTRO Tolkien.
Purtroppo non sapevo quale data e non ero in grado di reperire il quotidiano nei miei consueti punti di riferimento (lavorando indefessamente per tutto il mese) quindi non ho avuto il piacere di "vedermi" sulla pagina di giornale.
Cosa che a qualcuno sermbrerà un po' di ridicola ma ammettiamolo, non mi sarebbe spiaciuta.
L'altra comunicazione riguarda i Delos Days 2013. Il prossimo sabato 13 settembre alle 15 si parlerà di Tolkien e ci sarò anch'io (tra Chiara Codecà e Paolo Gulisano). Se mi lasceranno parlare :) esporrò le critiche e le motivazioni di vari personaggi che hanno argomentato CONTRO Tolkien.
domenica 8 settembre 2013
8 settembre
Sono passati 70 anni dall'armistizio dell'8 settembre 1943. La morte della patria? Una figura ignobile? Un disonore?
mercoledì 4 settembre 2013
L'Evocazione - The Conjuring
L'horror, si sa, generalmente raggiunge il fondo e poi comincia a scavare. Nella difficoltà di tirare fuori qualche cosa di nuovo i registi e gli sceneggiatori macinano idee come possono, e spesso il risultato è catastroficamente scarso. Questo The Conjuring, con doppio titolo in italiano (L'Evocazione), diretto da James Wan, famoso per altri film dell'orrore da Saw in poi, sceglie di tirare fuori il vecchio armamentario: la villa tenebrosa dove è successo qualcosa di orribile, le porte che cigolano e si chiudono da sole, le cose misteriose intraviste per un attimo, le presenze invisibili, il mostro che ti viene sbattuto in faccia all'improvviso e via dicendo. La storia prende ispirazione da un vero caso gestito da veri "demonologi," Ed e Lorraine Warren (interpretati rispettivamente da Patrick Wilson che è niente meno che Dreiberg in Watchmen, e Vera Farmiga, attrice statunitense di origini ucraine).
Il film è ambientato negli anni '70. I due coniugi Warren fanno una vita da investigatori dell'incubo alla Dylan Dog, diciamo, e hanno una certa fama per interessarsi di casi di possessioni demoniche, dove intervengono con l'aiuto di strumentazione scientifica e assistenti, e riservano il ruolo dell'esorcista ad autentici sacerdoti. Non è un mestiere facilissimo, anzi Lorraine, soprattutto, ne è consumata, tuttavia insiste per continuare questa attività.
Quando la moglie di un trasportatore li chiama, i Warren intervengono con una sana dose di scetticismo iniziale ma presto comprendono che qualcosa non va. I due coniugi Perron (Ron Livingston e Lili Taylor) sono in difficoltà perché hanno acquistato una casa piuttosto cadente in un'asta e quando il posto si rivela infestato dagli spiriti non possono liberarsene perché vi hanno investito i risparmi: ci devono abitare per forza (con un'orda di figlie a carico, da una bambina in età pre-scolare a una adolescente). Fin dalla prima notte le cose si mettono male perché il cane di famiglia (spoiler?) ci lascia subito la pelle, e da lì arriva tutta una serie di macabri segnali.
Una gran quantità di fatti atroci si sono verificati nella casa e negli immediati dintorni. Dopo aver indagato e scoperto le radici di questo male Ed e Lorraine dovranno mettere in gioco la loro stessa sicurezza per aiutare i coniugi Perron. Con una trama tutto sommato non molto originale (interessanti comunque gli strumenti "d'epoca" veramente usati dai cacciatori di fantasmi), The Conjuring si ricatta per l'abilità del regista e per un commento musicale che non saprei se definire di gran qualità ma usato in maniera ben azzeccata. Lo stesso dicasi per i suoni e le immagini che appaiono improvvisamente a far venire il singhiozzo allo spettatore. Usando sapientemente i cliché del genere horror James Wan è riuscito a creare una pellicola che riesce a creare autentica tensione e inquietudine.
Giudizio finale: obbligatorio per l'amante del genere, direi.
Il film è ambientato negli anni '70. I due coniugi Warren fanno una vita da investigatori dell'incubo alla Dylan Dog, diciamo, e hanno una certa fama per interessarsi di casi di possessioni demoniche, dove intervengono con l'aiuto di strumentazione scientifica e assistenti, e riservano il ruolo dell'esorcista ad autentici sacerdoti. Non è un mestiere facilissimo, anzi Lorraine, soprattutto, ne è consumata, tuttavia insiste per continuare questa attività.
Quando la moglie di un trasportatore li chiama, i Warren intervengono con una sana dose di scetticismo iniziale ma presto comprendono che qualcosa non va. I due coniugi Perron (Ron Livingston e Lili Taylor) sono in difficoltà perché hanno acquistato una casa piuttosto cadente in un'asta e quando il posto si rivela infestato dagli spiriti non possono liberarsene perché vi hanno investito i risparmi: ci devono abitare per forza (con un'orda di figlie a carico, da una bambina in età pre-scolare a una adolescente). Fin dalla prima notte le cose si mettono male perché il cane di famiglia (spoiler?) ci lascia subito la pelle, e da lì arriva tutta una serie di macabri segnali.
Una gran quantità di fatti atroci si sono verificati nella casa e negli immediati dintorni. Dopo aver indagato e scoperto le radici di questo male Ed e Lorraine dovranno mettere in gioco la loro stessa sicurezza per aiutare i coniugi Perron. Con una trama tutto sommato non molto originale (interessanti comunque gli strumenti "d'epoca" veramente usati dai cacciatori di fantasmi), The Conjuring si ricatta per l'abilità del regista e per un commento musicale che non saprei se definire di gran qualità ma usato in maniera ben azzeccata. Lo stesso dicasi per i suoni e le immagini che appaiono improvvisamente a far venire il singhiozzo allo spettatore. Usando sapientemente i cliché del genere horror James Wan è riuscito a creare una pellicola che riesce a creare autentica tensione e inquietudine.
Giudizio finale: obbligatorio per l'amante del genere, direi.
martedì 3 settembre 2013
Frederik Pohl ci ha lasciati
L'anno 2013 sta portando via una grande quantità di artisti legati al fantastico, e purtroppo ieri è stato il turno di Frederik Pohl, nato la bellezza di 93 anni fa e in grado di vantare una interminabile carriera, dall'epoca d'oro delle riviste americane d'anteguerra fino ai giorni nostri. Riposi in pace.
giovedì 29 agosto 2013
Elysium
Neill Blomkamp non è il mio regista preferito (come mai? colpa di District 9, leggi qui...), tuttavia ha fatto certamente un passo in avanti costruendo con questo Elysium un film che, interpretato e goduto come semplice e ingenuo spara-spara (ovvero film d'azione con molti botti, molti muscoli e poco altro) può far passare il tempo piacevolmente. Stavolta può contare su un madget maggiore che nella sua precedente fatica, ed ecco che il protagonista è niente meno che Matt Damon, che interpreta Max Da Costa, operaio in tuta blu con precedenti penali all'inizio del film. Nella parte dell'amoruccio platonico, ovvero l'infermiera Frey, abbiamo Alice Braga. Tra i cattivi troviamo la perfida Jessica Delacourt (Jodie Foster), William Fichtner nei panni di Carlyle, un industriale crudele e gelido, Sharlto Copley nel ruolo di Kruger, solito mercenario pronto a tutto, sadico e pazzoide, e un sacco di burocrati che assomigliano ai funzionari che stanno a Bruxelles (del resto la Foster la fanno parlare in francese...). Tra i buoni c'è un gruppetto di hacker, imprenditori del furto (Spider ovvero Wagner Moura), gente spiantata varia che cerca di riportare Max sulla brutta via.
martedì 27 agosto 2013
Livido
Una storia di fantascienza rancida e sporca, livida come la carne martoriata di botte, questa che ci propone Francesco Verso per la Delos Books. Livido è la storia di Peter, un trashformer, ovvero uno di quelli che spremono il valore ancora recuperabile dai rifiuti, cercando quello che i più fortunati sprecano per riciclarlo in un mondo più povero, un mondo di casermoni e squallore, in una società irrimediabilmente stratificata.
Un paesaggio di rifiuti circonda gli insediamenti umani, rifiuti che per alcuni sono una miniera ma che spargono anche malattie e veleno, rifiuti che si tramutano alla fine in irrimediabile marciume, la "palta" con cui i protagonisti lottano per strapparle qualche oggetto che abbia un residuo di valore. Un mestieraccio che in effetti è anche un business in grande stile, perché oltre ai disperati che lavorano in proprio ci sono quelli inquadrati da una grande multinazionale.
Un paesaggio di rifiuti circonda gli insediamenti umani, rifiuti che per alcuni sono una miniera ma che spargono anche malattie e veleno, rifiuti che si tramutano alla fine in irrimediabile marciume, la "palta" con cui i protagonisti lottano per strapparle qualche oggetto che abbia un residuo di valore. Un mestieraccio che in effetti è anche un business in grande stile, perché oltre ai disperati che lavorano in proprio ci sono quelli inquadrati da una grande multinazionale.
giovedì 22 agosto 2013
Kindle Paperwhite
Per alcuni anni me la sono cavata con il Bebook, un e-reader di scarsissima qualità pagato decisamente troppo per quello che valeva (ma ai tempi i prezzi erano elevati, quindi sembrava perfino una buona occasione).
In questo periodo mi sono trattenuto dal cercare qualcosa di meglio nella speranza che uscisse un prodotto di reale convergenza tra tablet e lettori di libri digitali (non è successo, per quanto ne so, anzi la gente si è messa a leggere libri su strumenti, come i tablet e gli smartphone, che non sarebbero indicatissimi allo scopo) e augurandomi invano che vi fosse una rinuncia al DRM da parte dei grossi produttori (cosa che mi incentiverebbe a utilizzare molto di più il digitale come sistema di lettura).
Quindi non mi sono comprato questo lettore che considero il prodotto ottimale, ovvero il Kindle Paperwhite, perché speravo che Amazon cambiasse politica. A dire la verità mi inquieta anche la prospettiva di Amazon come unico (o prevalente) detentore del mercato digitale del libro, se un giorno la cosa dovesse realizzarsi, ma è un altro discorso.
E' quindi a causa di un regalo che mi trovo felice possessore di un Kindle Paperwhite. Devo dire che a parte la modalità di funzionamento, che mi ha costretto praticamente a installare il wifi in casa, faccenda cui dovevo comunque provvedere ma che rimandavo allegramente da tempo, questo lettore unico nel suo genere è davvero prodigioso. E facilita enormemente la lettura dei libri.
Il vantaggio del Paperwhite è lo schermo illuminato in maniera non fastidiosa per gli occhi, una tecnologia che per adesso la concorrenza non possiede. Per il resto è di utilizzo semplice anche se il touch screen a volte litiga coi miei ditoni. Lo schermo viene difficilmente influenzato da fonti di luce esterne e si può "zoomare" fino a leggere con caratteri molto grandi, se si vuole. Lo schermo grigiastro e magari disturbato da riflessi, che a volte faceva rimpiangere la pagina di carta, è un ricordo del passato.
Per leggere formati di testo non supportati esiste un software molto semplice (calibre) che dà risultati generalmente decenti. Un po' un guaio se il testo ha molte note e rimandi, ma non si può avere tutto.
In questo periodo mi sono trattenuto dal cercare qualcosa di meglio nella speranza che uscisse un prodotto di reale convergenza tra tablet e lettori di libri digitali (non è successo, per quanto ne so, anzi la gente si è messa a leggere libri su strumenti, come i tablet e gli smartphone, che non sarebbero indicatissimi allo scopo) e augurandomi invano che vi fosse una rinuncia al DRM da parte dei grossi produttori (cosa che mi incentiverebbe a utilizzare molto di più il digitale come sistema di lettura).
Quindi non mi sono comprato questo lettore che considero il prodotto ottimale, ovvero il Kindle Paperwhite, perché speravo che Amazon cambiasse politica. A dire la verità mi inquieta anche la prospettiva di Amazon come unico (o prevalente) detentore del mercato digitale del libro, se un giorno la cosa dovesse realizzarsi, ma è un altro discorso.
Il vantaggio del Paperwhite è lo schermo illuminato in maniera non fastidiosa per gli occhi, una tecnologia che per adesso la concorrenza non possiede. Per il resto è di utilizzo semplice anche se il touch screen a volte litiga coi miei ditoni. Lo schermo viene difficilmente influenzato da fonti di luce esterne e si può "zoomare" fino a leggere con caratteri molto grandi, se si vuole. Lo schermo grigiastro e magari disturbato da riflessi, che a volte faceva rimpiangere la pagina di carta, è un ricordo del passato.
Per leggere formati di testo non supportati esiste un software molto semplice (calibre) che dà risultati generalmente decenti. Un po' un guaio se il testo ha molte note e rimandi, ma non si può avere tutto.
giovedì 15 agosto 2013
Kick-Ass2
Lo sapevo che questo film sarebbe stato un'incredibile vaccata perché la buona idea (sebbene non del tutto originale) del predecessore ce la si può giocare una volta sola. Avrebbe potuto venir meglio, comunque.
Purtroppo Kick-Ass 2 è anche inutilmente complicato, con diverse scene in cui i protagonisti promettono che non faranno più i supereroi, e poi invece riprendono, formano delle squadre, si allenano ecc... e non mancano personaggi che appaiono per pochissime scene tanto per dar loro un ruolo a tutti i costi. Insomma Kick-Ass 2 non ha la freschezza del suo predecessore, ed è fin troppo lungo.
Purtroppo Kick-Ass 2 è anche inutilmente complicato, con diverse scene in cui i protagonisti promettono che non faranno più i supereroi, e poi invece riprendono, formano delle squadre, si allenano ecc... e non mancano personaggi che appaiono per pochissime scene tanto per dar loro un ruolo a tutti i costi. Insomma Kick-Ass 2 non ha la freschezza del suo predecessore, ed è fin troppo lungo.
Sono su twitter!
Immagino che nessuno fosse lì a trattenere il fiato per questa notizia, comunque sono su Twitter e qualche volta lo uso addirittura!
lunedì 12 agosto 2013
Castle of Days
Acquistare questo libro non ha senso se non siete appassionati all'opera di Gene Wolfe e curiosi di sapere qualcosa di più su questo scrittore; ovviamente non ha senso se non conoscete l'inglese. Castle of Days è una raccolta di scritti molto eterogenei: racconti, lettere a editori o agenti, discorsi pronunciati alle conventions, articoli che spiegano la genesi della sua opera più famosa (Il Libro del Nuovo Sole, che divenne da trilogia pentalogia) spiegando qualcosa dell'incomprensibile lessico usato nella serie - a dire il vero molto meno incomprensibile per chi abbia studiato il greco antico - brevi saggi e generalmente divagazioni sul mestiere di scrivere. Gli scritti di questa raccolta sono generalmente degli anni '80.
lunedì 5 agosto 2013
Into the Wild
La storia di un giovane che dopo la laurea abbandona la famiglia (falsa, soffocante, violenta) e cerca una riscoperta della realtà e della felicità nel viaggio, nella natura e nella solitudine: tratto da un libro che s'ispira a una storia vera, Into the Wild è un film fortemente voluto da Sean Penn.
Il protagonista Christopher McCandless (interpretato da Emile Hirsch) è affascinato dalle teorie anarchiche e naturaliste di Thoreau, incontra nel suo viaggio hippie e vari personaggi di ogni tipo (c'è anche una parte per Kristen Stewart, chi lo avrebbe mai detto), e soprattutto fa perdere ai genitori le proprie tracce. Vuole sperimentare la solitudine e la vita semplice, s'impegna in lavori occasionali, discende un fiume in canoa, si isola in Alaska cercando di vivere di caccia e raccolta.
Il protagonista Christopher McCandless (interpretato da Emile Hirsch) è affascinato dalle teorie anarchiche e naturaliste di Thoreau, incontra nel suo viaggio hippie e vari personaggi di ogni tipo (c'è anche una parte per Kristen Stewart, chi lo avrebbe mai detto), e soprattutto fa perdere ai genitori le proprie tracce. Vuole sperimentare la solitudine e la vita semplice, s'impegna in lavori occasionali, discende un fiume in canoa, si isola in Alaska cercando di vivere di caccia e raccolta.
giovedì 1 agosto 2013
Il Ritorno delle Dodici Scimmie
Sembra che stiano per fare una serie televisiva tratta da uno dei film che amo maggiormente, l'Esercito delle Dodici Scimmie di Terry Gilliam. La notizia, che ho trovato qui (in inglese), riporta che la casa produttrice sarebbe la SyFy, ovvero un canale televisivo USA dedito alla fantascienza (in effetti SyFy è controllata da case produttrici più grosse). Tra le produzioni della SyFy c'è, per esempio, Battlestar Galactica reimmaginato, una serie che nonostante il finale decisamente moscio e raffazzonato, colloco tra il meglio che ho visto in questi anni per quanto riguarda la fantascienza, televisiva o cinematografica che fosse.
domenica 28 luglio 2013
Perché Facebook ce l'ha con Mondi Immaginari?
Post estivo, di quelli che non scriverei se non facesse caldo.
Su questo blog ho cercato di lasciare il più a lungo possibile l'opzione di inserire un commento anonimamente. La sentenza antiblog di febbraio contro la Rando mi ha convinto definitivamente a rinunciarvi. Prima di allora gli spammer ne hanno approfittato inserendo link ai prodotti o alle pagine web che volevano pubblicizzare. Motivo per cui la mia pagina è risultata "sospetta" su qualche motore di ricerca, ma la cosa adesso è rientrata. Quasi in tutti i casi.
Vorrei sapere come mai, quando annuncio un mio post su Facebook, devo inserire il "captcha," la parolina di verifica, per farmi accettare il post, con l'avvertimento che sto facendo un'operazione cattivella. Vorrei anche sapere come mai tutti quelli che cliccano il link sul mio messaggio vedono comparire una scritta che annuncia che il mio sito è pericoloso: hanno la possibilità di ignorare l'avviso e procedere, oppure di annullare l'indirizzamento al link e rinunciare a visitare questo blog.
Campo lo stesso, anche se questo mi toglie delle visite, vorrei però capire come ragionano quelli di feisbuc.
Ai primi tempi, quando ero costretto a inserire il "captcha," compariva una scritta, un link che potevo cliccare: pensi che questo avviso sia inappropriato? o qualcosa del genere. Ho ripetutamente approfittato di questa possibilità, specificando che di solito inserisco messaggi all'interno di gruppi, che solo poche decine di persone li vedranno. Faccio notare che non c'è alcuno spam su questo blog, non c'è nemmeno la pubblicità. Chiedo di verificare e di togliermi quel tormento.
Dopo un po' di tempo qualcuno ha visionato i miei messaggi, evidentemente, perché ho notato un piccolo cambiamento. Quel qualcuno ha preso una decisione: adesso quando sono costretto a inserire il "captcha" non ho nemmeno più la possibilità di protestare! Ma dico, sono andati veramente a vedere questa pagina e hanno deciso che è pericolosa? O semplicemente si sono stancati del fatto che protestassi e hanno deciso di togliermene la possibilità?
Due conclusioni: la prima è che sono odiose tutte queste grandi compagnie che non ti permettono mai di esprimere le tue ragioni e di parlare con una persona che ti dia retta, fermo restando che anche quando puoi farlo è facile che se ne freghinodelle tue ragioni.
La seconda è che Facebook dovrebbe pagare di più i suoi dipendenti italici, forse. Così com'è, sono evidentemente demotivati e prendono decisioni stupide.
Su questo blog ho cercato di lasciare il più a lungo possibile l'opzione di inserire un commento anonimamente. La sentenza antiblog di febbraio contro la Rando mi ha convinto definitivamente a rinunciarvi. Prima di allora gli spammer ne hanno approfittato inserendo link ai prodotti o alle pagine web che volevano pubblicizzare. Motivo per cui la mia pagina è risultata "sospetta" su qualche motore di ricerca, ma la cosa adesso è rientrata. Quasi in tutti i casi.
Vorrei sapere come mai, quando annuncio un mio post su Facebook, devo inserire il "captcha," la parolina di verifica, per farmi accettare il post, con l'avvertimento che sto facendo un'operazione cattivella. Vorrei anche sapere come mai tutti quelli che cliccano il link sul mio messaggio vedono comparire una scritta che annuncia che il mio sito è pericoloso: hanno la possibilità di ignorare l'avviso e procedere, oppure di annullare l'indirizzamento al link e rinunciare a visitare questo blog.
Campo lo stesso, anche se questo mi toglie delle visite, vorrei però capire come ragionano quelli di feisbuc.
Ai primi tempi, quando ero costretto a inserire il "captcha," compariva una scritta, un link che potevo cliccare: pensi che questo avviso sia inappropriato? o qualcosa del genere. Ho ripetutamente approfittato di questa possibilità, specificando che di solito inserisco messaggi all'interno di gruppi, che solo poche decine di persone li vedranno. Faccio notare che non c'è alcuno spam su questo blog, non c'è nemmeno la pubblicità. Chiedo di verificare e di togliermi quel tormento.
Dopo un po' di tempo qualcuno ha visionato i miei messaggi, evidentemente, perché ho notato un piccolo cambiamento. Quel qualcuno ha preso una decisione: adesso quando sono costretto a inserire il "captcha" non ho nemmeno più la possibilità di protestare! Ma dico, sono andati veramente a vedere questa pagina e hanno deciso che è pericolosa? O semplicemente si sono stancati del fatto che protestassi e hanno deciso di togliermene la possibilità?
Due conclusioni: la prima è che sono odiose tutte queste grandi compagnie che non ti permettono mai di esprimere le tue ragioni e di parlare con una persona che ti dia retta, fermo restando che anche quando puoi farlo è facile che se ne freghinodelle tue ragioni.
La seconda è che Facebook dovrebbe pagare di più i suoi dipendenti italici, forse. Così com'è, sono evidentemente demotivati e prendono decisioni stupide.
venerdì 26 luglio 2013
Moon
Moon è un film di fantascienza di cui non sapevo niente fino a che non è stata fatta notare la somiglianza con Oblivion, il colossal con Tom Cruise. I due film hanno una tematica di base in comune, anche se sono molto differenti praticamente per tutti gli altri aspetti: Oblivion si nutre di grandi scenari, spazi immensi e vuoti, macchine complesse e stilisticamente impeccabili, mentre qui siamo in una base mineraria piuttosto claustrofobica, che ospita un solo uomo, Sam Bell (interpretato da Sam Rockwell, che mi sento di ricordare per una grande interpretazione in Confessioni di una Mente Pericolosa e per La Guida Galattica per gli Autostoppisti, oltre a un sacco di altra roba).
lunedì 22 luglio 2013
Che fine ha fatto Tanith Lee?
Scrittrice capace di creare magia con le parole, di suscitare a poco a poco grandi suggestioni, di infondere sempre (o quasi) una fortissima passione nelle sue storie, eppure poco tradotta in italiano e, a quanto ho letto facendo una perlustrazione in rete, ormai in declino anche nella sua Inghilterra.
Parlo di Tanith Lee. Conosco quello che ha scritto? Vergognosamente poco. Nel giugno del 2007, agli albori di questo blog avevo parlato de La Pietra di Sangue (titolo originale: Sabella), un libro che parla di una tormentata ragazza con un potere molto strano e un'identità da scoprire e comprendere.
Parlo di Tanith Lee. Conosco quello che ha scritto? Vergognosamente poco. Nel giugno del 2007, agli albori di questo blog avevo parlato de La Pietra di Sangue (titolo originale: Sabella), un libro che parla di una tormentata ragazza con un potere molto strano e un'identità da scoprire e comprendere.
martedì 16 luglio 2013
Storie di Copyright
Oggi, qualche storia interessante sul diritto d'autore e i rischi che comporta. Partiamo da Avatar, il visionario film di James Cameron. Visionario s'intenda solo per tecnologie usate ed uso degli effetti speciali, ovviamente. Le ispirazioni per questo film sono state tratte evidentemente da diversi lavori di fantascienza, creando un mondo coerente e originale e una storia semplicissima ma adatto alle necessità dei produttori; qualcuno però non l'ha vista così e ha fatto causa o si è lamentato.
Kelly Van ha affermato che la trama (capirai!) sarebbe stata copiata o pesantemente ispirata a un suo romanzo. Romanzo che però la scrittrice non ha pubblicato, a quanto pare. James Cameron avrebbe rubato le idee, ma come? Magari da un manoscritto inviato a qualche casa editrice nella speranza di una pubblicazione? C'è poca sostanza secondo me.
In maniera un po' più credibile un altro autore, Gerald Morawski, ha affermato che Cameron si sarebbe servito dei concetti presenti in un manoscritto che il regista avrebbe visionato, stavolta, sul serio (quindi già un passo avanti rispetto alla contestazione precedente).
Kelly Van ha affermato che la trama (capirai!) sarebbe stata copiata o pesantemente ispirata a un suo romanzo. Romanzo che però la scrittrice non ha pubblicato, a quanto pare. James Cameron avrebbe rubato le idee, ma come? Magari da un manoscritto inviato a qualche casa editrice nella speranza di una pubblicazione? C'è poca sostanza secondo me.
In maniera un po' più credibile un altro autore, Gerald Morawski, ha affermato che Cameron si sarebbe servito dei concetti presenti in un manoscritto che il regista avrebbe visionato, stavolta, sul serio (quindi già un passo avanti rispetto alla contestazione precedente).
giovedì 11 luglio 2013
Pacific Rim
Un film che ho aspettato con impazienza perché m'interessa molto il regista, Guillermo del Toro. In verità, senza volergli togliere nulla dei suoi meriti, qui Guillermo del Toro non ha messo la cupa inventiva e il senso di malvagio e di minaccia che ricordavo nel Labirinto del Fauno: Pacific Rim (prodotto dalla Warner Bros) è un film completamente diverso, un film dove la spettacolarità è la spina dorsale dell'intrattenimento, e l'intrattenimento è lo scopo di tutto quanto. La Warner Bros avrebbe avuto un risultato migliore con un altro regista? Non saprei. Come filmone in stile "americanata" Pacific Rim non è riuscito magari al 100% però a mio parere tanto meglio così.
La trama non è particolarmente complessa: un bel giorno si apre una faglia, una breccia, nel fondo dell'Oceano Pacifico (Pacific Rim, appunto) e ne sbucano fuori delle bestiacce schifose chiamate Kaiju. A contrastarle sono chiamati dei robottoni chiamati Jaeger. Anzi, non robottoni, chiamamoli mecha, che ormai hanno raggiunto la loro dignità. Gli Jaeger inizialmente hanno la meglio anche se i loro eroici piloti a volte sono vittime del conflitto (nel film sweguiamo le imprese di uno di loro, Raleigh Becket, interpretato da Charlie Hunnam).
La trama non è particolarmente complessa: un bel giorno si apre una faglia, una breccia, nel fondo dell'Oceano Pacifico (Pacific Rim, appunto) e ne sbucano fuori delle bestiacce schifose chiamate Kaiju. A contrastarle sono chiamati dei robottoni chiamati Jaeger. Anzi, non robottoni, chiamamoli mecha, che ormai hanno raggiunto la loro dignità. Gli Jaeger inizialmente hanno la meglio anche se i loro eroici piloti a volte sono vittime del conflitto (nel film sweguiamo le imprese di uno di loro, Raleigh Becket, interpretato da Charlie Hunnam).
lunedì 8 luglio 2013
L'impossibilità di comunicare con il betalettore
C'è chi si è sistemato a dovere con due o tre amici o conoscenti che leggono tutto quello che scrive, c'è chi ha orde di parenti schiavizzati pronti a ogni suo volere (ma saranno obiettivi?), io a parte alcuni momenti felici invece non sono mai riuscito a tenermi stretti i miei betalettori... perciò so che trovarne uno può essere difficile. Ma anche capirsi con lui.
Chi è questo personaggio? Il betalettore non è l'editor, quello che è in grado di indicarti dove devi mettere a posto la forma per farti capire meglio. E' un "semplice" lettore che sa dirti se la storia gira e lo appassiona, se non gli piace, dov'è che le cose non vanno o quale personaggio gli sembra funzionare bene. Insomma il betalettore non ha particolari qualità (o magari le ha, ma non le sta tirando fuori) come critico, è invece uno che dirà semplicemente la propria opinione. Che dovrebbe esserti utile. Dovrebbe.
Intanto il rapporto tra scrittore e betalettore è parecchio complesso. Lo scrittore vuole sapere la verità, ma non vuole essere offeso nell'amor proprio. Non sempre si trova questo equilibrio, per vari motivi, visto che ci sono diversi tipi di betalettori. Vediamone alcuni.
Il betalettore sadico. E' quello che ti dice che quello che hai scritto faceva proprio schifo e si dilunga in particolari, straziando e ridicolizzando proprio quella scena o quel personaggio che ti erano sembrati così significativi. Consciamente o inconsciamente, il betalettore sadico vuole farvi del male. E' meglio rinunciare ai suoi servizi, anche se talvolta potrebbe dirvi delle orrende verità che forse fareste meglio a sapere.
Il betalettore ammiratore. Capita ogni tanto. E' un personaggio a cui piace quello che scrivete (del resto se no perché sarebbe così desideroso di leggervi?). Può essere uno dei betalettori più stabili, con cui si può avere un proficuo scambio di idee su come sviluppare singoli elementi di quello che state scrivendo. Però potrebbe a volte mancare di obiettività.
Il parente betalettore. E' uno dei peggiori perché potrebbe per affetto familiare approvare tutto quello che fate, senza quindi dare un aiuto reale. O al contrario trasformarsi in betalettore sadico, se c'è qualche tensione irrisolta tra di voi.
Il betalettore sottile critico. Quello che non capisce i limiti del compito che gli avete affidato. Non volete riscrivere la storia secondo le sue idee, ma lui insisterà, dopo aver spiegato dettagliatamente i motivi per cui, ora come ora, non va bene. E deve sempre trovare qualcosa che proprio non va bene... Questo tipo di betalettore occasionalmente può anche essere utile, ma potrebbe diventarvi fastidiosissimo.
Il betalettore troppo educato. Magari non è nemmeno riuscito a superare la prima pagina o il primo capitolo. Magari ha letto tutto, ma facendo una fatica tremenda. In ogni caso non gli è proprio piaciuto quello che avete scritto, magari gli ha fatto addirittura ribrezzo. Però non ce la fa a dirvelo. Nicchia, dice che forse lui non è riuscito a entrare nella storia però adesso ci proverà, o dice che deve ancora finire di leggere, ma sono ormai passati tre mesi! Magari questo betalettore è solo uno i cui gusti sono troppo lontani dai tuoi, ma anche così la sua opinione potrebbe essere interessante se la esprimesse... però non lo fa. Cercherete di dirgli: guarda, non mi offendo mica, mi serve solo una breve spiegazione del perché non ti piace. Ma non otterrete nulla da lui!
Il betalettore fannullone. Questo invece dopo tre mesi non ti dirà niente perché, avendo preso alla leggera il compito di leggere qualcosa di tuo, si dimenticherà o si stancherà di farlo. Probabilmente qualsiasi cosa che potrà dire come valutazione non servirà a nulla. Meglio sollevarlo dall'incarico, soprattutto se non avrà il coraggio di sollevarsene lui stesso dopo aver fatto delle promesse.
In conclusione, consiglio per chi scrive: se trovate un buon betalettore, tenetevelo stretto.
Chi è questo personaggio? Il betalettore non è l'editor, quello che è in grado di indicarti dove devi mettere a posto la forma per farti capire meglio. E' un "semplice" lettore che sa dirti se la storia gira e lo appassiona, se non gli piace, dov'è che le cose non vanno o quale personaggio gli sembra funzionare bene. Insomma il betalettore non ha particolari qualità (o magari le ha, ma non le sta tirando fuori) come critico, è invece uno che dirà semplicemente la propria opinione. Che dovrebbe esserti utile. Dovrebbe.
Intanto il rapporto tra scrittore e betalettore è parecchio complesso. Lo scrittore vuole sapere la verità, ma non vuole essere offeso nell'amor proprio. Non sempre si trova questo equilibrio, per vari motivi, visto che ci sono diversi tipi di betalettori. Vediamone alcuni.
Il betalettore sadico. E' quello che ti dice che quello che hai scritto faceva proprio schifo e si dilunga in particolari, straziando e ridicolizzando proprio quella scena o quel personaggio che ti erano sembrati così significativi. Consciamente o inconsciamente, il betalettore sadico vuole farvi del male. E' meglio rinunciare ai suoi servizi, anche se talvolta potrebbe dirvi delle orrende verità che forse fareste meglio a sapere.
Il betalettore ammiratore. Capita ogni tanto. E' un personaggio a cui piace quello che scrivete (del resto se no perché sarebbe così desideroso di leggervi?). Può essere uno dei betalettori più stabili, con cui si può avere un proficuo scambio di idee su come sviluppare singoli elementi di quello che state scrivendo. Però potrebbe a volte mancare di obiettività.
Il parente betalettore. E' uno dei peggiori perché potrebbe per affetto familiare approvare tutto quello che fate, senza quindi dare un aiuto reale. O al contrario trasformarsi in betalettore sadico, se c'è qualche tensione irrisolta tra di voi.
Il betalettore sottile critico. Quello che non capisce i limiti del compito che gli avete affidato. Non volete riscrivere la storia secondo le sue idee, ma lui insisterà, dopo aver spiegato dettagliatamente i motivi per cui, ora come ora, non va bene. E deve sempre trovare qualcosa che proprio non va bene... Questo tipo di betalettore occasionalmente può anche essere utile, ma potrebbe diventarvi fastidiosissimo.
Il betalettore troppo educato. Magari non è nemmeno riuscito a superare la prima pagina o il primo capitolo. Magari ha letto tutto, ma facendo una fatica tremenda. In ogni caso non gli è proprio piaciuto quello che avete scritto, magari gli ha fatto addirittura ribrezzo. Però non ce la fa a dirvelo. Nicchia, dice che forse lui non è riuscito a entrare nella storia però adesso ci proverà, o dice che deve ancora finire di leggere, ma sono ormai passati tre mesi! Magari questo betalettore è solo uno i cui gusti sono troppo lontani dai tuoi, ma anche così la sua opinione potrebbe essere interessante se la esprimesse... però non lo fa. Cercherete di dirgli: guarda, non mi offendo mica, mi serve solo una breve spiegazione del perché non ti piace. Ma non otterrete nulla da lui!
Il betalettore fannullone. Questo invece dopo tre mesi non ti dirà niente perché, avendo preso alla leggera il compito di leggere qualcosa di tuo, si dimenticherà o si stancherà di farlo. Probabilmente qualsiasi cosa che potrà dire come valutazione non servirà a nulla. Meglio sollevarlo dall'incarico, soprattutto se non avrà il coraggio di sollevarsene lui stesso dopo aver fatto delle promesse.
In conclusione, consiglio per chi scrive: se trovate un buon betalettore, tenetevelo stretto.