La storia di un giovane che dopo la laurea abbandona la famiglia (falsa, soffocante, violenta) e cerca una riscoperta della realtà e della felicità nel viaggio, nella natura e nella solitudine: tratto da un libro che s'ispira a una storia vera, Into the Wild è un film fortemente voluto da Sean Penn.
Il protagonista Christopher McCandless (interpretato da Emile Hirsch) è affascinato dalle teorie anarchiche e naturaliste di Thoreau, incontra nel suo viaggio hippie e vari personaggi di ogni tipo (c'è anche una parte per Kristen Stewart, chi lo avrebbe mai detto), e soprattutto fa perdere ai genitori le proprie tracce. Vuole sperimentare la solitudine e la vita semplice, s'impegna in lavori occasionali, discende un fiume in canoa, si isola in Alaska cercando di vivere di caccia e raccolta.
E ovviamente ci lascia la pelle perché non ce la fa a procurarsi abbastanza cibo, si ammala, si indebolisce e non riesce a tornare alla civiltà che potrebbe aiutarlo. Mi lascia sempre perplesso qualsiasi storia di gente che fa il "ritorno alla natura" (ogni tanto capita in qualche giornale di leggerle) anche perché generalmente la rinuncia alla "civiltà" è sempre parziale: il cellulare rimane, oppure il commercio con i contadini vicini, ecc... e anche il ritorno alla natura di McCandless è aiutato da fucile e munizioni per andare a caccia.
In definitiva, le aspirazioni naturaliste del giovane McCandless e le sue ricerche filosofiche non mi convincono. La realtà della sua storia mi pare un'altra, e il film la mostra abbastanza bene: il rifiuto della società per essere cresciuto in una famiglia opprimente, violenta, triste e insopportabile. Non capisco con queste premesse come faccia il giovane fuggiasco a essere così socievole e significativo per ogni persona che incontra nel suo percorso (tutti gli vogliono bene, lui vuole bene a tutti, ecc...) comunque la sofferenza interiore (e l'insofferenza che ne deriva) può essere un motivo per andare a crepare di fame e malattie in Alaska, le teorie di H.D. Thoreau direi di no.
Film strano, da vedere, anche per la fotografia, gli enormi paesaggi. Ha un significato? Non ce l'ha? Dategli quello che volete.
A me affascina più l'idea non tanto di "tornare" nella natura, quanto di scappare dalla società, dal lavoro, dai doveri e insomma dal mondo così complicato in cui viviamo. Mollare tutto e andarsene, ecco.
RispondiEliminaSimone
Be', la maniera migliore per sfuggire la società e il lavoro è conoscerle bene. Sfruttare tante possibilità: sussidi di disoccupazione o per avviare un'attività, la roba che gli altri buttano via, la possibilità di fare scambi e baratti, c'è tutta una sapienza su come campare a rimorchio senza lavorare. Se poi uno ha i soldi, è ancora più facile. Ci si trasferisce al mare ed è fatta.
RispondiEliminaSono scelte. Per il momento, io punto la sveglia alle 7.05 e vado in ufficio.
Io punto la sveglia, e sparo. La fuga dalla civiltà sarà sempre un tema fecondo finché questa ci opprimerà senza riserve.
RispondiEliminaApprofitto per segnalare al possente detentore del blog la ripubblicazione de "la terra morente" di Jack Vance in Italia. Magari un post su tale argomento potrebbe aiutare chi legge il blog a scoprirlo.
Ciao!
@ Yondo: spero che il tuo sparare (simbolico, presumo) ti sia proficuo; nel frattempo ti invito alla lettura dell'articolo sulle varie "Terre Morenti" che scrissi per Fantasy Magazine: http://www.fantasymagazine.it/approfondimenti/9329/terra-morente/
RispondiEliminaE ne approfitto anche per segnalare l'annuncio delle ristampe, e relativi titoli: http://www.fantasymagazine.it/notizie/19191/il-ritorno-del-ciclo-della-terra-morente-di-jack-v/
Ogni desiderio del lettore (o quasi) è un ordine!
Avevo già letto quegli articoli poco tempo fa ma non avevo modo di sapere fossero tuoi. Dato che ogni desiderio del lettore è un ordine ti sarei immensamente grato se volessi linkarmi i tuoi articoli sul ciclo de La spada della verità, semmai tu ne abbia scritti. Grazie.
RispondiElimina@ Yondo: ogni desiderio del lettore è un ordine: confesso la totale ignoranza sull'argomento; non escludo di porvi rimedio prima o poi.
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