venerdì 22 maggio 2015

Maggie

Scoperto questo Maggie grazie a un blog "specializzato" nell'horror, non ho potuto fare a meno di cimentarmi. Innanzitutto c'è Arnold Schwarzenegger in un raro o rarissimo ruolo serio e pensoso (sia pure in un film horror), e poi c'è Abigail Breslin che dai tempi di Zombieland è diventata grande. Il regista è Henry Hobson e lo sceneggiatore John Scott 3 (sì, 3, proprio così) Il film in questione è Maggie ed è un film che definirei zombesco solo a metà. Innanzitutto è un film sul dolore e i sentimenti di una persona con una malattia terminale, e sui suoi familiari. Sono a disagio, in verità, di fronte a una storia di questo genere. Da una parte, quando scrivo io talvolta mi dilungo sulla sorte di chi è ferito o sta male, per non ridurre queste situazioni a banali cliché (l'amico dell'eroe è ferito a morte, dice una frase storica, e muore, mentre l'eroe giura di vendicarlo: quel tipo di menate lì); dall'altra non sopporto che una storia (libro, film) abbia una tematica del genere come trama principale. Mi viene voglia di dire al narratore: brutto cretino, dammi una trama, non ricattarmi con una situazione strappalacrime, credi che quei momenti terribili li conosci solo tu?
Maggie quindi parla di malattia terminale e dell'effetto che essa ha sulle persone: le vittime, i parenti, quelli che devono o dovrebbero accudire, i semplici conoscenti. Ma la mimetizzazione in storia di zombie inserisce alcuni elementi che mi hanno incuriosito rendendomi più sopportabile la visione di questo film.


La gente in questa pellicola si trasforma in zombie lentamente, e ciò succede grazie a una malattia, un "necrovirus." Insomma un po' la causa scatenante di 28 Giorni Dopo, solo che lì la trasformazione da persona a zombie era praticamente istantanea. In questo film c'è un lento, penoso peggioramento. Chi è stato morso non può guarire, esiste solo qualche cura palliativa, la parte dove la vittima ha subito il morso (se di morso si tratta: nel caso della protagonista è così) diventa nera e sembra putrida, e il morbo si espande più o meno velocemente al resto del corpo. Quindi vi è la trasformazione, che avviene a tratti: dopo l'arrivo di certi sintomi (tra cui la perdita dell'appetito per il cibo normale) il malato ha dei raptus di aggressività, per cui diventa pericoloso. Ma prima di perdere totalmente la propria umanità,  può avere dei momenti in cui ritorna normale. E anche una volta trasformato in zombie sembra avere un barlume di consapevolezza. E questo rende molto più difficile per i parenti "farla finita."

La decisione del padre di Maggie, interpretato da Schwarzenegger (nei panni di Maggie c'è ovviamente la Breslin), è di non lasciare che la figlia finisca in quarantena in ospedale ma di tenerla con sé in casa fino alla fine. È una decisione pericolosa, anche se inizialmente la matrigna di Maggie condivide questo percorso. La società è in crisi ma sta cercando di riprendersi, anche se vengono bruciati i raccolti e si stenta a tornare alla normalità. I medici isolano i malati promettendo di curarli umanamente, ma si sa che i reparti di quarantena sono un inferno, e non possono che essere così. La polizia va a visitare le case dei malati che sono custoditi presso le famiglie perché non vuole che uno zombie sfugga dal controllo. Il padre di Maggie ha buoni amici sia tra i medici che nella polizia, ma la faccenda comunque diventerà tesa. Lui sa tutta la verità perché un amico medico gliel'ha spiegata. Le medicine fanno solo soffrire i malati, la soluzione migliore è uccidere il futuro zombie (ovvero la figlia, in questo caso) con una fucilata prima che la trasformazione sia totale. Ovviamente c'è anche il rischio che succeda il contrario, ovvero che sia lo zombie a colpire per primo.


Mentre le prospettive sono queste, e la malattia progredisce, Maggie fa qualche telefonata, cerca di vivere qualche momento normale, pasa perfino una serata fuori con gli amici (tra cui un ragazzo nelle stesse condizioni) e inevitabilmente in tutte queste occasioni si parla degli infetti, anche se chi è sano cerca di farlo con tatto, riuscendoci solo in parte. Le scene si alternano tristi, con toni visivi a volte scoloriti e silenzi, con i sottintesi nelle espressioni dei volti. Maggie è disperata e terrorizzata. Il padre la accudisce per quel che può. E soffre. Stranissimo vedere Schwarzenegger triste e piangente, in verità.

Inutile anticipare il finale, ma più o meno lo avevo intuito, da un certo punto in poi. Film bello, ma pesantissimo, da piangere. Siete avvertiti.




2 commenti:

M.T. ha detto...

comunque sembra avere un senso ed essere qualcosa di più di un film zombesco cui spesso si era abituati (carne da macello da eliminare in gran quantità)

Bruno ha detto...

Ah, di sicuro, non ha niente a che fare con i film di quel genere. Però se provassi a vederlo potresti scoprire che preferisci quelli, meno angoscianti da vedere.