La mia paura riguardo a questo film era che un tipo vestito da vichingo col martellone in mano risultasse inguardabile, un po' come i forzuti energumeni in gonnellino dei film peplum.
Ma per fortuna nella sua incursione nel mondo moderno Thor avrà in mano l'attrezzo abbastanza di rado e sarà quasi sempre vestito in stile più o meno grunge. Comunque l'effetto visivo non è poi così tremendo, alla fine. Questo fumettone Marvel realizzato dal regista Kenneth Branagh è rapido, facile da seguire e tutto sommato divertente. Il 3D c'è ma aggiunge poco, se ne può fare tranquillamente a meno (discorso che farei praticamente per tutti i film tranne Avatar).
La storia ci presenta un giovane e impulsivo Thor (già, può un semidio essere giovane?) che provoca i Giganti di Ghiaccio (esseri superpotenti che vivono in un mondo di tenebra e ghiaccio, rivali degli eroi vichinghi che abitano il fatato mondo di Asgard) con un'incursione inutile e pericolosa, e viene esiliato da Odino, il padre degli dei. Interpretato da Chris Hemsworth, Thor riesce ad essere se non altro simpatico in alcune scene che ce lo presentano smarrito sulla terra. Viene in suo aiuto un gruppo di studiosi capitanato da Jane Foster (ovvero Natalie Portman); costoro sono curiosi riguardo a Thor anche se lo temono, finiscono per collaborare con lui e se lo fanno amico. Nel mentre, gli uomini in nero della SHIELD sequestrano i documenti e i computer di Jane Foster per ficcare il naso nei suoi bizzarri studi, ma non riescono a capire nulla del martello di Thor, né di Thor stesso.
Quello che invece ha capito tutto è suo fratello Loki (interpretato da Tom Hiddleston, attore britannico a me ignoto prima di oggi), che è molto bravo a far credere di essere sempre bene intenzionato mentre in realtà... ci fermiamo qui.
In parole povere, un film con effetti speciali di ottima qualità, realizzato bene, nato per essere facile da seguire e divertente; spesso riesce pure ad essere simpatico. I due Iron Man però mi sono piaciuti di più, per fare raffronti nel medesimo universo immaginario. Consiglierei di vederlo? Come divertimento non impegnativo, senz'altro.
mercoledì 27 aprile 2011
Game of Thrones: la serie TV
Ho avuto il piacere di vedere il primo episodio. Girato con mezzi più che adeguati, non c'è la sensazione che sia tutto di cartapesta, costumi e arredi mi piacciono. Fa la sua figura ma non mi ha dato un gran che, come i libri a cui è ispirato.
Come nel libro, abbiamo la presentazione dei (troppi) personaggi e delle loro (fin troppo) complesse interazioni. Mi ha fatto ricordare perché non mi sono mai pentito di aver abbandonato questa soap opera fantasy. Soap opera di carta, ovviamente, ma l'impressione era quella fin dall'inizio, tanto che temo stia facendo una fatica terribile anche l'autore, ormai, a prenderla sul serio.
C'è un altro problema del primo episodio di Game of Thrones che in parte si può addebitare al libro, in parte sembra esasperato apposta. Il sensazionalismo delle scene cruente e il continuo abuso della volgarità, l'uso estesissimo della nudità femminile, la voglia continua di sbatterti in faccia situazioni scabrose e ripugnanti. Poco capaci di sollevare emozioni con la storia, ti buttano in faccia continuamente cose che dovrebbero sorprenderti.
Guarda! Parliamo di incesto! Viene ucciso spensieratamente un bambino! Budella che svolazzano, corpi decapitati...
Raramente ho avuto la sensazione così netta che violenza, sangue e sesso venissero usati consapevolmente per combattere... la noia?
Come nel libro, abbiamo la presentazione dei (troppi) personaggi e delle loro (fin troppo) complesse interazioni. Mi ha fatto ricordare perché non mi sono mai pentito di aver abbandonato questa soap opera fantasy. Soap opera di carta, ovviamente, ma l'impressione era quella fin dall'inizio, tanto che temo stia facendo una fatica terribile anche l'autore, ormai, a prenderla sul serio.
C'è un altro problema del primo episodio di Game of Thrones che in parte si può addebitare al libro, in parte sembra esasperato apposta. Il sensazionalismo delle scene cruente e il continuo abuso della volgarità, l'uso estesissimo della nudità femminile, la voglia continua di sbatterti in faccia situazioni scabrose e ripugnanti. Poco capaci di sollevare emozioni con la storia, ti buttano in faccia continuamente cose che dovrebbero sorprenderti.
Guarda! Parliamo di incesto! Viene ucciso spensieratamente un bambino! Budella che svolazzano, corpi decapitati...
Raramente ho avuto la sensazione così netta che violenza, sangue e sesso venissero usati consapevolmente per combattere... la noia?
sabato 23 aprile 2011
Rio de la Plata
Mezza partita non basta per fare una recensione vera e propria, ma questo Rio de la Plata mi ha stuzzicato e ho voglia di parlarne. Il gioco è pubblicato dalla Giochix.it e ideato dalla fervida mente dell'eccelso Michele Quondam già visto in One More Barrel: mescola le caratteristiche dell'eurogame con momenti di violentissima azione militare in quanto simula l'espansione di una colonia europea (se ho capito bene, la base di ciò che sarà Buenos Aires) con gli aspetti economici e gestionali tipici delle situazioni di questo tipo ma anche con la feroce opposizione degli indigeni e gli attacchi dei pirati.
La mappa contiene gli edifici costruiti dai giocatori rappresentati dai consueti tassellini di cartone, detti generalmente counters dall'inglese. Vedete la mappa divisa in zone: è importante creare dei quartieri con certi tipi di servizi, e non troppo imbruttiti da una concentrazione di bieche attività economiche! Ci sono anche i cilindretti di legno che rappresentano i "lavoratori" mossi dai giocatori, ossia fondamentalmente le azioni che si possono fare. Il materiale è completato dai classici cubetti di legno che rappresentano le risorse: pietra e legno, materiali pregiati. C'è anche da costruire strade e mura per difendere il perimetro.
Alcuni degli edifici hanno funzione economica, ad esempio il mercato (classicamente) trasforma in denaro le materie prime. I riquadri che vedete a lato della mappa sono altre attività che i giocatori intraprendono fuori dalle mura, collocando i propri lavoratori per portare a termine l'impresa che può talvolta durare diversi turni, e anche questo è un classico.
Ci sono anche dei "personaggi" (cariche pubbliche e specialisti) i cui servigi si possono comprare per avere diversi tipi di aiuto. Attorno alla mappa si snoda il classicissimo tracciato dei punti vittoria. Tutto sommato i componenti fanno la loro porca figura ma purtroppo alcuni degli edifici sono assolutamente indistinguibili dagli altri e anche le tabelline che dovrebbero essere di aiuto confondono le idee. Rispetto alla prima foto che ho scattato io da ben strana angolazione, la seconda immagine rubata (presa a prestito?) dal sito boardgamgeek permette di dare un'occhiata migliore ai pezzi.
Nella partita si costruiscono varie strutture con diversi effetti sul gioco, si raggranellano risorse e punti vittoria, si spediscono per profitto le merci e le risorse, per mezzo di una "nave" che viene e va dall'Europa mancando per alcuni turni quando è in transito. Anche qui niente di nuovissimo, e la lotta per essere primi nel turno e accaparrarsi le posizioni più redditizie dove porre i propri lavoratori non stupirà chi ha giocato questo genere di giochi. La diversità si ha con un tracciato in cui si registra, diciamo, il "perdere la pazienza" degli indigeni e l'accumulo di forza dei corsari. Con un tiro di dado da risolvere alla fine di ogni turno si verifica se questi avversari vengono all'attacco. Li terrà l'ultimo giocatore di turno, che cercherà di distruggere tutto quello che può sulla mappa, nonché di ammazzare i difensori (che sono i lavoratori visti prima, con un piccolo aiuto aggiuntivo). Ovviamente l'ultimo giocatore può evitare di nuocere alle proprie costruzioni, mentre raccoglierà dei punti vittoria (a raffica!) devastando il resto della città. Con un effetto perverso ma se vogliamo anche divertente, tutti cercheranno di far ammazzare qualcuno dei propri difensori, perché chi versa il sangue nella difesa del bene comune si becca dei punti vittoria.
Il mio commento. Questa faccenda della guerra si diparte radicalmente da quel tipo di giochi a cui Rio de la Plata assomiglia tanto per tutto il resto dei suoi componenti. Ben venga, è pure piuttosto divertente. La cosa che mi ha lasciato perplesso è che in guerra si raccolgono veramente una gran quantità di punti vittoria, all'inizio del gioco quello che uno può fare col suo duro lavoro è poca cosa confrontato con i risultati di una sanguinosa battaglia.
Inoltre (e questo l'ho constatato di persona) si può essere abbastanza sfortunati da essere nel posto sbagliato al momento sbagliato (o di essere antipatici al giocatore che muove gli aggressori?) e subire una vera devastazione dei propri edifici.
Le regole stabiliscono che nessuno può fare l'attaccante due volte prima che tutti lo abbiano fatto almeno una, e questo supera la regola dell'ultimo giocatore di turno che di solito tiene gli indigeni o i pirati: qualora egli lo abbia già fatto, si verifica se il penultimo invece non ha ancora tenuto gli attaccanti, e così via. Implicitamente con questo si riconosce che l'aggressore è un ruolo molto redditizio, quindi. Anzi mi viene da ipotizzare che un giocatore possa, anziché battersi per essere il primo e avere il miglior uso di strutture e risorse, lasciarsi "scivolare" in ultima posizione apposta: il che è una scelta strategica come un'altra ma pone presumibilmente qualche problema di bilanciamento. Ripeto che ho fatto solo mezza partita (partendo troppo tardi per concluderla: spiegare le regole di questo gioco è un po' lungo) e alcuni aspetti (ad esempio la costruzione del perimetro difensivo che limita i movimenti degli attaccanti) ho solo cominciato a percepirli prima che si dovesse concludere perché era tardi; non posso dire nulla di certo ma il mio timore è che questo aspetto bellico venga a sbilanciare il gioco.
Un altro aspetto che ha intimorito alcuni commentatori che ho letto in rete è l'enorme varietà di scelte aperte ai giocatori: a me non ha infastidito, anche se confermo l'impressione.
Potete vedere qui una recensione molto completa, del blog Giochi sul nostro Tavolo.
La mappa contiene gli edifici costruiti dai giocatori rappresentati dai consueti tassellini di cartone, detti generalmente counters dall'inglese. Vedete la mappa divisa in zone: è importante creare dei quartieri con certi tipi di servizi, e non troppo imbruttiti da una concentrazione di bieche attività economiche! Ci sono anche i cilindretti di legno che rappresentano i "lavoratori" mossi dai giocatori, ossia fondamentalmente le azioni che si possono fare. Il materiale è completato dai classici cubetti di legno che rappresentano le risorse: pietra e legno, materiali pregiati. C'è anche da costruire strade e mura per difendere il perimetro.
Alcuni degli edifici hanno funzione economica, ad esempio il mercato (classicamente) trasforma in denaro le materie prime. I riquadri che vedete a lato della mappa sono altre attività che i giocatori intraprendono fuori dalle mura, collocando i propri lavoratori per portare a termine l'impresa che può talvolta durare diversi turni, e anche questo è un classico.
Ci sono anche dei "personaggi" (cariche pubbliche e specialisti) i cui servigi si possono comprare per avere diversi tipi di aiuto. Attorno alla mappa si snoda il classicissimo tracciato dei punti vittoria. Tutto sommato i componenti fanno la loro porca figura ma purtroppo alcuni degli edifici sono assolutamente indistinguibili dagli altri e anche le tabelline che dovrebbero essere di aiuto confondono le idee. Rispetto alla prima foto che ho scattato io da ben strana angolazione, la seconda immagine rubata (presa a prestito?) dal sito boardgamgeek permette di dare un'occhiata migliore ai pezzi.
Nella partita si costruiscono varie strutture con diversi effetti sul gioco, si raggranellano risorse e punti vittoria, si spediscono per profitto le merci e le risorse, per mezzo di una "nave" che viene e va dall'Europa mancando per alcuni turni quando è in transito. Anche qui niente di nuovissimo, e la lotta per essere primi nel turno e accaparrarsi le posizioni più redditizie dove porre i propri lavoratori non stupirà chi ha giocato questo genere di giochi. La diversità si ha con un tracciato in cui si registra, diciamo, il "perdere la pazienza" degli indigeni e l'accumulo di forza dei corsari. Con un tiro di dado da risolvere alla fine di ogni turno si verifica se questi avversari vengono all'attacco. Li terrà l'ultimo giocatore di turno, che cercherà di distruggere tutto quello che può sulla mappa, nonché di ammazzare i difensori (che sono i lavoratori visti prima, con un piccolo aiuto aggiuntivo). Ovviamente l'ultimo giocatore può evitare di nuocere alle proprie costruzioni, mentre raccoglierà dei punti vittoria (a raffica!) devastando il resto della città. Con un effetto perverso ma se vogliamo anche divertente, tutti cercheranno di far ammazzare qualcuno dei propri difensori, perché chi versa il sangue nella difesa del bene comune si becca dei punti vittoria.
Il mio commento. Questa faccenda della guerra si diparte radicalmente da quel tipo di giochi a cui Rio de la Plata assomiglia tanto per tutto il resto dei suoi componenti. Ben venga, è pure piuttosto divertente. La cosa che mi ha lasciato perplesso è che in guerra si raccolgono veramente una gran quantità di punti vittoria, all'inizio del gioco quello che uno può fare col suo duro lavoro è poca cosa confrontato con i risultati di una sanguinosa battaglia.
Inoltre (e questo l'ho constatato di persona) si può essere abbastanza sfortunati da essere nel posto sbagliato al momento sbagliato (o di essere antipatici al giocatore che muove gli aggressori?) e subire una vera devastazione dei propri edifici.
Le regole stabiliscono che nessuno può fare l'attaccante due volte prima che tutti lo abbiano fatto almeno una, e questo supera la regola dell'ultimo giocatore di turno che di solito tiene gli indigeni o i pirati: qualora egli lo abbia già fatto, si verifica se il penultimo invece non ha ancora tenuto gli attaccanti, e così via. Implicitamente con questo si riconosce che l'aggressore è un ruolo molto redditizio, quindi. Anzi mi viene da ipotizzare che un giocatore possa, anziché battersi per essere il primo e avere il miglior uso di strutture e risorse, lasciarsi "scivolare" in ultima posizione apposta: il che è una scelta strategica come un'altra ma pone presumibilmente qualche problema di bilanciamento. Ripeto che ho fatto solo mezza partita (partendo troppo tardi per concluderla: spiegare le regole di questo gioco è un po' lungo) e alcuni aspetti (ad esempio la costruzione del perimetro difensivo che limita i movimenti degli attaccanti) ho solo cominciato a percepirli prima che si dovesse concludere perché era tardi; non posso dire nulla di certo ma il mio timore è che questo aspetto bellico venga a sbilanciare il gioco.
Un altro aspetto che ha intimorito alcuni commentatori che ho letto in rete è l'enorme varietà di scelte aperte ai giocatori: a me non ha infastidito, anche se confermo l'impressione.
Potete vedere qui una recensione molto completa, del blog Giochi sul nostro Tavolo.
domenica 17 aprile 2011
Ripescaggio
L'iniziativa di Writer's Magazine per l'antologia di 50 racconti di fantascienza ha visto una mia partecipazione, non vittoriosa. Il mio racconto breve era imperniato su un argomento di cui ho parlato qui qualche tempo fa, ovvero la futura inutilità del genere maschile nel caso che il mondo continui a evolversi nella tecnologia e meccanizzazione.
Nel frattempo sul forum della WMI era uscita una proposta di ampliare il discorso. Poiché la qualità dei racconti era elevata, si poteva pubblicare tutti quelli che avevano partecipato (trecento e passa, se non erro) in un altro volume più massiccio che dovrebbe avere un nome tipo "Magazzini di Mondi" o simile.
Io mi ero perso il thread e alla fine mi hanno dato uno scossone per chiedermi se aderivo e volevo essere pubblicato, oppure no; sono andato a vedere: c'erano diversi dubbiosi nel dibattito, e magari avevano delle ragioni.
Apparire nell'antologia dei ripescati? (Orrore! Disonore!).
Ottenere la pubblicazione di una ciofeca inizalmente scartata, di cui ci dovremo un domani vergognare?
I racconti sono tutti buoni, ma è davvero possibile che non ci fosse nessuna vaccata da gridar vendetta al cielo?
Non ci ho riflettuto molto per la verità, ho deciso che se ci avevo creduto abbastanza da mandarlo avanti la prima volta, non aveva senso rifiutare per il mio raccontino una qualsiasi possibilità di pubblicazione cartacea, bella o brutta, anche se non mi son tolto la sensazione di essere riuscito sì a scendere ancora una volta in campo, ma stavolta "in serie B."
In fondo sono stupidaggini, qualche decina o centinaio di persone mi leggerà, bene o male. Quando ho ospitato sulla mia "vetrina" i Racconti Perduti di Sanctuary, ovvero quelli non selezionati per il libro Asengard (e il mio era fra essi) mi sono preso la soddisfazione di leggere qualche opinione per cui alcuni degli scartati erano migliori di quelli che erano stati selezionati, quindi non si sa mai che non si riesca a piacere a qualcuno.
Nel frattempo sul forum della WMI era uscita una proposta di ampliare il discorso. Poiché la qualità dei racconti era elevata, si poteva pubblicare tutti quelli che avevano partecipato (trecento e passa, se non erro) in un altro volume più massiccio che dovrebbe avere un nome tipo "Magazzini di Mondi" o simile.
Io mi ero perso il thread e alla fine mi hanno dato uno scossone per chiedermi se aderivo e volevo essere pubblicato, oppure no; sono andato a vedere: c'erano diversi dubbiosi nel dibattito, e magari avevano delle ragioni.
Apparire nell'antologia dei ripescati? (Orrore! Disonore!).
Ottenere la pubblicazione di una ciofeca inizalmente scartata, di cui ci dovremo un domani vergognare?
I racconti sono tutti buoni, ma è davvero possibile che non ci fosse nessuna vaccata da gridar vendetta al cielo?
Non ci ho riflettuto molto per la verità, ho deciso che se ci avevo creduto abbastanza da mandarlo avanti la prima volta, non aveva senso rifiutare per il mio raccontino una qualsiasi possibilità di pubblicazione cartacea, bella o brutta, anche se non mi son tolto la sensazione di essere riuscito sì a scendere ancora una volta in campo, ma stavolta "in serie B."
In fondo sono stupidaggini, qualche decina o centinaio di persone mi leggerà, bene o male. Quando ho ospitato sulla mia "vetrina" i Racconti Perduti di Sanctuary, ovvero quelli non selezionati per il libro Asengard (e il mio era fra essi) mi sono preso la soddisfazione di leggere qualche opinione per cui alcuni degli scartati erano migliori di quelli che erano stati selezionati, quindi non si sa mai che non si riesca a piacere a qualcuno.
domenica 10 aprile 2011
Rango
Un cartone animato per tutte le età (alcuni dei concetti espressi non sono proprio comprensibilissimi ai bambini, ma siccome non è un'opera filosofica si può vederlo per il semplice divertimento) con la particolarità dell'animazione più impeccabile, precisa e realistica che abbia mai visto. In Rango si ha qualche volta addirittura l'impressione che il cartone animato sia fatto di oggetti reali filmati con una vera telecamera.
Il film è ricco di citazioni musicali e cinematografiche: ad esempio la sigla finale, peraltro abbellita con animazioni che voltano al surreale, è certamente ispirata a certe canzoni da surfisti che sono state usate da Quentin Tarantino per Pulp Fiction. Ci sono citazioni che mi hanno ricordato Dune ("voi avete un problema di acqua") e una colonna sonora da spaghetti western, che viene a sottolineare scene alla Sergio Leone.
Gore Verbinski ha voluto creare un film che avesse allo stesso tempo un sapore classico e dei richiami bizzarri, tra cui il fatto che questa strana città western, abitata da animali antropomorfizzati e situata in un deserto bollente, è contigua al mondo "vero." Ne è influenzata da un problema molto concreto, l'acqua che è scomparsa per via di un losco traffico; e dal mondo reale viene il camaleonte protagonista, che vive solitario in un terrario, una scatola di vetro, creandosi un mondo immaginario da attore che recita con un pezzo di bambola rotta e un giocattolo a forma di pesce.
[Se non volete anticipazioni della trama saltate al prossimo paragrafo] Il mondo di "Polvere", la città in cui Rango capita dopo che un banale incidente lo ha sottratto al suo proprietario (e il mondo immaginario del terrario è andato perso), impone al camaleonte di confrontarsi con la "realtà" (per modo di dire...) inventandosi eroe spietato dopo aver avuto la meglio su un terribile falco, grazie a un colpo di fortuna. Riesce barcamenandosi a imporsi per un po', guadagna l'ammirazione di una lucertola-figlia di contadino, ma si comporta da sciocco con una banda di rapinatori-talpe a cui facilita il crimine, e non sa cavarsela con un sindaco-tartaruga più furbo di lui, e con uno spietato serpente a sonagli in veste di pistolero chiamato per toglierlo dai piedi quando ficca il naso dove non dovrebbe.
Scacciato e sbugiardato, tornerà all'autostrada in cui è iniziata la sua avventura (quando il terrario è caduto dal veicolo che lo trasportava) a meditare il da farsi, lasciando che le auto lo sfiorino e rischino di ucciderlo.
La crisi di identità del camaleonte-sceriffo non sarà grande cinema, ma va a colpire nel segno, mostrando l'esistenza vuota di un animale domestico che viveva tranquillo e inutile come giocattolo degli uomini, e all'improvviso deve cavarsela in una realtà spietata. Persa la falsa identità di eroe capisce che deve scegliere di essere qualcosa nella vita, e decide di diventare un eroe sul serio. Da qui, vendetta e giustizia per tutti.
Dopo aver parlato della grafica stupenda, della musica e delle svolte stravaganti della trama, va detto che il film ha qualche momento più lento e meno divertente. Tuttavia credo che abbia meritato il primato di film che ha incassato di più nel 2011. Finora.
Il film è ricco di citazioni musicali e cinematografiche: ad esempio la sigla finale, peraltro abbellita con animazioni che voltano al surreale, è certamente ispirata a certe canzoni da surfisti che sono state usate da Quentin Tarantino per Pulp Fiction. Ci sono citazioni che mi hanno ricordato Dune ("voi avete un problema di acqua") e una colonna sonora da spaghetti western, che viene a sottolineare scene alla Sergio Leone.
Gore Verbinski ha voluto creare un film che avesse allo stesso tempo un sapore classico e dei richiami bizzarri, tra cui il fatto che questa strana città western, abitata da animali antropomorfizzati e situata in un deserto bollente, è contigua al mondo "vero." Ne è influenzata da un problema molto concreto, l'acqua che è scomparsa per via di un losco traffico; e dal mondo reale viene il camaleonte protagonista, che vive solitario in un terrario, una scatola di vetro, creandosi un mondo immaginario da attore che recita con un pezzo di bambola rotta e un giocattolo a forma di pesce.
[Se non volete anticipazioni della trama saltate al prossimo paragrafo] Il mondo di "Polvere", la città in cui Rango capita dopo che un banale incidente lo ha sottratto al suo proprietario (e il mondo immaginario del terrario è andato perso), impone al camaleonte di confrontarsi con la "realtà" (per modo di dire...) inventandosi eroe spietato dopo aver avuto la meglio su un terribile falco, grazie a un colpo di fortuna. Riesce barcamenandosi a imporsi per un po', guadagna l'ammirazione di una lucertola-figlia di contadino, ma si comporta da sciocco con una banda di rapinatori-talpe a cui facilita il crimine, e non sa cavarsela con un sindaco-tartaruga più furbo di lui, e con uno spietato serpente a sonagli in veste di pistolero chiamato per toglierlo dai piedi quando ficca il naso dove non dovrebbe.
Scacciato e sbugiardato, tornerà all'autostrada in cui è iniziata la sua avventura (quando il terrario è caduto dal veicolo che lo trasportava) a meditare il da farsi, lasciando che le auto lo sfiorino e rischino di ucciderlo.
La crisi di identità del camaleonte-sceriffo non sarà grande cinema, ma va a colpire nel segno, mostrando l'esistenza vuota di un animale domestico che viveva tranquillo e inutile come giocattolo degli uomini, e all'improvviso deve cavarsela in una realtà spietata. Persa la falsa identità di eroe capisce che deve scegliere di essere qualcosa nella vita, e decide di diventare un eroe sul serio. Da qui, vendetta e giustizia per tutti.
Dopo aver parlato della grafica stupenda, della musica e delle svolte stravaganti della trama, va detto che il film ha qualche momento più lento e meno divertente. Tuttavia credo che abbia meritato il primato di film che ha incassato di più nel 2011. Finora.
venerdì 8 aprile 2011
436
Ok, decisamente il rosa non è il mio genere e anche se lo si chiama romance e si aggiunge un tocco di fantastico le cose non cambiano.
Tuttavia questo 436 di Anna Giraldo (Casini Editore), che ho letto e recensito per fantasy magazine (cliccare per la recensione su FM) è ben scritto e ha qualche buona idea (attenzione: comunque se non siete della fascia abitualmente destinataria di questo tipo di libri non è che ve lo consiglio), l'unica perplessità me la pone il cattivo che pur essendo presentato come pericoloso si presenta in maniera assai poco carismatica, un tipo smunto e smorto che emette energia negativa, una specie di super-sfigato insomma. Quando c'è la mega battaglia finale diventa pericoloso, tira mazzate e tutto il resto ma mi sembra poco congruo, non ce la faccio molto a vedercelo.
Comunque in questi casi l'importante non è il cattivo, è la storiazza d'ammmore, no?
Tuttavia questo 436 di Anna Giraldo (Casini Editore), che ho letto e recensito per fantasy magazine (cliccare per la recensione su FM) è ben scritto e ha qualche buona idea (attenzione: comunque se non siete della fascia abitualmente destinataria di questo tipo di libri non è che ve lo consiglio), l'unica perplessità me la pone il cattivo che pur essendo presentato come pericoloso si presenta in maniera assai poco carismatica, un tipo smunto e smorto che emette energia negativa, una specie di super-sfigato insomma. Quando c'è la mega battaglia finale diventa pericoloso, tira mazzate e tutto il resto ma mi sembra poco congruo, non ce la faccio molto a vedercelo.
Comunque in questi casi l'importante non è il cattivo, è la storiazza d'ammmore, no?
martedì 5 aprile 2011
Kick-Ass
Non abbiamo superpoteri, ma possiamo prenderti a calci nel culo... Kick-Ass sorprende per l'irriverente, ridanciana parodia dei film di supereroi e riesce a farlo in maniera divertente, sfoggiando parolacce, scene sanguinose e violenza con assoluta disinvoltura. Riesce a essere un bel film anche se c'è Nicolas Cage, un attore i cui meriti, se esistono, mi rimangono nascosti; in questa occasione perfino lui va un po' meglio del solito.
E, sinceramente, Kick-Ass mi ha divertito anche nei momenti in cui una parte di me mi avvertiva che avrei dovuto storcere il naso.
Il film, diretto da Matthew Vaughn (Stardust) prende l'avvio dalle mosse del classico ragazzo sfigato targato USA, come l'abbiamo visto in tanti film: il protagonista (interpretato da Aaron Johnson, attore a me ignoto) fantastica sui supereroi, si chiede perché nessuno voglia cercare di imitarli (gli amici gli spiegano la pericolosità della cosa, ma lui non si convince...), a furia di chiederselo finisce per andare per strada a fare il giustiziere, vestito di una muta color verde piuttosto ridicola, e si dà il nome di Kick-Ass. Ovviamente prende un sacco di mazzate ma riesce ugualmente a farsi notare dalla malavita (e fa arrabbiare il boss italoamericano Frank D'Amico, interpretato da Mark Strong, anche lui visto in Stardust), a impressionare una ragazza (ma non per merito della tuta verde, la storia è un po' più complicata), e a conoscere due supereroi anch'essi senza poteri e più svitati di lui, il poliziotto assetato di vendetta interpretato dal già citato Nicolas Cage e la figlia Hitgirl/Mindy interpretata da Chloe Moretz, la vampira di Let Me In. Hitgirl, allevata come guerriera prodigio dal padre, farà la parte del leone nelle scene d'azione e in una serie di battute ad effetto che includono una sana dose di parolacce. La mia preferita (mezzo spoiler) è la parodia del segnale nel cielo di Batman, colpisce nel segno perché all'inizio della frase la si prende sul serio.
Il film in realtà prende una piega drammatica quando quel disgraziato di Cage fa una fine triste ed eroica, e in pratica si trasforma in un vero film d'azione dove Hitgirl ammazza una enorme quantità di mafiosi (per metà neri, l'altra metà sono italoamericani) e Kick-Ass impara ad essere eroe per davvero. Gran bel film, fresco e molto divertente, una spanna al di sopra della tantissima robaccia soporifera che si prende troppo sul serio. Viene voglia di sapere se il fumetto è altrettanto bello. So solo che la trama non è del tutto identica.
E, sinceramente, Kick-Ass mi ha divertito anche nei momenti in cui una parte di me mi avvertiva che avrei dovuto storcere il naso.
Il film, diretto da Matthew Vaughn (Stardust) prende l'avvio dalle mosse del classico ragazzo sfigato targato USA, come l'abbiamo visto in tanti film: il protagonista (interpretato da Aaron Johnson, attore a me ignoto) fantastica sui supereroi, si chiede perché nessuno voglia cercare di imitarli (gli amici gli spiegano la pericolosità della cosa, ma lui non si convince...), a furia di chiederselo finisce per andare per strada a fare il giustiziere, vestito di una muta color verde piuttosto ridicola, e si dà il nome di Kick-Ass. Ovviamente prende un sacco di mazzate ma riesce ugualmente a farsi notare dalla malavita (e fa arrabbiare il boss italoamericano Frank D'Amico, interpretato da Mark Strong, anche lui visto in Stardust), a impressionare una ragazza (ma non per merito della tuta verde, la storia è un po' più complicata), e a conoscere due supereroi anch'essi senza poteri e più svitati di lui, il poliziotto assetato di vendetta interpretato dal già citato Nicolas Cage e la figlia Hitgirl/Mindy interpretata da Chloe Moretz, la vampira di Let Me In. Hitgirl, allevata come guerriera prodigio dal padre, farà la parte del leone nelle scene d'azione e in una serie di battute ad effetto che includono una sana dose di parolacce. La mia preferita (mezzo spoiler) è la parodia del segnale nel cielo di Batman, colpisce nel segno perché all'inizio della frase la si prende sul serio.
Il film in realtà prende una piega drammatica quando quel disgraziato di Cage fa una fine triste ed eroica, e in pratica si trasforma in un vero film d'azione dove Hitgirl ammazza una enorme quantità di mafiosi (per metà neri, l'altra metà sono italoamericani) e Kick-Ass impara ad essere eroe per davvero. Gran bel film, fresco e molto divertente, una spanna al di sopra della tantissima robaccia soporifera che si prende troppo sul serio. Viene voglia di sapere se il fumetto è altrettanto bello. So solo che la trama non è del tutto identica.
domenica 3 aprile 2011
Galactic Emperor
Un gioco di fantascienza che mi ha decisamente soddisfatto, Galactic Emperor è uscito qualche anno fa per una certa CrossCut Games, stando a leggere le informazioni sul sito Boardgamegeek.
Il nome della casa (e anche quello del progettista, Adam West) mi giungono del tutto nuovi, comunque il gioco è interessante perché ha una complessità modesta, diciamo quel che basta e nulla di più, per creare un'avvincente sfida nella gestione del proprio impero in espansione con aspetti di ricerca scientifica, economici e militari, e perfino un rudimentale sistema politico.
Come potete intuire dalla foto che ho scattato alla plancia di gioco, la mappa si "compone" di tessere esagonali che vengono poste dai giocatori durante una fase di espansione. Le fasi di gioco corrispondono a quello che bisogna fare (ricerca scientifica, esplorazione, attacco militare, produzione e così via) e nel turno ogni giocatore sceglie una carta (una "carica," per così dire) che fa sì che quella determinata fase verrà effettuata, anche dagli altri giocatori, quando tocca a lui. La peculiarità del gioco è che non si riesce a compiere tutte le attività disponibili, a seconda di quello che i giocatori scelgono qualche cosa resta fuori.
Nel corso dei primi turni la mappa viene esplorata e succede un evento che fa parte della tematica del gioco: la grande stella che occupa il centro della mappa diventa un buco nero (nella foto, il tristo evento è già successo) e allo stesso tempo l'universo passa a una fase oscurantista, pertanto non c'è più la fase di ricerca scientifica (i giocatori devono stare ben attenti ad arreffare i bonus scientifici finché possibile).
Finita l'espansione (anche quella carica si estingue quando tutte le tessere dei pianeti sono piazzate) si ha una carta in più per fare una fase di guerra, insomma il sistema incoraggia i giocatori a passare alle botte. Qui entra particolarmente in gioco la produzione, che permette di gestire un sistema economico con tre tipi di risorse, semplice ed efficace, e il combattimento, basato su diverse unità: tre diverse navi spaziali e due tipi di difesa. Le armi più deboli sparano per seconde, quindi rischiano di essere surclassate (e massacrate) da quelle più potenti: tuttavia la nave spaziale più forte (Dreadnought) è anche molto lenta.
La vittoria si basa sul numero di sistemi controllati: nel corso del gioco si pescano dei chit che poi vengono tenuti a faccia in giù per impedire agli altri giocatori di farci i conti in tasca; viene premiata così la preponderanza sulla mappa per la durata del gioco, e non chi riesce a vantare la maggiore espansione nel finale.
Tutto sommato sono rimasto impressionato dall'eleganza e dall'essenzialità di questo gioco che riesce a creare una piccola space opera molto viva e con tanti elementi in ballo, senza ammazzarci con un regolamento complesso. C'è una certa possibilità di "kingmaking," ma in un gioco con queste caratteristiche è inevitabile.
Il nome della casa (e anche quello del progettista, Adam West) mi giungono del tutto nuovi, comunque il gioco è interessante perché ha una complessità modesta, diciamo quel che basta e nulla di più, per creare un'avvincente sfida nella gestione del proprio impero in espansione con aspetti di ricerca scientifica, economici e militari, e perfino un rudimentale sistema politico.
Come potete intuire dalla foto che ho scattato alla plancia di gioco, la mappa si "compone" di tessere esagonali che vengono poste dai giocatori durante una fase di espansione. Le fasi di gioco corrispondono a quello che bisogna fare (ricerca scientifica, esplorazione, attacco militare, produzione e così via) e nel turno ogni giocatore sceglie una carta (una "carica," per così dire) che fa sì che quella determinata fase verrà effettuata, anche dagli altri giocatori, quando tocca a lui. La peculiarità del gioco è che non si riesce a compiere tutte le attività disponibili, a seconda di quello che i giocatori scelgono qualche cosa resta fuori.
Nel corso dei primi turni la mappa viene esplorata e succede un evento che fa parte della tematica del gioco: la grande stella che occupa il centro della mappa diventa un buco nero (nella foto, il tristo evento è già successo) e allo stesso tempo l'universo passa a una fase oscurantista, pertanto non c'è più la fase di ricerca scientifica (i giocatori devono stare ben attenti ad arreffare i bonus scientifici finché possibile).
Finita l'espansione (anche quella carica si estingue quando tutte le tessere dei pianeti sono piazzate) si ha una carta in più per fare una fase di guerra, insomma il sistema incoraggia i giocatori a passare alle botte. Qui entra particolarmente in gioco la produzione, che permette di gestire un sistema economico con tre tipi di risorse, semplice ed efficace, e il combattimento, basato su diverse unità: tre diverse navi spaziali e due tipi di difesa. Le armi più deboli sparano per seconde, quindi rischiano di essere surclassate (e massacrate) da quelle più potenti: tuttavia la nave spaziale più forte (Dreadnought) è anche molto lenta.
La vittoria si basa sul numero di sistemi controllati: nel corso del gioco si pescano dei chit che poi vengono tenuti a faccia in giù per impedire agli altri giocatori di farci i conti in tasca; viene premiata così la preponderanza sulla mappa per la durata del gioco, e non chi riesce a vantare la maggiore espansione nel finale.
Tutto sommato sono rimasto impressionato dall'eleganza e dall'essenzialità di questo gioco che riesce a creare una piccola space opera molto viva e con tanti elementi in ballo, senza ammazzarci con un regolamento complesso. C'è una certa possibilità di "kingmaking," ma in un gioco con queste caratteristiche è inevitabile.