venerdì 3 maggio 2024

Briganti

 Mi ha sorpreso positivamente, tutto sommato, la serie Briganti su Netflix. Mentre altri spettacoli italiani sul medesimo canale (vedi Il Fabbricante di Lacrime, anche se baso il mio giudizio su soli 15 minuti, ma di più non era proprio possibile) sono un disastro, qui la produzione è fatta con mezzi piuttosto seri, costumi, una ricostruzione storica che fa acqua per diversi motivi ma dà tono a un'ambientazione efficace. Briganti è una specie di western all'italiana ambientato in Italia, dove protagonisti sono i rivoltosi che non accettano la conquista del sud da parte dei "Piemontesi," ovvero del nuovo regno sabaudo che ha incorporato le conquiste dei Garibaldini.

Si tratta in effetti di un periodo e di eventi che, al di là della drammaticità e delle sofferenze che tanti patirono, offrono oggi la possibilità di raccontare storie piene di pathos e avventura. Va detto che la nostra storia di queste possibilità ne offre molte e facilmente individuabili, a patto di liberarsi da sensazioni di inferiorità culturale. Purtroppo raramente la possibilità viene colta, e non sempre bene. Mi ricordo purtroppo antiche produzioni Rai che erano noiose in maniera raccapricciante.

Tornando a Briganti, la storia ci porta alla caccia a un ipotetico tesoro (l'oro del Banco di Palermo) che venne nascosto perché il Sud conquistato potesse un giorno riappropriarsene. Ma gli interessi privati e, ovviamente, le brame dei "Piemontesi," trasformeranno questa caccia al tesoro in un lotta mortale.

Nella storia la protagonista è Filomena, moglie infelice di un boss da paesino, che tiene però nella propria cassaforte la mappa che porta all'oro nascosto. Filomena finisce (SPOILER!) per ammazzare il marito e si dovrà rifugiare presso i briganti della banca Monaco, che però non sanno bene cosa fare di lei. Un altro personaggio, detto "Sparviero," vuole quelle ricchezze. Non per il Sud, ma per se stesso.

Segue una storia di battaglie, ammazzamenti, lealtà e slealtà, tradimenti scellerati ma a volte perdonati, farabutti alla ribalta, preti, briganti, brigantesse (che sono esistite storicamente), e un generale del nuovo regno d'Italia non privo di sentimenti umani ma molto abile a tenerli ben nascosti, mentre fa quello che deve fare ed "esegue gli ordini."

Fotografia, colori, recitazione piuttosto buona, avventura e battaglie sono i punti forti della serie, che alla lunga però va un po' a perdersi nella foga di farci conoscere troppi personaggi senza avere la possibilità di approfondirli tutti e di chiarire allo spettatore i loro moventi. Può darsi che sia stato io poco attento, per carità. Ma dopo un po' diventa complicato tenere il conto di chi tradisce chi, chi deve vendicarsi, chi ci crede, chi vuole solo il proprio guadagno eccetera. La trama è poco focalizzata, da metà serie in poi, diciamo, mentre era partita abbastanza bene. Questo il principale limite di Briganti, dopo aver concesso la mancata verosimiglianza storica e qualche concessione eccessiva al "revisionismo neoborbonico," cui io non credo. L'uso del dialetto certe volte è esagerato, ma i produttori hanno (finalmente) capito che in certi casi si devono mettere i sottotitoli.

Per quanto riguarda i dialoghi, spesso abbiamo belle scene rovinate soltanto dal dialetto che rende inevitabili i sottotitoli. Complimenti ai registi Antonio Le Fosse, Steve Saint Leger, Nicola Sorcinelli. Tra gli attori si segnalano le brigantesse (nei panni della protagonista abbiamo Michela De Rossi, e poi Matilda Lutz e Ivana Lotito), nel ruolo di vari briganti ricordo Orlando Cinque e Leon de la Vallée, mentre Marlon Joubert è lo Sparviero, uomo capace di amare, ma anche di tradire. Pietro Micci interpreta il generale Fumel.

Briganti dimostra che si possono trarre narrazioni molto vive dalla nostra storia. Se si è capaci di farlo, beninteso.


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