Dopo anni di Covid in cui non ho messo il naso fuori dall'Italia, per la prima volta mi sono concesso un viaggio all'estero. Avevo voglia di fare una visita abbastanza approfondita dell'Irlanda: Dublino, qualche tratto di campagna e di costa, Londonderry (Irlanda del Nord) e la Scalinata dei Giganti. Constatato che in alta stagione tutto questo sarebbe costato un botto, ho ribassato le mie pretese e ho passato due giorni e spizzichi a Dublino, soffrendo terribili voli Ryan Air all'andata e al ritorno (grossi ritardi e scomodità).
Il ribasso nelle spese è stato eccessivo, al punto che non ho nemmeno avuto tempo per apprezzare tutto quello che c'era da vedere in città. Beninteso questo dipende dai punti di vista: se volete solo andare a visitare la fabbrica della birra Guinness e gironzolare per la zona dei pub turistici (Temple Bar) sfondandovi di birra, due giorni magari sono anche più che sufficienti, ma ci sono cattedrali, palazzi, parchi, musei da visitare con cose parecchio carine, tra cui una impressionante galleria (National Gallery, oppure Ghailearaí Náisiúnta na hÉireann) con un gran numero di capolavori italiani sia medievali che rinascimentali, e quadri di maestri europei di tutte le provenienze. Quella da sola si sarebbe presa buona parte di una giornata.
C'è anche da aggiungere che non sono un giovanotto e certi ritmi di una volta oggi mi sono impossibili. Però qualcosa ho imparato... da Dublino partono gli autobus (e i treni) per tutto il paese, le comunicazioni sono buone e piuttosto facili. Non dico che sia possibile fare come in Belgio, dove puoi basarti a Bruxelles e vedere tutto il paese, ma è possibile muoversi con fiducia facendo affidamento su... una buona carta bancomat internazionale, ed essere certi di trovare facilmente il modo di arrivare alla prossima tappa. Per esempio, i trasporti si possono acchiappare al volo pagando direttamente al conducente: non so se questo valga per gli autobus cittadini, che non ho usato, ma l'autobus dall'aeroporto alla zona del mio albergo costava veramente poco, mentre un taxi mi avrebbe salassato. Gli alberghi (costosi!) è sempre meglio prenotarli in anticipo, ovviamente. Oggi come oggi non è un gran problema passare in Irlanda del Nord, portandosi dietro il passaporto (per quanto abbia letto che non sarebbe necessario se si entra per via di terra); per quanto riguarda l'assistenza sanitaria in caso di emergenza va però ricordato che quella non è più unione europea. Meglio portarsi dietro una polizza per l'occasione. Cosa che farò quando, se possibile, tornerò in Irlanda e la visiterò come si deve.
Molte delle attrazioni storiche sembrano parlare di una città britannica. Questo non deve sorprendere, per quanto sia straniante. Cattedrali protestanti che sono mete di turismo ma non frequentate dal popolo, che è cattolico. Una università (Trinity College) che ancora oggi trasuda spocchia inglese dalle pietre. E un castello che era in effetti il centro amministrativo dei dominatori.
Ma occorre prendere questo triste aspetto della storia irlandese con la dovuta attenzione. Molti di coloro che lottarono per la libertà da Londra erano protestanti e con sangue inglese o scozzese nelle vene. Poi tante cose hanno scavato fossati tra le varie componenti della popolazione, ovviamente, soprattutto nell'Ulster (Irlanda del Nord).
D'altra parte gli Irlandesi ormai non parlano quasi più la propria lingua, per quanto sia insegnata a scuola, e i cartelli siano bilingui. Triste, ma anche l'unico stato indipendente celtico vede la sua cultura originale ridotta al lumicino.
Tornando alla città: vi consiglio di visitare la Chester Beatty Library, che è del resto tra le attrazioni "da non perdere". Si tratta della collezione privata di un magnate appassionato al mondo della scrittura, ai libri antichi soprattutto. Vi è parecchio altro materiale (anche di provenienza dall'estremo oriente), ma per quanto riguarda i libri ci sono degli esemplari stupefacenti: papiri, frammenti di epoca molto antica, spiegazioni su come venivano rilegati i libri nell'antichità e nel medioevo, su come uno scriba egizio creava il proprio inchiostro (ed è esposta una tavoletta con la scanalatura per riporre lo stilo), e tanto altro che non ho fatto in tempo a vedere.
Detto questo vi consiglio di visitare l'Irlanda, tenendo però conto del fatto che è un paese freddo, piovoso e ventoso, quindi può darvi sorprese anche d'estate. Io provenivo da località italiane bollenti (a 38 gradi) e ne sono stato quasi felice.
Gli alberghi a Dublino sono costosi, il cibo non certo a buon mercato (e nelle zone più turistiche molto caro).
I Vichinghi, predoni e commercianti, ma anche invasori, furono una minaccia per l'Irlanda fino a circa l'anno mille, quando vennero sconfitti. Non scomparvero ma si assimilarono. In seguito un'altra minaccia venne dai Normanni. Così come avvenne nell'Italia meridionale, si infiltrarono negli affari dei re Celti offrendosi come mercenari, a partire dal 1169, e presto cominciarono a dominare la maggior parte dell'isola. Erano teoricamente sudditi inglesi ma, in pratica, rimasero indipendenti e anch'essi si fusero con la cultura locale. Il re Enrico VIII (1491-1547) iniziò a stringere il controllo inviando un rappresentante della corona a Dublino. Durante il regno della regina Elisabetta (in carica dal 1558 al 1603) gli Irlandesi, che si erano alleati agli Spagnoli dell'Invincibile Armada, subirono una dura batosta.
Ora si trattava di essere dominati da una potenza straniera che aveva anche adottato una differente religione. Iniziarono a venire introdotti nell'isola coloni (di provenienza soprattutto scozzese), fu confiscata la terra dei cattolici per darla ai nuovi padroni, si cercò di imporre la religione dei vincitori (senza molto successo).
Oliver Cormwell, l'uomo che abbatté temporaneamente la monarchia inglese, compì nel XVII secolo stragi e devastazioni su scala mai vista prima per liberarsi degli irlandesi ribelli. Con la chiesa cattolica messa fuori legge, e le terre confiscate, gli Irlandesi si trovarono in uno stato di terribile indigenza e impotenza anche quando non venivano semplicemente ridotti in schiavitù o uccisi, massacrati come i pellerossa nelle Americhe. Vennero anche introdotte leggi discriminatorie e la popolazione locale crollò a circa mezzo milione di abitanti.
Una nuova occasione di lotta gli Irlandesi la colsero, e persero, quando Giacomo II Stuart, ultimo sovrano inglese cattolico, combatté contro Guglielmo III d'Orange la battaglia di Boyne (1690). E pur essendo appoggiato anche dai Francesi, Giacomo venne sconfitto e perse ogni speranza di rivedere la corona.
Con la rivoluzione francese vi fu un tentativo di sollevarsi contro il potere di Londra, guidato da Theobald Wolfe Tone. Notare che stavolta si tratta di un protestante. L'intenzione era quella di rendere il parlamento locale indipendente, con l'aiuto dei Francesi, che inviarono un corpo di spedizione in Irlanda. Ma i transalpini vennero sconfitti e il povero Tone, come altri patrioti prima e dopo di lui, finì male. Dopo questo evento il parlamento locale fu addirittura abolito e i parlamentari irlandesi (comunque inglesi e protestanti) si dovettero recare in Inghilterra.
Mentre altri tentativi di riguadagnare autonomia e libertà religiose fallivano, arrivava anche la carestia degli anni 1845-51 ad aggiungersi alle sfortune degli Irlandesi. Causata da una malattia della pianta della patata, la carestia provocò morte ed emigrazione, mentre gli Inglesi continuavano a produrre ed esportare grano. Alcuni provvedimenti a favore degli Irlandesi affamati arrivarono, ma tardi, e mentre innumerevoli sventurati morivano, altri erano costretti a emigrare.
Questo però creò un problema ai dominatori britannici, perché si creò una forte comunità irlandese in un paese vicino (ovviamente gli USA) con cui non era opportuno litigare. Con una serie di iniziative politiche e culturali gli Irlandesi misero sotto pressione la corona britannica fino a che, durante la Prima guerra Mondiale, non ci fu una nuova insurrezione velleitaria e condannata a fallire fin dalla partenza (1916).
Fu una faccenda breve e non molto apprezzata dagli stessi Irlandesi, ma le cose sarebbero cambiate presto. La reazione della corona britannica, con dure condanne alla prigionia e alla pena capitale, rese gli insorti dei martiri, e iniziò una guerra d'indipendenza alla quale i britannici posero fine concedendo, con la firma di un trattato (1922), una autonomia limitata all'Irlanda, con l'esclusione dell'Ulster (o meglio di una parte di esso), l'odierna Irlanda del Nord.
Finalmente una specie di indipendenza? Sì, ma non prima di una guerra civile. Infatti i patrioti si divisero in repubblicani (quelli che non volevano restare sotto la corona) e "trattatisti", ovvero quelli che avevano firmato l'accordo, e fu guerra. Aver accettato la soluzione di compromesso del trattato costò la vita a uno dei patrioti irlandesi, Michael Collins, mentre il suo ex-alleato De Valera, quello che non voleva compromessi, fu sconfitto, ma arrivò dopo qualche tempo al governo ed eliminò a poco a poco, unilateralmente, le limitazioni all'indipendenza irlandese, senza che la Gran Bretagna potesse farci un gran che.
La questione dell'Irlanda del Nord, dove il sangue ha continuato a scorrere a lungo (e chissà che non riprenda a farlo), non è ancora del tutto chiusa al giorno d'oggi.
Nota finale: per scrivere questa storia dell'Irlanda mi sono aiutato con varie fonti tra cui il libro A Short History of Ireland di Breandán Ó hEithir.
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