mercoledì 22 giugno 2016

Rivers of London

Premessa importante: questa non sarà una vera e propria recensione perché è riferita a un romanzo che ho smesso di leggere a meno della metà, anzi dal momento che il kindle permette di essere precisi in merito, al 35% della sua lunghezza. Ho comprato questo libro di Ben Aaronvitch (titolo: Rivers of London, il primo di una serie edita da Gollancz) direttamente in inglese come ogni tanto (anzi abbastanza spesso) faccio per assaggiare qualche novità in anteprima e vedere se c'è qualche gemma che a noi italiani è preclusa per mancanza di case editrici che ci scommettano il costo di una traduzione. Ogni tanto ho letto dei bellissimi libri, tirando a indovinare fra ciò che viaggia nel mercato anglofono: qualcuno di essi poi è stato anche tradotto in italiano.

Dell'autore Wikipedia ci dice che è figlio di un economista membro del Partito Comunista Britannico, un papà dalla carriera molto originale (come si fa a capire veramente qualcosa di economia ed essere comunisti? Ma forse io non sono capace di comprendere gli entusiasmi sessantottini...); ha scritto per la TV (serie Doctor Who) e parecchia narrativa, breve e non. Questo Rivers of London introduce una serie di romanzi polizieschi con il personaggio di Peter Grant, poliziotto londinese di belle speranze inizialmente assai poco stimato dai suoi capi; mentre la collega Lesley (verso cui il protagonista nutre un affetto misto a una certa invidia) sembra avviata a fare carriera in un ruolo interessante, Peter pare destinato a finire i suoi giorni come passacarte, spietatamente scartato dal capo. Tuttavia in un'investigazione si accorge di essere in grado di raccogliere una testimonianza molto particolare...


L'investigazione riguarda un omicidio. Si tratta di un assassinio "impossibile," in quanto le telecamere riprendono una persona il cui aspetto è mutevole; Peter intervista un testimone oculare che si rivela essere un fantasma, e lui sembra essere il solo in grado di percepirlo. Questo non lascia i superiori increduli o particolarmente sconcertati, semplicemente il nostro agente dalla carriera poco brillante è trasferito sotto la supervisione di Thomas Nightingale, capo di un ufficio piuttosto bizzarro al servizio di sua Maestà: in pratica, l'ultimo mago praticante della Gran Bretagna. Peter diventa il suo apprendista.

Nel frattempo il caso si complica. Testimoni collegati alla vicenda impazziscono, o vengono posseduti da una forza malvagia, e compiono atti terrificanti; Peter e il suo capo indagano tra esseri mitici e magici e vere e proprie divinità per comprendere cosa stia succedendo. Qui mi sono fermato. Di questo libro non ho apprezzato il trapasso dal mondo reale a quello fantastico, gestito in maniera del tutto inverosimile, come se fosse del tutto normale che la polizia abbia un reparto (per quanto ridotto a una sola persona, due quando arriva Peter) che si occupa di occulto e magia, il mago Nightingale che parla di incantesimi stile Harry Potter con il suo allievo, le divinità dei fiumi e via dicendo. I pochi amici che hanno letto il mio Khaibit potrebbero dire che la magia nel mio libro si mescola al mondo reale in una maniera non meno problematica; io penso che la mia personale scelta sia stata di renderla poco riconoscibile in un mondo che comunque non ci vuole credere. Qui si legge di una Londra dove la magia esiste e parecchi ne sono a conoscenza, una magia non sempre appariscente ma piuttosto pervasiva e talvolta abbastanza spettacolare negli effetti. Estremamente inverosimile e prosaica la sua presentazione, insomma nonostante quello che ho letto nelle recensioni che accomunano Aaronvitch a grandi autori del fantastico britannico, non ci ho visto nulla della maestria, dell'incanto di un Pratchett o di un Gaiman. Ho apprezzato un po' di più lo humour britannico dell'autore, ma la storia non mi ha mai preso, e dopo aver insistito un po' per vedere se migliorava ho lasciato questa lettura.

Ovviamente, non vi fidate del mio giudizio: ognuno ha i suoi gusti. A quasi tutti piace George Martin e il suo Trono di Spade, e a me non piace... e questa serie Rivers of London ha avuto successo, così magari, a breve, ve la proporranno nella nostra lingua, e vi piacerà.





3 commenti:

  1. cit. "come si fa a capire veramente qualcosa di economia ed essere comunisti?"
    è un po' come un imprenditore di sinistra: una contraddizione.

    Quando nel mondo reale s'immette il fantastico le critiche piovono spesso: c'è chi accetta la cosa, ma in diversi storcono il naso perché il fantastico non ci può stare nella realtà. O si scrive di realtà o si scrive di fantastico: le cose devono essere distinte. Io non sono per questa cosa, ma per come viene mostrata e spiegata. Facendo un esempio, la saga di Verbo e Vuoto di Brooks mi è piaciuta, ma quando l'autore ha voluto collegarla a Shannara e mi scrive che gli elfi sono sempre esistiti sulla Terra, abitando tra le Montagne Rocciose (mi sembra), allora mi vien voglia di mandarlo a spendere.

    Su Martin. Sa scrivere, sa caratterizzare i personaggi, ma per vedere il meglio occorre trovare altre sue opere, non la soap opera che è Games of Throne.

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  2. Io dico che è molto difficile farlo, conciliare il fantastico con il contesto contemporaneo. Personalmente ho scelto la strada di una magia non appariscente, di avversari che agiscono in maniera per lo più "convenzionale."
    Alcuni sono comunque stati molto bravi.
    Gaiman in NessunDove ha fatto un ottimo lavoro nel fare scivolare il suo protagonista in un mondo parallelo. Luk'janenko con la potente magia dei suoi personaggi ha creato uno scenario in cui gli umani sono manipolati dagli "altri" in una tale maniera che non si accorgono di nulla.

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  3. Sì, Gaiman ha fatto un buon lavoro con NessunDove. Luk'janenko pure da quel che ho letto in rete (il film che ho visto non le prendo proprio come riscontro sicuro, anche se mi è piaciuto). Si potrebbe annoverare la Rowling, ma certi punti scricchiolano (e non poco).
    Personalmente ho optato per un'irruzione improvvisa e dilagante (ovvero prima non c'era e poi esplode).

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