La Legione Straniera... No, non si tratta di un'accozzaglia di brutti ceffi comandati da ufficiali francesi, stavolta, ma di un fatto storico: la Prima Guerra Barbaresca. Ne parla un fumetto dell'Editoriale Cosmo in una storia autoconclusiva: Tripoli.
Il protagonista è William Eaton, una specie di diplomatico, soldato e avventuriero che si trovò a gestire una situazione assai delicata con il pascià di Tripoli Yusuf, che chiedeva un tributo esorbitante agli USA per garantire l'immunità (ovvero incolumità dai pirati) ai loro vascelli. Il ricatto si fece insopportabile, scoppiò il conflitto e venne inviata una nave da guerra per far ragionare il farabutto locale. Per sfortuna, la nave si incagliò presso Tripoli e Yusuf poté aggiungerne l'equipaggio, trasformato in ostaggi, agli elementi che lo mettevano in una posizione di forza.
William Eaton, non accettando la situazione, prese contatto con il precedente pascià, ora deposto ed esiliato in Egitto, e gli offrì di unire le forze per contrattaccare e sconfiggere Yusuf, in modo da restituirgli il trono. L'epica marcia nel deserto e la battaglia di Derna sono il fulcro della vicenda narrata in questo fumetto, ben disegnato e a colori, decisamente piacevole nei suoi toni epici, e nel fare luce su un episodio così oscuro e lontano della storia. [Attenzione Spoiler!] Eaton, praticamente d'iniziativa personale, e con forze raccolte sul posto (solo un pugno di soldati statunitensi) sconfisse Yusuf, ma a quel punto i disonorevoli sotterfugi della politica cominciarono a entrare in gioco...
Quanto ai pirati barbareschi, non bastò questo conflitto a far cessare le loro razzie.
Storia epica dal finale amaro, lettura consigliata a tutti gli amanti dei fumetti.
giovedì 26 novembre 2015
martedì 24 novembre 2015
Prossimi film di fantascienza
E così Alien tornerà tra noi in due prossimi film. Il primo sarà del regista originale, Ridley Scott, che a quanto pare dopo aver detto tante belle cose sul nuovo progetto Prometheus deve aver visto a mente fredda la pellicola che ne è venuta fuori e, immagino, gli sarà scappato da ridere. No, va be', lui dichiara che rimettere "Alien" nel titolo era sempre stato previsto. Sarà. Così "Prometheus 2" si chiamerà, sembra, Alien - Paradise Lost riprendendo il nome della vecchia serie di film. Il tema dei creatori non sarà abbandonato (anzi forse andremo sul loro pianeta) ma dovrebbero ritornare connessioni con quel bel mostrone che tutti conosciamo e anche con il personaggio di Ripley (come? non sappiamo...). Speriamo bene, in fin dei conti Ridley Scott è sempre un grande regista. M'ero ripromesso di non andare a vedere il seguito di Prometheus, ma chissà, potrei ripensarci.
Un altro Alien, che a questo punto si stacca dalla cronologia della precedente serie e va in una direzione propria riprendendo la storia dopo il secondo film (Aliens Scontro Finale diretto da Cameron), uscirà dopo il film di Ridley Scott.
Un altro Alien, che a questo punto si stacca dalla cronologia della precedente serie e va in una direzione propria riprendendo la storia dopo il secondo film (Aliens Scontro Finale diretto da Cameron), uscirà dopo il film di Ridley Scott.
sabato 21 novembre 2015
Khaibit - Il Giorno del Giudizio
Dopo la triste scomparsa (annunciata qui) del mio hosting gratuito, ho deciso di vendere Kahibit - Il Giorno del Giudizio su Amazon: questa è la pagina. Le avventure del povero Ivan e del suo superpotere che gli dà più danni che vantaggi sono quindi disponibili per un pugno di euro (se non le avete scaricate quando erano gratuite, ma anche in quel caso potreste fare la cosa giusta e graziosa e comprare lo stesso questo ebook).
Se vi va potete anche fare un salutino sulla pagina facebook dedicata all'Apocalisse Milanese.
Se vi va potete anche fare un salutino sulla pagina facebook dedicata all'Apocalisse Milanese.
giovedì 19 novembre 2015
Dragonfly
Se il fantasy di oggi si divide davvero tra i cloni di Tolkien e gli scrittori che parlano di mondi brutti e cattivi (Martin, Abercrombie), allora può essere benvenuta una storia che non ha niente a che vedere con entrambi questi filoni. Beninteso, sto esagerando nel definire il fantasy odierno come diviso in due "fronti contrapposti" e non voglio anzi impantanarmi in una polemica del genere, però è piacevole trovare un libro che ti spinge a esplorare un mondo la cui logica non è un riassunto di cose già viste e la cui ispirazione non è così immediata da cogliere. Il libro in questione è Dragonfly e l'autore Raphael Ordoñez: bella la copertina, strano il titolo (in italiano: libellula) che richiama la capacità di volare dello straordinario protagonista, un uomo che si sposta con un apparecchio straordinariamente lieve e robusto che gli consente il volo come se fosse un ultraleggero. C'è molta meraviglia e stranezza in questo e altri manufatti che compaiono nella storia; ancora più straordinaria è Enoch, la gigantesca città in cui si svolge la vicenda.
A quanto dice la recensione di Black Gate (blackgate.com) questo libro, il primo di quattro, è un'autoproduzione e anche la piacevole copertina è opera dell'autore. Inizialmente m'ero incuriosito ma ero trattenuto dal fatto che non vi fosse un'edizione digitale (come lamentava anche questa recensione, in inglese ma scritta da Davide Mana, blogger italico); adesso è disponibile a pochi euro in formato kindle. Problemino: si tratta di un testo in lingua straniera, con una certa quantità di parole inglesi antiche e desuete e strani termini scientifici (questi ultimi vi metterebbero probabilmente in difficoltà anche se il libro fosse tradotto in italiano). Tutto sommato ho trovato Dragonfly abbastanza leggibile e scorrevole, anche se l'inizio, con una specie di viaggio iniziatico del protagonista Keftu terminato in un triste ritorno al villaggio dove tutti sono morti, m'aveva lasciato un po' perplesso. La storia ci mette un pochino a ingranare e, di fronte all'immensa città di Enoch, l'ingenuità di Keftu e la sua ambizione di scalare fino al vertice della enorme struttura che dal centro della metropoli arriva fino allo spazio sembra un po' infantile.
Facciamo un passo indietro e parliamo dell'ambientazione: il mondo si chiama "Counter Earth" e quindi non è la terra ma ha una relazione con essa, che non comprendo. Ci sono molti aspetti fantascientifici ma anche elementi decisamente fantasy (spiriti e creature immateriali, sempre che non ci sia in seguito la spiegazione scientifica che sbuca fuori a sorpresa), e molto nell'atteggiamento mentale del protagonista, intraprendente, ambizioso e terribilmente in gamba, ma allo stesso tempo riflessivo e saggio quando necessario, mi ricorda il Severian di Gene Wolfe (la saga del Torturatore). Del resto la tematica che si assaporta in Dragonfly ricorda parecchio gli scrittori che hanno parlato della "terra morente," Wolfe, Jack Vance e C.A. Smith.
Il mondo conosce la tecnologia ma è crollato in una decadente semi-barbarie. Esistono la luce elettrica, le ferrovie, gli ascensori, le aeronavi e molto altre cose essenzialmente moderne, e specialisti che hanno una qualche cognizione del loro uso, ma questi elementi convivono con popoli selvaggi, strane creature, magia e superstizione. La metropoli è piena di macerie e quartieri deserti. Questa grande città, che si chiama Enoch, è guidata da un'entità, che immagino sia una intelligenza artificiale ma fa molto di più di quanto ci aspetteremmo, chiamata Cheiropt, la (traduco dall'inglese) "semi divina macchina sociale senza testa che governa tutta Enoch. Il suo centro è ovunque e da nessuna parte." Il popolo è diviso in una caste di poveracci (gli Helots, ovvero Iloti, se conoscete la storia dell'antica Sparta) e i Philytes, cittadini più sofisticati divisi in classi che a malapena riconoscono l'esistenza l'una dell'altra, anche se le persone si incontrano comunemente per strada. Questo bizzarro (e decadente) meccanismo retto dal misterioso Cheiropt ha soppiantato la civiltà degli Eldenes, antichi costruttori della grande torre che regge la misteriosa struttura sovrastante tutta Enoch, la cittadella affacciata sullo spazio esterno. Tale meta, in un mondo assai stratificato socialmente, è virtualmente irraggiungibile per un poveraccio come Keftu. Ma lui, che viene dal popolo estinto degli Arras e vorrebbe conquistare il segreto dell'immortalità, è pieno di fiducia e si illude di trovare quello che cerca in cima a questa struttura straordinaria.
All'inizio l'avventura del povero Keftu (che è un giovane proveniente da una tribù del deserto ma non ignorante del mondo tecnologico che lo circonda in Enoch) finisce in una trappola di malintenzionati che fanno di lui uno schiavo e un gladiatore, in seguito il giovanotto saprà destreggiarsi tra amici e nemici, belle donne e profeti intriganti, leader rivoluzionari e alleati non troppo affidabili, in una serie di avventure che purtroppo... sono assolutamente monche di un finale degno di questo nome. Ci sarà da leggere il secondo libro, quindi.
Libro complesso e a volte di difficile comprensione, un fantasy da leggere con attenzione, a tratti un po' pesante per chi, come me, di fronte agli autori ostici (vedasi ad esempio Erikson) talvolta perde la voglia e la pazienza. Questo primo libro della serie, Dragonfly, mi è piaciuto e spero di avervi incuriosito, ma è una lettura non facile e disponibile solo in inglese.
A quanto dice la recensione di Black Gate (blackgate.com) questo libro, il primo di quattro, è un'autoproduzione e anche la piacevole copertina è opera dell'autore. Inizialmente m'ero incuriosito ma ero trattenuto dal fatto che non vi fosse un'edizione digitale (come lamentava anche questa recensione, in inglese ma scritta da Davide Mana, blogger italico); adesso è disponibile a pochi euro in formato kindle. Problemino: si tratta di un testo in lingua straniera, con una certa quantità di parole inglesi antiche e desuete e strani termini scientifici (questi ultimi vi metterebbero probabilmente in difficoltà anche se il libro fosse tradotto in italiano). Tutto sommato ho trovato Dragonfly abbastanza leggibile e scorrevole, anche se l'inizio, con una specie di viaggio iniziatico del protagonista Keftu terminato in un triste ritorno al villaggio dove tutti sono morti, m'aveva lasciato un po' perplesso. La storia ci mette un pochino a ingranare e, di fronte all'immensa città di Enoch, l'ingenuità di Keftu e la sua ambizione di scalare fino al vertice della enorme struttura che dal centro della metropoli arriva fino allo spazio sembra un po' infantile.
Facciamo un passo indietro e parliamo dell'ambientazione: il mondo si chiama "Counter Earth" e quindi non è la terra ma ha una relazione con essa, che non comprendo. Ci sono molti aspetti fantascientifici ma anche elementi decisamente fantasy (spiriti e creature immateriali, sempre che non ci sia in seguito la spiegazione scientifica che sbuca fuori a sorpresa), e molto nell'atteggiamento mentale del protagonista, intraprendente, ambizioso e terribilmente in gamba, ma allo stesso tempo riflessivo e saggio quando necessario, mi ricorda il Severian di Gene Wolfe (la saga del Torturatore). Del resto la tematica che si assaporta in Dragonfly ricorda parecchio gli scrittori che hanno parlato della "terra morente," Wolfe, Jack Vance e C.A. Smith.
Il mondo conosce la tecnologia ma è crollato in una decadente semi-barbarie. Esistono la luce elettrica, le ferrovie, gli ascensori, le aeronavi e molto altre cose essenzialmente moderne, e specialisti che hanno una qualche cognizione del loro uso, ma questi elementi convivono con popoli selvaggi, strane creature, magia e superstizione. La metropoli è piena di macerie e quartieri deserti. Questa grande città, che si chiama Enoch, è guidata da un'entità, che immagino sia una intelligenza artificiale ma fa molto di più di quanto ci aspetteremmo, chiamata Cheiropt, la (traduco dall'inglese) "semi divina macchina sociale senza testa che governa tutta Enoch. Il suo centro è ovunque e da nessuna parte." Il popolo è diviso in una caste di poveracci (gli Helots, ovvero Iloti, se conoscete la storia dell'antica Sparta) e i Philytes, cittadini più sofisticati divisi in classi che a malapena riconoscono l'esistenza l'una dell'altra, anche se le persone si incontrano comunemente per strada. Questo bizzarro (e decadente) meccanismo retto dal misterioso Cheiropt ha soppiantato la civiltà degli Eldenes, antichi costruttori della grande torre che regge la misteriosa struttura sovrastante tutta Enoch, la cittadella affacciata sullo spazio esterno. Tale meta, in un mondo assai stratificato socialmente, è virtualmente irraggiungibile per un poveraccio come Keftu. Ma lui, che viene dal popolo estinto degli Arras e vorrebbe conquistare il segreto dell'immortalità, è pieno di fiducia e si illude di trovare quello che cerca in cima a questa struttura straordinaria.
All'inizio l'avventura del povero Keftu (che è un giovane proveniente da una tribù del deserto ma non ignorante del mondo tecnologico che lo circonda in Enoch) finisce in una trappola di malintenzionati che fanno di lui uno schiavo e un gladiatore, in seguito il giovanotto saprà destreggiarsi tra amici e nemici, belle donne e profeti intriganti, leader rivoluzionari e alleati non troppo affidabili, in una serie di avventure che purtroppo... sono assolutamente monche di un finale degno di questo nome. Ci sarà da leggere il secondo libro, quindi.
Libro complesso e a volte di difficile comprensione, un fantasy da leggere con attenzione, a tratti un po' pesante per chi, come me, di fronte agli autori ostici (vedasi ad esempio Erikson) talvolta perde la voglia e la pazienza. Questo primo libro della serie, Dragonfly, mi è piaciuto e spero di avervi incuriosito, ma è una lettura non facile e disponibile solo in inglese.
sabato 14 novembre 2015
L'epoca che credeva di avere il diritto di giudicare tutto
Oggi è già una giornata di merda per i fatti suoi, visti i fatti sanguinosi di Parigi, così ci metto la ciliegina sulla torta decidendomi a parlare di una cosa di cui non avrei nemmeno voglia di parlare, tanto questo mondo mi sta facendo schifo.
È di pochi giorni fa la notizia che al World Fantasy Award hanno deciso di non usare più le fattezze di H.P. Lovecraft, il padre dell'horror moderno, nella statua del premio annuale. Motivo, Lovecraft era razzista. E lo era, sicuramente. Tra le sue ossessioni di Bianco Anglosassone Protestante l'assedio delle minoranze, questa gentaglia sordida, incomprensibile, infida, intenta a complottare contro la gente civile: in uno dei suoi racconti ne aveva anche per gli italiani, se vi fa piacere saperlo.
Ma negare il suo valore non ha senso. Condannare così, fuori contesto storico e senza alcun apprezzamento per i meriti dell'uomo e dell'artista, è tipico di quest'epoca in cui si commettono le peggiori atrocità contro l'umanità e il suo patrimonio culturale senza rendersene nemmeno conto, in nome di un falso concetto di democrazia e di un pensiero unico, un "politicamente corretto" modo di pensare che ormai è diventato asfissiante come il marxismo estremista che imperava quando ero ragazzo.
Uso una frase non mia per definire questo modo di vedere le cose: l'isteria tipica di chi non ha alcun controllo sulla propria vita, e sbraita contro qualunque cosa possa fungere da bersaglio comodo. Sì, questo è l'uomo comune della nostra era, che si illude di essere libero quando assume e ripete a pappagallo slogan, modi di essere, ideologie falsamente umanitarie, valori che gli vengono inculcati da altri.
La frase è del blogger (scrittore, editor, ecc...) Germano Greco ed è tratta da questo post sull'argomento, un valido articolo che vi consiglio di leggere in quanto 1) è meglio di quello che saprei scrivere io su un argomento che mi dà troppo sui nervi per discuterlo pacatamente e 2) lo condivido pienamente, perciò mi risparmio lo sforzo di continuare a provarci e vi invito a seguire il link.
È di pochi giorni fa la notizia che al World Fantasy Award hanno deciso di non usare più le fattezze di H.P. Lovecraft, il padre dell'horror moderno, nella statua del premio annuale. Motivo, Lovecraft era razzista. E lo era, sicuramente. Tra le sue ossessioni di Bianco Anglosassone Protestante l'assedio delle minoranze, questa gentaglia sordida, incomprensibile, infida, intenta a complottare contro la gente civile: in uno dei suoi racconti ne aveva anche per gli italiani, se vi fa piacere saperlo.
Ma negare il suo valore non ha senso. Condannare così, fuori contesto storico e senza alcun apprezzamento per i meriti dell'uomo e dell'artista, è tipico di quest'epoca in cui si commettono le peggiori atrocità contro l'umanità e il suo patrimonio culturale senza rendersene nemmeno conto, in nome di un falso concetto di democrazia e di un pensiero unico, un "politicamente corretto" modo di pensare che ormai è diventato asfissiante come il marxismo estremista che imperava quando ero ragazzo.
Uso una frase non mia per definire questo modo di vedere le cose: l'isteria tipica di chi non ha alcun controllo sulla propria vita, e sbraita contro qualunque cosa possa fungere da bersaglio comodo. Sì, questo è l'uomo comune della nostra era, che si illude di essere libero quando assume e ripete a pappagallo slogan, modi di essere, ideologie falsamente umanitarie, valori che gli vengono inculcati da altri.
La frase è del blogger (scrittore, editor, ecc...) Germano Greco ed è tratta da questo post sull'argomento, un valido articolo che vi consiglio di leggere in quanto 1) è meglio di quello che saprei scrivere io su un argomento che mi dà troppo sui nervi per discuterlo pacatamente e 2) lo condivido pienamente, perciò mi risparmio lo sforzo di continuare a provarci e vi invito a seguire il link.
giovedì 12 novembre 2015
Alcuni dei, e il resto di noi
Chi segue il mio blog anche distrattamente sa che una delle mie ossessioni catastrofiste per il futuro è l'esclusione di enormi masse di persone da ogni elementare forma di sostentamento, o se non altro la condanna a una vita in condizioni di estremo disagio. Grazie ai prodigi e alle meraviglie della globalizzazione, mi aspetto inoltre che questa catastrofe tocchi anche, e forse soprattutto, i paesi dove oggi come oggi ci si sente in qualche modo un minimo "garantiti." Corollario: l'estremo privilegio di quel ridotto ceto che possiede, controlla e fa funzionare tutto il meccanismo. Del corollario però me ne frega abbastanza poco, visto che sarei (non so voi) nella massa di quelli che si impoveriscono e non uno di quei pochi che si avvantaggerebbero di questa situazione.
giovedì 5 novembre 2015
L'horror come critica del capitalismo?
Un link per farsi due risate (tutto in lingua straniera purtroppo). Il sito è marxist.com, ma non è che voglia sparare sulla croce rossa, anzi ho sempre ritenuto che il filosofo di Treviri avesse creato un'analisi molto acuta dei problemi della società capitalista (avrebbe dovuto fermarsi lì, anziché proporre delle soluzioni). Quando però nell'anno di grazia 2015 si fa una citazione scrivendo "la società capitalista è ed è sempre stata un orrore senza fine" bisognerebbe avere il pudore di riconoscere che un ottimo esempio storico di come si possa fare di peggio ci sia venuto proprio dai paesi comunisti.
lunedì 2 novembre 2015
The Final Girls
Questo è un film horror che ai critici cinematografici piacerà un sacco perché, creando una situazione assurda, con dei personaggi che finiscono dentro un altro film (rendendosene conto), permette di usare per descriverlo i paroloni come metacinema. Ovvero cinema che parla di cinema, dove si prendono in giro i canoni di un certo genere, e perfino metacinema elevato al quadrato, visto che abbiamo un film (fittizio) in cui i protagonisti entrano e prendono un ruolo, e questo a sua volta ha un riferimento precedente, in un flahback in bianco e nero (la genesi del cattivo che poi andrà in giro ad ammazzare la gente). Sto parlando di The Final Girls, che è senz'altro una pellicola più attinente al fantastico che non al vero e proprio horror, anche se la base sarebbe quella. Dal momento che abbondano i momenti comici lo si potrebbe definire una commedia un po' macabra, ma in realtà c'è anche una certa dose di dramma e di dolceamaro... be' è un po' difficile da inquadrare. La doverosa premessa è che non bisogna cercare una logica o una rigorosa coerenza in quello che succede: pensate a divertirvi e non sarete delusi.
All'inizio, una delle protagoniste principali (Malin Åkerman nei panni di Amanda) attrice con scarso successo, nessun marito, bollette da pagare e una figlia a carico, schiatta malamente in un incidente stradale. Com'è possibile, se è una delle protagoniste? Ci arriveremo tra poco.
All'inizio, una delle protagoniste principali (Malin Åkerman nei panni di Amanda) attrice con scarso successo, nessun marito, bollette da pagare e una figlia a carico, schiatta malamente in un incidente stradale. Com'è possibile, se è una delle protagoniste? Ci arriveremo tra poco.