venerdì 16 ottobre 2015

New York

Quest'anno una curiosità repressa a lungo mi ha portato negli Stati Uniti. Non ho mai avuto una grossa simpatia per il paese più importante e forte del mondo e questo (oltre al costo, la scomodità e lunghezzza del viaggio ecc...) mi ha sempre indotto a rinviare questa esperienza. La convinzione che prima o poi un'occhiata ce la dovessi dare (e se per caso avessi avuto la conferma che gli USA mi stanno di traverso mi sarei messo il cuore in pace) mi ha alla fine condotto a prendere la decisione, prima di essere troppo acciaccato per farlo, visto che sono abbondantemente negli -anta.



Io non sono troppo interessato alle bellezze naturali: ovviamente le ammiro, ma non posso basare un viaggio solo su di quelle. Pertanto andare a visitare cascate, canyon e parchi l'ho escluso in partenza. Avevo il timore - probabilmente è uno stereotipo, ma chissà - che la maggior parte delle città yankee fosse fatta con lo stampino (palazzoni moderni e anonimi, macdonald, shopping mall) e pertanto ho deciso di puntare a un luogo di interesse sicuro: New York. Ho scelto male il periodo perché, sappiatelo, a settembre a New York si può ancora bollire di caldo, ma per fortuna non ha mai piovuto. Mi sono concesso otto giorni di visita e ne è valsa la pena.


Cosa non mi interessava di New York
È stata una esperienza interessante anche se, tra le tantissime attrattive della città, ce ne sono alcune che non fanno minimamente presa su di me. Mi spiego: ci sono persone che mettono al primo posto visitare i luoghi dove è stato girato un certo film, o luoghi "di culto" per un motivo o per l'altro. Questo aspetto mi tocca piuttosto poco. Certo, girando l'East Village sono passato davanti al murales - più avanti c'è la foto - di Joey Ramone (cent'anni fa il primo concerto a cui ho assistito come pubblico pagante era uno dei Ramones) e ho visto ciò che resta del CBGB (mitico locale per concerti dove un sacco di gruppi storici hanno mosso i primi passi, oggi è un negozio di giacconi di pelle), ma la questione dei set cinematografici non mi ha preso per nulla. Tanti sentono l'effetto di essere in un mondo che avevano visto solo al cinema o in TV, in un certo senso per me questo ha invece diminuito la sorpresa, nel senso che parecchie cose (non proprio tutte) erano esattamente come sapevo che dovessero essere. Il fatto che le avessi già viste sullo schermo non mi dava alcun senso di meraviglia nell'essere là.
Allo stesso modo non ho provato particolare interesse nello shopping. Alcuni mi dicevano che "non potevo fare a meno" di andare nel negozio della Apple (tutt'ora non so dove sia). Ma cosa ci sarei andato a fare visto che tutto il mio armamentario high tech è del concorrente coreano? Purtroppo, e qui mi dispiace, non ho provato grandi emozioni neanche nelle grandi fumetterie, nelle librerie giganti (Strand), nei grandi negozi di GDR e boardgames. Sì, è bello visitate questi posti dove c'è un sacco di roba ma, nell'era dello shopping online, sono passato a fare questo tipo acquisti via internet dove vedo... tutto quel che c'è da comprare, e molto più comodamente.



Cosa mi ha catturato
La skyline di New York, i grattacieli, questa grande immagine di modernità, fa certamente colpo, anche se ormai praticamente qualsiasi anonima città cinese presenta uno spettacolo simile. Certo, spettacolo carico di storia quello che abbiamo qui, quello che volete, ma a me i grattacieli non dicono moltissimo, salvo quei pochi, a New York, che hanno il loro aspetto caratteristico. Piuttosto, sono interessanti come punto di osservazione, anche se è costoso e faticoso andarci, e sono affollati. Ma i quartieri di grattacieli non li vedi nemmeno, quando ci sei in mezzo, a meno di alzare continuamente il naso all'insù. L'aspetto che veramente mi ha conquistato è la città dei piccoli quartieri più a misura d'uomo, le case in brownstone, dai tratti architettonici caratteristici americani tradizionali, i palazzi liberty, i viali alberati. A sorpresa, ho scoperto che c'è parecchio, da questo punto di vista, anche a Brooklyn.

I musei sono così tanti che non si può visitare neanche tutti quelli significativi, a meno di passare diversi giorni a fare soltanto quello. Ho trovato interessante il Moma (museo di arte moderna) nonostante parecchia arte in mostra non fosse proprio di mio gradimento. Impossibile da mancare il Metropolitan, dove purtroppo ho dovuto saltare interi settori (tra cui ahimé quello dei pittori americani) perché davvero non ce la facevo più. Immancabile (ci sono i dinosauri!) anche il Museo di Storia Naturale che si trovava vicino al mio albergo, e la portaerei-museo Intrepid (ci sono arerei ed elicotteri, c'è lo shuttle, e potete girare dentro una portaerei che ha fatto la Seconda Guerra Mondiale). Avrei forse potuto saltare la Morgan Library (ma c'è il manoscritto originale di Alice nel Paese delle Meraviglie!). Ho saltato il Guggenheim. Avevo in riserva la Frick Collection e sono riuscito ad andare. È stata una rivelazione. Henry Frick, in realtà un industriale arrivista piuttosto odiosetto, classico capitalista che parte da bassi natali e arriva a possedere un impero, alla fine si è stancato di respirare il rancore dei lavoratori dell'acciaio che sfruttava in quel di Pittsburgh e si è trasferito in una ricca casa a New York, nell'Upper East Side; lì ha cominciato a collezionare opere d'arte.


Indubbiamente Frick aveva gusto o era ben consigliato, e aveva soldi, visto che parecchi capolavori pittorici europei del rinascimento si trovano a casa sua. Ma la cosa che colpisce di più è la singolare, piacevole armonia tra le opere esposte e l'architettura degli interni, il mobilio, le tappezzerie, i tappeti ecc... purtroppo è proibito scattare foto alle opere d'arte. Quella qui sopra l'ho scattata nel cortile interno, tra l'altro costruito per iniziativa degli eredi di questo collezionista, e non da lui, ma comunque molto armonioso.

D'obbligo una visitina a Brooklyn passando per il famoso ponte. Forse era immancabile anche la visita con la lacrimuccia al luogo di quarantena e smistamento degli immigrati presso Ellis Island e la scalata della Statua della Libertà, ma alla fine ho saltato entrambe.

Una menzione a parte merita la gloriosa e antica metropolitana, che mostra i suoi acciacchi e i suoi anni ma soprattutto è veramente difficile da usare per i non iniziati. Innanzitutto, contrariamente a tutte le fermate della metro milanese, generalmente non si può invertire la marcia senza uscire e pagare di nuovo il biglietto: gli accessi recano nella maggior parte dei casi la scritta "uptown" o "downtown" (verso il nord periferico o verso il centro, ovvero la punta meridionale di Manhattan, visto che praticamente tutte le linee la attraversano per il lungo). Quindi bisogna avere le idee chiare prima di scendere le scale, gente. In più, ogni linea è contraddistinta da un colore e una lettera oppure un colore e un numero. La linea rossa che passava vicino al mio albergo ha tre diversi tipi di treni (e qui si va ancora sul facile: 1, 2, 3) con percorsi non identici in certi punti, e uno dei tre è un espresso, ovvero fa solo alcune fermate principali e salta tutte quelle locali. Roba complicata insomma. Il cartello raffigurato nella foto in alto all'inizio di questo post, tradotto a spanne, indica che: qui passa il treno B arancione diretto a Brighton Beach ma solo nei lavorativi e nelle vigilie, altrimenti potete prendere il treno A blu o C blu fino alla cinquantanovesima e lì cambiare e prendere il D arancione (che fa parte della linea arancione ma salta questa fermata, aggiungo per chiarezza); inoltre si ferma qui il C blu diretto verso Euclid Avenue ma non la sera tardi, quando invece il treno locale A blu si ferma qui. Tutto chiaro, no? Aggiungeteci pure che ci sono variazioni improvvise comunicate con gli altoparlanti (io capisco assai male l'inglese parlato...) e con avvisi appiccicati in giro.

Attraversare la strada
Vi siete mai trovati a disagio in uno di quei paesi severi tipo Germania o Scandinavia, quando attraversate la strada con il rosso quando vedete che non ci sono macchine, ma all'improvviso vi sentite guardati da tutti i locali, e pensate "ci facciamo riconoscere dappertutto?" Be', consolatevi, nella città più importante del mondo la strada la attraversano esattamente come noi, e se c'è un ciclista lo ignorano, sarà lui a doversi arrangiare per non sfracellarsi sulla mandria dei pedoni.




Gli USA patria del cibo spazzatura?
Le cose sono un tantino cambiate e non solo a New York (che è sempre un po' un discorso culturale a parte) ma dappertutto. I McDonalds stanno chiudendo a centinaia, gli indigeni, per quanto condannati ad accettare gli OGM senza fiatare (ma in realtà sono presenti anche qui da noi) hanno finalmente capito che certe porcate sono oscene e fanno male, perciò nei negozi newyorkesi si trovano in grande abbondanza frutta e verdura, cibo di tutti i tipi e tutte le provenienze (molta roba italica: latticini, pasta, biscotti, vino, acqua minerale, e inoltre piatti pronti con pasta e condimenti tipicamente italiani). Inoltre è esplosa la cultura del caffè, di tutte le provenienze. Certo, lo bevono facendo quei beveroni allungati tipicamente statunitensi, che io trovo anche marginalmente godibili, ma non come il caffè espresso. Ci sono un sacco di bar dove fare una colazione di tipo mediterraneo (caffè, cappuccio, brioche ecc...) anche se un italiano stenta a trovarli familiari in quanto il bancone non c'è: prendi il tuo beverone e il cibo e te ne vai al tavolino. E ovviamente ci sono gli Starbucks.
Il gelato Grom non è buono come in Italia e ha una consistenza strana, almeno così l'ho trovato io. Ma non c'è da preoccuparsi, l'azienda è stata ceduta a Unilever così non si tratta più di gelato italiano. M'è capitato di mangiare una pizza anche se non sono il tipo da cercare il cibo italiano all'estero: semplicemente c'era troppa coda al messicano lì a fianco così sono andato da Gina la Fornarina dove per una capricciosa e una birra ho finito per spendere una cifra molto più alta di quanto avrei pagato in Italia. I prezzi sono strani, per due soldi puoi mangiare per strada o nei fast food, ma se ti siedi al ristorante finirai per dover pagare parecchio.

E alla fine questi yankee?
Il discorso in effetti è complesso. Oggi il mondo non è dominato "dagli Americani" ma da un invisibile ceto apolide e in buona parte anonimo, con interessi non necessariamente sempre uniformi, salvo quando c'è da eliminare la classe media e ridurre i popoli alla pura sussistenza o magari anche sotto. Essere "antiamericano" poteva avere senso un paio di decenni fa, o anche qualcosa di più ormai. La maggior parte dei cittadini USA è vittima delle stesse situazioni di cui siamo vittime noi.
Il dinamismo e la praticità del newyorkese mi hanno comunque colpito positivamente, e non ho più, da tempo, la sensazione che la nostra società sia più giusta, più umana ecc... In altri posti in Europa possono ancora crederlo, in Italia abbiamo semplicemente i ladri al potere e quindi diventa difficile fare la predica a chiunque, siamo al livello dei più squallidi paesi levantini. Di fronte al dinamismo USA abbiamo da contrapporre solo la paralisi del "muro contro muro" tra vecchi potenti, sindacalisti ammuffiti, pasionari delle rivoluzioni del tempo che fu e politicanti rincoglioniti, e questa stasi dura ormai da decenni. Filippiche "antiamericane" non mi sento di farne più già da un po'.

Odiosi sono i controlli alla frontiera. Uno stanzone enorme in cui non si potevano fare foto, dove già stanco per molte ore di aereo ho dovuto fare due ore di coda per arrivare da un coglione (con cognome italiano sulla targhetta) che mi ha preso impronte digitali e fotografato. Sì, perché se vai come turista negli USA ti schedano come un criminale. E sono sicuro che quando i barbuti vorranno fare il bis dell'11 settembre (a proposito, quanti nomi italiani sul monumento alle vittime...) tutte queste fastidiose paranoie non serviranno a evitarlo.

Detto tutto questo, se volete visitare la città, buona fortuna per trovare un hotel che non costi una cifra e buon viaggio.

8 commenti:

  1. Mai dire mai, ma non credo che tornerò negli States, e dovrò accontentarmi di quel che ho visto. In particolare di Los Angeles e Honolulu (che è pur'essa America a stelle e strisce). Belle esperienze entrambi ma non motivate da ragioni turistiche e di luoghi da guida turistica ne ho visti davvero pochi.

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  2. Forse si può riuscire a comprendere parecchio di un luogo anche da viaggi di lavoro...

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  3. La motivazione era di studio, non di lavoro...

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  4. Uh. Non immaginavo: andare a Honolulu per motivi di studio... com'è stato?

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  5. Niente male. Una settimana trascorsa in un appartamentino in affitto in prossimità dell'oceano... io e la mia compagna di allora. Ma ti parlo di venti anni fa esatti.

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  6. Non sono un patito di grandi città, preferirei i parchi e le bellezze della natura. Ma ce ne sono già in Italia senza andare tanto lontano ;)

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  7. @ M.T. allora per te andrebbe bene eventualmente girare per i parchi (Yellowstone ecc...) o volare sul gran Canyon. Varrà la spesa? Chi lo sa.

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  8. La spesa non è indifferente, ma soprattutto non c'è la voglia di fare un simile viaggio ;). Le città però non hanno gran attrattiva su di me; se proprio, punterei su quelle che hanno una certa storia alle spalle e quelle americane non ne hanno molta, almeno non per quanto riguarda quella antica: sotto questo aspetto, le città europee sono superiori.

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