Un recente articolo de La Stampa mi ha spinto a fare alcune riflessioni sul giornalismo e sui giornali come media (i giornali su carta, in rete, ma anche la loro versione televisiva). Jonathan Franzen, scrittore, il cui pensiero possiamo seguire anche qui (in inglese), dice in parole povere che internet è un nuovo totalitarismo. Chi urla più forte ha ragione, la verità non conta più niente. "Se pensate che io stia esagerando è perché non avete compreso la natura del totalitarismo. Non sono le parate, la polizia segreta, l'ideologia. È che abbiamo adesso qualcosa rispetto a cui non hai altra scelta se non relazionarti. Di continuo. In ogni aspetto della tua vita. È questa l'ambizione dei tecnocrati, che non ci sia mai un momento in cui non ti relazioni con la tecnologia." I professionisti del giornalismo, sostiene Franzen, non riescono più a farsi pagare. Le notizie vengono subito linkate e copiate, quindi il lavoro rubato. E poi abbiamo i blogger, i "citizen journalist" ovvero chiunque abbia uno smartphone e vada a dire la sua sui social network, i leakers, e via dicendo. La gente riceve solo opinioni contrapposte, e di solito contrapposte violentemente. Verità o presunte tali che si affermano perché la gente urla. Balle che diventano verità perché tanti le urlano.
Per Franzen una soluzione sarebbero le fondazioni, ovvero gente con dei quattrini, ma tanti, che dovrebbe metterli a disposizione perché il giornalismo sopravviva, in attesa che si trovi un nuovo modello in cui il mestiere di giornalista possa nuovamente funzionare.
A parte la beata illusione di questo scrittore (che accetterà di mettere tanti soldi a difesa del giornalismo in maniera disinteressata?), il problema di cui parla è in circolazione da un pezzo. Abbiamo qui un articolo di un paio di anni fa (qui tocca sapere l'inglese, gente...) sul problema degli interni non pagati. Ovvero gente al servizio di aziende, o di personaggi potenti e ricchi, magari candidati alla presidenza degli USA, che non pagano chi lavora per loro. Testate che non pagano, anche. Come dice l'autore, siamo in una società
capitalista dove chi lavora ha bisogno di essere pagato per avere cibo e un tetto. Ma, mentre lui poteva permettersi di lavorare gratis (e intanto, si spera, crearsi una reputazione per lavorare un giorno a tempo pieno), c'era magari gente altrettanto meritevole, ma non proveniente da una famiglia abbastanza ricca da potersi permettere di lavorare senza paga nemmeno per un tempo limitato. Questa è senz'altro una limitazione della democrazia. Ci sono professioni (ad esempio, in Italia, notaio o avvocato) in cui dopo la laurea è quasi d'obbligo lavorare come schiavi a paga zero per un po' di anni allo scopo di farsi le ossa e farsi conoscere un poco. Capita, non è una cosa importante. Se non puoi permetterti di stare fino a 30 anni e passa senza generare reddito, fai qualcos'altro. Anzi, nell'Italia di oggi, molto democraticamente, è probabile che tu sia comunque disoccupato e quindi ti possa permettere questi lunghi apprendistati!
Ma se il fatto che uno abbia bisogno di provenire da un ambiente familiare abbastanza benestante per fare il notaio è certamente un peccato, ma non una minaccia alla democrazia, se lo stesso avviene per i giornalisti in effetti può essere un problema: un povero non può diventare giornalista.
Questo il punto di vista di un paio di anglofoni. A mio parere in Italia le cose stanno diversamente. Il giornalismo non è più una professione indipendente, da un pezzo. I pennivendoli sono quasi tutti allineati e coperti, al servizio di un potente, e parlare dei problemi di accesso alla professione ci porta se mai a parlare del problema di entrare nell'albo, altro exploit che non è facile da compiere. Quanto all'informazione, i blogger che Franzen disprezza tanto in Italia a qualcosa certamente servono. Non ci sarebbe tanto accanimento per toglier loro la parola se le cose non stessero così.
Credo sia lampante ciò che dici. L'unico problema è che sono pochissimi a riconoscerlo, anche tra la gente comune. Credo c'entri in qualche modo l'esigenza di credere che tutto vada bene, che le cose si stiano sistemando, che la società tornerà a funzionare mentre (a mio parere) sta accadendo l'esatto contrario.
RispondiEliminaOh sì... se qualcuno pensa che i problemi nostri in qualche modo ce li risolverà il governo, o qualche congiuntura favorevole, si sbaglia di grosso.
RispondiEliminaSe poi si pensa che il governo non solo non risolve i problemi, ma spesso li crea, il quadro che si ha davanti non è positivo: le cose non stanno migliorando, ma stanno peggiorando. Con personaggi che hanno tra le mani sia potere politico sia potere economico, non sorprende che si cerchi (e ci si riesca) d'impossessarsi dell'informazione e divulgare ciò che fa più comodo, distorcendo la realtà e la verità fino a farle diventare irriconoscibili.
RispondiEliminaArticolo del tutto condivisibile.
RispondiEliminaIn ogni caso ci sono blogger che non possono essere assimilati ai giornalisti, perché propongono post lontani dalla tipologia classica dell'articolo di giornale.
Quanto dici Ivano è vero. Tuttavia ci sono blogger che fanno più informazione di certi giornalisti e hanno più cura dei pezzi che propongono di gente che dovrebbe essere preposta a fare un lavoro decente.
RispondiEliminaOddio sulla qualità dei blog ovviamente si deve discutere. Alcuni sono una parata di scemenze. Altri sono come i giornali. Ma alcuni sono interessanti e informano, o almeno ci provano. Comunque i potenti (ovvero quelli che manipolano molto potere e molti quattrini) hanno già preso in mano l'informazione da un pezzo e anche l'apparato della democrazia, creando false alternative che in realtà lasciano la persona priva di rappresentanza. Il parlamento italiano fondamentalmente è una rappresentazione teatrale, non ha niente a che vedere con il potere e i personaggi (italiani e stranieri) che lo rappresentano. Altri paesi occidentali non vanno molto meglio.
RispondiEliminaConsiglio, da tempo, la lettura di questo libro: vi aprirà gli occhi: http://www.ibs.it/code/9788842076728/crouch-colin/postdemocrazia.html
@ M.T.
RispondiEliminaMa dal mio punto di vista che un blogger sia qualcosa di diverso da un giornalista è tutto a vantaggio del blogger.