A chiudere (forse) coi romanzi ambientati nel mondo della Prima Legge di Joe Abercrombie arriva questo Red Country, e va subito detto che è una chiusura in sordina. Il libro non ha certo la potenza di The Heroes, né la cruenta passione di Best Served Cold. Alcuni personaggi che conosciamo da molto tempo ricompaiono, e uno si congeda "definitivamente" nel senso che muore in maniera abbastanza convincente, al di là di ogni possibile escamotage per resuscitarlo in seguito - se mai all'autore venisse voglia. La storia finisce, se vogliamo, in gloria, con i buoni che riescono a cavarsela, e questo non posso dire che mi dispiaccia. Il problema è un altro. Abercrombie in questo libro opera una commistione (fa un cross over, se vogliamo dirla in maniera elegante) tra due generi, e lo fa in una maniera che non mi ha convinto affatto. Red Country non è in effetti un romanzo fantasy, ma un tipico western, per quanto manchino le Colt e i fucili Winchester. E non lo dico perché c'è qualche elemento che lo faccia pensare, ma perché tutto l'impianto della storia è tipico di una storia western. C'è anche il presagio di un mitico duello finale, roba da film di Sergio Leone, una resa dei conti tra due personaggi che hanno una partita in sospeso da molto tempo. Un duello che si farà aspettare parecchio. Se volete proprio sapere di che si tratta, lo scrivo più avanti in modo da non anticipare qui elementi fondamentali della trama.
venerdì 25 settembre 2015
venerdì 18 settembre 2015
Un protagonista sconosciuto
Tra le mie letture "non-fantastiche" di quest'anno c'è la biografia di un personaggio che ormai comincia a sbiadire tra le pieghe della storia, e anzi non è mai stato veramente alla ribalta (contro la sua volontà, direi), eppure ha avuto un'influenza non indifferente sulla cultura del XX secolo. Il libro è Fury on Earth di Myron Sharaf e il personaggio in questione è Wilhelm Reich (1897-1957), uno dei padri sconosciuti della psicanalisi (sconosciuto e misconosciuto in quanto ebbe con la Società Psicanalitica una separazione aspra per quanto del tutto consensuale). Si tratta di un personaggio senz'altro interessante, potendo vantare di aver avuto tra i propri nemici gli psicanalisti che lo hanno isolato, i nazisti della Germania di Hitler da cui è dovuto fuggire, i comunisti che lo hanno espulso dal partito e infine gli Stati Uniti che lo hanno messo in galera (per inciso, è anche riuscito a farsi odiare o quanto meno disprezzare dalla comunità scientifica).
Uno dei primi allievi di Freud, Reich iniziò ad esercitare la professione di psicanalista a Vienna subito dopo la Prima Guerra Mondiale a soli 22 anni, in un'epoca pionieristica in cui non erano fissati rigorosamente i requisiti per esercitarla - lui fu uno di coloro che iniziarono a delinearli - e si distinse per l'energia che era capace di spendere non solo nel lavoro, dove ebbe precoce fama e successo, ma anche nella ricerca teorica, nella diffusione delle idee e nel lavoro sociale connesso. Si distinse tra i colleghi per molti aspetti. Innanzitutto perché non si limitava a scrivere articoli o libri e a farsi pagare profumatamente dai pazienti che si accomodavano sul lettino, ma cercava di impegnarsi socialmente e politicamente sia nel portare aiuto terapeutico alla gente comune, non in grado di pagare la terapia psicanalitica, che nel propagandare la contraccezione e la libertà sessuale (due temi che potevano portare parecchi guai all'epoca).
Uno dei primi allievi di Freud, Reich iniziò ad esercitare la professione di psicanalista a Vienna subito dopo la Prima Guerra Mondiale a soli 22 anni, in un'epoca pionieristica in cui non erano fissati rigorosamente i requisiti per esercitarla - lui fu uno di coloro che iniziarono a delinearli - e si distinse per l'energia che era capace di spendere non solo nel lavoro, dove ebbe precoce fama e successo, ma anche nella ricerca teorica, nella diffusione delle idee e nel lavoro sociale connesso. Si distinse tra i colleghi per molti aspetti. Innanzitutto perché non si limitava a scrivere articoli o libri e a farsi pagare profumatamente dai pazienti che si accomodavano sul lettino, ma cercava di impegnarsi socialmente e politicamente sia nel portare aiuto terapeutico alla gente comune, non in grado di pagare la terapia psicanalitica, che nel propagandare la contraccezione e la libertà sessuale (due temi che potevano portare parecchi guai all'epoca).
venerdì 11 settembre 2015
The Heroes
Proseguendo nella grande esplorazione del mondo della Prima Legge, ho affrontato The Heroes. [Nota: in questa recensione anticiperò certi eventi della trilogia ambientata in questo mondo]. Qui Joe Abercrombie ci riporta in quello che, a mio parere, è il luogo meglio descritto del suo mondo immaginario (non uno dei più memorabili del fantasy, nel complesso, se volete la mia impressione): il Nord. I nordici sono una specie di scandinavi con un che di celtico o di germanico (vichinghi? sembrano quasi, ma non li si vede compiere grandi avventure marinaresche). Sono rozzi guerrieri di un mondo diviso in clan, mai unificato del tutto, una terra di conquista per l'Unione ma poco redditizia, e invasa pagando un prezzo parecchio salato. Insomma un mondo che è perennemente in guerra. I tratti caratteristici dei nordici sono abbastanza pochi ma pittoreschi: certi modi di dire che vengono ripetuti spesso, i codici d'onore, la divisione sociale nelle caste di guerrieri, l'impetuosità in battaglia, l'amore per le storie leggendarie e le bevute, la facilità con cui gli sconfitti fanno una brutta fine (ma talvolta anche il rispetto esistente tra avversari, a seconda dei rapporti personali), le faide e i duelli. E anche i nordici hanno un vicino che temono, in quanto c'è gente ancora più rozza e dura di loro, i selvaggi che vivono oltre il fiume Crinna.
sabato 5 settembre 2015
La classe operaia (e non solo) va in castigo
Un
articolo del Guardian (in inglese) esamina cosa è successo quando sono state
rivelate le (pessime) condizioni lavorative che esistono presso Amazon, gigante della
New Economy (nonché della
globalizzazione).
Una
cultura del lavoro competitiva e spietata, che sembra prevedere solo
una passata sotto il
bulldozer per concetti quali il rispetto della
dignità del lavoratore
e i diritti a condizioni lavorative accettabili.
Dal momento che il
mondo economico è rimasto inerte di fronte a qualsiasi appello al
boicottaggio, sembra che la reazione del management, sostanzialmente una
lettera in cui si dice che le cose non stanno davvero
così, sia stata sufficiente a sopire qualsiasi contestazione. Insomma, dopo la denuncia cosa è successo? poco. Ma perché?
Insomma trattare ruvidamente il lavoratore per il mondo economico non è un problema, finché non vi è una grossolana violazione dei diritti, di quelle che rischiano di creare un pericolo per i profitti dell’azienda (ovvero grosse cause, class action e simili che costringano a sborsare indennizzi clamorosi, un’evenienza che nell’Italia dei diritti dei lavoratori non succede mai, ma nella crudele America capitalista qualche volta si verifica).
giovedì 3 settembre 2015
Unfriended
Un altro film, come The Gallows, di cui ho parlato qualche giorno fa, che ha fatto un buon incasso pur essendo costato pochissimo. Unfriended è decisamente minimale, al punto che praticamente tutto quello che avviene avviene sullo schermo del computer o viene visto attraverso di esso (facebook, il web, la videoconferenza, youtube, ecc...), anzi penso che questo film sarebbe del tutto incomprensibile a uno dei non pochi che non utilizzano mai internet. Anche qui, i protagonisti sono ragazzi americani, apparentemente tutti dei bravi ragazzi.
Dei protagonisti non so niente, la ragazza che vediamo di più (in verità vediamo le sue azioni sul monitor e il suo volto sul monitor stesso nella finestra della chat) è Shelley Henning, attrice e reginetta di bellezza, in effetti fa la parte di una ragazza (Blaire) apparentemente molto più giovane. Un'altra delle protagoniste, Jess, è interpretata da un'attrice con una carriera decisamente corposa, Renee Olstead, sebbene debbba ammettere che mi è del tutto sconosciuta. Alla regia un ignoto georgiano di etnia russa (Levan Gabriadze); l'unico personaggio a me noto è uno dei produttori (Timur Bekmambetov, che diresse i Guardiani della Notte). Stabilito che non ci sono performance prodigiose, direi che il film si fa notare per la tematica (il bullismo, ma non solo) e per la particolarità tecnica (tutto avviene in rete, praticamente). C'è da dire un'altra cosa: la storia sa prendere ma per essere un horror, non fa paura. Mi direte che di solito gli horror non ne fanno. È vero, diciamo che questo ne fa anche meno del solito.
Dei protagonisti non so niente, la ragazza che vediamo di più (in verità vediamo le sue azioni sul monitor e il suo volto sul monitor stesso nella finestra della chat) è Shelley Henning, attrice e reginetta di bellezza, in effetti fa la parte di una ragazza (Blaire) apparentemente molto più giovane. Un'altra delle protagoniste, Jess, è interpretata da un'attrice con una carriera decisamente corposa, Renee Olstead, sebbene debbba ammettere che mi è del tutto sconosciuta. Alla regia un ignoto georgiano di etnia russa (Levan Gabriadze); l'unico personaggio a me noto è uno dei produttori (Timur Bekmambetov, che diresse i Guardiani della Notte). Stabilito che non ci sono performance prodigiose, direi che il film si fa notare per la tematica (il bullismo, ma non solo) e per la particolarità tecnica (tutto avviene in rete, praticamente). C'è da dire un'altra cosa: la storia sa prendere ma per essere un horror, non fa paura. Mi direte che di solito gli horror non ne fanno. È vero, diciamo che questo ne fa anche meno del solito.