All'inizio, una misteriosa astronave è arrivata sul pianeta, o meglio è stata abbattuta: potrebbe celare dei misteri, essere l'avanguardia di una offensiva nemica, o regalare delle grandi opportunità... Qui mi fermo, ma ho rivolto tre veloci domande all'autore:
Come ti è venuta l'ispirazione per questo romanzo? C'è un particolare autore cui ritieni di dover riconoscere di averti stimolato con qualche idea?
Non ricordo quando l'idea di scrivere, di esprimere cioè in maniera coerente il vortice di visioni che da sempre ha connotato i miei momenti di ozio trasognato, abbia preso la forma di un romanzo di cronache planetarie. L'ispirazione è venuta praticamente da sé, da buon lettore di space opera e da fruitore - come tutti in pratica - delle più famose saghe fantascientifiche del grande e piccolo schermo. Ma al di là di Star Wars e Dune, è nella Terra di Mezzo di Tolkien che, credo, sia da rintracciare la vaga divisione in marche del territorio coloniale di Muareb, come nelle tante mappe che introducono un qualsiasi volume fantasy della sterminata produzione di genere.
Ed è a questo
modello ideale terrestre che mi sento legato, paradossalmente, più che
al cliché dell'Impero Galattico; più piantato coi piedi per terra, tra
mappe dai confini confusi e vaghi. Semmai una space opera accennata che,
invece, man mano che scrivevo prendeva le forme di "fantasy/planetary
romance", riferendomi al fantasy, ovviamente, non per la presenza di
maghi o elfi ma solo per la peculiare creazione e connotazione del
regno-scenario. Gli stereotipi afferenti i vari popoli e le nazioni,
chiaramente, sono tratti dall'esperienza storica che, seppur in maniera
vaga, è sotto gli occhi di tutti; così come ho potuto ispirarmi alle
intuizioni empiriche e di mero buon senso già delineate nel '700 da
Montesquieu nello Spirito delle Leggi, quando il grande illuminista si
sofferma sul legame tra il clima (e quindi tra la latitudine) e il
carattere morale dei popoli. Nascono così i barbari di Borea, a nord,
l'isolazionismo delle oasi e la dissoluzione levantina nella fascia
equatoriale, così come nasce l'orgoglio e la durezza dei popoli dei
calanchi, riarsi e senz'acqua, confluiti nella confederazione della
Falange. E sono quest'ultimi i protagonisti di Muareb, i guerrieri di
città che sopravvivono al limite della sopportazione, spartani non per
scelta o convinzione, allevati senz'acqua e senza alcuna comodità,
orgogliosi e feroci come lo sono i Fremen e i Sardaukar di Herbert. Ed
ecco quindi che il ciclo si chiude: partito nella mia prolusione da
Dune, su Arrakis ritorno. Quindi credo che, per rispondere più
direttamente alla tua domanda, si possa dire alla maniera di Lucas, e
cioè che "senza Dune, Arma Infero non sarebbe mai esistito."
Al momento in cui la narrazione comincia, chi comanda nel pianeta? con quali prospettive? con quale visione del mondo?
Immagino che tu ti riferisca al corpo della narrazione vero e proprio, e
non ovviamente alla landa di cenere radioattiva dell'antefatto, che di
storico-politico non ha e non può offrire più nulla per definizione. In
merito al comando planetario di Muareb, non esiste un governo
centralizzato, ma una situazione di grande influenza, una sorta di
imperialismo de facto esercitato dalla grande città equatoriale di
Gordia, paragonabile per potere e splendore tanto alla New York di oggi
che alla Bisanzio dell'alto medioevo. A capo di una lega di colonie
equatoriali, che mantengono stretto il monopolio sugli astroporti e,
quindi, su ogni traffico aerospaziale del pianeta, Gordia è una potenza
lontana e invidiata, latrice di un modernismo commerciale che intende
infiltrarsi nella maglie del conservatorismo della Falange. Una minaccia
per l'autonomia dei feudi confederati della fascia centrale dei
calanchi, che pende come una spada di damocle sulla vita di tali
riottosi regni, i quali, per controbilanciare lo strapotere di Gordia,
si sono costituiti nazione riconoscendosi a malincuore nella blanda
autorità centralizzata di una dieta permanente di rappresentanti, il
Megaron, instabile laboratorio politico al cui interno tramano le varie e
contraddittorie anime della nazione. A Nord la marca di Borea è una
landa senza legge, una società tribale sparsa a macchia di lepoardo sul
"limes" settentrionale della Falange, e che grazie a razzie contro
carovane e colonie frontaliere (come i barbari dell'Alto Impero Romano, i
pirati berberi-saraceni del medioevo mediterraneo e i bruti del Trono
di Spade, per intenderci). Tra la Falange e Gordia, poi, giacciono le
oasi, sulle rive dei pochi specchi d'acqua del pianeta affioranti tra le
dune, piccole città-stato i cui satrapi di stampo turco-orientale
s'illudono di mantenere il possesso dell'oro bianco di Muareb a
prescindere dal protettorato gordiano sull'intera riserva idrica
planetaria. Come si vede non v'è una visione unitaria nella geopolitica
del pianeta, non un'aspirazione alla restaurazione di un'antica e mitica
"res publica" del passato. E sarà, infatti, proprio Lakon, il mastro di
forgia, nello svolgersi degli eventi narrati, a proporre ed imporre al
pianeta così frammentato e imbarbarito la sua visione. Oddio quanto
scrivo... e l'altra domanda?
Cosa pensi di scrivere dopo Arma Infero?
Cosa penso di scrivere dopo?
Ovvio: un seguito! Sempre se i lettori, così abilmente stuzzicati nel
loro appetito magari anche da questa tua intervista, accorreranno
numerosi a convincere il mio editore che... si-può-fare!
Arma Infero è stato pubblicato da Inspired Digital Publishing. Lo potete trovare qui.
Detto questo ti ringrazio nuovamente per il tempo e l'attenzione che hai voluto dedicarmi.
Intrigante. Me lo segno. La sinossi che ho letto su amazon è confezionata molto bene. Con tutte le robe che mi segno dal tuo blog la mia lista non conoscerà mai fine :D
RispondiElimina... aspetto di leggere la tua recensione.
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