È passato relativamente sotto silenzio il decreto Franceschini per l' equo compenso, quel contributo ai diritti d'autore che va pagato "a prescindere" sui supporti digitali: una volta erano ad esempio CD e DVD, adesso gli smartphone si aggiungono alla categoria. In parte il decreto è l'adeguamento ad analoghe tariffe che esistono già in alcuni altri paesi, ma viene ugualmente contestato dalla Confindustria digitale.
Nel frattempo anno dopo anno la Siae ha concluso i propri bilanci in perdita (vedere qui ad esempio) o con un attivo che non si capisce benissimo come viene ottenuto ma comunque non tramite il "core business" dell'azienda. D'altra parte sull'efficienza della Siae, dove "4 dipendenti su 10 sono legati da rapporti di parentela," è legittimo dubitare.
Per quanto mi riguarda continuo a pensare che il controllo del diritto d'autore lasciato a un'unica società sia una bestemmia.
Si può dire che non ci si meraviglia per niente di quello che è la siae, dato che rappresenta il tipico modo di fare italiano. Se ci fosse un'indagine di Report scommetto però che salterebbero fuori parecchie cose poco piacevoli; d'altronde, ormai, questa è l'Italia.
RispondiEliminaNe hanno già parlato tante volte ma questi sono veramente nati con la camicia....
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