Paolo Bacigalupi, la cui foto si trova verso la fine di questo articolo, ha un cognome ligure (chissà se ne è al corrente lui stesso?) perciò dovrebbe essere italoamericano, ma nell'intervista che ho letto scherza sul fatto del cognome "impronunciabile" senza fare accenno alle proprie origini: comunque fa piacere vedere un nome "nostrano" tra i vincitori dei più grandi premi di fantascienza. Il libro che lo ha consacrato al successo, The Windup Girl (che potremmo tradurre approssimativamente come "la ragazza a molla") ha vinto il premio Nebula nel 2009 e lo Hugo Award l'anno seguente. Ero troppo curioso per aspettare di vedere se una casa editrice nostrana si decidesse a tradurlo, così l'ho preso in inglese in una libreria del centro di Milano.
Il mondo ha subito una serie di disastri che lo hanno ripiombato in un'era di bassa tecnologia, almeno per la maggior parte della gente. Le tecnologie sofisticate esistono, ma sono per pochi, così veder viaggiare un veicolo come quelli che girano per le nostre strade di oggi è un evento eccezionale da osservare con meraviglia. I vecchi tempi dell'Espansione sono terminati, le epoche facili in cui il cibo era accessibile in grandi quantità e l'energia disponibile a tutti. I grattacieli sono rimasti per lo più deserti, perché non più in grado di far funzionare i propri organi vitali: ascensori e condizionatori d'aria. Tutto è tornato all'antico, ma non completamente. Molti congegni, veicoli e scooter funzionano per mezzo di sofisticati strumenti meccanici che accumulano e rilasciano energia (l'autore usa termini come kink-spring, non so se dovrei tradurre come "molla attorcigliata"), energia che può essere ottenuta anche semplicemente pedalando o usando animali. Quella che mi è sembrata strana è l'assenza dei pannelli fotovoltaici, vorrei capire perché l'autore non li fa apparire nella sua Bangkok del futuro. Ho scritto una email all'autore, ma ovviamente la spiegazione non è arrivata: uno che vince il Premio Nebula non è che ha il tempo per stare lì a rispondere a un blog sperduto nel cyberspazio... O magari la domanda era cretina per qualche motivo ovvio cui io non arrivo, chi lo sa?
A proposito di animali, esistono enormi bestie ricavate geneticamente dagli elefanti, i megodonti, che danno energia alle fabbriche, e altri animali, nocivi, prodotti dall'ingegneria genetica: esperimenti falliti, indesiderati ma sfuggiti al controllo. Ed esiste poco cibo, ricavato da sementi sterili vendute dalle "compagnie delle calorie," che ricattano interi popoli con pestilenze geneticamente prodotte e sementi valide per un solo raccolto.
L'orrore della fame e delle malattie ha annientato interi popoli e ne ha messi altri in ginocchio. Ma la Tailandia fiera e combattiva si è difesa, mantenendo una banca di sementi nascoste per preservare la ricchezza e la varietà genetica delle piante che producono il proprio cibo, e ospitando la tecnologia e i geni ribelli del mondo delle compagnie, al fine di combattere mossa dopo mossa questa spietata partita.
Jaidee, la "Tigre di Bangkok," è un capitano delle "camicie bianche" al servizio del Ministero dell'Ambiente e lotta contro i farang, i "diavoli bianchi" che vogliono inserirsi nel paese, e contro il Ministero del Commercio che li appoggia. Le camicie bianche sono corrotte alla tipica maniera orientale, si fanno dare qualche banconota per guardare dall'altra parte quando un venditore di cibo per strada usa metano non autorizzato (fiamma blu) o un mercante porta col suo dirigibile merce proibita; tuttavia quando vogliono dare un segnale diventano inflessibili.
Anderson è un falso imprenditore che usa come copertura una fabbrica, installata a Bangkok da un inventore che sognava di produrre un modello più efficiente di molla per dare un nuovo sviluppo al mondo. Il progetto è fallimentare ma Anderson vi spreca denaro per potersi muovere nel paese: vuole accordi politici per impadronirsi della ricchezza genetica che ancora la Tailandia custodisce; vuole anche rintracciare Gibbons, un genio della genetica che, per il piacere della sfida, è corso in aiuto del piccolo paese asiatico e lo aiuta nella lotta contro le compagnie delle calorie.
Alleato di Anderson è Carlyle, l'uomo che comanda una flotta di dirigibili (sostituti dei grandi aerei da trasporto di oggi). I re tailandesi hanno deciso di proteggere Bangkok dalle acque marine che sono salite a dismisura per colpa dell'effetto serra, hanno costruito immense dighe, ma le pompe devono continuamente lavorare per impedire che la capitale venga sommersa dal mare che comunque filtra implacabile, e dalle piogge monsoniche. Le pompe hanno bisogno di riparazioni, ma il materiale deve viaggiare sui dirigibili di Carlyle, il farang che ha subito tanti oltraggi dalle camicie bianche di Jaidee e ora aspetta il momento della dolce rivincita.
Anderson lascia l'amministrazione della fabbrica a Hock Seng, manager cinese rifugiato dalla Malesia. Quelli come lui, accolti con misericordia dalla monarchia tailandese, vengono chiamati "carte gialle" dal colore dei loro documenti di profughi. Hock Seng era benestante ma non ha saputo vedere la tempesta che arrivava. Gli estremisti islamici malesi, le "fasce verdi," hanno spazzato via il suo ricco clan, ucciso i suoi figli e le sue mogli coi loro machete rossi di sangue, lo hanno costretto a una fuga ignominiosa. Hock Seng vive nel terrore, disprezzato dai tailandesi e sempre in pericolo di perdere il lavoro, sempre timoroso che un'altra tempesta lo travolga, ma è anche in cerca una via (onesta o non proprio onesta) per ritornare l'uomo florido che era prima e per ridar vita al suo clan.
E infine c'è Emiko, la ragazza a molla. I suoi movimenti sono strani (io non sono riuscito a figurarmeli bene) e questa particolarità, che la rende ben riconoscibile come creatura dell'ingegneria genetica assieme al fatto che non può avere figli, è voluta dai suoi creatori per impedire altre spiacevoli disgrazie nate con gli esperimenti genetici. Costruita per un Giappone dove nascono troppo pochi figli, Emiko è un abominio per la mentalità tailandese: senza karma, senza anima da reincarnare, fuori dal ciclo dell'esistenza. Abbandonata come un oggetto da un manager giapponese che tornava in patria, costretta dal proprio condizionamento a servire e obbedire, trasformata in una prostituta esotica da sfruttatori senza scrupoli, sogna di raggiungere luoghi lontani dove le "nuove persone" come lei vivono libere. Ma di questi luoghi ha solo sentito parlare: esistono veramente?
E poi c'è Kanya, vice di Jaidee, la ragazza che non sorride mai, una delle camicie bianche più fedeli: ma di lei non posso che accennare per non tradire parti essenziali della trama.
La storia porterà questi personaggi a interagire e a compiere azioni inaspettate e imprevedibili, mentre il destino del paese si realizza fra eventi drammatici. Un grandissimo libro di fantascienza, che ha continuato a frullarmi in mente per vari giorni dopo averlo terminato: bella ambientazione, personaggi credibili e ben caratterizzati, e uno squarcio su un futuro orrendo ma tutt'altro che impossibile. Un'opera che tocca i principali temi della triste ma realistica fantascienza di oggi: il disastro ambientale, il postumanesimo e l'ingegneria genetica, la tirannia delle grandi corporazioni in una globalizzazione che sa portare solo sfruttamento, l'esaurirsi delle risorse e la devastazione sociale che risulta da tutto questo. Ho trovato piacevole, nonostante l'uso frequente di termini sconosciuti, anche l'immersione nel contesto di un paese come la Tailandia e la volontà di farci leggere il significato degli eventi sia nella nostra mentalità che in quella orientale.
Punti forti, oltre ai colpi di scena e alle rivelazioni inaspettate ma del tutto credibili, il fatto che le azioni dei personaggi appaiono spiegabili e motivate anche quando estreme, e la coralità della storia: d'altra parte questo libro ovviamente non piacerà a chi vuole sempre e comunque il duello tra un buono e un cattivo.
Un'altra recensione, questa in inglese.
venerdì 29 luglio 2011
giovedì 28 luglio 2011
Aspettando Godot, anzi Conan...
Cosa dice Jason Momoa del nuovo Conan che è in arrivo?
Spero che ai fan piaccia. Ci saranno degli imbecilli che diranno che non è come il film degli anni ’80, ma è normale: quelli erano i fottuti anni ’80 e oggi possiamo fare molte più cose al cinema
Momoa fa un po' di fatica, penso, a capire che la difficoltà sarà quella di fare un film bello, e non di assomigliare o meno ai "fottuti anni '80." Quando si perde poi in dichiarazioni sul fatto che non teme il confronto con Schwarzenegger mostra anche di non capire che il problema non è quello dell'attore protagonista (per quanto se lui non funzionasse sarebbe già un disastro).
Schwarzenegger era andato alla grande, diretto da John Milius (regista del primo Conan il Barbaro), ma non ha risollevato con la sua sola presenza il secondo film della serie (Conan il Distruttore), diretto da Richard Fleischer nel 1984.
Semplicemente, Fleischer non era John Milius. E nemmeno Marcus Nispel è Milius, aggiungerei. Penso che il principale problema sarà questo, oltre a tutto il contorno (dalla epica colonna sonora del film di Milius si passerà a un accompagnamento a suon di rock, che magari piacerà agli sbarbati ma continua a entrarci pochino con il fantasy di un certo tipo...).
Detto questo, sicuramente andrò a vedere il nuovo Conan sperando per il meglio nonostante i trailer siano scoraggianti. Conan il Barbaro (rifacimento) esce il 18 agosto, sempre che ci sia una sala cinematografica aperta dalle vostre parti.
giovedì 21 luglio 2011
World Invasion
Proprio un pessimo film, purtroppo. Non so nemmeno dove cominciare a fare l'elenco delle assurdità che ci sono, anzi, ci rinuncio perché la maggior parte mi dev'esser già sfuggita di mente.
Mi fa specie perfino il titolo: nella versione italiana hanno deciso di metterne uno differente da quello originale che è Battle: Los Angeles, ma hanno scelto sempre un titolo in inglese!
Comunque sia (da qui in poi spoiler a valanga), gli alieni arrivano sulla Terra, scambiati per uno sciame di asteroidi, e si scoprirà che sono in cerca di... acqua. I terricoli decidono di rispondere con un bombardamento e una pattuglia di soldati è inviata a evacuare una zona di Los Angeles (già l'idea di effettuare l'evacuazione di una metropoli sotto il fuoco nemico mi dà qualche perplessità). Un sergente (interpretato da Aaron Eckhart, che era Harvey Dent/Due Facce nel Cavaliere Oscuro) conduce una frazione dell'operazione assieme a un ufficiale che schiatterà a metà della storia, ma c'è una particolarità: il nostro sergente porta dentro di sé una grave colpa (che ovviamente riscatterà alla grande nel film): ha responsabilità nella morte della sua squadra in Iraq, e per questo in squadra non lo vuole nessuno, tantomeno il fratello di uno dei soldati morti sotto il suo comando.
L'evacuazione dei civili avrà le sue fasi drammatiche e un bel po' di combattimenti girati con lo stile di Black Hawk Down. Altre particolarità del film fanno pensare anche a pesanti ispirazioni tratte da District 9. Del primo dei due film ho un'ottima opinione, del secondo molto meno, comunque è enormemente migliore di questo.
Dopo aver portato i civili in salvo (non tutti) la nostra pattuglia scoprirà la presenza di una mega astronave aliena che si è infrattata sotto terra (come diavolo c'è andata?) e troverà anche la maniera di farla fuori. Bum! Fatto fuori il centro di comando tutti i meccanismi alieni cadono come pere cotte. Scoperto l'inghippo, si potrà replicare la tattica in tutte le città del mondo che sono sotto attacco. Mi chiederete: è davvero così scemo 'sto film? Risposta: anche di più, solo che non ho voglia di addentrarmi troppo.
Mi fa piangere che una quantità di quattrini e di effetti speciali sia stata spesa così male. In realtà dal punto di vista commerciale è stata spesa bene perché nonostante le critiche, negative anche in terra yankee, con un investimento di 70/100 milioni di dollari se ne sono guadagnati circa 200.
Morti eroiche, bambini insopportabili, coraggio e patriottismo allappanti, scene che sono dei veri spot pubblicitari per le forze armate, sceneggiatura cretina e dettagli strampalati a ogni pié sospinto, World Invasion può far passare un paio di ore felici a chi vuol vedere combattimenti ed esplosioni, ma non offre proprio nient'altro, ed è pure troppo lungo.
Aaron Eckhart però ha detto che non gli dispiacerebbe girare un seguito del film.
Speriamo di no.
Mi fa specie perfino il titolo: nella versione italiana hanno deciso di metterne uno differente da quello originale che è Battle: Los Angeles, ma hanno scelto sempre un titolo in inglese!
Comunque sia (da qui in poi spoiler a valanga), gli alieni arrivano sulla Terra, scambiati per uno sciame di asteroidi, e si scoprirà che sono in cerca di... acqua. I terricoli decidono di rispondere con un bombardamento e una pattuglia di soldati è inviata a evacuare una zona di Los Angeles (già l'idea di effettuare l'evacuazione di una metropoli sotto il fuoco nemico mi dà qualche perplessità). Un sergente (interpretato da Aaron Eckhart, che era Harvey Dent/Due Facce nel Cavaliere Oscuro) conduce una frazione dell'operazione assieme a un ufficiale che schiatterà a metà della storia, ma c'è una particolarità: il nostro sergente porta dentro di sé una grave colpa (che ovviamente riscatterà alla grande nel film): ha responsabilità nella morte della sua squadra in Iraq, e per questo in squadra non lo vuole nessuno, tantomeno il fratello di uno dei soldati morti sotto il suo comando.
L'evacuazione dei civili avrà le sue fasi drammatiche e un bel po' di combattimenti girati con lo stile di Black Hawk Down. Altre particolarità del film fanno pensare anche a pesanti ispirazioni tratte da District 9. Del primo dei due film ho un'ottima opinione, del secondo molto meno, comunque è enormemente migliore di questo.
Dopo aver portato i civili in salvo (non tutti) la nostra pattuglia scoprirà la presenza di una mega astronave aliena che si è infrattata sotto terra (come diavolo c'è andata?) e troverà anche la maniera di farla fuori. Bum! Fatto fuori il centro di comando tutti i meccanismi alieni cadono come pere cotte. Scoperto l'inghippo, si potrà replicare la tattica in tutte le città del mondo che sono sotto attacco. Mi chiederete: è davvero così scemo 'sto film? Risposta: anche di più, solo che non ho voglia di addentrarmi troppo.
Mi fa piangere che una quantità di quattrini e di effetti speciali sia stata spesa così male. In realtà dal punto di vista commerciale è stata spesa bene perché nonostante le critiche, negative anche in terra yankee, con un investimento di 70/100 milioni di dollari se ne sono guadagnati circa 200.
Morti eroiche, bambini insopportabili, coraggio e patriottismo allappanti, scene che sono dei veri spot pubblicitari per le forze armate, sceneggiatura cretina e dettagli strampalati a ogni pié sospinto, World Invasion può far passare un paio di ore felici a chi vuol vedere combattimenti ed esplosioni, ma non offre proprio nient'altro, ed è pure troppo lungo.
Aaron Eckhart però ha detto che non gli dispiacerebbe girare un seguito del film.
Speriamo di no.
lunedì 18 luglio 2011
Space Invaders
Potrebbe essere l'idea del secolo. A quanto pare la vuole realizzare Lorenzo di Bonaventura, il quale tra le altre cose è il produttore di Transformers, quello che ha fatto soldi a palate con dei film basati su dei giocattoli! Il che rende la cosa meno incredibile.
Sto parlando del film sugli Space Invaders, videogioco che la gioventù di oggi avrà trovato riprodotto in facsimile e disponibile gratuitamente su internet. Io ho avuto il piacere di giocarci su quei baracchini che si trovavano nei bar, al posto dei videopoker di oggi. Cento lire per una partita; per un anno tutta la moneta che mi capitava in mano è finita lì. Il gioco è notoriamente un po' scarso per gli standard di qualsiasi videogame si possa oggi giocare al computer (ed era pure in bianco e nero, con bande di plastica sovrapposte sullo schermo per dare l'impressione del colore!), ma per la sua epoca una cosa strabiliante.
Io al massimo ero capace, nonostante i quattrini spesi, di fare due o tre schermate (ovvero schiere di alieni sterminate) prima di crepare. C'era chi ci passava un'ora a partita e totalizzava punteggi incredibili, ma ogni nuova legione di mostri spaziali partiva da più vicino, e la fine a un certo punto era sicura. Nella sua semplicità, Space Invaders aveva un che di filosofico, vista la morte certa del giocatore, particolare che è stato poi ripreso da tantissimi videogame. L'eroe (potrebbe essere un gruppo di eroi, visto che il giocatore aveva diverse vite da "spendere," però la sensazione era di una faccenda individuale perché si manovrava un combattente per volta) è di fronte fin dall'inizio a una situazione impossibile, con un avversario che dispone di mezzi infiniti, e i bunker difensivi destinati a essere distrutti a poco a poco senza alcuna possibilità di ripristinarli. Il tutto accompagnato da una specie di jingle sempre più frenetico. Se il film sarà in grado di catturare queste sensazioni credo che possa avere un grande successo. Ovviamente ci vuole anche la bellona di turno, e visto che Megan Fox è stata allontanata dal set di Transformers per aver insultato il regista, chissà mai che venga riciclata, e in qualche modo la si veda massacrare mostri alieni tra un paio di anni?
(Ovviamente ne possiamo fare anche a meno. Però potrebbe essere un ottimo "pop-corn movie")
Sto parlando del film sugli Space Invaders, videogioco che la gioventù di oggi avrà trovato riprodotto in facsimile e disponibile gratuitamente su internet. Io ho avuto il piacere di giocarci su quei baracchini che si trovavano nei bar, al posto dei videopoker di oggi. Cento lire per una partita; per un anno tutta la moneta che mi capitava in mano è finita lì. Il gioco è notoriamente un po' scarso per gli standard di qualsiasi videogame si possa oggi giocare al computer (ed era pure in bianco e nero, con bande di plastica sovrapposte sullo schermo per dare l'impressione del colore!), ma per la sua epoca una cosa strabiliante.
Io al massimo ero capace, nonostante i quattrini spesi, di fare due o tre schermate (ovvero schiere di alieni sterminate) prima di crepare. C'era chi ci passava un'ora a partita e totalizzava punteggi incredibili, ma ogni nuova legione di mostri spaziali partiva da più vicino, e la fine a un certo punto era sicura. Nella sua semplicità, Space Invaders aveva un che di filosofico, vista la morte certa del giocatore, particolare che è stato poi ripreso da tantissimi videogame. L'eroe (potrebbe essere un gruppo di eroi, visto che il giocatore aveva diverse vite da "spendere," però la sensazione era di una faccenda individuale perché si manovrava un combattente per volta) è di fronte fin dall'inizio a una situazione impossibile, con un avversario che dispone di mezzi infiniti, e i bunker difensivi destinati a essere distrutti a poco a poco senza alcuna possibilità di ripristinarli. Il tutto accompagnato da una specie di jingle sempre più frenetico. Se il film sarà in grado di catturare queste sensazioni credo che possa avere un grande successo. Ovviamente ci vuole anche la bellona di turno, e visto che Megan Fox è stata allontanata dal set di Transformers per aver insultato il regista, chissà mai che venga riciclata, e in qualche modo la si veda massacrare mostri alieni tra un paio di anni?
(Ovviamente ne possiamo fare anche a meno. Però potrebbe essere un ottimo "pop-corn movie")
sabato 9 luglio 2011
Camelot, telefilm nato e già finito
Di Camelot ho visto un paio di episodi. La serie arriverà in Italia fra non molto, ma solo per chi ha la TV a pagamento (Mediaset Premium, se non sbaglio).
Tuttavia, non ci sarà un seguito: vuoi perché gli attori che hanno preso parte alla prima (e ultima) stagione faticano a conciliare e coordinare i loro impegni, vuoi perché, a quel che sembra, la serie non ha avuto quel successo che si sperava nonostante un inizio promettente.
Devo ammettere che un po' mi dispiace, per quel che ho visto non prometteva male. La guida narrativa affidata a un solido sceneggiatore, Michael Hirst, e alcuni validi attori nel cast: uno che a me è piaciuto, ma che non dura molto, è James Purefoy (Solomon Kane) nel ruolo di re Lot, uno dei primi avversari di Artù; Eva Green nell'ambiguo ruolo di Morgana è assai azzeccata, viste le sue interpretazioni in The Dreamers e Kingdom of Heaven (il primo dei due non posso dire che sia un bel film, ma lei mi era piaciuta). Bravo anche Joseph Fiennes nel ruolo di Merlino, anche se non ha l'aspetto che immagino debba avere il celebre mago... e discreto Jamie Cambpell Bower come giovane Artù.
Le atmosfere qualche volta mi sono parse ben ricostruite e qualche volta assolutamente no. Se fosse stato un mondo secondario (come quello di Game of Thrones) tutto poteva andare, qui invece certe scene di feste con musica orientaleggiante o ritmata ossessivamente dai tamburi, con ballerine che si muovono come odalische fa a pugni con il mio personale immaginario riguardo alla storia di Re Artù, e anche con il periodo storico della Britannia post-romana. La scena di Artù che chiede a Ginevra di uscire dalla sala per poter parlare, quando li si vede all'esterno entrambi con il boccale in mano, mi ha fatto ridere perché trasporta di peso atmosfere da pub o discoteca (o da locale sui navigli, per i meneghini...) nell'ambiente della leggenda arturiana.
Invece non mi dispiace come sono stati intrecciati gli elementi del ciclo arturiano (la spada nella roccia, per esempio) al fine di creare una nuova storia che abbia la possibilità di camminare anche sulle proprie gambe. Intendiamoci, non ho idea di come proseguirà (e forse non vedrò nemmeno i successivi episodi). Tutto potrebbe scivolare in una telenovela bolsa come Game of Thrones (mi perdoneranno quelli che hanno apprezzato i libri di Martin e la serie TV) ma ho avuto l'impressione che ci fosse una mente più creativa all'opera.
La magia in Camelot è (per quanto ho visto io) appena accennata. Merlino ha evidentemente i suoi piani a lungo termine, costruiti intorno a delle visioni, ma non si capisce quanto possa e voglia fare di concreto e immediato. E' evidente che in lui vi sono capacità enormi (ad esempio, sembra non invecchiare, come il Merlino delle leggende) ma egli è riluttante a fare uso dei suoi poteri e invita alla prudenza anche Morgana, che invece vediamo incontrare nella notte delle strane entità (pagane? malvage?) cui chiede aiuto e con cui stringe alleanza. Intrigante, mi incuriosisce.
Sulle serie TV fantasy ho sinceramente dei dubbi (preferisco i film, quando ne esce uno valido) ma per quel che ho visto di Camelot mi è rimasta la voglia di andare avanti. Vi consiglio di dare un'occhiata a questa serie. Per quanto mi riguarda non ho voglia di fare il pirata e scaricarmeli da internet (impresa comunque piuttosto impegnativa oltre che illegale), né di comprare un abbonamento alle TV a pagamento: chissà se non sia il caso di prendermi i DVD?
Tuttavia, non ci sarà un seguito: vuoi perché gli attori che hanno preso parte alla prima (e ultima) stagione faticano a conciliare e coordinare i loro impegni, vuoi perché, a quel che sembra, la serie non ha avuto quel successo che si sperava nonostante un inizio promettente.
Devo ammettere che un po' mi dispiace, per quel che ho visto non prometteva male. La guida narrativa affidata a un solido sceneggiatore, Michael Hirst, e alcuni validi attori nel cast: uno che a me è piaciuto, ma che non dura molto, è James Purefoy (Solomon Kane) nel ruolo di re Lot, uno dei primi avversari di Artù; Eva Green nell'ambiguo ruolo di Morgana è assai azzeccata, viste le sue interpretazioni in The Dreamers e Kingdom of Heaven (il primo dei due non posso dire che sia un bel film, ma lei mi era piaciuta). Bravo anche Joseph Fiennes nel ruolo di Merlino, anche se non ha l'aspetto che immagino debba avere il celebre mago... e discreto Jamie Cambpell Bower come giovane Artù.
Le atmosfere qualche volta mi sono parse ben ricostruite e qualche volta assolutamente no. Se fosse stato un mondo secondario (come quello di Game of Thrones) tutto poteva andare, qui invece certe scene di feste con musica orientaleggiante o ritmata ossessivamente dai tamburi, con ballerine che si muovono come odalische fa a pugni con il mio personale immaginario riguardo alla storia di Re Artù, e anche con il periodo storico della Britannia post-romana. La scena di Artù che chiede a Ginevra di uscire dalla sala per poter parlare, quando li si vede all'esterno entrambi con il boccale in mano, mi ha fatto ridere perché trasporta di peso atmosfere da pub o discoteca (o da locale sui navigli, per i meneghini...) nell'ambiente della leggenda arturiana.
Invece non mi dispiace come sono stati intrecciati gli elementi del ciclo arturiano (la spada nella roccia, per esempio) al fine di creare una nuova storia che abbia la possibilità di camminare anche sulle proprie gambe. Intendiamoci, non ho idea di come proseguirà (e forse non vedrò nemmeno i successivi episodi). Tutto potrebbe scivolare in una telenovela bolsa come Game of Thrones (mi perdoneranno quelli che hanno apprezzato i libri di Martin e la serie TV) ma ho avuto l'impressione che ci fosse una mente più creativa all'opera.
La magia in Camelot è (per quanto ho visto io) appena accennata. Merlino ha evidentemente i suoi piani a lungo termine, costruiti intorno a delle visioni, ma non si capisce quanto possa e voglia fare di concreto e immediato. E' evidente che in lui vi sono capacità enormi (ad esempio, sembra non invecchiare, come il Merlino delle leggende) ma egli è riluttante a fare uso dei suoi poteri e invita alla prudenza anche Morgana, che invece vediamo incontrare nella notte delle strane entità (pagane? malvage?) cui chiede aiuto e con cui stringe alleanza. Intrigante, mi incuriosisce.
Sulle serie TV fantasy ho sinceramente dei dubbi (preferisco i film, quando ne esce uno valido) ma per quel che ho visto di Camelot mi è rimasta la voglia di andare avanti. Vi consiglio di dare un'occhiata a questa serie. Per quanto mi riguarda non ho voglia di fare il pirata e scaricarmeli da internet (impresa comunque piuttosto impegnativa oltre che illegale), né di comprare un abbonamento alle TV a pagamento: chissà se non sia il caso di prendermi i DVD?
domenica 3 luglio 2011
365 modi diversi per far finire il mondo
Dopo il grosso successo dell'antologia di 365 racconti horror pubblicata dalla Delos (io sono al 12 gennaio...) da settembre inizieranno le selezioni per la prossima, la raccolta di 365 racconti sulla fine del mondo.
Certo, se i Maya si fossero preoccupati di dire che alla fine del ciclo del loro calendario ne poteva benissimo iniziare un altro, non saremmo qui a raccontarcela sul mondo che finisce nel 2012, ma ormai è andata così...
Per chi volesse partecipare, qui saranno postati i dettagli.
Quanto a me, ho già una mezza idea su come andremo... a finire.
Certo, se i Maya si fossero preoccupati di dire che alla fine del ciclo del loro calendario ne poteva benissimo iniziare un altro, non saremmo qui a raccontarcela sul mondo che finisce nel 2012, ma ormai è andata così...
Per chi volesse partecipare, qui saranno postati i dettagli.
Quanto a me, ho già una mezza idea su come andremo... a finire.
venerdì 1 luglio 2011
I diritti di chi?
Non ho sentito molta eco nella blogosfera (e su facebook, dove c'è un mio profilo vivacchia) riguardo alla decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, secondo cui non si può vietare la vendita dei videogiochi violenti ai minori.
Tale divieto sarebbe addirittura anticostituzionale, in quanto violerebbe il Primo Emendamento (quella norma statunitense per cui uno può dire quello che gli pare, roba molto lontana dal nostro sentire visto che in Italia siamo di nuovo in ballo con l'ennesima sentenza ammazza-internet).
La pronuncia è stata resa necessaria da una legge del 2005 emanata dal governatore della California (ebbene sì, proprio lui, Arnold) che puniva la vendita ad adolescenti e bambini di giochi dal contenuto sanguinario. Contro questo provvedimento, e con una giustificazione becera (anche nelle favole c'è il sangue!), hanno fatto passare l'idea che si tratta di contenuti protetti dal Primo Emendamento e quindi che rientrano nella libera espressione.
Hanno difeso la libera espressione e i diritti, ma i diritti di chi? Personalmente credo che una volta raggiunta la maggiore età a nessuno debba essere proibito niente, ho però idee assai meno larghe su quello che è lecito proporre alle persone in età evolutiva (be', credo che anche la religione sarebbe da far rientrare tra le scelte che uno compie da solo, in autonomia, e una volta adulto). Non mi piacciono le libertà di altri da cui l'utente, una volta solleticato nei suoi istinti e aggirata la sua razionalità, viene condizionato, così come non mi piace ad esempio l'imposizione unilaterale del palinsesto della televisione (ma per fortuna oggi in tanti ne fanno allegramente a meno).
Qui gli unici soggetti ad aver visto difesi i propri diritti sono gli imprenditori dei videogiochi.
Un link a un mio articolo sul tema della violenza e della censura
Un buon articolo in merito alla decisione della Corte Suprema, dal Corriere
Un articolo secondo me grossolanamente superficiale che invece giustifica il provvedimento.
Tale divieto sarebbe addirittura anticostituzionale, in quanto violerebbe il Primo Emendamento (quella norma statunitense per cui uno può dire quello che gli pare, roba molto lontana dal nostro sentire visto che in Italia siamo di nuovo in ballo con l'ennesima sentenza ammazza-internet).
La pronuncia è stata resa necessaria da una legge del 2005 emanata dal governatore della California (ebbene sì, proprio lui, Arnold) che puniva la vendita ad adolescenti e bambini di giochi dal contenuto sanguinario. Contro questo provvedimento, e con una giustificazione becera (anche nelle favole c'è il sangue!), hanno fatto passare l'idea che si tratta di contenuti protetti dal Primo Emendamento e quindi che rientrano nella libera espressione.
Hanno difeso la libera espressione e i diritti, ma i diritti di chi? Personalmente credo che una volta raggiunta la maggiore età a nessuno debba essere proibito niente, ho però idee assai meno larghe su quello che è lecito proporre alle persone in età evolutiva (be', credo che anche la religione sarebbe da far rientrare tra le scelte che uno compie da solo, in autonomia, e una volta adulto). Non mi piacciono le libertà di altri da cui l'utente, una volta solleticato nei suoi istinti e aggirata la sua razionalità, viene condizionato, così come non mi piace ad esempio l'imposizione unilaterale del palinsesto della televisione (ma per fortuna oggi in tanti ne fanno allegramente a meno).
Qui gli unici soggetti ad aver visto difesi i propri diritti sono gli imprenditori dei videogiochi.
Un link a un mio articolo sul tema della violenza e della censura
Un buon articolo in merito alla decisione della Corte Suprema, dal Corriere
Un articolo secondo me grossolanamente superficiale che invece giustifica il provvedimento.