giovedì 7 dicembre 2023

La Pelle

 Leggere i classici è importante, e questo La Pelle di Curzio Malaparte (1898 - 1957) certamente è un mattone celebre del ventesimo secolo. Malaparte sa scrivere, le sue descrizioni sono vive, sa suscitare emozioni. Per cui questo tomo di circa 450 pagine me lo sono letto senza grosse difficoltà.

Dell'autore va detto che, pur non avendo grandi simpatie per i teutonici, era lui stesso un mezzo tedesco naturalizzato italiano; fu fascista della prima ora ma riuscì a rovinare i rapporti con la gerarchia del regime e finì al confino, collaborò poi con gli alleati e nel dopoguerra fu pure comunista, e si convertì al cattolicesimo poco prima di morire. Un uomo complesso o un uomo per tutte le stagioni? Non ho approfondito abbastanza.

Il libro è autobiografico, coi limiti che adesso vedremo. Parla delle vicende dell'autore stesso, aggregato a un comando USA, durante la lenta e sanguinosa offensiva alleata da sud a nord. Si parte da Napoli, città che si prende buona parte della narrazione.

Il senso del titolo è che tutto, nell'Italia sconfitta di quei giorni, si era ridotto alla sopravvivenza, alla "pelle," e che la dignità della gente era andata a farsi benedire. I soldati alleati così gentili (secondo l'autore) e così belli e ben vestiti erano portatori sani di una pestilenza che contagiava le popolazioni liberate. Appena venivano a contatto con loro, gli uomini si prosternavano e si "trascinavano a carponi nel fango", le donne si prostituivano "come cagne." Nella città affamata la gente che aveva lottato dignitosamente contro i Tedeschi (le quattro giornate di Napoli) ora si trovava a lottare per vivere e lo faceva vendendosi senza alcuna dignità. Tutti stufi della guerra (che tanto tocca ad altri combattere, adesso) stufi dei morti puzzolenti e sbudellati, gente umiliata, disonorata oltre ogni dire ma con una plebea, ostinata voglia di vivere.

Ci sono esagerazioni assurde, come la scomparsa di una nave di rifornimenti fregata dai Napoletani (no, non il carico, ma l'intera nave), di un carro armato smontato e fatto sparire. Ci sono frasi oggi non pubblicabili nei confronti dei neri dell'esercito degli Stati Uniti, degli omosessuali, del popolo di Napoli in genere. Ci sono sparate incredibili, come il pesce sirena servito a una cena agli ufficiali alleati, che stanno per dargli sepoltura perché sembra una ragazza e non un pesce (secondo voi esiste qualcosa del genere?).

Insomma Malaparte è un misto di crudo realismo, di buoni sentimenti dolorosi verso le vittime della guerra, e di trovate fuori le righe che lo rendono del tutto inaffidabile come testimonianza, oltre a qualche balla enorme. Peccato.

Leggeteli, gli autori italiani del novecento. Ce ne sono tanti di nomi: Calvino, Buzzati, Pasolini, Pratolini, Pavese, Levi ecc. Quanto a Malaparte, quando avrete finito gli altri, ma proprio tutti gli altri che ho citato, leggete anche lui.


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