Il 2 febbraio è l'anniversario della fine della battaglia di Stalingrado. Un fatto antico (anno 1943, 80 anni fa), ma che ha contribuito a creare, nel bene o nel male, il mondo in cui viviamo.
Come si è arrivato a questa battaglia? L'offensiva tedesca del 1942 era l'ultimo tentativo di risolvere in maniera non sfavorevole per l'Asse la Seconda Guerra Mondiale. Ricordiamo che nel 1941 la famosa Operazione Barbarossa, l'invasione a sorpresa dell'URSS, era fallita alle porte di Mosca, con gravi perdite tedesche.
Alla Germania adesso stavano venendo a mancare le risorse, soprattutto il petrolio, e vi era l'esigenza di andare a toglierlo ai Russi. Pertanto venne dato il via a una offensiva che si divideva in due diverse direzioni: a nord, verso il fiume Volga e Stalingrado, e a sud, verso il Caucaso dove si trovavano i grandi pozzi petroliferi di Baku e Maikop. La parte nord dell'offensiva serviva a proteggere da attacchi alle spalle le forze nel Caucaso, e a bloccare il Volga, importante arteria di rifornimento sovietica.
Le cose si misero subito male per l'Asse. Diversamente dall'anno precedente, i Sovietici non si fecero bastonare sulla linea del fronte ma si ritirarono concedendo terreno, in previsione di dare battaglia nella stagione fredda più favorevole a loro. A sud, nel Caucaso, i Tedeschi arrivarono a uno dei loro obiettivi, Maikop, dove trovarono i pozzi petroliferi sabotati; poi la loro offensiva si arenò. Verso il Volga l'offensiva procedette a rilento, con grandi difficoltà logistiche, ma alla fine giunse al grande fiume.
Quando Stalingrado si trovò sulla linea del fronte, il comportamento dei Sovietici cambiò. Diedero battaglia disperatamente, perdendo quasi tutta la città ma trascinando nel vortice di distruzione ingenti forze tedesche. Intanto il generale Zhukov accumulava forze preponderanti per contrattaccare. Quando con la cattiva stagione i Russi si mossero, distrussero con facilità le forze rumene che tenevano i fianchi del fronte dell'Asse, e circondarono un'intera armata tedesca a Stalingrado.
Avendo poche forze a disposizione, i Tedeschi avevano in effetti commesso un errore mortale. Lunghi tratti del fronte, sui fianchi della punta offensiva che premeva su Stalingrado, erano tenuti da Romeni, Italiani, Ungheresi. Che sono stati oggetto delle recriminazioni dei generali Tedeschi per averli delusi, ma a torto. Queste forze non potevano opporsi (per mancanza di armi anticarro decenti) a una offensiva sovietica condotta con un enorme numero di carri armati.
Mentre falliva un tentativo di liberare le forze tedesche accerchiate a Stalingrado, altre offensive sovietiche contro le linee italiane e ungheresi aprivano una falla gigantesca nel fronte, costringendo i Tedeschi a ritirarsi anche dal Caucaso. Fallito anche il tentativo di rifornire le truppe circondate dall'aria, i Tedeschi a Stalingrado ormai ridotti alla fame si arresero il 2 febbraio 1943. Rifiutarono di arrendersi alcuni disperati, che intuirono il destino di morte dei prigionieri e si nascosero tra le rovine, venendo però rastrellati a poco a poco. Gli eventi legati alla battaglia ebbero un bilancio di perdite e sofferenze mostruoso: tra morti, feriti e prigionieri forse un milione di soldati persi per l'Asse, e probabilmente il doppio per i Sovietici, con enormi perdite di materiale da ambo le parti. Solo alcune migliaia dei prigionieri tedeschi rividero la patria; quanto agli Italiani, moltissimi dei prigionieri morirono per i maltrattamenti e gli stenti.
Questa battaglia fu il punto di svolta della guerra? Si potrebbe dire di no, perché il responso finale venne dato dal risultato di anni di guerra d'attrito, e non da un solo episodio, e perché i Tedeschi recuperarono parte del terreno con un contrattacco. Inoltre ebbero la forza di tentare una nuova offensiva a Kursk durante la successiva estate (senza successo). Ma Stalingrado fu il primo episodio di catastrofica sconfitta tedesca senza attenuanti. Una intera armata perduta, senza che si potesse fare nulla per estrarla dall'accerchiamento. Grandi forze degli alleati ungheresi, rumeni, italiani perse, unità che non erano certamente inferiori alla fanteria sovietica, ma che mancavano dell'armamento pesante di cui solo i Tedeschi disponevano, e quindi vennero schiacciate dai carri armati e dall'artiglieria schierati in quantità prodigiose dai generali di Stalin.
Contemporaneamente alla battaglia di Stalingrado, venivano sconfitte anche le forze dell'Asse in Africa. La guerra era destinata a finire con l'Europa divisa tra le due superpotenze, con Francia e Gran Bretagna nominalmente dalla parte dei vincitori, ma in realtà ridotte all'irrilevanza, non molto diversamente da Germania o Italia. Del resto, una volta iniziato il conflitto, il destino era segnato dall'inizio. La Seconda Guerra Mondiale, secondo me, è soprattutto la disfatta dell'Europa, al di là degli aspetti ideologici.
L'esercito italiano non solo mancava di armamenti pesanti, ma soprattutto di equipaggiamento base, in primis vestiti e calzature adatte per resistere al freddo: di questo ho avuto i racconti di mio nonno, uno dei pochi riuscito a ritornare vivo dalla campagna di Russia, avendo perso però la sensibilità ai piedi.
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RispondiEliminaL'esercito italiano mancava un po' di tutto in effetti. Quanto al vestiario forse gli Alpini messi un po' meglio (forse). Ma ho letto di cose agghiaccianti, unità che arrivavano in Grecia senza le vanghe per scavarsi una trincea, ecc...
Ieri sera ho visto il film norvegese Narvik. Molto interessante per capire quanto la strategia abbia spesso calpestato la speranza dei popoli. Il film è ambientato nel 1940, con la Norvegia invasa dai nazisti e una parte dell'esercito norvegese che non si arrende, combatte insieme a francesi e polacchi e aspetta l'arrivo degli inglesi. La strategia impose di abbandonare la Norvegia proprio per salvare il salvabile, perché la Francia stava capitolando. Poi fu persa anche la Francia e Churchill riuscì a recuperare parte del suo esercito a Dunkirk, piuttosto alla disperata con imbarcazioni di fortuna.
RispondiEliminaIl film rappresenta bene il punto di vista dei norvegesi che compresero con amarezza come fosse percepita la loro nazione rispetto alla Francia e all'Inghilterra, cioè meno importante! infatti gli Alleati agirono come a scacchi, proteggendo il Re e sacrificando il pedone.
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RispondiEliminaQuel film devo ancora vederlo... certamente mi interessa. Però, sebbene il punto di vista dei Norvegesi sia comprensibile, non lo condivido del tutto. I Britannici e Francesi ci hanno provato, poi sono stati travolti dalle emergenze. Allo stesso modo in Grecia i Britannici sono intervenuti (interrompendo un'offensiva promettente contro gli Italiani in Libia) ma si sono dovuti ritirare di fronte ai Tedeschi.
RispondiEliminaPer la Norvegia la recriminazione in realtà sarebbe un'altra, in retrospettiva. Per i Tedeschi fu chiaro che, da parte britannica, la neutralità della Norvegia non sarebbe stata rispettata. Una delle azioni che i Britannici compirono fu intercettare una nave tedesca (che se non sbaglio portava dei prigionieri) entrando nel confine marittimo Norvegese. Progettavano anche di minare le acque territoriali del paese.
Dal momento che il passaggio verso i porti del nord era vitale per la Germania (passavano di lì le importazioni di ferro dalla Svezia) i Tedeschi invasero il paese. Certamente, si può sempre dire che lo avrebbero invaso lo stesso, di fatto i Britannici diedero loro un motivo per farlo.