La Forgia nella Foresta è il secondo libro della serie "The Winter of the World" scritta da Michael Scott Rohan. Del precedente libro ho parlato in questo post, dove potrete trovare anche alcune note sull'autore. La trama ci presenta un eroe, Elof, che accompagna Kermorvan, sovrano senza corona impegnato in un viaggio di scoperte e tribolazioni. Per ricollegarci alla storia precedente, Kermorvan, Elof e il resto della loro combriccola (Roc, l'amico di Elof, e Ils, la donna di razza duergar) provocano il fallimento di un attacco degli Ekwesh contro la città di Kerbryhaine.
Per darvi un po' di contesto, gli Ekwesh sono una razza, diciamo, quasi umana ma in realtà molto bestiale e crudele; giova leggere anche il post che scrissi riguardo al libro precedente. Questi Ekwesh sono al servizio del Ghiaccio, che è una delle Potenze del mondo immaginario di Michael Scott Rohan, ovvero delle divinità o semi-divinità che vivono nel mondo reale. Kerbryhaine è una grande città del sud (nella costa occidentale del mondo), una località che è vissuta tranquillamente coi propri affari pacifici ignorando l'aggressione del gelo che arriva dal nord. Kermorvan, che è intervenuto ad aiutare la città sotto assedio, possiede un lignaggio piuttosto imbarazzante: certo è tanto umile, ma in teoria potrebbe farsi riconoscere come sovrano. Pertanto, non è strano che i politicanti di Kerbryhaine cerchino di liberarsi di lui. Bryhon, uno di questi, fa un bel discorso, negando di essere grato per l'aiuto ricevuto, e sfoderando una serie di dubbi sulla figura di Kermorvan, che inaspettatamente rinuncia al dibattito e rende noto che cercherà nel lontano oriente (da cui il popolo proviene a seguito di una leggendaria migrazione) qualche forma di aiuto contro la Potenza del Ghiaccio. Pertanto i nostri eroi radunano un'allegra compagnia e partono per un lungo viaggio.
In questa nuova avventura scopriremo tante cose, che non anticipo, e il duo Kermorvan/Elof porrà le basi per un tentativo di riconquista del mondo travolto dai ghiacci. Non volendo rivelare il contenuto del libro, faccio alcune osservazioni in ordine sparso.
Ho letto il libro in inglese in formato ebook e ho terribilmente sofferto, devo confessare, per lo stile. Michael Scott Rohan utilizza un linguaggio arcaico, desueto, con termini letterari o infrequenti. Perfino il dizionario spesso si arrendeva. Mi sono reso conto che, anche quando credi di conoscere il tuo inglese, esistono tantissimi termini poco usati, specialistici o dipendenti da particolari contesti, termini che assolutamente non padroneggi. Questa lettura quindi ha avuto i suoi momenti di difficoltà.
Kermorvan mi ha colpito per essere una specie di Aragorn, un sovrano paziente, che conosce la propria legittimazione ma non vuole imporla con la forza. A dire la verità, lasciare una guerra in corso e partire per il mitico est mi sembra una decisione insensata, ma è un libro fantasy, quindi può succedere di tutto, anche che la scelta si riveli vantaggiosa. Bryhon, il rivale politico, si rivelerà ovviamente molto più subdolo e malvagio di quello che sembra inizialmente.
Sulle Potenze apprenderemo di più, anche che non sono tutte dello stesso livello di forza. Elof avrà a che fare con esse, riconnettendosi alle sue esperienze del passato, quando lavorava sotto il Mastro Fabbro sull'orlo dei ghiacci infiniti. Kermorvan dovrà trovare la forza di continuare una spedizione fin troppo pericolosa. [SPOILER] I compagni d'avventura si rivelano essere un po' come le magliette rosse di Star Trek, entrano in un episodio della storia solo per crepare e scomparire; nella parte finale del viaggio avremo solo Elof, Kermorvan, Roc e Ils. [Fine Spoiler].
Le competenze di metallurgia di Elof si rivelano essenziali per rompere la trappola di Tapiau e dei suoi Figli. Qui devo anticipare una serie di elementi, fino alla fine del paragrafo. Tapiau è una Potenza "buona" e, per così dire, pro-vita, nemica del ghiaccio. Tuttavia è una Potenza non umana e quello che può offrire è troppo bello per essere vero. Nella foresta dei Figli di Tapiau Kermorvan e compagni trovano una parte del popolo fuggito da est nel passato, tanti artisti, eroi, comandanti. Gente che dovrebbe essere morta da secoli. Accettano la scoperta surreale, solo Elof la rifiuta e Kermorvan mantiene una mentalità aperta. Elof presto si rende conto che questi uomini e donne sono stati salvati, ma ora sono prigionieri: innanzitutto sono vittime di una trappola mentale, fanno la bella vita e non invecchiano, chi non sarebbe tentato? In secondo luogo, Tapiau ha i suoi custodi, che non lasciano uscire o entrare se non dietro gentile concessione della Potenza. Elof chiede di costruire una forgia (quella che dà il titolo al libro) e Tapiau non dice di no; la grotta in cui si trova la fucina diventa quindi un'isola di libertà perché la mente vegetale di Tapiau e dei suoi seguaci ne è respinta. Il nostro fabbro crea un elmo magico che permette di "rompere l'incantesimo" e lo fa indossare a un leader di secoli prima, che resta inorridito: si rende conto che gli ospiti di Tapiau perdono lentamente le proprie capacità mentali, e più o meno rapidamente si trasformano e diventano parte degli alfar, il popolo di Tapiau, perdendo buona parte della propria umanità. Kermorvan è scosso dalla rivelazione e decide di lasciare la foresta, con tutto il gruppo. Trovano il modo di scappare, schivano i guardiani di Tapiau, e ricominciano il loro viaggio nella tundra gelida. Questa parte della storia ha certamente i suoi precedenti classici, anche la storia di Ulisse e compagni contro la Maga Circe è qualcosa di non molto diverso. Ma per come è raccontata, la foresta di Tapiau è ottimo fantasy.
Leggerò i successivi libri? Chi lo sa (se schiatto per il Covid certamente no, non sono guarito, scrivo questo post in una delle rare mezz'ore di lucidità). Ho comunque scoperto che i sei volumi della serie sono divisi in due gruppi da tre: l'autore terminò nel 1988 la storia di Elof e compagni, e dieci anni dopo riprese questo mondo con diversi protagonisti. Solo i primi tre libri sono tradotti in italiano.
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