Il libro che ho letto è Il Destino di Roma di Kyle Harper, uno storico secondo cui la recente evoluzione nelle indagini archeologiche (con un migliore studio dei resti umani, ecc...) ci presenta un quadro più realistico sull'impatto delle malattie nella decadenza dell'Impero Romano. L'urbanizzazione tipica del mondo romano avrebbe creato un terreno estremamente accogliente per le malattie infettive, per nulla mitigato dalla presenza di fognature (presenti, ma insufficienti) e della pulizia personale degli abitanti (pulizia che per molti significava lavarsi nei vasconi dei bagni pubblici e delle terme, insomma nuotare nei germi lasciati dalle altre persone).
Inoltre il clima, che era stato ottimo nel periodo d'oro dell'Impero Romano, garantendo abbondanti raccolti e permettendo una espansione demografica, era cambiato a partire dalla metà del secondo secolo. Senza che gli antichi potessero nemmeno capire cosa stesse succedendo, avvenne che il commercio verso l'oriente e il contatto con l'Africa (lungo il Mar Rosso) aprissero la porta alle malattie, in un periodo in cui l'economia (basata ancora essenzialmente su agricoltura e allevamento) soffriva per il clima più freddo e arido.
La Peste Antonina (165 d.C.), probabilmente vaiolo portato a casa dalle truppe orientali, tagliò le gambe alle legioni romane sterminando anche una notevole parte della popolazione. L'indebolimento causato dall'epidemia incoraggiò le aggressioni barbariche, costringendo i generali romani e l'imperatore Marco Aurelio a lunghe campagne non del tutto risolutive. E vi fu anche un cambiamento culturale. Le epigrafi (dediche) poste dai devoti e dai ricchi nei templi pagani smettono di comparire. Una religione che era rimasta fino ad allora un fenomeno scarsamente diffuso, e visto come un po' stravagante, ovvero il cristianesimo, cominciò ad affermarsi in un'umanità che cercava spiegazioni, perdono, espiazione. Il paganesimo, tutto sommato positivista nella sua celebrazione della natura e delle qualità dell'uomo, non aveva risposte per un flagello così spietato. Secondo Harper, col proseguire dei tempi la fede cristiana, apocalittica e mortificante, diventò sempre più interprete del sentire comune.
Busto di Marco Aurelio (fotografato al Museo Archeologico di Napoli)
Poi arrivò la crisi del terzo secolo. Il titolo imperiale venne continuamente conteso da vari comandanti militari, con grande dispendio di sangue romano in battaglie fratricide. In alcuni momenti sembrò che tutto potesse dissolversi. In questo contesto, come se non bastassero le continue guerre tra gli aspiranti al trono imperiale, arrivò la Peste di Cipriano (251). Malattia non identificata con certezza, che portò a un altro disastro: morti sepolti in fosse comuni, economia a pezzi. Dopo qualche tempo, con Aureliano e i suoi successori, l'impero riguadagnò una certa coesione. Fu il periodo degli imperatori militari, per lo più provenienti dalla regione danubiana. Quelli che per altri storici (ad esempio Goldsworthy) hanno creato un apparato burocratico rovinoso, ma che per Harper sono riusciti a ricreare, per un certo tempo, un minimo di stabilità. Ma l'Impero non somigliava più a quello che era stato sotto Augusto o anche Marco Aurelio. La popolazione si era contratta, e mancava la manodopera per le coltivazioni e per l'esercito.
Questa potrebbe essere una giustificazione per la caduta dell'Impero? Chi lo sa. Le interpretazioni epidemiologiche e climatiche di Kyle Harper potrebbero essere un'altra teoria, diciamo, di moda. Però c'è anche da considerare la terza grandissima epidemia, la Peste di Giustiniano. Peste bubbonica, esplosa nel 541, portata da ratti e pidocchi. Con tale potenza che a Costantinopoli si smise per un certo periodo di portare i morti fuori dalla città. Giustiniano, imperatore poco popolare ma di larghe vedute, in quel periodo stava cercando di rimettere in piedi l'Impero Romano, riconquistando le regioni perdute. Africa, Spagna, Italia (l'Impero d'Occidente era caduto). La pestilenza, che colpì anche lo stesso Giustiniano senza ucciderlo, rese più lunga e difficile la lotta contro gli Ostrogoti in Italia, e come sappiamo la vittoria fu di breve durata. Dopo pochi decenni di controllo bizantino altri barbari, i Longobardi, si sarebbero presi la penisola, lasciando all'Impero (d'Oriente) solo Ravenna e pochi altri lembi di terra.
Il "mistero" della caduta dell'Impero Romano forse si spiega così. Le malattie hanno colpito l'Impero (società organizzata e commerciale) più che i suoi vicini. I cambiamenti climatici hanno reso più difficile il controllo di una società estesa su territori così vasti, dove c'erano ormai troppi problemi e troppe carestie. Pertanto la società romana è andata incontro a delle trasformazioni e si è indebolita.
Giustiniano, nel famoso mosaico di Ravenna (la foto è mia, scusate per la qualità)
L'Impero si è diviso in due parti, come sappiamo, e una delle due è crollata nella totale anarchia nel 476 d.C. (con l'Italia presa da un comandante barbaro che, per evitare la mossa imprudente di dichiarasi sovrano, si limitò a rimandare le insegne imperiali a Costantinopoli dichiarando di governare l'Italia per conto dell'Imperatore d'Oriente). Era davvero caduto l'Impero? Oriente e Occidente non erano esattamente due stati diversi. A volte c'era collaborazione e a volte rivalità, ma era semplicemente lo stesso stato con due corti imperiali, per necessità di controllo. E la corte orientale parlava ancora latino. Se le cose fossero andate un po' meglio, senza la peste bubbonica, Giustiniano avrebbe riconquistato una buona parte dell'Impero d'Occidente e magari avrebbe rimesso qualcuno sul trono, creando una nuova dinastia capace di durare un altro po'. E non staremmo a parlare del mistero della caduta dell'Impero Romano. Che, a pensarci bene, in effetti è caduto nel 1453 sotto i colpi dei Turchi.
Così come andò invece si ebbe un indebolimento mortale dell'Impero, con la peste che continuava a imperversare anno dopo anno su una popolazione dimezzata. L'Impero d'Oriente ebbe altri guai, fu assalito dai Persiani e invaso (alcuni decenni dopo l'epoca di Giustiniano) dagli Arabi; non avrebbe mai più potuto pensare a riconquistare la parte occidentale.
Ci vogliamo credere, alla teoria pandemica di Kyle Harper? Leggete il libro, e giudicate. Ma attenzione, per quanto il taglio sia abbastanza divulgativo non è proprio una lettura leggerina...
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