Non so se le liste di consigli per i giovani virgulti desiderosi/e di volgersi allo scrivere abbiano più senso quando sono scritte in inglese, ma questa mi ha incuriosito un po' così ve ne voglio parlare.
Chi dispensa consigli è Column McCann, britannico, giornalista e scrittore.
Il primo può essere già sufficiente a spiazzarci:
Non ci sono regole.
Già, qui nell'ambito degli aspiranti autori del fantastico può sembrare un'eresia, perché tanti cercano la perfezione e perché l'adesione a supposte regole inappellabili è stata a lungo l'arma degli odiatori professionisti che si sono creati una "reputazione" spandendo acredine e letame sul prossimo.
Se non sai scrivere qualcosa di interessante, l'adesione a canoni di lavoro non ti migliorerà per niente. Questo lo dico io. L'articolista McCann dice: al diavolo la grammatica, ma solo se prima sai cos'è. Al diavolo i formalismi, ma se prima li sai usare. All'inferno la trama, ma prima o poi ti conviene far succedere qualcosa.
Questo è un punto di vista espresso in breve e molto importante. Io avevo detto qualcosa di simile per quanto riguarda i manuali di scrittura creativa. Non ti devi sentire paralizzato e schiacciato dalle "regole," ma per muoverti devi sapere quali siano e farti la mano.
Altrimenti il rifiuto delle regole è solo una scusa (poco duratura) per occultare la tua ignoranza.
La prima riga.
Dovrebbe essere coinvolgente, strepitosa, strappare l'attenzione del lettore e convincerlo che ci sia qualcosa di urgentissimo da sapere... Ok, lo si è sentito molte volte: devi iniziare con qualche cosa che acchiappa. Ma l'articolista dà un paio di suggerimenti in più che reputo buoni. Primo, non farti travolgere dall'inizio travolgente. Dopo aver iniziato con forza per tirare il lettore nel tuo mondo, puoi essere più tranquillo nello svolgere la storia, presentare il tuo mondo.
Secondo: non è mica detto che l'incipit acchiappa-lettore sia la prima cosa che ti viene perfetta al primo colpo. Forse ne scoprirai uno che funziona davvero bene più avanti, e lo riscriverai da capo.
Non scrivere di ciò che sai.
Questa è eretica! McCann dice: scrivi di quello che non sai ma vorresti sapere. Lo scrittore è un esploratore, che guarda al di fuori di quello che è e di quello che sa. Segue un trafiletto molto convincente e commovente (leggetelo!), che condivido almeno in parte. Lo "scrivere di ciò che sai" per me è comunque perdente in partenza, una cosa che limiterebbe moltissimo il campo d'azione di uno scrittore.
Il terrore del foglio bianco.
È una scusa troppo facile. Perché alla prima difficoltà ci si perde a controllare la posta elettronica, ad andare su internet, ecc... Prima di dire di avere la sindrome del foglio bianco bisogna stare lì, senza pensare ad altro, per un certo tempo.
La creazione di personaggi.
Perfettamente d'accordo con McCann. Arrivare a conoscerli alla perfezione come se fossero persone vere.
Scrivere dialoghi.
McCann sconsiglia di esagerare con accenti strani, slang, dialetti, versi, e con l'uso di alternative come esclamò, gridò, insistette al posto del semplice disse. Quest'ultima in italiano funziona piuttosto male, nella nostra lingua le alternative vanno cercate. Per McCann il dialogo "scritto" non deve cercare il realismo di un autentico colloquio (che è difficile da rendere, ci avete provato?).
Il dialogo è efficace se riesce a saltare minuzie come saluti e introduzioni iniziali e arrivare rapidamente al dunque. I personaggi possono mentire, o presentare la realtà dal punto di vista obliquo che fa comodo a loro, hanno i loro tic, e certamente ciascuno un modo diverso di parlare. Su quest'ultima io sono d'accordo a metà, nel senso che c'è ovviamente chi ha una maniera molto distinguibile di esprimersi, ma nel caso di molte persone le differenze sono sottili. Pensateci bene, dopo aver fatto caso a come parlano le persone con cui vi relazionate spesso.
Se la vostra maniera di caratterizzare due persone che parlano è che uno dice sempre "cioè" in mezzo a una frase e l'altro continua a ripetere "secondo me," lasciate perdere.
La struttura.
Le storie sono organizzate. Come una flow chart (largo circa...), con percorsi che si incrociano, snodi costituiti da colpi di scena e avvenimenti principali, flussi più e meno importanti, fatti fondamentali.
Questa struttura è generalmente non poco complessa ed esiste sempre, almeno inconsciamente, nella testa di chi scrive.
Creare la storia in questo modo però può essere una trappola perché limita le possibilità.
Questo quello che l'articolista dice. Io, che mi faccio sempre i miei schemini tranne che per le storie brevi. In ciò che afferma McCann ci credo a metà, ma penso anche io che lo schema debba emergere con grazia da un sacco di elementi: azioni, dialoghi, personaggi e via dicendo, ed essere rinforzato senza esagerare. Ed è vero che un po' di spazio all'improvvisazione va lasciato. Scrivere per riempire una cornice immutabile decisa in precedenza può essere piuttosto noioso.
La trama e il linguaggio.
Per McCann spesso la maniera in cui una storia viene raccontata è molto più importante della storia in sé. Io credo che questo sia vero nella massima parte dei casi, visto che di storie originali al cento per cento ne esistono davvero pochine, e che la qualità sta molto più nel "come" piuttosto che nel "cosa."
Punteggiatura.
Alcune regole fondamentali. Come avrete sentito dire anche in Italia, le parentesi prendono troppa attenzione e vanno usate con cautela (una norma di cui, e lo dico fra parentesi, me ne frego abbastanza). Per McCann la grammatica va saputa, ma qualche volta un errore può valere la pena di lasciarlo scappare. Sulla prima sono d'accordo. Sulla seconda, e comunque teniamo conto che parliamo di due lingue differenti, gli errori grammaticali li terrei solo nel dialogo, per riflettere il linguaggio parlato. Anche quello con qualche limite... talvolta anche i più ignoranti dei miei personaggi usano il congiuntivo.
Ricerca.
Per documentarsi su quello di cui non si sa ma, vedi sopra, comunque si vuol scrivere, è necessario leggere dei veri e propri testi e non qualche sciocchezzuola su Google o la Wikipedia.
Questo dice McCann, io penso che spesso e volentieri uno che sappia servirsi di questi mezzi può fare un bel lavoro lo stesso, dipende da cosa gli serva davvero e quanto desideri pavoneggiarsi con la sua capacità di calarsi nel contesto. E quanto a quella, McCann consiglia, e qui sono perfettamente d'accordo, di non affogare il lettore con i dettagli che voi avete dovuto imparare per poter scrivere di un certo fatto o in una certa ambientazione.
Il Fallimento.
Vuol dire che almeno ci avete provato. Eh, già.
Buttare via tutto.
Se davvero fa schifo o non riesci a migliorarlo, butta via tutto. Comunque è stato un insegnamento.
Mica facile, però...
Finale.
Il finale: non è semplice, portrebbe essere necessario metterne giù due o tre e poi scegliere il migliore. Oppure saper ascoltare il lampo di genio, tornare indietro qualche pagina e trovare il punto migliore per mettere la parola fine, togliere quello che viene dopo.
Scegli quel finale che ti sembra vero, e con un pizzico di mistero, dice McCann, e ci invita a riflettere su un fatto: una storia comincia prima di quando la facciamo cominciare noi e finisce dopo, pertanto è inutile cercare il finale perfetto.
Personalmente trovo che il finale non sia così difficile... quando mi viene di colpo e mi convince subito. Se non ho questa fortuna, in effetti, è un gran problema.
martedì 30 maggio 2017
martedì 23 maggio 2017
Gioco di Ruolo, aiuta la crescita personale?
Si è sempre parlato tanto di effetti malefici e diabolici del GDR (Gioco di Ruolo, o anche RPG, dall'inglese), e questa è una diatriba che va avanti da un sacco di tempo. Per una volta tanto vogliamo soffermarci sugli effetti positivi? Sorprendentemente, ce ne sono un sacco...
In particolare, i giochi di ruolo, anche se li si intraprende per divertimento, possono insegnare un sacco di cose. Cito qui un articolo di un paio di anni fa, in inglese, dove si afferma, per cominciare, che chi si occupa del gioco di ruolo deve per forza leggere e imparare a scrivere, e descrivere, tutti grandi esercizi per la mente e che possono aiutare chi vi è per natura poco dedito (in Italia invece chi è analfabeta di ritorno spesso si sente superiore alle persone che sorprende con un libro in mano, ma non per niente il nostro paese sta affogando nel letame...).
In particolare, i giochi di ruolo, anche se li si intraprende per divertimento, possono insegnare un sacco di cose. Cito qui un articolo di un paio di anni fa, in inglese, dove si afferma, per cominciare, che chi si occupa del gioco di ruolo deve per forza leggere e imparare a scrivere, e descrivere, tutti grandi esercizi per la mente e che possono aiutare chi vi è per natura poco dedito (in Italia invece chi è analfabeta di ritorno spesso si sente superiore alle persone che sorprende con un libro in mano, ma non per niente il nostro paese sta affogando nel letame...).
domenica 21 maggio 2017
Due che non mi vedo
Sono nelle sale due film che volevo "quasi" andare a vedere. Il primo è King Arthur, Legend of Sword, titolo tradotto male in italiano (...il potere della spada). Un film fantasy (forse è una forzatura chiamare fantasy il ciclo arturiano ma sopportatemi) che sia anche un bel film è cosa rara, per cui anche su quelli mediocri si sofferma facilmente la mia attenzione. Ma quando ho letto qualche critica mi sono cadute le braccia. Nonostante la presenza di attori noti, qui siamo in un film d'azione senza grandi idee, su cui il nome di Re Artù è stato calato a forza. Il futuro sovrano è un tipo che conduce la rivolta contro un tiranno (Vortigern) salutato con uan specie di saluto nazista dalle sue truppe, tanto per intenderci sull'atmosfera. Arti marziali orientali nella britannia del quinto secolo... battaglie in CGI a manetta. Insomma niente a che vedere con il materiale che dovrebbe essere la fonte: questo film è solo un generico sbudellamento con una trama ridicola.
L'altro film è Alien Covenant: Ridley Scott ha rimesso la parola "Alien" nel titolo e a quanto pare il nostro mostro tanto amato torna alla grande. Io però mi sono riguardato il post che avevo scritto su Prometheus qualche anno fa... e mi rendo conto che se è vero che la trama si riallaccia a quel precedente film, e approfondisce alcune tematiche (e le azioni di certi personaggi) che finalmente potrebbero cominciare ad avere senso, per me sarebbe indispensabile rivederlo poiché Prometheus nella mia memoria era stato coperto da un misericordioso oblio. Ma ne vale la pena?
Dicono che questo Alien Covenant sia meglio e c'è una contrapposizione talebana tra entusiasti e detrattori. Non voglio essere tra i secondi per forza e certamente non mi ci metto senza avere visto il film. Ma, leggendo il poco che viene rivelato sulla trama, vedo che un'astronave viene attirata su un pianeta da un misterioso segnale e uno di quelli che sbarcano poi comincia a sentirsi male... e a questo punto, a parte i grandi sottotesti filosofici che indubbiamente ci saranno, mi domando: ma Ridley, quante volte devi raccontarci la stessa storia? Penso proprio che questo film me lo vedrò in streaming... forse.
L'altro film è Alien Covenant: Ridley Scott ha rimesso la parola "Alien" nel titolo e a quanto pare il nostro mostro tanto amato torna alla grande. Io però mi sono riguardato il post che avevo scritto su Prometheus qualche anno fa... e mi rendo conto che se è vero che la trama si riallaccia a quel precedente film, e approfondisce alcune tematiche (e le azioni di certi personaggi) che finalmente potrebbero cominciare ad avere senso, per me sarebbe indispensabile rivederlo poiché Prometheus nella mia memoria era stato coperto da un misericordioso oblio. Ma ne vale la pena?
Dicono che questo Alien Covenant sia meglio e c'è una contrapposizione talebana tra entusiasti e detrattori. Non voglio essere tra i secondi per forza e certamente non mi ci metto senza avere visto il film. Ma, leggendo il poco che viene rivelato sulla trama, vedo che un'astronave viene attirata su un pianeta da un misterioso segnale e uno di quelli che sbarcano poi comincia a sentirsi male... e a questo punto, a parte i grandi sottotesti filosofici che indubbiamente ci saranno, mi domando: ma Ridley, quante volte devi raccontarci la stessa storia? Penso proprio che questo film me lo vedrò in streaming... forse.
lunedì 15 maggio 2017
Arrival
Ho recuperato la visione di questo film di fantascienza, senza sapere cosa aspettarmi (avevo avuto guai personali da affrontare a altro da pensare quando era arrivato nelle sale). Arrival, tratto da un racconto (Story of your life di Ted Chiang) premio Nebula nel 2000, è un film piuttosto avaro di spettacolarità ed effetti speciali, ma che mette parechia carne al fuoco per quanto riguarda la storia. Con questo non dico che sia originalissima (la principale "trovata fantascientifica" la conosce già bene chiunque abbia letto Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut) ma qui la grande impresa e la grande scoperta si intreccia con la vita personale, gli affetti e gli amori della protagonista e di altre persone.
Il film parte con un'improvviso arrivo sulla Terra di una dozzina di astronavi, dodici "gusci" che non colloquiano, almeno inizialmente, con l'umanità. Si limitano a starsene lì, il che è snervante. Una linguista, Louise Banks (Amy Admas, celeberrima attrice che mi torna però alla mente solo per il ruolo in Prova a Prendermi, dove è l'infermiera che si innamora del truffatore impersonato da Di Caprio), viene prelevata con la massima urgenza dai militari per cercar di capire cosa dicono questi alieni, che finalmente si sono mostrati.
Il film parte con un'improvviso arrivo sulla Terra di una dozzina di astronavi, dodici "gusci" che non colloquiano, almeno inizialmente, con l'umanità. Si limitano a starsene lì, il che è snervante. Una linguista, Louise Banks (Amy Admas, celeberrima attrice che mi torna però alla mente solo per il ruolo in Prova a Prendermi, dove è l'infermiera che si innamora del truffatore impersonato da Di Caprio), viene prelevata con la massima urgenza dai militari per cercar di capire cosa dicono questi alieni, che finalmente si sono mostrati.
domenica 14 maggio 2017
Poveri, Bianchi, Tedeschi (segnalazione)
Segnalo il link a un articolo interessante sulla povertà e il disagio sociale in Germania. Dal momento che ho passato le mie ultime vacanze tra Francia, Lussemburgo e Germania, è un fatto di cui mi ero accorto... nella terra di Frau Merkel non va tutto bene.
E quando mi sono trovato per caso o per sbaglio in periferia, tra biondi coi sandali e i pantaloni della tuta, lì a fare niente davanti a una pizzeria, chiassosi, torso nudo, l'aspetto inequivocabilmente squattrinato, mi sono detto che forse era il caso di approfondire. A dire il vero la prima cosa che mi sono detto è: meglio sbrigarsi ad andare via, prima che per un motivo o per l'altro qui finisca male.
Vi invito quindi a leggere questa pagina...
E quando mi sono trovato per caso o per sbaglio in periferia, tra biondi coi sandali e i pantaloni della tuta, lì a fare niente davanti a una pizzeria, chiassosi, torso nudo, l'aspetto inequivocabilmente squattrinato, mi sono detto che forse era il caso di approfondire. A dire il vero la prima cosa che mi sono detto è: meglio sbrigarsi ad andare via, prima che per un motivo o per l'altro qui finisca male.
Vi invito quindi a leggere questa pagina...
venerdì 12 maggio 2017
Tecnica di una sconfitta
Torno alla Francia, di cui ho parlato non molto tempo fa nell'articolo sulla Francia di Vichy, per esaminare il periodo immediatamente precedente. Ovvero la sua sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale. La caduta della Francia nel 1940 forse sembra oggi meno strana e strabiliante di quanto sia apparso all'epoca, ma è un esempio interesante di cattiva gestione di un problema militare, e perciò è rilevante parlarne ancora oggi.
In pratica questa fase del conflitto durò poche settimane e, quasi subito, fu chiaro che gli Alleati avrebbero perso. Da parte tedesca, ci si aspettava una dura lotta coi Francesi e la vittoria fu una sorpresa grandissima anche per quelli che l'avevano guadagnata.
In pratica questa fase del conflitto durò poche settimane e, quasi subito, fu chiaro che gli Alleati avrebbero perso. Da parte tedesca, ci si aspettava una dura lotta coi Francesi e la vittoria fu una sorpresa grandissima anche per quelli che l'avevano guadagnata.
lunedì 8 maggio 2017
Dark Star
Dark Star, opera di anarchia hippy, è un film assai bizzarro diretto da John Carpenter e realizzato con quattro soldi negli anni '70. Il regista non ha bisogno di presentazioni, in quanto è un genio del cinema americano in generale e della fantascienza in particolare. Coautore della sceneggiatura è Dan O'Bannon, che recita anche, nella parte del (falso) sergente Pinback: O'Bannon ha al suo attivo molte eccellenti opere, in quanto ha scritto la sceneggiatura di Alien e lavorato a Guerre Stellari e Heavy Metal.
La storia verte attorno all'astronave Dark Star, in viaggio ormai da vent'anni ai margini dell'universo abitato, con il suo compito di distruggere i pianeti che, per anomalie orbitali, potrebbero provocare dei danni. A causa di un incidente, anni prima, il comandante Powell è morto, e il tenente Doolittle ne ha preso il posto. Ma l'equipaggio è particolarmente annoiato e demoralizzato. Doolittle è un amante del surf con pochissima voglia di continuare la missione. Il bizzarro Pinback, che cerca di far ridere il resto dell'equipaggio con giochi e scherzi cretini, è in verità un estraneo che ne ha preso il nome e il posto... o almeno così lui stesso dice, ma non si sa se sia uno scherzo pure questo. Boiler, navigatore, fa giochi pericolosi tipo sparare con un fucile all'interno dell'astronave, e infine Talby se ne sta in una cabina a guardare le stelle e non ha più praticamente alcuna relazione con gli altri. Gli piace stare lì a guardarsi intorno, non vuole la compagnia. Il computer, con una suadente voce femminile, è come se fosse un altro membro dell'equipaggio, ma perfino le bombe sono senzienti, dialogano e ragionano.
La storia verte attorno all'astronave Dark Star, in viaggio ormai da vent'anni ai margini dell'universo abitato, con il suo compito di distruggere i pianeti che, per anomalie orbitali, potrebbero provocare dei danni. A causa di un incidente, anni prima, il comandante Powell è morto, e il tenente Doolittle ne ha preso il posto. Ma l'equipaggio è particolarmente annoiato e demoralizzato. Doolittle è un amante del surf con pochissima voglia di continuare la missione. Il bizzarro Pinback, che cerca di far ridere il resto dell'equipaggio con giochi e scherzi cretini, è in verità un estraneo che ne ha preso il nome e il posto... o almeno così lui stesso dice, ma non si sa se sia uno scherzo pure questo. Boiler, navigatore, fa giochi pericolosi tipo sparare con un fucile all'interno dell'astronave, e infine Talby se ne sta in una cabina a guardare le stelle e non ha più praticamente alcuna relazione con gli altri. Gli piace stare lì a guardarsi intorno, non vuole la compagnia. Il computer, con una suadente voce femminile, è come se fosse un altro membro dell'equipaggio, ma perfino le bombe sono senzienti, dialogano e ragionano.
lunedì 1 maggio 2017
American Gods, la serie TV
È arrivata su Amazon Prime la serie molto attesa ispirata al libro di Neil Gaiman. Libro che a me non era piaciuto moltissimo, ma certo American Gods lascia il segno, anche se può avere dei difetti. E così vale anche per questo primo episodio, che ha il suo punto di forza ma forse un po' anche il suo limite nella potenza grafica. Inquadrature con forti contrasti e forte colore, tanto sangue, scene truculente, un gusto per l'insolito. Per adesso la storia ricalca abbastanza quella del libro, e per quanto riguarda gli attori la scelta mi sembra buona.
Partiamo da Wednesday, il personaggio che più salta all'occhio, bizzarro amichevole truffatore, un po' magnanimo e un po' cialtrone. Ian McShane, attore inglese dalla lunga carriera, riesce secondo me a impersonarlo abbastanza bene, un volto che non dice niente di particolare ma una recitazione che lascia il segno. Shadow Moon, l'ex carcerato cui Wednesday offre un lavoro, è interpretato da Ricky Whittle (che abbiamo visto in The 100), con indubbia presenza fisica e quella solidità di espressione e di carattere che vanno bene nel ruolo. Pablo Schreiber, Leprechaun, è uno dei carcerieri in Orange is the new black. Devo dire che non lo avevo riconosciuto, la trasformazione è impressionante. Vediamo poco Emily Browning (Sucker Punch), ovvero Laura, la moglie di Shadow Moon, e la nigeriana Yetide Badaki che interpreta Bilquis, antica dea dell'amore. Non mi pronuncio ancora sugli attori che interpretano gli antagonisti di Wednesday.
La trama non si è ancora rivelata un gran che, e presumo che ci metterà un poco (è così anche nel libro). Per adesso posso dire che il primo episodio attira certamente l'attenzione.
Partiamo da Wednesday, il personaggio che più salta all'occhio, bizzarro amichevole truffatore, un po' magnanimo e un po' cialtrone. Ian McShane, attore inglese dalla lunga carriera, riesce secondo me a impersonarlo abbastanza bene, un volto che non dice niente di particolare ma una recitazione che lascia il segno. Shadow Moon, l'ex carcerato cui Wednesday offre un lavoro, è interpretato da Ricky Whittle (che abbiamo visto in The 100), con indubbia presenza fisica e quella solidità di espressione e di carattere che vanno bene nel ruolo. Pablo Schreiber, Leprechaun, è uno dei carcerieri in Orange is the new black. Devo dire che non lo avevo riconosciuto, la trasformazione è impressionante. Vediamo poco Emily Browning (Sucker Punch), ovvero Laura, la moglie di Shadow Moon, e la nigeriana Yetide Badaki che interpreta Bilquis, antica dea dell'amore. Non mi pronuncio ancora sugli attori che interpretano gli antagonisti di Wednesday.
La trama non si è ancora rivelata un gran che, e presumo che ci metterà un poco (è così anche nel libro). Per adesso posso dire che il primo episodio attira certamente l'attenzione.