mercoledì 19 aprile 2017

Scrivere, e poi?

Avrei dovuto uscire con un nuovo libro l'anno scorso ma a quanto pare ci sono state difficoltà creative perciò i tempi si sono allungati, ma non temete, nel 2017 avrete il dispiacere comunque di leggere qualcosa di mio.
Però ci sono stai momenti, negli ultimi due anni, di crisi creativa, di svogliatezza nera, da non riuscire a trovare la minima voglia per mettere una parola dietro l'altra. Una delle vittime (incolpevole in questo caso) della situazione è stata la mia collaborazione con Fantasy Magazine, ma comunque di tante idee che avevo in testa ben poco è venuto fuori. Il problema è che anche le mie scarse aspettative non si sono realizzate e non credo si realizzeranno. Di questo parlo oggi. Non di come navigare nelle difficili acque dell'editoria o dell'autopubblciazione. Non sono uno di quelli capaci di creare manuali sul come e per come dello scrivere, anche io leggo ciò che scrivono altri in merito, posso darvi però la mia personalissima, esistenziale visuale su come vedo andare le cose.


Innanzitutto il successo. In che senso successo, visto che in Italia non si legge un gran che e quindi i guadagni sono limitatissimi? Lasciando perdere la possibilità su un milione che un vero successo arrida (esiste? Forse c'è con la schedina del totocalcio o del lotto...) cosa può ottenere uno che scrive? Magari una piccola cerchia di lettori che ti conoscono e con cui controntarsi. Non intendo dire una personale congrega di fedelissimi esclusivi o di lecchini tutti dediti a te, ma un po' di vita intellettuale stimolante nell'ambiente al di là di certe stronzate (pardon) che si vedono sui social. Be', in genere non si riesce ad avere nemmeno quello.



Soldi? Non è certo una novità che anche un autore "di medio successo" (che sia autopubblicato o che esca con il supporto di una casa editrice) vende quando va bene qualche centinaio di copie. A parte i momenti migliori la vita dello scrittore di solito è ancora più grama, si va nelle decine più che nelle centinaia. Il che rende perfettamente comprensibile come molte case editrici, magari le stesse che avevano avuto tanta diffidenza verso il libro digitale, preferiscano adesso l'ebook quando non sono certe di recuperare i costi della carta (cioè... spesso).

Come ho già detto non sono i soldi che mi interessano, al massimo voglio non spendercene io, perché sarebbe veramente ironico lavorare (scrivendo) per poi perderci (nel pubblicare). In guaio è che soldi ce n'è pochini, eppure tutto gira intorno a quei quattro soldi che si spera di riuscire a fare.

Per poter esistere in questo mercato moribondo scrittori anche bravi si adattano a scrivere storie brevi per farle uscire spesso e quindi poterle foffrire a pochi centesimi, che oltre il prezzo di 0,99 c'è già chi ti dice che sei un ladro. Non ho nulla contro i formati di narrativa breve (certamente mi dà più fastidio quando vedo tirare un libro troppo per le lunghe), per quanto una storia con un minimo di respiro qualche pagina debba averla. Il nocciolo di una storia magari si può raccontare in una o due pagine. Se vorresti dare qualche profondità, sviluppare un paio di personaggi, avere una storia con un minimo di complessità e vicende che si evolvono, sfido ad accontentarsi delle cinquanta o ottanta pagine. Ma a ciascuno la sua libertà. Quello che non mi piace è che alla fine il formato breve diventi quasi un obbligo.

Per poter avere quel minimo di visibilità (ah, la famosa visibilità!) poi occorre un lavoro sagace e di fino, costante ma non troppo invadente, nello sfruttare gli spazi pubblici disponibili con cura, sapendo quello che si fa. Uno che voglia fare lo scrittore non può fare a meno di praticare queste tecniche, viene ripetuto in tutte le salse.
Io sono il primo a dire che lo scrittore chiuso in qualche torre d'avorio a fare l'unica cosa che deve saper fare, cioè scrivere, sprezzante di tutto il resto, è solo una macchietta; una presenza "social" (blog, ecc...) devi averla. Qui c'è quello che dicevo in merito nel lontano 2012. Ma è una forzatura anche dire che le tecniche che potrebbero fare di te indifferentemente un venditore di saponette o scopini da cesso facciano di te uno scrittore. Queste forme di auto-marketing consumano tempo, e per chi non ne ha tanto (metti caso che sei uno dei pochi con ancora un lavoro impegnativo) sono assai difficili da praticare come si deve. Salvo correre il rischio di fare quello, anziché scrivere.



Inoltre tocca venire incontro ai gusti del pubblico. Cosa che io ho fatto, mica dico di no, anche se in effetti "camuffo" quello che voglio dire sotto forme che vadano abbastanza per la maggiore.

Opzione estrema: scrivere paranormal romance (ovvero romanzi rosa) perché lì almeno c'è gente che compra, legge e non ti rompe le palle, o scrivere porno... che senso ha?
Per i soldi? Davvero? Per quei quattro soldi? Ma allora a questo punto non è meglio andare a trovarsi un lavoro che renda abbastanza per vivere e poi nel tempo che resta scrivere quello che ci piace? Ah, dimenticavo. Il lavoro non si trova più.

E la sensazione che tutto l'ambiente sia autoreferenziale, che la maggior parte dei tuoi lettori siano scrittori anche loro...

Insomma... Grandi soddisfazioni? No, direi di no.



3 commenti:

  1. Direi che hai fatto una disamina che mostra bene com'è la situazione attuale dello scrivere. Pochi soldi, poca visibilità, poche soddisfazioni, contro tanto sforzo, impegno e cura: se si dovesse fare un bilancio, il guadagno sarebbe ben misero, anzi, un totale fallimento. Se si scrive lo si fa perché piace e per se stessi; il resto che viene è tutto un di più. Personalmente ho preferito non adattarmi al mercato: ho scritto quello che mi sentivo di scrivere in un determinato periodo, perché, visto quanto è gramo il tutto, se mi devo piegare a scrivere quello che vogliono gli altri, allora perdo l'unico piacere che c'è ed è meglio a questo punto impiegare il tempo a fare altro.
    Dici di scrivere porno: c'è chi lo fa. Ma che senso ha, con tutto quello che c'è già? C'è il mercato più ampio del mondo: e poi chi leggerebbe storie porno, mettendoci comunque un certo impegno di tempo ed energie (leggere impegna molto più che guardare le immagini), quando ha milioni di video a disposizione a portata di click?
    C'è anche da fare attenzione: tanti store, come Amazon, censurano la pubblicazione di opere di questo genere.
    Quindi, in definitiva, qualsiasi cosa si scriva, non ne va dritta una... :D

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  2. No, io dico che se uno scrive porno tanto per vendere qualcosa, libero di farlo ma cosa lo fa a fare (a meno che non abbia bisogno davvero dei soldi). Ammetto che possa essere anche una sfida, un'esercitazione. Ma penso che si debba scrivere porno solo se si ha davvero voglia di farlo (non c'è niente di male, eh...).

    Amazon divide le storie erotiche in quelle con qualche qualità redimibile e la pura pornografia, che viene messa nel "dungeon" ovvero non è indicizzata, praticamente introvabile se uno non ti dà il link.

    L'aspirante pornografo deve conoscere queste linee guida (non so dove, ma delle indicazioni si trovano) e stare dalla parte iusta.

    Ma trovo molto più penoso scrivere il "romance" che è estremamente formulaico, limitato, e non lascia nessuna libertà.
    Poi magari qualcuno penserà che non è così, eh...

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  3. Deprimente è scrivere (qualsiasi genere) solo per vendere, senza badare al valore del testo. La scrittura deve avere un senso, deve dare qualcosa; scrivere tanto per fare qualcosa o perché lo fanno in tanti non ha un gran senso. Tralasciando i vari generi, ora vanno tanto le storie brevi: per me non è un bel segnale, è segno del non impegnarsi di adesso, del volere tutto subito. Di questo passo avremo libri lunghi un cinguettio e si dovranno pagarli pure diversi euro...

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