Seconda lettura che affronta la morte di una divinità, qui ci troviamo alle prese con un mondo fantasy per cui non ci sono le pesantissime implicazioni filosofiche del "nostro" mondo in cui la morte di Dio è la fine del senso di tutto. Però la divinità che è deceduta in questo Alla Morte della Dea è, in effetti, l'unica del mondo. E la sua perdita è stata seguita da enormi catastrofi, anche se si tratta di eventi del passato. I frammenti della Dea defunta hanno ancora una influenza del mondo (non per niente il titolo originale del libro è The Shattered Goddess, ovvero la Dea frantumata), in pratica la Dea esiste ancora in due aspetti, uno benevolo e l'altro negativo, e in qualche modo un culto continua a onorarla: esiste una città santa da cui prende il via questa narrazione, ed è la città in cui le ossa della Dea sono conservate in una stanza sotterranea. Il libro è del 1982; l'autore è il prolifico Darrell Schweitzer, uno statunitense. La terribile e sbilenca foto della copertina, ahimé, è mia.
La questione filosofica relativa all'evento mortifero in questo libro è semplicemente accantonata, nel senso che esistono profezie per cui la Dea potrebbe tornare, ma anche una consapevolezza che l'umanità, dopo aver goduto di una crescita ("mattina") e di un periodo di potenza ("pomeriggio") ora in qualche modi si avvicina al crepuscolo.
Le forze del male cercano di forzare questa situazione, rappresentate da una vecchia strega che si fa seppellire per poter compire un osceno accordo con un misterioso e malevolo abitante dell'oltretomba. Il personaggio di lei viene presentato come una stregaccia qualsiasi, una vecchia antipatica, ma visto quello che c'è in ballo questa arpia rappresenta qualcosa di ben più potente e maligno. La strega riesce a entrare nella culla dell'erede al trono (il sovrano è chiamato Guardiano) con uno stratagemma: la propria essenza è custodita in un fanciullo che viene messo a fianco del rampollo reale. Il trovatello viene abbandonato dal nero spirito della strega, che s'infila nel corpo dell'erede, il quale a tutti gli effetti diventa un indemoniato.
Il Guardiano non viene turbato più di tanto da questi eventi. Poiché il fanciullo che è comparso nella culla ha uno strano potere magico (crea sfere luminose con le mani) decide di farlo allevare a corte,
pur chiarendo che non ha nulla a che vedere con la linea di successione al trono. Passano gli anni e la tragedia si prepara. Kaemen, il principe, cresce nel terrore, blandito e a volte controllato dallo spirito della strega, vittima di lei e futuro carnefice del popolo, che non lo amerà mai abbastanza per compensare la sua infanzia terribile. Il trovatello, Ginna, a malapena sopravvive di stenti e di avanzi, ma troverà un'amica fedele, la piccola Amaedig, anche lei una fanciulla dimenticata da tutti e abbandonata, e dei personaggi che gli faranno da mentori, tra cui il vecchio Guardiano e il mago di corte. Quando Kaemen farà dilagare il male nel mondo, esso prenderà una vera e propria forma fisica, un'onda di liquame nero che sommergerà la città e poi le terre circostanti, facendo morire uomini e animali. Ginna e la sua amica, dopo aver ricevuto scarni consigli sul da farsi, fuggono e cercano di salvarsi.
Con l'aiuto di compagni occasionali, e qualche scarsa opportunità di migliorare i propri poteri e conoscere qualcosa di più sui destini del mondo, Ginna dovrà prepararsi a un confronto finale, dove si deciderà l'aspetto di una nuova epoca del mondo. Cielo, sole e stelle, fauna e flora stanno cambiando, tutto potrebbe diventare un orrore eterno.
Da una parte il libro apre dei temi interessanti. Kaemen è solo un ricettacolo per lo spirito della strega, è una vittima anche lui e nei momenti migliori ne è consapevole. Mantiene un rapporto di amore-odio a distanza con Ginna. Con questo elemento l'autore forse avrebbe potuto fare di più. Il bilanciamento "necessario" tra luce e tenebre, e il ruolo di prescelto di Ginna sono invece tematiche del fantasy fin troppo sentite, e hanno reso piuttosto scontato lo svolgimento del finale. Quanto al destino della Dea non entro troppo nel merito.
Questo libro ha dei punti forti nell'ambientazione, in questa "terra morente" che ci rimanda a Vance e Clark Ashton Smith, all'inizio, e alla tematica di un rivolgimento (che potrà portare a una rinascita, non un ritorno al passato ma, per forza, un profondo rinnovamento) tema finale delle avventure di Ginna. A mio parere c'è troppa fuga, troppo nascondersi, troppo trascinarsi nel buio e nella sofferenza da parte dei protagonisti nella parte centrale del libro. Sembra il calvario di Frodo verso Monte Fato moltiplicato per cento, e occupa una gran parte di un testo che, peraltro, ha il vantaggio di essere sufficientemente breve (a meno che l'edizione italiana non sia stata falciata). Io comunque l'ho trovato piuttosto interessante e mi ha dato degli stimoli.
Reperibilità: penso che l'unica edizione italiana sia quella di Urania Fantasy. Non tutto il male viene per nuocere, nel mercato dell'usato il libro è reperibile a prezzi modici.
Un'altra recensione la trovate qui.
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