mercoledì 26 novembre 2014

Il Richiamo delle Spade

Ce la mettono tutta a dirci che Joe Abercrombie è "il nuovo George Martin." A me non sembra che
scrivano in maniera simile, per niente. E del resto a mio parere scrivere come George Martin non è un complimento, almeno se ci riferiamo alla saga del Trono di Spade che non sono riuscito a leggere, in quanto stremato dalla noia dopo un'ottantina di pagine.
Un'altra cosa che dicono di Joe Abercrombie è che il suo fantasy si distingua per essere pervaso di brutalità, crudezza e pessimismo, sia pure pervasi da un cinico umorismo. Sono anche d'accordo, mi dà un po' fastidio quando dai commenti sembra quasi che il "low fantasy," che esiste da decenni, lo abbia inventato lui, o l'illustre George Martin.

A dire il vero di Abercrombie, di cui ho letto Il Richiamo delle Spade, mi piace più come scrive che quello che scrive. Questo libro, che fa parte di una trilogia (La Prima Legge) e ha come titolo originale The Blade Itself, narra diverse storie in contemporanea, ambientate in un mondo che potremmo dire, approssimativamente, tardo medievale.


Non c'è una mappa del Mondo Circolare (questo il nome del mondo immaginario) ma ce la fornisce un post di Argonauta Xeno.

Ci si fa comunque un'idea poiché tutto può essere riassunto schematicamente. Abbiamo l'Unione, patria di parecchi dei protagonisti, che è una specie di superpotenza economica e militare, un po' all'americana, anche se vi è un sovrano (vecchio e rimbecillito). A nord abbiamo il gelido regno del crudele Bethod, che aspira ad annettersi una provincia che l'Unione ha conquistato un secolo prima: si tratta dell'Angland (che come nome fa pensare molto all'Inghilterra, ma non è un'isola). Nel Richiamo delle Spade le forze di Bethod sconfinano e invadono, con iniziale successo, proprio questa regione. Esiste un "Vecchio Impero" che fa pensare ai regni romano barbarici. Saltando altri territori minori abbiamo a sud Gurkhul, un enorme paese di cui l'Unione ha conquistato qualche propaggine: i Gurkish sono degli avversari crudeli per l'Unione e ne sa qualcosa Sand von Glokta, uno dei protagonisti principali del Richiamo delle Spade, giovane e promettente ufficiale, campione di scherma, catturato e torturato trucemente durante una guerra. Liberato ma ridotto a uno storpio mezzo sdentato, Glokta diventa un funzionario dell'inquisizione, istituzione che non ha nulla di religioso in questo libro ma che è una specie di polizia semi segreta, una specie di onnipotente Gestapo.

Siccome siamo passati ai personaggi, cominciamo proprio da lui. Glokta, nella sua infelice condizione, esprime molte considerazioni interessanti sulla natura umana, sulla propria caduta e sulla mancanza di solidarietà da parte dei vecchi amici. La sua amarezza e le sue terribili difficoltà nel muoversi, fare le scale ecc... mi hanno però, lo devo confessare, potentemente annoiato dopo un po'. Secondo me l'autore ha esagerato con questo aspetto.

Due personaggi dell'Unione,  a mio modo di vedere piuttosto speculari, sono il maggiore West, un poveraccio che si è riscattato con il servizio sotto le armi e certe eroiche imprese, e Jezal dan Luthar, un altro militare, ricco nobile sprezzante, anche nei confronti dell'amico West. Jezal fa un primo sforzo per superare i propri limiti allo scopo di vincere un prestigioso torneo di scherma. Non anticipo se ce la farà... il nostro nobile è un personaggio pieno di difetti ma comincia con il primo libro quella che (immagino, ma potrei sbagliarmi) dovrebbe essere una lunga strada per capire veramente il mondo e ritrovare un po' di empatia verso i meno fortunati. West invece si trova tra le mani un problema, l'avventata sorella Ardee, che sembra troppo indulgente verso gli ammiratori e verso gli alcolici. West cercherà di proteggerla ma imparerà anche di non esser stato né veramente attento né disinteressato nel suo ruolo di difensore.

Logen Novedita è un guerriero del Nord, ha compiuto imprese mirabolanti e soprattutto crudeli. Viene separato dal suo gruppo di guerrieri (che lo crederà morto) all'inizio del libro. Tra molte peripezie entrarà nel seguito del mago Bayaz, intento a una missione di suprema importanza per i destini del mondo. Logen è un guerriero stanco, forse demoralizzato, forse uno che è sopravvissuto a se stesso.
A Logen non piaceva affidarsi alla fortuna, la sola parola gli lasciava l'amaro in bocca: un tocco agile della penna di Abercrombie ci fa intuire in un attimo troppe imprese andate storte, troppe storie finite male. D'altra parte i suoi uomini danno la stessa impressione, di gente vissuta troppo nella brutalità: "...Vado a parlargli e forse mi ascolterà." Mastino rimase di sasso. Era passato così tanto tempo da quando uno di loro a veva provato a risolvere le cose parlando che aveva dimenticato l'esistenza di quella possibilità.


Cosa mi è piaciuto di più di Abercrombie? Senz'altro alcune scene di battaglia, la violenza dei guerrieri e al loro stesso tempo la loro paura. Logen che ripete il suo refrain tra un pericolo micidiale e un colpo doloroso e terribile: sono ancora vivo. E le leggi dure dei rapporti di forza e delle situazioni senza uscita, che gli ispirano un altra espressione, questa volta rassegnata: bisogna essere realisti su queste cose. La trama? Di fatti veri e propri, e importanti, ne avvengono piuttosto pochi. In seicento e rotte pagine, otteniamo soltanto che venga preparata la scena per il secondo libro, in cui, spero, qualcosa di concreto accadrà.

Abercrombie m'ha l'aria di uno che rende meglio nei racconti brevi, che non ho ancora letto. Il Richiamo delle Spade ha troppo allungamento del brodo per piacermi veramente, né mi ha molto convinto l'ambientazione, che a volte pare lì per pretesto. Troppo cinismo, troppo presentare tutto come una buffonata, alla fine qualcosa non funziona. Comunque leggerò il seguito, e vedrò se miglioreranno le cose.




14 commenti:

  1. Dicono che Abercrombie renda meglio nei romanzi autoconclusivi. Io ho letto "The Heroes", un mezzo sequel di questa trilogia, e sono abbastanza d'accordo. Ho trovato i primi due libri a tratti noiosi, soprattutto la storia di Jezal. Mi sono piaciuti molto i personaggi, invece. Anch'io non ho trovato chissà quali somiglianze con Martin, però è indubbio che l'accostamento funzioni meglio che rispetto ad altri autori e abbia dato ad Abercrombie maggiore visibilità. Ti consiglio di proseguire, perché a me era piaciuto di più proprio la conclusione!

    RispondiElimina
  2. È proprio quello che sospetto: che i racconti e comunque le cose brevi gli riescano meglio delle trilogie. A giudicare dal primo libro La Prima Legge è piuttosto modesta, ma se è destinata a migliorare terrò duro.
    Anche io trovo che il meglio di questo autore sia nei personaggi o almeno in alcuni di essi... i guerrieri del Nord per esempio.

    RispondiElimina
  3. E' la strategia di mercato dire che "è il nuovo Martin" per attirare lettori e vendere: si gioca sui grandi numeri di vendite e sul fatto che la massa segue ciò che va per la maggiore. E' storia vecchia: prima c'era il nuovo Paolini, poi la nuova Troisi, la nuova Rowling.
    Con Abercrombie giocano sul fatto che c'è molto realismo e poco fantasy; la sua storia ricorda la nostra storia: i popoli barbari del nord, l'impero romano decadente a sud, a oriente gli arabi.
    Viene associato a Martin, che però ha uno stile differente (il meglio per me George lo da con altre opere che non Le cronache).

    Ho letto le opere di Abercrombie in ordine di pubblicazione italiana: The Heroes è il libro che ho preferito, la trilogia di La prima legge mi è servita per capire che cosa era successo prima, ma per me non è allo stesso livello, è due gradini sotto. Migliore Il Sapore della Vendetta, che sta tra la trilogia e The Heroes. In conclusione, Abercrombie rende meglio in opere singole, magari con collegamenti tra loro, che in qualcosa di strutturato in più parti. Il suo punto forte è la caratterizzazione dei personaggi; niente d'eccezionale la creazione e la caratterizzazione del mondo. Nulla a che vedere con Erikson o Sanderson, che sono lontani anni luce in questo.

    RispondiElimina
  4. Abercrombie è fra i miei desideri letterari da comprare :) Per quanto riguarda martin, a me sinceramente piace molto come stile e l'ambientazione mi sembra accurata, ma fortunatamente non abbiamo tutti le stesse idee :) Tendenzialmente diffido sempre da presentazioni del tipo "è il nuovo XYZ". Ognuno è quel che è sia come persona che come scrittore, questa mania dei paragoni non la capisco ;)

    RispondiElimina
  5. Il tuo ragionamento Mirko è giusto, ma le ce giocano sul fatto che la gente non ragioni e segua ciò che va per la maggiore (se si vuole, l'ennesima dimostrazione di come considerano i lettori). E' solo una questione di soldi: si finisce sempre su questo punto.

    RispondiElimina
  6. A ciascuno le sue opinioni, comunque la storia del nuovo Martin è uno slogan pubblicitario che hanno ripetuto in molti, non ha praticamente niente di vero.

    RispondiElimina
  7. Poi bisogna dire che martin è abbastanza generoso nel concedere il suo nome a un bel po' di cose, devo aver visto come minimo un altro libro (un romanzo storico credo) che si fregiava del titolo "Il vero trono di spade" o robe così. Comunque dopo gli scrittori bambini, ho notato che la tendenza è pompare sugli autori che fanno real fantasy con squartamenti, nudi ecc ecc. Per carità è un genere che posso apprezzare, ma si corre il rischio della saturazione.

    RispondiElimina
  8. Lo sto leggendo adesso. Non è che mi faccia proprio gridare al miracolo, ma non è neanche brutto. L'inquisitore è promettente, ma già a pagina 30 non ne posso più di sentirlo lamentare dei suoi acciacchi.
    Non ci vedo niente di Martin, ma del resto per principio ignoro tutto quello che c'è scritto sulle orride fascette gialle e sulle recensioni acchiappa-gonzi di copertina.

    RispondiElimina
  9. @ Mirko Sgarbossa: quello cui accenni tu è un maltrattamento del fantasy... Per quanto mi riguarda, la scena è già satura.

    @ Enrico Penaglia: Glokta sarebbe anche un bel personaggio ma la sua gamba ha proprio stancato. E anche nel secondo libro ("Non prima che siano impiccati") prima ancora di pagina cento non ne posso già più...

    RispondiElimina
  10. Potremmo discutere su cosa sia o meno maltrattamento di un genere come il fantasy. Il new weird come la Torre Nera (che ho adoratO) e China Melville è maltrattamento o rielaborazione? Quello che chiamano oggigiorno real fantasy o quel che è a me non dispiace. (anzi le cronache le adoro a dirla fuori dai denti). Secondo me il vero discrimine è la coerenza: non spacciare opere come Le cronache o la Prima Legge come fantasy puro, ma ammettere candidamente che ne è una costola che può piacere o meno.

    RispondiElimina
  11. A ciascuno il suo parere. La maggior parte del fantasy che si scrive oggi non mi piace, e quindi devo suonare come un vecchio rompiscatole ;)

    RispondiElimina
  12. Il discorso che fai Mirko sull'onestà è giusto, così come quello della saturazione del genere. Non ho mai pensato serie della Torre Nera come new weird, ma una saga valida (sia fumetti, sia romanzi) che ha alti e bassi. Ma sto andando ot.

    Tornando ad Abercrombie, il continuo ripetersi dei dolori di Glotka può essere stancante, ma fa parte della caratterizzazione del personaggio, dimostra attenzione: chi ha dolori continui nel corpo, non avendo modo di attenuarli con medicine o altro, ha il pensiero che corre sempre a essi, non può farne a meno, è qualcosa che non lascia pace, che riporta sempre l'attenzione su di loro.
    Per questo ritengo che Abercrombie abbia fatto un'ottima caratterizzazione: quando si prova dolore, si pensa solo a quello, c'è poco spazio per altro.

    RispondiElimina
  13. Figurati Bruno, altro che vecchio rompiscatole. I fantasy "di ieri" che spesso citi sono delle gradite segnalazioni per me, che pur avendo vent'anni leggo sia il "nuovo" che il "vecchio" (sto leggendo in questo periodo Shogun di Clavell, che se non sbaglio è degli anni 70). Senza questo blog non saprei neanche dell'esistenza di Elric per esempio.

    @M.T. molti qualificano La torre nera come il capostipite del new weird, ma effettivamente ogni classificazione è inutile. Resta la mia saga preferita in assoluto. Roland è uno dei personaggi che ho amato più di tutti. (purtroppo mi mancano i fumetti, che voglio recuperare)

    Per Abercrombie non so cosa pensare, da un lato mi attira, dall'altro le ambientazioni mi sembrano discutibili. Non vorrei fosse uno di quei fantasy da medioevo di cartapesta con spade a caso e castelli finti sullo sfondo, per usare una metafora. Da questo punto di vista, guardando solo le mappe dei mondi, mi attira più l'ambientazione del "Mezzo Re" che non "La Prima Legge".

    RispondiElimina
  14. Se vuoi provare Abercrombie, prova The Heroes: è autoconclusivo e anche se viene dopo la trilogia, non ho risentito del non averla letta prima. Così ti fai un'idea se ti piace come stile e approccio.
    Il Mezzo Re non mi ha attirato: già non ritenevo adatto Abercrombie a realizzare uno Young adult, la lettura poi di diversi brani mi ha confermato di non essere all'altezza dei suoi restanti lavori e quindi ho preferito lasciar perdere e non prendere una lettura che non mi avrebbe dato molto.
    Per quanto i fumetti della Torre Nera (al momento otto in tutto), a parte l'ultimo (la battaglia di tull, che è quello che ho meno apprezzato perché quasi 20 E per mostrare un terzo di L'ultimo cavaliere sono troppi) e il primo, approfondiscono dettagli sul passato di Roland che nei libri sono solo accennati. Ben realizzati, bei disegni, l'unico neo è che non ho trovato appropriato il tratto di Jae Lee per quanto riguarda la realizzazione dei volti: per questa saga ho trovato più adatto la penna di Luke Ross, anche se ha lavorato solo su un volume (Le piccole sorelle di Eluria)

    RispondiElimina

Per contrastare in qualche modo gli spammer, ho dovuto introdurre la moderazione dei commenti su post più vecchi di due settimane. Peccato: mi ci hanno proprio obbligato. Inoltre non si può postare anonimamente.