Andrea Micalone, scrittore e studente universitario in quel degli Abruzzi, mi ha sottoposto il primo volume della sua saga fantasy, Le Origini della Notte (la serie ha titolo Il Tramonto della Luna). Nella pagina di Smashwords dedicata al libro sono menzionate le precedenti pubblicazioni dell'autore. Come spesso mi capita quando si parla di autori fantasy italiani, ero assai titubante ad accettare di scrivere una recensione, temendo di perdere tempo con un autore troppo acerbo.
Non è stato esattamente così, anche se si è rivelata una lettura a momenti piuttosto pesante. Micalone non segue certo le regole che vengono suggerite nei manuali e cede spesso alla voglia di esporre la sua ambientazione, il che ci porta a qualche infodump; ha una prosa scorrevole che permette un'agevole e veloce lettura ma servirebbe qualche appiglio stilistico in più per calamitare veramente l'attenzione. E soprattutto, e qui ognuno ha i suoi gusti ma io sono rimasto abbastanza deluso, usa parecchi elementi triti e ritriti del fantasy tolkieniano e delle storie col ragazzino che deve salvare il mondo.
Mi spiego: nel mondo descritto ne Le Origini della Notte abbiamo nani combattivi e costruttori di grandi torri e città, ed elfi un po' spocchiosi e affetti da complessi di superiorità; il protagonista (Levar) è il classico sedicenne che spera di sfuggire alle fatiche da bifolco nelle paludi per andare incontro a un migliore destino, e non per niente salterà fuori che ha stupefacenti conoscenze istintive della magia e quindi è il Prescelto di cui parlavano le antiche leggende! E chi lo conduce con sé per insegnargli le arti magiche, il saggio Ellendar, è un mago sospettosamente simile al buon vecchio Gandalf che conosciamo un po' tutti.
Questi elementi non deponevano certo a favore dell'originalità della storia, e stavo per scagliare via il libro, ma non l'ho fatto perché, essendo in formato elettronico e caricato sul mio kindle paperwhite, mi sarei inflitto un notevole danno economico. Ma andiamo con ordine (nota: anticiperò alcuni elementi della trama ma non quello davvero importante). Le antiche leggende di cui parlavo prima collegavano la venuta del Prescelto con una grande e pericolosa minaccia. Il buon Ellendar si preoccupa solo di portarsi a casa il pargolo per istruirlo, visto che di catastrofi in vista non ce ne sono, e ovviamente si sbaglia! Il grande regno dei nani viene travolto da orde di bestie nere e schifose, un misto tra Alien e degli insetti troppo cresciuti, sbucate non si sa da dove. Questi aggressori hanno metodi di combattimento rozzi ma efficaci e non mancano di qualche sottigliezza strategica e tattica, per cui sono di sicuro guidati da un'intelligenza di qualche tipo (umana? nanica? elfica?).
Tra vari scontri e disastri i nani del nord vengono fatti a fette con una velocità incredibile, colti di sorpresa, ingannati dalle finte del nemico, umiliati e sterminati. Parecchi famosi e importanti leader militari trovano la morte. Guarda caso defunge anche un generale che sarebbe stato la soluzione migliore (come candidato al trono) per risolvere la crisi dinastica del regno dei nani, e questo pare favorire gli intrighi di una fazione di nani carognoni e maneggioni. Se questi sono i veri responsabili dell'invasione lo sapremo solo nei successivi volumi, mi permetto però di dire che se è così la sorpresa è troppo "telefonata."
Nel frattempo Ellendar si porta dietro il giovane Levar come un pacco postale per un importante incontro cui deve partecipare e, proprio verso la fine, mentre stavo per bocciare irrimediabilmente questo libro, c'è un colpo di scena eclatante (forse anche troppo!) che interrompe il fluire della storia già sentita cento volte e sconvolge tutto. Arriva tardissimo, ma meglio che mai. Miracolo! O meglio, vedremo. C'è sempre spazio per fare (se lo scrittore volesse) marcia indietro nel tomo successivo, inventando qualche espediente. O forse non lo farà e allora dovrà inventarsi qualcosa di completamente diverso? Lascio il beneficio del dubbio e incoraggio questo autore autoprodotto.
Per chi vuole cimentarsi, Le Origini della Notte è disponibile al link che ho segnalato sopra, gratuitamente (nel momento in cui scrivo questo post).
Bah, sinceramente non mi attira molto: ancora nani? ancora elfi? ANCORA RAGAZZI PRESCELTI? Per carità, io sono ancora uno scrittore in erba che ha a malapena due racconti incompiuti e un prologo nel PC, ma mi sforzerei di creare creature e ambientazioni ex novo
RispondiElimina@Mirko Sgarbossa: forse il seguito della saga sarà meglio...
RispondiEliminaC'è da dire che riuscire a creare qualcosa di nuovo non è affatto facile, dato che ormai si è scritto di tutto.
RispondiElimina@ M.T.
RispondiEliminaC'è una bella differenza fra avere difficoltà a creare qualcosa di originale a reiterare consapevolmente dei cliché che già puzzavano di vecchio trent'anni fa.
Non so se l'autore ha fatto consapevolmente questa scelta o se semplicemente ha scritto quello che gli piaceva. Più che originalità o cliché, quello che conta è come si scrive. Di certo utilizzare il giovane che è il salvatore del mondo è un modello parecchio usato in questi ultimi anni.
RispondiEliminaDiciamo che è facile scivolare nel cliché, quando in realtà si potrebbero usare questi tropi (è la denominazione inglese, in realtà esiste anche in italiano ma non l'ho mai sentito usare) in modo intelligente può essere fatto, giocando con le aspettative del lettore. Non è impossibile scrivere un fantasy tolkieniano nel 2014, anche se penso che, per un esordiente, magari giovane, rischi di dare l'impressione che conosca poco il genere e abbia letto solo il professore e i suoi emuli. Detto questo sospendo il giudizio, non avendo letto la storia.
RispondiEliminaE' per questo che è tanto importante leggere e leggere in modo vario per farsi un'idea di cosa si ha davanti e cosa si può costruire. Avere a che fare con un mercato che si fissa su certi filoni (Eragorn, Harry Potter, Cronache del Ghiaccio e del Fuoco) può limitare l'orizzonte, si non si è davvero spinti ad andare oltre e conoscere quanto invece c'è oltre la moda del momento.
RispondiEliminai tòpoi del genere sono eterni, nel senso che "la cerca dell'eroe" può essere quella di Gilgamesh come qualsiasi avventura narrata da uno scrittore fantasy di oggi. Bisogna ovviamente saperli reinventare: ci sono scrittori come Rothfuss che scrivono cose in fondo quasi tradizionali,ma riescono a infondere una linfa nuova.
RispondiEliminaQuando invece si ricalcano le cose già viste o i "classici," ovviamente può esserci un certo pubblico a cui piacerà (alcuni vogliono leggere un po' sempre la stessa storia) ma anche un pubblico che si ribellerà volendo qualcosa di nuovo. In questo libro si rischia che entrambi i tipi di pubblico rimangano un po' perplessi, perché il cambiamento c'è ma è alla fine. Chi vorrà proseguire nella saga potrà farsi un'idea.
Bruno toglimi una curiosità: cosa intendi per "appiglio stilistico in più"? Vorrei saperlo per migliorare il mio stile grazie :)
RispondiEliminaCosa farei per migliorare lo stile di questo libro, mi chiedi? 1) L'ambientazione piuttosto complessa appesantisce la storia. Salverei solo le cose essenziali e troverei un modo interessante di raccontarle. Infilandole in qualche canzone, indovinello, racconto nel racconto, problema pratico o dialogo che si presenta. 2) il punto di vista. Alcuni lo gestiscono così male da essere illeggibili. Qui non è così, ma c'è troppo uso del "narratore onnisciente" che è distaccato e meno coinvolgente del punto di vista in terza persona. Per chi non comprende di cosa sto parlando: è ora di leggere uno di quei manuali per scrittori che tanti definiscono inutili. Non è obbligatorio applicare le indicazioni che vi si trovano, ma è bene decidere il proprio stile a ragion veduta.
RispondiElimina3) In questo libro inoltre ci sono troppi personaggi presentati troppo velocemente e poco descritti fisicamente, e un sacco di loro hanno il nome che suona molto simile. Sarà una osservazione scema quest'ultima, ma la cosa mi ha confuso. 4) Le eccessive ripetizioni di concetti, in questo libro ce ne sono un po'. Spesso chi scrive reitera frequentemente un particolare temendo che il lettore non abbia capito. E invece, di solito, se si tratta di una faccenda di ambientazione il lettore ha capito subito (ad es. se la città di X è povera e piena di criminali: non occorre che il personaggio che vi si reca abbia continue dimostrazioni di questo, se non serve alla trama). Qui mi fermo per non dilungarmi troppo...