Seguito del Treno di Moebius di cui ho parlato in un precedente post, la Nave dei Folli (autore Alessandro Girola) riprende la medesima ambientazione e in un certo senso la stessa storia, approfondendola un po'. Abbiamo in effetti un altro aspirante cacciatore di scoop e sorprese, Enrico, fidanzato di quella Martina che scompare nel libro precedente: come la sventurata troupe del primo libro, Enrico andrà in cerca di verità e conferme nella dannata località toscana di Monteflauto. La prima parte dell'indagine è un po' scontata, ovviamente, perché si tratta della stessa faccenda. In verità i protagonisti ne sanno poco, perché la precedente spedizione non ha potuto raccontare molto di sé, ma il lettore sa parecchio di più di loro. Almeno all'inizio.
(Da qui in poi: allarme spoiler fino alla fine del paragrafo).
Il gruppo ha una guida d'eccezione, un vecchio ma arzillo esponente delle forze dell'ordine che ai tempi aveva seguito parte della faccenda, sapendo che altri organi del sistema erano al corrente di qualche segreto: ma con tutta la buona volontà ne aveva potuto capir ben poco. Anzi, la sua curiosità gli era costata un allontanamento, per mezzo di trasferimento a località lontana dal luogo del fattaccio. Altri personaggi si aggiungono a formare un nucleo eterogeneo e male assortito; non manca la bellona, stavolta bionda e un po' androgina, che prende molto spazio nei pensieri di Enrico. Se alcuni aspetti ripetono il libro precedente, l'ambientazione è ampiata, e si viene a sapere molto di più sui misteri che da parecchio tempo coinvolgono questa zona dell'Appennino. Il mondo misterioso che c'è dall'altra parte si rivelerà comunque piuttosto ostico e mortale, impedendo qualsiasi esplorazione in profondità. Ma il finale, sebbene veda qualcuno tornare indietro vivo, aprirà ben altri problemi.
Questo libro rispetto al precedente è più lungo e articolato, ha una maggior forza descrittiva, ci svela qualcosa di più, anche se ricalca in parte avvenimenti già raccontati e con dinamiche simili. I personaggi sono abbastanza ben fatti, nel senso che si tratta di tipi relativamente poco descritti o stereotipati, ma vanno bene per questo tipo di storia. La trama d'azione è ben sviluppata e sa prendere l'attenzione del lettore.
Quelli che a mio parere sono riusciti male sono alcuni dei dialoghi, degli stati d'animo e dei comportamenti, che rivelano un'ispirazione forse filmica, fatta di citazioni e rielaborazioni, quasi fosse il travasare su carta di un'immaginazione di tipo cinematografico. Ne derivano pensieri, dialoghi, soluzioni a volte troppo semplificati, e lo si vede nelle interazioni dei personaggi, in qualche decisione a mio parere poco spiegabile (e poco spiegata), o anche nei pensieri di Enrico, il cui punto di vista vediamo più spesso.
(Qui un altro paio di spoiler). Per fare un piccolo esempio, di lui vediamo che pensa alla povera Martina ma pensa anche, e soprattutto, all'incredibile successo che potrebbe schiudere le porte davanti a lui (se solo portasse qualche filmato indietro e si salvasse). Enrico viene accusato di egoismo dalla nuova protagonista femminile, e lui stesso si interroga sul proprio sentimento. E' un fatto su cui si indugia troppe volte senza peraltro farne un'evoluzione credibile: ovvero non vediamo Enrico dapprima preoccupato e interessato a capire la sorte di lei, e poi affascinato maggiormente dalla possibilità che vede concretizzarsi: lo vediamo tante volte, praticamente, nello stesso stato mentale, come se fin dal primo momento avesse già la conferma di poter fare lo scoop e della ragazza gliene fregasse relativamente poco.
Allo stesso modo il ragionamento dei nostri eroi è "zippato" in una maniera troppo sbrigativa quando si trovano a dover abbandonare uno di loro che è stato infettato da una specie di parassita (stile Alien, più o meno). Da gente normale ti aspetti che se lo tirino dietro in qualche modo, pensando che magari un chirurgo, se intervenisse in tempo, potrebbe ancora salvare il disgraziato. Invece tutti decidono che tanto non c'è nulla da fare e senza esitare lo abbandonano. Non vorrei andare a fare una spedizione di qualsiasi genere con questi signori! Scherzi a parte, ci vedo un po' la frettolosità dell'autore di infondere la sua convinzione che quel personaggio è ormai andato (l'autore lo sa, ma i compagni del malcapitato possono esserne sicuri?) e la sua precognizione sul fatto che non si potrà comunque portarlo da un medico (infatti di lì a poco avremo una ritirata piuttosto concitata).
Da questo punto di vista, direi che le mie osservazioni richiamano molto quelle che avevo scritto per il commento sul Treno di Moebius, sono del parere quindi che questo sia un aspetto su cui l'autore deve ancora migliorarsi.
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