Il regista |
Qui anticiperò liberamente la trama, perché tanto non vale niente.
La prima parte era meglio saltarla a pié pari. Dramma borghese pari pari a quelli di quarant'anni fa, da cineforum con dibattito alla fine: con false smancerie e buone maniere, discorsi di soldi e ipocrisie, tiratacce fuori luogo contro la falsità di tutto questo (messe in bocca a Charlotte Rampling nella parte della madre bisbetica). La solita parabola sui sentimenti falsi, sul materialismo e sulla falsa felicità di cui nessuno ha bisogno perché son cose che sanno tutti, senza bisogno di essere ricchi come i personaggi del film, e senza alcun bisogno di registi intellettualoidi a ricordarlo con scene scontate o insensate (la sposa a un certo punto sbrocca, lascia lo sposo ad aspettarla in mutande e va a fare diverse fesserie, tra cui consumare un rapporto con un altro tizio, mandare a quel paese l'imprenditore per cui lavora, ecc...).
L'appartenenza di Melancholia al fantastico si giustifica, almeno in teoria, nella seconda parte: inizia infatti la storia di questo pianeta malefico che si dirige verso la terra. Quando la noia ha raggiunto lo spasimo, fine del matrimonio; lo scenario, i personaggi e gli attori restano gli stessi ma adesso si parla di Melancholia, che sta per passare vicinissimo alla Terra. Sembra che non debba succedere niente, ma è chiaro che succederà tutto. Parabola: la vita in questo atomo oscuro del male è cattiva (come esposto nella prima parte del film) e merita di crepare (vedere seconda parte). Se c'è qualche altro significato, magari un po' più sensato di questo, non l'ho percepito. Ma perché il buon regista ha deciso anche che la telecamera dovesse essere fastidiosamente instabile e non stare mai ferma? Non lo so, pare sia nel suo stile, magari sono io che non capisco l'arte.
Ad ogni modo, nella possibilità della catastrofe imminente le due sorelle (la sposa Justine, interpretata da Kirsten Dunst, e la sorella Claire, ovvero Charlotte Gainsbourg) cominciano a comportarsi in maniera opposta: la razionale Claire diventa impaurita e disperata, la depressa e irrazionale Justine affronta la catastrofe con rassegnata calma. Il marito di Claire cerca di raccontare bugie pietose, ma dopo un primo passaggio in cui la Terra rimane incolume, Melancholia ha un apparente allontanamento che dura poco: torna indietro per l'effetto fionda gravitazionale, ed è la fine di tutto, anche di un film talmente brutto e pretenzioso da farmi rimpiangere quelli con Nicolas Cage.
"Qui anticiperò liberamente la trama, perché tanto non vale niente." mi ha fatto rovinare giù dalla sedia dalle risate.
RispondiEliminaMa quanto erano belli Dancer in the dark e Dogville ???
@ Simone: non li vedrò mai, perciò posso soltanto fare... delle ipotesi :)
RispondiEliminaQuella cosa della telecamera a braccio è una delle tante regole del manifesto Dogma, che personalmente ritengo un avanguardia non troppo interessante (almeno non tanto da spingermi a cercare materiale al riguardo). L'unico film prodotto da questa scuola/genere che mi era piaciuto è stato Festen (Thomas Vinterberg, 1998) che è stato pure accusato di aver violato le regole del manifesto perché bla bla bla insomma, si capiva anche cosa stesse succedendo - pensa te, in pratica un indecenza - e poi Trier non lo reggo, come te lo considero uno pseudo intellettuale e una gran bella sòla.
RispondiEliminaBe' avevo letto di 'sto manifesto, ma il fatto stesso (stabilire in una cricca di intellettualoidi che "il cinema si fa così") lo trovo ridicolo a priori. Non mi pare poi che siano arrivati grandissimi risultati...
RispondiEliminaDirei che la definizione sòla ci sta benissimo.