Sono stato alla mostra mercato (la definirei così) Fantasy & Hobby ad Assago (nella foto, l'orrendo palazzone del Forum): la manifestazione chiude oggi per cui non faccio in tempo a dare indicazioni pratiche ai Milanesi (e al popolo fantasy dei dintorni), ma siccome l'esposizione si ripete a Genova e a Roma nei prossimi mesi, già che ci sono vi avverto che il settore fantasy, che immaginavo molto ben rappresentato tra miniature, pupazzetti, armi medievali in copia di tolla e figurini vari, è invece piuttosto poco presente, a dispetto del nome della manifestazione.
Non è che sia stata una visita con pochi spunti, però. Quello che abbonda è il materiale (e anche i corsi pratici da fare lì, sul posto) relativo al bricolage e all'artigianato del tipo più creativo e sfizioso. Tutto ciò che ha a che fare con tessuti, bigiotteria fai da te, cere modellabili, candele e saponette strane, colori e pennelli di ogni tipo, decorazioni, decoupage, presepi e stranezze varie. In molti casi devo dire che il materiale era così bello che cercavo il pretesto per comprare qualcosa, ma le mie abilità artigianali sono assai modeste (praticamente se tocco una cosa la rompo).
Me la sono cavata acquistando per una modica cifra la statuetta di una vecchia strega prodotta da La Terra di Mezzo di Iseo (www.magicopopolo.it). C'era anche una stupenda fatina alata, protesa in un bacio a occhi chiusi, ma costava un botto. La potete trovare (in foto e, credo, disponibile per acquisto online) sul loro sito.
domenica 25 settembre 2011
lunedì 19 settembre 2011
Tolkien. La Luce e l'Ombra
Una raccolta di saggi a cura (e traduzione dove necessario) di Giovanni Agnoloni, Tolkien. La Luce e L'Ombra analizza in verità diversi aspetti dello scrivere di questo grande autore, ed è per questo che è molto interessante. Una lettura che consiglio, anche se non mi pare che sia disponibile nelle librerie online (purtroppo), quindi non saprei cosa dire a chi vuole trovarlo.
Agnoloni fa un discorso filosofico che parla del percorso umano, a partire dalla contrapposizione di Luce e Ombra, tra desideri, impulsi, conoscenza e realizzazione della verità, fino alla spiritualità e alla fede nel divino. Ho letto con interesse ma pur riconoscendo che in Tolkien c'è anche questo, non è l'aspetto che mi interessa di più dell'autore, né dal punto di vista dell'intrattenimento (quando leggo qualcosa di Tolkien come un romanzo fantasy "qualsiasi") né dal punto di vista dei contenuti, che a mio parere possono essere fruiti anche al di fuori di un discorso religioso in senso stretto (pur ammettendo che esso esiste, ovviamente). D'altra parte Tolkien stesso ha evitato qualsiasi contatto diretto del divino con la sua opera. Se ben ricordo le sue parole, ha creato una "religione naturale" che è evidentemente cristiana ma, forse anche per rispetto, ne ha tenuto fuori qualsiasi riferimento esplicito. E ha fatto bene, perché non penso che la gerarchia cattolica avrebbe apprezzato, nonostante le buone intenzioni.
Colin Duriez, scrittore inglese, parla del rapporto tra bene e male. La visione del male sarebbe agostiniana, in Tolkien: ovvero il male non avrebbe una ragion d'essere di per sé, ma esiste solo come cattivo uso del libero arbitrio (questa, molto abbreviata, la concezione di Sant'Agostino del male come assenza di bene). Fa anche un parallelo con Voldemort, il cattivo di Harry Potter; non posso commentare perché i libri del maghetto non li ho letti. Ci tengo a precisare una cosa: che quando parlo del manicheismo nel fantasy, ovvero della netta contrapposizione buoni-cattivi in personaggi archetipali tagliati con l'accetta, non sto a fare distinzioni così sofisticate. Pertanto, se anche Duriez avesse tutte le ragioni, per me l'opera di Tolkien resta a tutti gli effetti pratici il classico fantasy manicheo. Ma non intendo fare discorsi tagliati con l'accetta a mia volta: libri in cui predomina la fiaba, il manicheismo, l'uso degli archetipi (Gandalf Vecchio Saggio, Aragorn Cavaliere Senza Macchia ecc...) anche se non sono il mio modello di fantasy possono senz'altro essere belli, così come reputo Il Signore degli Anelli un libro bellissimo. Peccato che Tolkien, che di suo ha scritto dei bei libri, abbia dato il via a degli imitatori (finti imitatori, perché ne prendono solo gli aspetti più esteriori) che hanno dato al fantasy quell'impronta di scontro buoni contro cattivi che tocca la maggioranza delle uscite moderne.
John Garth (scrittore e giornalista) ha parlato delle scene di guerra e della precisa corrispondenza di certe visioni (ad esempio i cadaveri nella Paludi Morte) con le atrocità della Prima Guerra Mondiale che Tolkien vide con i suoi occhi: tanto per non dimenticare che Tolkien non è sempre stato in università a fare il dotto professore, ma se l'è giocata nelle trincee come i suoi contemporanei, sebbene forse non troppo volentieri.
Gino Scatasta (professore universitario e traduttore dall'inglese) espone una tesi che reputo molto azzeccata. Non espongo tutto il ragionamento e la prospettiva, ma solo la conclusione, peraltro abbastanza chiara: Tolkien con tutto il suo conservatorismo è comunque figlio del suo tempo e moderno a tutti gli effetti, e la contrapposizione Luce-Ombra (Bene e Male) in lui è vista con il filtro del '900 (il "Secolo delle Idee Assassine," aggiungo io) e ne risulta una lotta dove il male va completamente eliminato dentro e fuori di sé, e con l'avversario non può esserci nessun compromesso. Personalmente ritengo questo un aspetto sgradevole di quel manicheismo tanto imperante nel fantasy.
Michael Drout (studioso di letteratura medievale) parla del senso di perdita con un riferimento alla sua esperienza personale: quando da bambino lesse il Silmarillion in un periodo molto triste per lui e la famiglia. Il Silmarillion è l'opera in cui Tolkien lascia da parte o minimizza i suoi discorsi sul lieto fine (concetto su cui dovrò tornare) per mostrare una serie di lutti e distruzioni senza rimedio. Esprime la consapevolezza che tutti gli uomini, e tutte le loro opere, presto o tardi, dovranno morire. Nel saggio di Drout esaminiamo come l'arte possa dare una bellezza anche al dolore, alla nostalgia e al senso di perdita. Questa è la trattazione che ho preferito nella raccolta.
Colin Duriez, scrittore inglese, parla del rapporto tra bene e male. La visione del male sarebbe agostiniana, in Tolkien: ovvero il male non avrebbe una ragion d'essere di per sé, ma esiste solo come cattivo uso del libero arbitrio (questa, molto abbreviata, la concezione di Sant'Agostino del male come assenza di bene). Fa anche un parallelo con Voldemort, il cattivo di Harry Potter; non posso commentare perché i libri del maghetto non li ho letti. Ci tengo a precisare una cosa: che quando parlo del manicheismo nel fantasy, ovvero della netta contrapposizione buoni-cattivi in personaggi archetipali tagliati con l'accetta, non sto a fare distinzioni così sofisticate. Pertanto, se anche Duriez avesse tutte le ragioni, per me l'opera di Tolkien resta a tutti gli effetti pratici il classico fantasy manicheo. Ma non intendo fare discorsi tagliati con l'accetta a mia volta: libri in cui predomina la fiaba, il manicheismo, l'uso degli archetipi (Gandalf Vecchio Saggio, Aragorn Cavaliere Senza Macchia ecc...) anche se non sono il mio modello di fantasy possono senz'altro essere belli, così come reputo Il Signore degli Anelli un libro bellissimo. Peccato che Tolkien, che di suo ha scritto dei bei libri, abbia dato il via a degli imitatori (finti imitatori, perché ne prendono solo gli aspetti più esteriori) che hanno dato al fantasy quell'impronta di scontro buoni contro cattivi che tocca la maggioranza delle uscite moderne.
John Garth (scrittore e giornalista) ha parlato delle scene di guerra e della precisa corrispondenza di certe visioni (ad esempio i cadaveri nella Paludi Morte) con le atrocità della Prima Guerra Mondiale che Tolkien vide con i suoi occhi: tanto per non dimenticare che Tolkien non è sempre stato in università a fare il dotto professore, ma se l'è giocata nelle trincee come i suoi contemporanei, sebbene forse non troppo volentieri.
Gino Scatasta (professore universitario e traduttore dall'inglese) espone una tesi che reputo molto azzeccata. Non espongo tutto il ragionamento e la prospettiva, ma solo la conclusione, peraltro abbastanza chiara: Tolkien con tutto il suo conservatorismo è comunque figlio del suo tempo e moderno a tutti gli effetti, e la contrapposizione Luce-Ombra (Bene e Male) in lui è vista con il filtro del '900 (il "Secolo delle Idee Assassine," aggiungo io) e ne risulta una lotta dove il male va completamente eliminato dentro e fuori di sé, e con l'avversario non può esserci nessun compromesso. Personalmente ritengo questo un aspetto sgradevole di quel manicheismo tanto imperante nel fantasy.
Michael Drout (studioso di letteratura medievale) parla del senso di perdita con un riferimento alla sua esperienza personale: quando da bambino lesse il Silmarillion in un periodo molto triste per lui e la famiglia. Il Silmarillion è l'opera in cui Tolkien lascia da parte o minimizza i suoi discorsi sul lieto fine (concetto su cui dovrò tornare) per mostrare una serie di lutti e distruzioni senza rimedio. Esprime la consapevolezza che tutti gli uomini, e tutte le loro opere, presto o tardi, dovranno morire. Nel saggio di Drout esaminiamo come l'arte possa dare una bellezza anche al dolore, alla nostalgia e al senso di perdita. Questa è la trattazione che ho preferito nella raccolta.
sabato 17 settembre 2011
Civilization, speriamo nella prossima puntata
Ho seguito TUTTE le edizioni di Civilization (videogame del glorioso Sid Meier) tranne Civilization Revolution che era pensato principalmente per le console. Purtroppo il quinto Civilization l'ho lasciato lì perché si impallava spesso e mi piaceva assai poco. Ogni tanto studio per vedere se c'è qualche patch, qualche novità per rimettere le cose un po' a posto.
Nulla di buono. L'unica cosa che ho trovato stavolta è questo articolo che spiega (in inglese) quello che NON va con Civ V.
Che ci posso fare? Aspetterò il VI...
Nulla di buono. L'unica cosa che ho trovato stavolta è questo articolo che spiega (in inglese) quello che NON va con Civ V.
Che ci posso fare? Aspetterò il VI...
domenica 11 settembre 2011
Skyline
L'inizio di questo Skyline mi ha messo a dura prova. Diciamolo: un gruppo di cretini che fanno i festaioli, come modo di presentare i protagonisti, può generare qualche scena che dà sui nervi. Ad ogni modo, c'è questo gruppo di tizi con fidanzate più o meno incinte, amanti ecc... che dopo la notte brava si risveglia una mattina in un appartamento di lusso in quel di Los Angeles, in un grattacielo residenziale (a quanto pare sarebbe il posto in cui abita Greg Strause, che col fratello Colin firma la regia del film). Una luce blu accecante proveniente dall'esterno, luce che ipnotizza e lascia segni sulla pelle, e li spaventa. Presto vedono che sono arrivati gli alieni e stanno prendendo il controllo della città, uccidendo e portando via le persone. I nostri cercano di organizzarsi, litigano fra loro, discutono se lasciare il palazzo e tentare di arrivare al porto... senza fare troppe anticipazioni, c'è molto spettacolo compreso l'arrivo della cavalleria (per modo di dire).
Il film si è accavallato con Battle: Los Angeles per la tematica praticamente identica e le date di uscita molto vicine, tanto per dire quanto sia originale la tematica degli alieni cattivi che invadono gli USA (e/o il mondo). Ha anche avuto un'accoglienza fredda sia dal pubblico che dalla critica, fredda come la luce blu di questi extraterrestri nel paesaggio di vetro, acciaio e cemento della zona in cui si svolge la storia. Devo dire che gli alieni, per fattezze, movimenti e sensazione di... alienità, sono fatti molto bene, e questo è particolarmente lodevole visto che il budget del film è relativamente basso, fatto che ha permesso a Skyline di essere un piccolo successo economico nonostante l'incasso, in termini USA, non sia stato propriamente eccelso. Forse sarebbe stato meglio spendere del denaro in più per ingaggiare qualche attore valido, perché in un film ricco di tensione e dialoghi l'interpretazione senza infamia e senza lode di un gruppo di sconosciuti è un serio limite. Anche sulla qualità dei dialoghi e sulla scarsa caratterizzazione dei personaggi ci sarebbe da dire.
[Da qui in poi, anticipazioni sulla trama]. Tuttavia non mi viene da liquidare Skyline come la solita vaccata. Ci sono i soliti punti criticabili (se una razza aliena è riuscita a viaggiare nello spazio, dovrebbe far fuori qualsiasi opposizione senza colpo ferire e senza subire grossi danni a propria volta: ma in questo film come negli altri del genere l'esercito a stelle e strisce picchia di brutto) ma è interessante il fatto che qui vediamo tutto dal punto di vista di un gruppo di persone normali, che messe tutte insieme dispongono di una pistola come unica arma, e si ritrovano assediate in casa senza altre informazioni che quello che si vede dalla finestra o dal tetto, senza notiziari o contatto telefonico, e dopo un po' senza luce e acqua corrente.
Questo ovviamente fa sì che si venga a scoprire proprio poco sulla natura degli alieni, ma dà un tocco di verosimiglianza alla storia, assieme al fatto che non c'è alcun grande eroe nel gruppo e i personaggi, anche quelli che vengono stabiliti come evidenti protagonisti all'inizio del film, muoiono a uno a uno. L'umanità viene sconfitta (non solo a Los Angeles: ci sono scorci di altre città invase) e l'unica speranza è quella di una ragazza incinta che vede il fidanzato, trasformato in alieno, mantenere la propria identità e ribellarsi agli altri alieni per difenderla. Non c'è da gridare al capolavoro ma, nel piattume dei film di questo tipo, almeno Skyline dà una rimescolata alle carte. Comunque leggendo qualche critica in giro sembra che il punto di vista limitato "da poveri cristi" coinvolti in un gran casino sia molto dispiaciuto ad alcuni commentatori; io dico che il cinema può essere anche questo, sebbene in un film di fantascienza con i soliti alieni messi lì tanto per fare potrebbe magari sembrare una scusa per non dare un sacco di spiegazioni.
Il film si è accavallato con Battle: Los Angeles per la tematica praticamente identica e le date di uscita molto vicine, tanto per dire quanto sia originale la tematica degli alieni cattivi che invadono gli USA (e/o il mondo). Ha anche avuto un'accoglienza fredda sia dal pubblico che dalla critica, fredda come la luce blu di questi extraterrestri nel paesaggio di vetro, acciaio e cemento della zona in cui si svolge la storia. Devo dire che gli alieni, per fattezze, movimenti e sensazione di... alienità, sono fatti molto bene, e questo è particolarmente lodevole visto che il budget del film è relativamente basso, fatto che ha permesso a Skyline di essere un piccolo successo economico nonostante l'incasso, in termini USA, non sia stato propriamente eccelso. Forse sarebbe stato meglio spendere del denaro in più per ingaggiare qualche attore valido, perché in un film ricco di tensione e dialoghi l'interpretazione senza infamia e senza lode di un gruppo di sconosciuti è un serio limite. Anche sulla qualità dei dialoghi e sulla scarsa caratterizzazione dei personaggi ci sarebbe da dire.
[Da qui in poi, anticipazioni sulla trama]. Tuttavia non mi viene da liquidare Skyline come la solita vaccata. Ci sono i soliti punti criticabili (se una razza aliena è riuscita a viaggiare nello spazio, dovrebbe far fuori qualsiasi opposizione senza colpo ferire e senza subire grossi danni a propria volta: ma in questo film come negli altri del genere l'esercito a stelle e strisce picchia di brutto) ma è interessante il fatto che qui vediamo tutto dal punto di vista di un gruppo di persone normali, che messe tutte insieme dispongono di una pistola come unica arma, e si ritrovano assediate in casa senza altre informazioni che quello che si vede dalla finestra o dal tetto, senza notiziari o contatto telefonico, e dopo un po' senza luce e acqua corrente.
Questo ovviamente fa sì che si venga a scoprire proprio poco sulla natura degli alieni, ma dà un tocco di verosimiglianza alla storia, assieme al fatto che non c'è alcun grande eroe nel gruppo e i personaggi, anche quelli che vengono stabiliti come evidenti protagonisti all'inizio del film, muoiono a uno a uno. L'umanità viene sconfitta (non solo a Los Angeles: ci sono scorci di altre città invase) e l'unica speranza è quella di una ragazza incinta che vede il fidanzato, trasformato in alieno, mantenere la propria identità e ribellarsi agli altri alieni per difenderla. Non c'è da gridare al capolavoro ma, nel piattume dei film di questo tipo, almeno Skyline dà una rimescolata alle carte. Comunque leggendo qualche critica in giro sembra che il punto di vista limitato "da poveri cristi" coinvolti in un gran casino sia molto dispiaciuto ad alcuni commentatori; io dico che il cinema può essere anche questo, sebbene in un film di fantascienza con i soliti alieni messi lì tanto per fare potrebbe magari sembrare una scusa per non dare un sacco di spiegazioni.
sabato 10 settembre 2011
Un Galactica porno?
Sembra che abbiano realizzato un film di fantascienza porno, Horizon. Non è la prima volta (personalmente avevo visto Flesh Gordon, parecchio tempo fa) ma qui non sembra una satira, ci sono effetti speciali sia pure un po' modesti e gli attori cercano veramente di recitare; la trama per certi versi ricalca la situazione di fuga disperata di Battlestar Galactica, dopo la "classica" invasione aliena. Nel trailer comunque non ci sono scene piccanti. Sarà mica una bufala per fare pubblicità?
La Psicostoria di Asimov sta arrivando
Ebbene sì, c'è chi dice che i supercomputer stanno ottenendo tali successi da poter prevedere gli eventi, come nella psicostoria, la scienza immaginata da Asimov nella serie della Fondazione.
Per chi non avesse letto il libro, c'era questa grande mente scientifica, Hari Seldon, che aveva trovato un sistema per prevedere gli avvenimenti mescolando elaborazioni matematiche e statistiche a concetti di psicologia, sociologia e storia. Certe previsioni di Seldon erano, se ricordo bene, di assoluta precisione e secondo me poco credibili.
Oggi comunque si sta cercando di realizzare la psicostoria.
Secondo l'articolo (in inglese) dando informazioni a un computer dalla grande potenza di calcolo si è arrivati a prevedere la rivolta libica e a determinare approssimativamente dove fosse nascosto Bin Laden, anche se solo una volta (tra varie risposte) era stata nominata la località di Abbottabad.
Personalmente credo che saranno necessarie parecchie conferme prima che io ci creda.
Per chi non avesse letto il libro, c'era questa grande mente scientifica, Hari Seldon, che aveva trovato un sistema per prevedere gli avvenimenti mescolando elaborazioni matematiche e statistiche a concetti di psicologia, sociologia e storia. Certe previsioni di Seldon erano, se ricordo bene, di assoluta precisione e secondo me poco credibili.
Oggi comunque si sta cercando di realizzare la psicostoria.
Secondo l'articolo (in inglese) dando informazioni a un computer dalla grande potenza di calcolo si è arrivati a prevedere la rivolta libica e a determinare approssimativamente dove fosse nascosto Bin Laden, anche se solo una volta (tra varie risposte) era stata nominata la località di Abbottabad.
Personalmente credo che saranno necessarie parecchie conferme prima che io ci creda.
martedì 6 settembre 2011
Nirvana
Questo è uno dei film dove mi trovo ad esprimere un gradimento diametralmente opposto a quello della maggior parte delle opinioni che sento o leggo in giro. Di solito questa sensazione ce l'ho verso certe vaccate da popcorn o realizzazioni che io trovo semplicistiche o sceme mentre sono amate da tutti, ma nel caso di Nirvana si tratta di un film che molti hanno criticato, che non ha avuto successo commerciale, e su cui gli appassionati di fantascienza sono divisi, ma che io amo molto pur sapendo poco o niente del regista (Salvatores). Degli altri suoi film ho visto solo un pezzo di Mediterraneo, senza apprezzarlo particolarmente.
Cominciamo a dire che una delle premesse su cui si basa il film purtroppo è incredibilmente debole, cosa che i registi frequentemente si auto-perdonano senza però domandarsi se il pubblico sia altrettanto disposto a perdonar loro. Sto parlando del personaggio del videogame (interpretato da un grandissimo Abatantuomo) ideato dal protagonista Jimi Dini (Christopher Lambert). Prende vita per via di un virus e gliene succedono di tutti i colori. Mentre è su dischetto. Ok, vabbè. Facciamo finta che sia installato su un server e che Salvatores si sia sforzato di più (anziché prenderci in giro), se no basterebbe questa per non vedere il film.
[Da qui in avanti si va pesantemente ad anticipare la trama] Jimi e Solo (il protagonista del videogame) si trovano in una situazione per certi aspetti speculare. Solo è intrappolato in una realtà che ha capito essere fasulla, esplora continuamente nuovi modi di morire, rinasce ogni volta ripartendo dal "primo livello" senza riuscire a fare almeno comprendere a Maria, la prostituta che incontra all'inizio della sua "ambientazione" (Amanda Sandrelli, dotata di vestitino che cambia colore continuamente) che quella in cui si trovano è una realtà virtuale. Jimi procede nel suo lavoro senza convinzione: è terribilmente depresso da quando l'amata Lisa (Emanuelle Seigner) lo ha lasciato. Quando Solo lo contatta e lo prega di cancellarlo dal gioco, Jimi vorrebbe accontentare questo essere che nemmeno esiste realmente, ma per riuscirvi deve penetrare la banca dati della potentissima corporazione che produce il programma, la Okosama Star. Nella volontà di comprendere l'abbandono di Lisa e venire a patti con la sua scomparsa, accetta la pericolosissima avventura, anche perché la ragazza era sparita proprio nella stessa zona dove lui può trovare gli hacker in grado di aiutarlo.
Il destino comune di Solo e Jimi è quindi il Nirvana del titolo: pace ma anche annientamento, nel contesto buddista, perché per Jimi si tratta di un viaggio che conclude il senso del suo vivere. Arriverà a contatto con due personaggi ai confini della legge: Joystick (Sergio Rubini), spassoso hacker capellone dalla parlata meridionale e dagli occhi sostituiti con telecamere (se li è venduti), e Naima (Stefania Rocca) potentissima nell'uso di qualsiasi strumento tecnologico e dotata delle entrature giuste, e di un collegamento sulla fronte (una specie di... presa micro USB).
La ricerca del modo per attaccare la potente corporazione procede fra scene di caos, paesaggi urbani orientaleggianti o misteriosi, sparatorie. Il tutto inframmezzato dai ricordi ossessivi di Lisa nella mente di Jimi, e dalle ripetute morti di Solo imprigionato nel videogame. La "cavalcata nella rete," stile cyberpunk alla Gibson, può essere cliché, e criticabile da un punto di vista tecnologico: oggi la rete è una cosa vera e ha lasciato il cyberpunk indietro di anni luce. Tuttavia è estremamente suggestiva.
Il tema del Nirvana porta Jimi, fondamentalmente, a lasciarsi ammazzare dalle guardie alla fine del film, dopo che Solo è cancellato e Naima e Joystick hanno fatto fuori i soldi sporchi della Okosama Star. Si lascia andare perché ha distrutto la sua vita e la sua carriera con l'atto di ribellione ma è in pace con sé stesso, ha capito le sofferenze e le insoddisfazioni di Lisa, ha saputo che lei dopo la fuga ha incontrato il proprio Nirvana ed è morta. Un tema profondo e potente, difficile farlo entrare in mezzo a tutte le trame parallele del film (anche se riverbera dappertutto); obiettivamente Nirvana non è del tutto efficace nel raggiungere l'ambizioso obiettivo, anzi è stato anche accusato di pretenziosità. Resta comunque molto coinvolgente.
Vero che in questo film non tutto fila liscio, compresa la presenza di troppi elementi presi di peso da altri film simili e qualche ruolo minore recitato male, ma il discorso filosofico è suggestivo pure in mezzo a molti elementi autoironici, ed è quello che rende Nirvana originale. A mio parere questo film, tra quelli del genere, se la vede alla pari con Strange Days, ed è superiore a diversi altri come Johnny Mnemonic, Paycheck o anche Matrix, che secondo me ha tratto qualche ispirazione proprio da qui.
Purtroppo Nirvana, unico film italiano di fantascienza di buon livello da... forse da sempre? è piaciuto abbastanza al pubblico di casa nostra ma non ha sfondato altrove.
Cominciamo a dire che una delle premesse su cui si basa il film purtroppo è incredibilmente debole, cosa che i registi frequentemente si auto-perdonano senza però domandarsi se il pubblico sia altrettanto disposto a perdonar loro. Sto parlando del personaggio del videogame (interpretato da un grandissimo Abatantuomo) ideato dal protagonista Jimi Dini (Christopher Lambert). Prende vita per via di un virus e gliene succedono di tutti i colori. Mentre è su dischetto. Ok, vabbè. Facciamo finta che sia installato su un server e che Salvatores si sia sforzato di più (anziché prenderci in giro), se no basterebbe questa per non vedere il film.
[Da qui in avanti si va pesantemente ad anticipare la trama] Jimi e Solo (il protagonista del videogame) si trovano in una situazione per certi aspetti speculare. Solo è intrappolato in una realtà che ha capito essere fasulla, esplora continuamente nuovi modi di morire, rinasce ogni volta ripartendo dal "primo livello" senza riuscire a fare almeno comprendere a Maria, la prostituta che incontra all'inizio della sua "ambientazione" (Amanda Sandrelli, dotata di vestitino che cambia colore continuamente) che quella in cui si trovano è una realtà virtuale. Jimi procede nel suo lavoro senza convinzione: è terribilmente depresso da quando l'amata Lisa (Emanuelle Seigner) lo ha lasciato. Quando Solo lo contatta e lo prega di cancellarlo dal gioco, Jimi vorrebbe accontentare questo essere che nemmeno esiste realmente, ma per riuscirvi deve penetrare la banca dati della potentissima corporazione che produce il programma, la Okosama Star. Nella volontà di comprendere l'abbandono di Lisa e venire a patti con la sua scomparsa, accetta la pericolosissima avventura, anche perché la ragazza era sparita proprio nella stessa zona dove lui può trovare gli hacker in grado di aiutarlo.
Il destino comune di Solo e Jimi è quindi il Nirvana del titolo: pace ma anche annientamento, nel contesto buddista, perché per Jimi si tratta di un viaggio che conclude il senso del suo vivere. Arriverà a contatto con due personaggi ai confini della legge: Joystick (Sergio Rubini), spassoso hacker capellone dalla parlata meridionale e dagli occhi sostituiti con telecamere (se li è venduti), e Naima (Stefania Rocca) potentissima nell'uso di qualsiasi strumento tecnologico e dotata delle entrature giuste, e di un collegamento sulla fronte (una specie di... presa micro USB).
La ricerca del modo per attaccare la potente corporazione procede fra scene di caos, paesaggi urbani orientaleggianti o misteriosi, sparatorie. Il tutto inframmezzato dai ricordi ossessivi di Lisa nella mente di Jimi, e dalle ripetute morti di Solo imprigionato nel videogame. La "cavalcata nella rete," stile cyberpunk alla Gibson, può essere cliché, e criticabile da un punto di vista tecnologico: oggi la rete è una cosa vera e ha lasciato il cyberpunk indietro di anni luce. Tuttavia è estremamente suggestiva.
Il tema del Nirvana porta Jimi, fondamentalmente, a lasciarsi ammazzare dalle guardie alla fine del film, dopo che Solo è cancellato e Naima e Joystick hanno fatto fuori i soldi sporchi della Okosama Star. Si lascia andare perché ha distrutto la sua vita e la sua carriera con l'atto di ribellione ma è in pace con sé stesso, ha capito le sofferenze e le insoddisfazioni di Lisa, ha saputo che lei dopo la fuga ha incontrato il proprio Nirvana ed è morta. Un tema profondo e potente, difficile farlo entrare in mezzo a tutte le trame parallele del film (anche se riverbera dappertutto); obiettivamente Nirvana non è del tutto efficace nel raggiungere l'ambizioso obiettivo, anzi è stato anche accusato di pretenziosità. Resta comunque molto coinvolgente.
Vero che in questo film non tutto fila liscio, compresa la presenza di troppi elementi presi di peso da altri film simili e qualche ruolo minore recitato male, ma il discorso filosofico è suggestivo pure in mezzo a molti elementi autoironici, ed è quello che rende Nirvana originale. A mio parere questo film, tra quelli del genere, se la vede alla pari con Strange Days, ed è superiore a diversi altri come Johnny Mnemonic, Paycheck o anche Matrix, che secondo me ha tratto qualche ispirazione proprio da qui.
Purtroppo Nirvana, unico film italiano di fantascienza di buon livello da... forse da sempre? è piaciuto abbastanza al pubblico di casa nostra ma non ha sfondato altrove.