domenica 1 maggio 2011

La Minaccia di Taytos

Questa non è una vera e propria recensione, perché non ho letto tutto il libro. Mi sembra una premessa doverosa. Arrivato a circa una novantina di pagine ho ritenuto di essermi fatto una mia opinione e non ho voluto proseguire, limitandomi a scorrere velocemente il resto. Pertanto non posso sapere se esiste qualche colpo di scena o evoluzione della trama nel finale, tali da modificare in parte il mio giudizio. Per la critica che rivolgerò, e che resta comunque un'opinione personale, basta quanto ho letto.

Si tratta di La Minaccia di Taytos, libro d'esordio di Paolo Danese, edito da Montag. E' un libro fantasy che non presenta, fin dove l'ho letto, alcuna particolare sorpresa per quanto riguarda la trama. Un ragazzo, figlio di un nobile, sfugge alla strage della sua famiglia e viene protetto da diversi personaggi che si sforzano di portarlo al sicuro, attraversando l'isola di Siskail che è diventata piena di insidie. Tra le forze in campo abbiamo un ordine religioso, i Giusti, e una congrega di usurpatori, malfattori e seguaci delle Arti Arcane, nemici dei Giusti per via di una contesa che risale a parecchio tempo addietro. Ma dietro ai pericoli del giovane Boren (il protagonista) si cela un'identità da scoprire, e dietro ai nemici che lo insidiano una minaccia ben più pericolosa: Taytos, nome che compare nel titolo, è un luogo dove si trova una voragine o crepa da cui può scaturire qualcosa di molto più micidiale di una cospirazione di usurpatori e di assassini.

Il fatto che la trama non brilli per originalità almeno fin dove ho letto io non è di per sé un problema, visto che spesso in un libro conta più il "come" si racconta che non il "cosa" si racconta.
Purtroppo qui abbiamo i problemi più seri, perché non ci sono personaggi memorabili o situazioni che riescano veramente a calamitare l'attenzione; e nonostante il testo sia fondamentalmente corretto dal punto di vista formale la prosa di questo libro è spesso ostica, poco scorrevole, e qualche volta confonde il lettore. Inoltre capitano situazioni in cui dialoghi e scene sono descritti in maniera indiretta, perdendo vivacità e immediatezza. Sia ben chiaro che non sono un dogmatico dello Show don't Tell, ma qui mi son trovato a  pensare più di una volta che il "mostralo con una scena!" non sia comunque un consiglio da sottovalutare.

Per fare un brevissimo esempio di quello che a mio parere funziona poco, guardiamo una frase: Col sole alto in cielo, X continuava a provare a seguire le tracce di Boren, ma erano pronti a desistere.

(X l'ho messo io al posto del nome vero di un personaggio che sta cercando il protagonista Boren).
Qui non c'è un vero e proprio errore, nel cambiare repentinamente la persona del verbo, perché il lettore sa già che X non è da solo ma fa parte di un gruppo. Usare un narratore onnisciente che cambia a piacere punto di vista non è reato, peraltro, purché fatto bene. Ma questo repentino cambiamento impone una fatica in più al lettore per seguire quello che succede, anche perché il soggetto di "erano pronti a desistere" resta implicito. Notare che la frase seguente è ancora al plurale, poi si torna al singolare, di nuovo senza mettere i soggetti. Nulla di micidiale, ma tante piccole cose come questa mi hanno reso la lettura poco piacevole, pesante e noiosa, e infine mi hanno fatto desistere.

La mia conclusione è che non sia stato svolto un lavoro di editing appropriato. La casa editrice opera a doppio binario, quindi è possibile che questa sia una pubblicazione a pagamento in cui tale servizio non è stato offerto. Pubblicare a pagamento, contrariamente a quanto qualcuno sembra credere, non è un pecato mortale.
Ma è sbagliato non provvedere come si deve (di chiunque sia la responsabilità o la decisione) a questo passaggio, fondamentale per produrre un buon testo. L'ambiente è affollatissimo e le possibilità di emergere tremendamente scarse, anche per chi si presenta con un lavoro impeccabile. Un esordio affrettato e prematuro, per quanto io comunque auguri all'autore il meglio possibile, rischia quindi di avere ben poche possibilità.

6 commenti:

  1. Questo è un dilemma, caro Bruno.
    Pubblicare o non pubblicare, questo è il problema. Ormai fanno a gara a chi paga di più. Come dice un Maestro Roditore di mia conoscenza: "se tutti sono così presi dallo scrivere, chi ci rimane a leggere?" o.O

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  2. @ Wikimouse: per quanto ne so io, con la Montag non c'è da pagare quel gran che, nel senso che ci si impegna a comprare una cinquantina di copie del proprio libro. Si presume che tra parenti e amici quel numero di copie comunque serva all'autore (chissà se poi i beneficiari leggeranno, o useranno i libri per pareggiare una gamba del tavolo, per usare il modo di dire...). Che i lettori siano pochi e il mercato assai scalognato si sa, comunque ognuno fa le sue scelte. Pubblicare difficilmente ha un ritorno economico degno della fatica di scrivere.

    Quando però resta sulle spalle dell'autore tutta la preparazione del testo, i word processor possono scovare gli errori di ortografia, ma l'editing (o la mancanza del medesimo) diventa una trappola. Chi scrive può non rendersene conto: sa cosa vuol dire con le proprie parole, e fatica a vedere che in certi passaggi la sua prosa è oscura per il lettore.

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  3. "Questa non è una vera e propria recensione, perché non ho letto tutto il libro. Mi sembra una premessa doverosa. Arrivato a circa una novantina di pagine ho ritenuto di essermi fatto una mia opinione e non ho voluto proseguire"

    Questo significa che il libro ti ha fatto schifo e per questo l'hai lasciato, il che è comprensibile.

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  4. @ Lucy: [a parte il fatto che ce ne vuole per farmi dire che un libro mi fa schifo, comunque...] onestamente per poter dare giudizi netti avrei dovuto andare fino in fondo. Se arrivi a un terzo e verifichi che la forma ti sembra poco curata, il fraseggio non ti attrae e nemmeno sembra curato o scorrevole ecc... puoi dire che ti sei stancato troppo per andare fino in fondo; ma se non sai come va a finire, devi astenerti dal dare un giudizio definitivo.
    Fin dove ho visto, la trama non aveva niente di sorprendente, comunque un po' di olio di gomito e un mesetto o due di lavoro serio con un collaboratore valido e severo avrebbero potuto rendere assai più gradevole questo testo.

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  5. Quante storie per un libro! certo non tutti saranno così esperti come voi, ma non ci vuole poi così tanto per leggerlo.
    Io l'ho finito in pochi giorni e nn mi è sembrato così male!

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  6. @ Manu: immaginando che tu sia giovane (correggimi se sbaglio), mi viene da pensare che è inevitabile che chi ha qualche annetto in più e qualche decina o centinaia di libri letti in più possa avere dei gusti più difficili.

    Ad ogni modo il parere di ciascuno vale a livello personale.

    Mi permetto di autocitarmi (ovvero di citare un post di questo blog stesso):
    http://mondifantastici.blogspot.com/2009/05/che-servono-i-pareri-degli-altri.html

    ...sulla difficoltà di utilizzare le opinioni di un altro.

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