Ringrazio Andrea d'Angelo per aver segnalato un articolo molto interessante: uno scrittore dedito al fantasy, Jim C. Hines, si è dedicato a raccogliere le esperienze dei suoi colleghi e ha fatto qualche scoperta sul mestiere di scrittore.
Invito tutti a leggere l'articolo in questione (è in inglese) ma da parte mia sottolineo un po' di scoperte e curiosità.
Secondo l'autore non è così vero che pubblicare racconti sia la palestra ideale per arrivare a un romanzo (che sia pubblicato con un minimo di successo), perché nota che di 247 colleghi che hanno risposto al suo questionario ben 116 non avevano venduto, prima di riuscire a farsi pubblicare un romanzo, alcun racconto. Da parte mia considero però che hanno ragione coloro che deplorano la mancanza in Italia di questa palestra di scrittura. In fondo, se 116 sono arrivati a pubblicare un romanzo senza aver pubblicato racconti, ne deduco che gli altri 131 scrittori di racconti ne hanno pubblicati (e anche parecchi, pare). Da noi invece i racconti di visibilità ne hanno davvero pochina...
Come sono riusciti a pubblicare questi autori anglofoni? Il Print on Demand è tendenzialmente una fregatura anche dalle loro parti, la grossa differenza è nel ruolo preponderante degli agenti letterari.
Da noi no. Vi consiglio un post (dove è intervenuto anche il sottoscritto a un certo punto) sul forum di Writer's Dream, dove si comincia con un certo numero di dubbi sull'utilità e sul ruolo delle agenzie letterarie (partendo da una domanda che riguarda una sola di esse) e con il procedere dei post i dubbi non diminuiscono, ma aumentano...
Se avete tempo di seguire quella discussione, c'è materiale per riflettere.
Autori ragazzini: no. Nella media, gli autori di questa ricerca hanno pubblicato da ultratrentenni. Ma può darsi semplicemente che il nostro Jim non abbia fatto le domande agli autori (ragazzini) giusti.
Dopo quanti fallimenti sono stati pubblicati? Alcuni (minoranza ma non pochissimi) hanno pubblicato il primo romanzo che hanno scritto, altri il secondo o il terzo. Conclusione che mi viene in mente: se siete al quinto o sesto romanzo che cercate di pubblicare e ancora non ci riuscite, forse è meglio provare a fare qualcos'altro con il vostro tempo. Penso che valga negli USA come in Italia.
La maggior parte di questi scrittori afferma di non essersi avvalsa di conoscenze (di agenti o editori) per arrivare alla pubblicazione. Chi lo sa, magari in Italia è la stessa cosa (be'? cosa c'è da ridere?).
Insomma, materiale interessante. Ma la conclusione è la solita: lì c'è mercato, ci sono possibilità, c'è una forte editoria. Qui no.
Come rispondevo sul mio blog, però, Bruno, credo che la professionalità di un autore sia anche cercarsi seriamente un agente.
RispondiEliminaE' una cosa che qui in Italia non facciamo, salvo poi lamentarci di ciò che ci succede con le case editrici.
Domanda: fretta di pubblicare?
Secondo me sì. E, chiarisco, perché non vorrei essere frainteso: cercarsi un agente seriamente significa tentare di capire a che punto siamo in Italia. Sono tutti truffaldini? Vogliono tutti soldi, salvo poi non avere alcuna intenzione di promuoverti?
Se guardiamo a G.L.D'Andrea pare che avere un agente dia i suoi frutti. Poi, non so se l'abbia trovato grazie ad amicizie, senza star troppo lì a pagare centinaia di euro in valutazioni per trovarlo...
Ma, se devo essere sincero, credo che chiunque punti a fare della scrittura un mestiere, dovrebbe tentare di approfondire l'argomento personalmente, prima di parlarne per sentito dire.
Grazie a te per segnalare la discussione sugli agenti. La leggerò non appena avrò tempo.
@ Andrea: Esistono delle testimonianze pubblicate in rete sulle proposte ricevute, perciò il campo mi sembra abbastanza sgombro da dubbi: il parere mediamente condiviso, (e salvo essere smentito, a memoria mi sembra che anche Franco Forte al suo corso dicesse la stessa cosa) è che gli esordienti non possono ricavare un gran che dagli agenti se non l'esperienza su leggi e cavilli, che potrebbe evitarti delle fregature al primo contratto.
RispondiEliminaMa il problema non è tanto il non farsi fregare, è la difficoltà ad emergere e farsi pubblicare (soprattutto se le tue vedute non inseguono le mode del momento).
Le testimonianze (saranno tutti bugiardi?) abbondano di agenti che ti "trovano" un'opportunità di pubblicazione a pagamento (me la so trovare da solo, grazie, e il bello che magari se un autore specifica che non ha intenzione di "ottenere" un risultato del genere qualcuno si offende anche).
Quanto alla proposta di farti un editing professionale, ovviamente per un costo che supera il probabile incasso che avresti dalla pubblicazione, ho detto la mia sul forum di Writer's Dream (link citato nel mio post): se può avere senso pubblicarti, se ne accorge l'editore almeno tanto quanto l'agente. E in tal caso dell'editing se ne occupa lui e tu autore non devi pagare, devi solo lavorare con l'editor con santo spirito di collaborazione (che non è mica una cosa scontata). Aggiungiamoci che l'editore potenziale potrebbe avere gusti diversi da chi ti fa l'editing a pagamento per conto di agente o agenzia, quindi pagheremmo un lavoro inutile o controproducente: insomma non ha senso questo tipo di costose operazioni.
La mia impressione (suffragata da qualche autorevole affermazione, udita con le mie orecchie) è che in Italia dei servizi effettivamente offerti da agenti e agenzie l'autore possa godere solo se ha già superato il primo difficile passo, quello di farsi pubblicare. Gli agenti affermati si dedicano raramente agli esordienti, quelli (non affermati, immagino) che lo fanno ricevono poco ascolto dagli editori. L'esordiente si trova in un enorme parco buoi da ignorare o da tosare, a seconda della serietà professionale dell'osservatore.
Comunque io sono sicuro che sarebbe buona cosa essere rappresentati da un valido agente, a patto di trovarlo e farsi dar retta.
Io, che ho fatto una dozzina di tentativi presso case editrici tra spedizioni di manoscritti e concorsi (ottenendo due posizioni da finalista in concorsi e niente di più, come sa chi ha affettuosamente seguito le mie peripezie) mi appoggerei volentieri a qualcuno che fosse in grado di promuovermi più di quanto sia capace io stesso: so che è un mio punto debole e ho poco tempo da dedicarci. Sì, poco: non sto cercando di scrivere per mestiere, un mestiere ce l'ho già e non penso di lasciarlo visto che, come si dice, le lettere non danno il pane.
Cercarmi seriamente un agente? Qualcosa in giro ho cercato, e a dire il vero ho affidato un lavoro a una persona di cui penso di potermi fidare, ma se non funzionerà posso soltanto scandagliare in rete perché non ho conoscenze. Come trovare qualcuno che ti aiuti per davvero evitando di buttare via dei soldi? Si accettano suggerimenti.
Per il discorso D'Andrea, non intendo discutere di casi individuali di cui non so nulla.
Ma si badi bene, e lo dico senza tirare in ballo il nominativo citato: il fatto che un autore esordiente per via di conoscenze (di editor, agenti ecc...) salti la coda e possa essere valutato un grande editore è una cosa che rientra tra i normali fatti del lavoro e della vita, teniamo presente che chi conduce una casa editrice è un imprenditore (con qualche stimolo culturale, si spera) e fa le sue scelte, pertanto non si farebbe rifilare qualcosa in cui non crede solo per via di amicizie o simili, perciò non mi accodo a quelli che se la piangono perché esistono i "raccomandati".
mi correggo:
RispondiElimina"salti la coda e possa essere valutato un grande editore"
andrebbe letto così:
"salti la coda e possa essere valutato da un grande editore"
spiacente per l'errore.
1) Un agente letterario?
RispondiEliminaIo non saprei dirvi cose sensate e utili.
Per vivere, faccio un altro lavoro e ho la fortuna di scrivere soprattutto per adolescenti (con El ed Einaudi Ragazzi). E dunque l'agente non l'ho nemmeno mai cercato.
2) Chi riceve tantissimi e unanimi rifiuti: se davvero crede in ciò che fa e ha il "sacro fuoco", insista e insista. Se no, se scrive così, tanto per fare, può lasciar perdere e non dannarsi l'anima.
3) Passare dal racconto al romanzo non è nè automatico nè obbligatorio. Ci sono grandissimi autori sul "breve" che non lo sono stati (o non altrettanto) sulla misura lunga (due nomi: Carver e Cechov). Perciò non è assolutamente detto che scrivere racconti sia propedeutico alla realizzazione di romanzi. Così come essere un bravissimo centometrista non porta automaticamente a diventare un ottimo maratoneta.
http://lucianoidefix.typepad.com/
E chi ha parlato di raccomandazione, Bruno? Sei tu quello che dice che un inedito non può trovarsi un agente (a quanto capisco sei in buona compagnia). Io non sono nessuno per smentirti, né per smentire persone che hanno vissuto la cosa sulla propria pelle.
RispondiEliminaStavo soltanto dicendo che l'agente di D'Andrea, che un inedito era, ha fatto il suo porco mestiere.
Spiego meglio perché citavo lui: non mi sembra che il romanzo di D'Andrea sia propriamente commerciale. A me non è piaciuto (fin dove l'ho letto), ma sicuramente non è la solita solfa. Ergo, aver avuto un agente che lo proponesse credo sia servito eccome. Se non altro a farsi ascoltare, mostrando ciò che di commerciale c'era in un testo del genere.
E' difficile che uno sconosciuto riesca a farsi ascoltare con un testo simile.
Circa gli agenti letterari, ammetto che forse la mia prospettiva è diversa perché ho pubblicato. Ma mi sento di dare un consiglio: dopo aver pubblicato, si sente la forte esigenza di qualcuno che si occupi dei tuoi interessi, perché spesso avvengono cose... nebulose, ecco. E far chiarezza è da professionisti del settore. Io scrivo, non sono un agente.
Quindi, se posso dare un consiglio a chi non deve ancora esordire (ma consiglierei agli inediti di tentare di trovarsene uno lo stesso), è quello di non aspettare il quinto romanzo per cercarsene uno, come sto facendo io. E' tardi, e rischia di essere troppo tardi.
Tutto qui.
@ Luciano: sulla seconda che hai detto sono d'accordo. Esiste sempre la possibilità di distribuire il proprio testo gratuitamente.
RispondiElimina@ Andrea: io dico che la regola è che un buon agente difficilmente si interessa agli esordienti, ma a quanto pare in un modo o nell'altro a D'Andrea è andata diversamente. Buon per lui, non ha scritto un capolavoro ma neanche un brutto libro. La parte dove parlo di quelli che "se la piangono" e di raccomandazione non è riferita a te, ovviamente.
Mi viene sempre in mente un romanzo come IL GIORNO DELLO SCIACALLO (che poi vendette mlionate di copie e da cui furono tratte due film), un solido thrilling sull'attentato a De Gaulle.
RispondiEliminaBene: sapete quanti rifiuti si beccò l'autore (Frederick Forsythe) per quel libro? Non ricordo con esattezza se furono sedici o diciassette.
Ciò (ma è solo uno dei tanti possibili esempi) dimostra che gli editori non solo non sono in grado di capire ciò che E' ARTE (come nel caso di Gide che disse NO a Proust) ma nemmeno di prevedere ciò che venderà.
Vista la dozzina di rifiuti (o poco meno) che il mio libro ha collezionato, non posso che condividere la tesi di Luciano :)
RispondiEliminaScherzi a parte, penso che sia difficile imbroccare il successo commerciale, non è mica solo questione di spingere con la pubblicità.
E quanto all'arte, penso che definire se un'opera abbia in sé della vera arte o meno sia compito da lasciare alla generazione successiva. Il tempo è un buon giudice in queste faccende.