domenica 4 agosto 2019

I libri muoiono di editing?

Trovo oggi un'intervista a Ginevra Bombiani sul Corriere della Sera online, e il titolo mi sorprende. Oggi i libri muoiono di troppo editing, sarà vero? Ovviamente non lo so cosa succede a livello delle grandi case editrici perché sono un autoprodotto che ha avuto a che fare solo con realtà piccolissime. Nell'intervista il concetto è che gli scrittori lavorino sempre più pensando che tanto poi c'è l'editor che mette a posto tutto. E questo rende meno consistenti (e immagino meno significativi, ma l'intervistata non ha usato questo concetto) i libri.

Brevissimo inciso sulla figura dell'editor: senza entrare nelle categorie in maniera troppo pesante, è un lavoro che può esser svolto a diversi livelli. L'editor può verificare che il testo sia ben comprensibile e corretto dal punto di vista formale, e in questo caso lo si può considerare un aiuto irrinunciabile, perché c'è sempre il bisogno di un occhio esperto che ti dica cosa si comprende male - tu non puoi accorgertene, visto che lo hai scritto: tu per forza il testo lo comprendi.

Poi l'editing può arrivare anche ad altri livelli. Un editor può valutare lo stile nei suoi aspetti più generali, i personaggi, i contenuti, la trama. E qui inizia il problema... A quale punto può essere legittimo chiedersi di chi sia veramente la paternità del libro?

2 commenti:

  1. Bella questione.
    Secondo me l'editor dovrebbe in primis aiutare l'autore a rendere il testo corretto e leggibile da un punto di vista formale, quindi evidenziando refusi, frasi poco scorrevoli e occasionali errori grammaticali (ho scritto occasionali perché se uno scrittore fa errori grammaticali a iosa, evidentemente gli mancano le basi per dedicarsi alla scrittura).
    In secondo luogo però, secondo me dovrebbe anche evidenziare quali sono i difetti dell'opera in senso più ampio (storia troppo raccontata e poco descritta, personaggi poco consistenti di cui andrebbero approfonditi determinati aspetti, buchi o errori di trama, incongruenze, ecc...).
    Giustamente ci si può porre il dubbio, a prodotto finito, sulla paternità dell'opera, ma proprio qui secondo me si dovrebbe vedere la bravura dell'editor. Un buon editor dovrebbe far notare i difetti dell'opera, ma non correggerli, lasciando all'autore la libertà di rimetterci mano e aggiustare il tiro. In fondo, come detto, dentro la testa dell'autore tutto potrebbe filare perfettamente e magari certe lacune fa fatica a notarle da solo.
    Insomma, alla fine chi deve scrivere è l'autore, l'editor deve essere l'occhio critico che un autore da solo non può avere.

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  2. Per quanto mi riguarda la forma è una parte importante ma non essenziale del lavoro. Ammesso che uno voglia dire qualcosa con un libro (ovvero: che non sia puro intrattenimento ma contenga qualcosa di più sia come "arte" che come messaggio) il "cosa dire" deve essere lasciato nelle mani dell'autore, il "come" è lavoro dell'editor.

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