domenica 29 dicembre 2013

Sempre in ballo il destino del mondo - o dell'universo.

C'è una faccenda su cui avevo già riflettuto in passato, ed è oggetto di un paio di articoli (in inglese) del sito io9.com. I due link li trovate in fondo all'articolo, il problema è:nella maggior parte dei film fantastici la posta in gioco è altissima, sempre più alta. C'è sempre in ballo il destino dell'umanità intera, mai un problema che riguarda una persona sola. La regola del gioco è "escalation:" Gli Avengers non possono essere impegnati a salvare Guam, devono salvare il mondo! (citazione dagli articoli).



Da una parte devo dire che nel fantasy e nella fantascienza (soprattutto nell'High Fantasy) la posta in gioco terribilmente alta è stata frequente anche in passato, ma è vero che sta diventando un obbligo. Per contraltare, mi viene da pensare (anche se non ne è stato tratto nessun film) alle storie di Jack Vance, che ci ha lasciato quest'anno e che da sempre è uno dei miei autori preferiti: talvolta ci sono regni o anche pianeti in ballo, perciò non si può dire che i suoi eroi si battano per obiettivi di poco conto, ma spesso si tratta anche delle loro storie personali, di faccende importanti per il singolo e qualche persona che gli è vicina, e basta. Non conosco l'intera produzione di Vance ma posso dire che generalmente nelle sue storie non c'è in ballo il destino dell'intera umanità. La maggior parte delle trame della Terra Morente è così, almeno per quanto ricordo a memoria: si tratta di storie personali.

Oppure, uscendo dal fantastico e andando alla produzione "mainstream," penso a un film anni '70 che mi son visto quest'anno quando ho fatto una carrellata sulla carriera di un'attrice che ci ha lasciato, Karen Black: Cinque Pezzi Facili con Jack Nicholson come protagonista. Il significato del film ha molto a che fare con tematiche dell'epoca, lontanissime dal gusto di oggi, ma era notevole come si basasse tutto sulla storia di un uomo di talento ma insoddisfatto di se stesso e incapace di rapportarsi con gli altri, il tipo di storia che quando viene prodotta in Italia evito come la peste... eppure il film m'è piaciuto.

In effetti basterebbe l'emozione di vivere un'avventura e i relativi pericoli per fare la base di una storia da raccontare. Ma non basta più, sia perché il pubblico non la vuole (non la sa capire?) sia perché il cinema non la sa raccontare.

Anche le scene di combattimento, che mi mancavano tanto quando ero ragazzo (negli anni '70 e '80 non si sono fatti tantissimi film di guerra) sono diventate lunghe e soprattutto fini a se stesse. Rallentano la storia, fanno sbadigliare (Mi è accaduto sia con la trilogia del Signore degli Anelli che con lo Hobbit, i due film visti finora, ma anche con gli Avengers).

Un'altra cosa che gli articoli fanno notare è che il protagonista di questi film è cambiato: tende ad essere la persona predestinata, viste le sue qualità e capacità o qualche profezia del destino, a risolvere il problema. Sono scomparsi i personaggi "qualunque" a cui capita un'avventura straordinaria. Questo quello che dice uno dei due articoli, anche qui sono incerto. In parte direi che in certi casi è vero (pensateci, vi verranno in mente degli esempi). In parte penso anche che l'abitudine "democratica" di Hollywood per cui basta un cretino qualunque (un americano qualunque? ooopss...) a compiere qualunque impresa fosse veramente una fesseria. D'altra parte l'idea che con ingegnosità e voglia di darsi da fare tutti gli ostacoli potessero essere superati potrebbe esser meglio dell'invito a fare lo spettatore mentre Tony Stark mette la tuta di Iron Man e salva il mondo, con il sottinteso che lui lo può fare e tu no.

I link:
http://io9.com/why-so-many-movies-seem-so-much-the-same-1489291670
http://io9.com/why-does-every-story-have-to-be-an-earth-shattering-epi-1488997567

3 commenti:

  1. Il fatto è che quando l'eccesso diventa la norma, non è più così interessante. Un altro problema è che allontanare così tanto la posta in gioco da ciò che può ragionevolmente angustiare un essere umano allontana l'eroe dal lettore/spettatore. Avevo letto da qualche parte un articolo su questo argomento, dovrei recuperarlo, ma sostanzialmente l'autore traeva conclusioni simili.
    Anche in letteratura è una considerazione valida, ma credo che sia proprio a Hollywood che si sia perso il senso della misura.
    Nel frattempo ho recuperato l'articolo, letto a suo tempo su Black Gate.

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  2. L'idea che certe cose sia per pochi, per predestinati ed eletti, non è concezione solo di questo periodo o di Hollywood: nella concezione religiosa questo è un elemento che viene portato avanti da secoli.

    La spettacolarizzazione a tutti i costi, l'allungare scene eclatanti, come risultato porta l'annoiare: lo è stato per alcune scene di Avengers, lo è stato per Lo Hobbit. Il troppo stroppia e stanca.

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  3. Chissà se nel 2014 andrà di nuovo di moda "il senso della misura" allora...

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