giovedì 19 settembre 2013

Rush, ovvero un duello storico della Formula Uno

La storia è nota quindi farò delle anticipazioni sulla trama di questo film, anche se non tutti ricorderanno in prima persona i fatti ormai lontani che vengono narrati. Immagino che la maggior parte degli italiani ne hanno comunque sentito dire.
Io andavo alle medie inferiori nel 1976, e questo film mi ha aiutato a ricordare quante cose fossero diverse da oggi a quei tempi. Rush ci riporta all'anno in cui Niki Lauda (che in realtà di nome fa Andrea Nikolaus) rischiò di morire tra le fiamme di un incidente avvenuto durante il Gran Premio di Germania, che ai tempi si correva nel lunghissimo (e troppo pericoloso) circuito del Nurburgring. La conseguenza fu che il campionato mondiale vide un vincitore poco prevedibile, il talentuoso ma incostante (e imprudente) britannico James Hunt, personaggio sopra le righe, i cui stravizi in cerca di piacere tra donne, alcool e droga non erano e non sono buon viatico per eccellere in nessuno sport. Non è facilissimo portare sullo schermo gli sport motoristici (comunque ricordo con piacere La 24 Ore di Le Mans) ma questa storia fa parte del gruppo piuttosto ristretto (con le vite di Villeneuve e Senna, per quello che ricordo io) su cui val la pena provarci, ed è bello che sia stato fatto.





Il regista Ron Howard ha messo insieme un cast notevole. Chris Hemsworth (il Thor della Marvel) nei panni di James Hunt, Daniel Brühl in quelli di Lauda (Brühl è noto per Goodbye Lenin); ho inserito un paio di foto dei veri Hunt e Lauda per far vedere che il risultato non è perfetto ma che si è fatto il possibile. Olivia Wilde (madre del protagonista di In Time) ricopre il ruolo della moglie (presto separata) di Hunt, mentre Alexandra Maria Lara (la segretaria di Hitler ne La Caduta) è Marlene Knaus, moglie di Lauda (anche loro finirono per separarsi). Clay Regazzoni, pilota svizzero italiano che rimase paralizzato in un successivo incidente sempre in Formula Uno, è interpretato dal nostrano Pierfrancesco Favino; un sacco di protagonisti dell'epoca (compresi Enzo Ferrari e Luca di Montezemolo) compaiono in brevi scene.



Il protagonista della storia è il rischio e il fascino che il pericolo esercitava sul pubblico (e, nelle parole attribuite a Hunt, sulle donne). E' strano rendersene conto oggi, ma il mestiere di pilota ai tempi d'oro della Formula Uno era alla lunga quasi un suicidio. Se scorriamo l'anno d'oro dei primi quindici o venti anni vediamo diversi nomi di uomini che hanno perso la vita o sono rimasti seriamente feriti nello sport. Oggi non succede più: la morte dei piloti non può essere matematicamente esclusa, ma dopo il tragico weekend di Imola '94 in cui si persero due piloti (Senna e Ratzenberger) a morire e rimanere feriti sono solo i "proletari" della Formula Uno, ovvero commissari di percorso, cameramen, meccanici.
Fino agli anni settanta però, frequentemente avvenivano incidenti drammatici, a volte con diversi morti (anche fra il pubblico) e si tirava avanti come se niente fosse. Forse era perché quella generazione aveva visto la guerra? Non saprei. Con un lento progresso negli anni '80 e '90 si sono create finalmente condizioni decenti di sicurezza in pista, e piano piano la morìa è cessata: gli impatti non sono mai fatali e non avvengono più i tragici roghi di una volta.
Di fatto quando i protagonisti del film parlano di rischiare la vita si riferiscono a una situazione che effettivamente era di pericolo estremo, e l'incidente di Lauda ne fu solo una delle tante conferme.
(Qui sotto: il vero James Hunt).



Il film ripercorre i primi anni di carriera di entrambi i piloti, che si erano conosciuti nelle formule minori e ci vengono presentati come ossessionati dalla reciproca rivalità, legati fra loro da una simmetrica differenza di carattere: freddo e calcolatore Lauda, coraggioso e festaiolo Hunt. Entrambi comunque irrequieti e incerti nella vita personale.
Quando Lauda arriva alla Formula Uno e vince il titolo mondiale 1975 con la Ferrari, Hunt si propone alla scuderia McLaren come uomo giusto per batterlo. Senza l'incidente di Lauda probabilmente sarebbe stato impossibile, ma lo stop forzato del pilota Ferrari permette a Hunt di recuperare in classifica. La scena dell'incidente è abbastanza rapida; i gran premi vengono mostrati velocemente o riassunti con scritte sullo schermo, fino al ritorno di Lauda che riuscì in un fulmineo recupero. Dopo il Gran Premio di Monza si salta qualche gara per passare subito alla piovosa giornata finale sul circuito di Fuji in Giappone.
(Nella foto qua sotto, Lauda prima del'incidente che lo lasciò sfigurato)



Come più o meno tutti sanno, Lauda, che aveva visto i suoi timori di correre sul bagnato al Nurburgring tragicamente confermati nell'incidente, scelse di ritirarsi. La squadra mantenne un iniziale (breve) silenzio sul motivo del ritiro ma lo stesso pilota confermò che non se l'era sentita di correre in quelle condizioni. Per quello che ricordo (e che il film ricostruisce sommariamente) ci furono uscite di pista e problemi a ripetizione, e la gara divenne una specie di lotta a eliminazione. Hunt dovette sostituire le gomme poco prima della fine (un'operazione che richiedeva più dei 3 o 4 secondi che impiega oggi) ma a sorpresa dopo essere rientrato in pista superò dei piloti in difficoltà, così agguantò un terzo posto e i punti che gli servivano per strappare il titolo mondiale (con un solo punto di vantaggio). Va da sé che, senza l'incidente di Lauda, forse Hunt non avrebbe mai vinto un titolo. Così come sono andate le cose (e come il film accenna con la voce narrante del personaggio di Lauda) la vittoria lo saziò e si ritirò dopo un paio di anni. Fece il commentatore televisivo per qualche tempo, morì a 45 anni per attacco cardiaco (facilmente collegabile allo stile di vita che conduceva).

Cosa dire di Rush? La ricostruzione è abbastanza buona ma non sempre. Certi avvenimenti nelle gare sono resi in maniera più drammatica di come andarono: ad esempio in Giappone Lauda non rimase disperatamente aggrappato dietro le ruote di Hunt per qualche giro prima di ritirarsi: in verità partì male e continuò a perdere posizioni, ed era ormai assorbito nel gruppone dei piloti fuori dalla zona punti quando, comunque presto, decise per il ritiro. A mio parere, ma parlo per me, non era necessario alterare i fatti. La cosa che mi sembra più forzata è però il rapporto umano tra i due piloti. Mi spiego...

I piloti di Formula Uno sono competitivi e devono esserlo anche con gli amici e coi compagni di squadra, perciò i rapporti fra di loro sono sempre piuttosto "maschi" e ruvidi, punteggiati magari qua e là da qualche pepata dichiarazione alla stampa (che serve anche a farsi pubblicità e a dare una passione in più in pasto al pubblico). Allo stesso tempo nella maggior parte dei casi non si porta il malanimo verso un rivale a livelli estremi, intanto perché è pericoloso e anche per un certo spirito sportivo che comunque è caratteristico dell'ambiente, perciò anche le rivalità velenose (Prost e Senna) non erano così velenose come uno se le immagina e gli scatti di rabbia (Michael Schumacher che cerca di prendere a pugni David Coulthard ai box, chi se lo ricorda?) si fanno sbollire per forza.
Detto questo, in Rush per creare la tensione del film si esagera. Nonostante la rivalità e la differenza di carattere a me non era sembrato ai tempi (mi corregga chi ne sa di più) che Hunt e Lauda fossero arrivati a sentimenti di malanimo reciproco così intensi oltre alla comprensibile rivalità.
In Rush impareranno a conoscersi e a rispettarsi verso la fine, con Hunt che agguanta il suo trionfo a dispetto della mancanza di autodisciplina che Lauda gli rimprovera, un trionfo che non riuscirà a riconfermare. Nella realtà penso che per Lauda Hunt fosse un avversario come tanti, certamente il principale in quel particolare anno; immagino fosse vero anche il contrario.
Dopo molta attesa posso dire che ho visto volentieri Rush, pellicola in cui ci sono parecchi particolari e volti che mi hanno fatto venire dei flash-back. Il lavoro di Ron Howard però mi sembra riuscito a metà, forse con questo materiale si poteva fare di più.


2 commenti:

  1. Ero indeciso se andarlo a vederlo o no. Adesso ci trascinerò Deborah al cinema. :D

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  2. io dico che va visto. Poteva essere fatto meglio, ma va visto.

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