sabato 31 marzo 2012

Tre Vampiri

Di Twilight avevo già parlato. Insipido ma nemmeno osceno come film, e già me lo sono quasi scordato: ma ora passiamo ad altri tre che sono molto meglio.
Nel lontano 1979 Werner Herzog, uno dei tanti registi tedeschi geniali, stravaganti e cervellotici di quell'epoca, decise di creare la sua versione sulla storia del vampiro. Girò Nosferatu, Principe della Notte, un capolavoro asciutto e stilisticamente impeccabile, con Klaus Kinski nei panni di un vampiro talmente alieno da sembrare una creatura senza niente di umano, un bravo (e giovane) Bruno Ganz nella parte di Jonathan Harker, un brava e bellissima Isabelle Adjani, nei panni di Lucy, moglie di Harker e vittima designata che non riesce ad avvisare i concittadini del pericolo incombente (nota: il nome nel libro originale sarebbe Mina). Tra pestilenze e invasioni di ratti Nosferaut miete vittime, ma l'amore per Lucy è il suo punto debole. Film veramente inquietante e ben recitato, con un protagonista orrendo e infelice interpretato magistralmente, i giusti momenti lenti: un autentico capolavoro.

Francis Ford Coppola nel 1992 creò un Dracula meno minaccioso, con una capigliatura quasi buffa, ma tutto sommato non meno inquietante. Il titolo, Dracula di Bram Stoker; il protagonista, Gary Oldman. Nel cast c'è Wynona Rider con il doppio ruolo di Mina e di Elisabeta, la moglie perduta dal Conte Vlad ai tempi in cui guerreggiava con i Turchi. Anthony Hopkins prende il ruolo di Van Helsing e Keanu Reeves quello di Jonathan Harker. Un cast di tutto rispetto, insomma, e una grande attenzione alle scenografie, ai costumi e alle atmosfere. Ne vien fuori un film un po' barocco e rutilante, anche un po' finto e fumettone se vogliamo, con l'elemento erotico sempre in primo piano: c'è anche Monica Bellucci, in un gruppo di tre attrici che impersonano le "mogli" di Dracula, in realtà tre lascive vampire che tengono prigioniero e ammaliato il povero Harker/Keanu Reeves mentre Dracula se ne va a Londra a insidiare la povera Mina. Eppure Mina saprà, più avanti nel film, provare pietà per lui. Per me quest'opera di Coppola non è un capolavoro, ma resta un bel film: onirico, spettacolare e ben recitato.

Intervista col Vampiro (1994), diretto da Neil Jordan, si rifà alle storie di Anne Rice più che all'originale. Il cast è di tutto rispetto: Tom Cruise nel ruolo di Lestat, che "dona" a Louis ovvero Brad Pitt la vita eterna sotto forma di vampirismo; Antonio Banderas nel ruolo di Armand, carismatico vampiro francese, Kirsten Dunst nei panni di Claudia, giovanissima vampira. L'enfasi è sulla relazione omosessuale tra Lestat e Louis, e sui sensi di colpa di quest'ultimo, che non può sopportare di essere costretto a togliere la vita al prossimo per mantenere la propria immortalità. Louis resta in cerca di una soluzione o almeno di sapere qualcosa di più sul perché della sua condizione, e finisce per liberarsi di Lestat e andarsene a Parigi. Ma il vampirismo lo condanna a macchiarsi di altre colpe, a compiere altre violenze, a subire altri lutti. Anche questo film, come quello di Coppola, è piuttosto barocco e ricco di costumi e orpelli, ma molto più incentrato sulla tensione esistenziale del protagonista. Intervista col Vampiro se vogliamo è il vero anti-Twilight, perché la condizione di vampiro è subita come un dramma irrimediabile, un'immortalità che si paga con un'esistenza vuota, mentre l'essere "maledetto" del protagonista di Twilight si riduce, come ha detto Anne Rice, a dover ripetere continuamente il liceo per non far accorgere la gente che non invecchia.

Tutti e tre questi film sono piacevolissimi da vedere. Consiglio di recuperare il primo, se possibile, poiché è davvero un gioiello. A seguire, se proprio non vi siete stancati di vampiri, gli altri due.






sabato 24 marzo 2012

Blood & Chrome

Evidentemente i produttori pensavano di rimediare qualche altra serie di successo, quando hanno deciso di smantellare il set di Battlestar Galactica e vendere come souvenir il materiale di scena. Il discorso Galactica doveva essere chiuso. Ma questa serie televisiva è dura a morire: tanto dura che viene adesso resuscitata per una nuova produzione: Battlestar Galactica: Blood & Chrome. Si tratta di un prequel, parla degli eventi della prima guerra contro i cylon: l'ammiraglio Adama (il "vecchio") è qui un giovane e arrembante pilota, interpretato da Luke Pasqualino. Verrà ricostruito il set dell'astronave e ci sarà molto altro materiale interessante (ovviamente i mezzi devono essere per lo più differenti, visto che si tratta di parecchi anni prima rispetto alla serie basata sulla nuova guerra).
Questo prequel sarà un film di un paio d'ore al massimo, che farà da pilota e "potrebbe" dare il via a qualcosa di più. L'ambientazione è bellica e militare: dopo lo scarso successo della "dinastia familiare" di Caprica, i produttori forse hanno capito che lo scontro era l'anima di quest'ambientazione.

Mi auguro di poterlo vedere presto. C'è un filmato di presentazione con una grande varietà di immagini e situazioni, davvero appetitoso. Se devo essere sincero, l'unica cosa che mi lascia in dubbio è il volto dell'attore scelto per interpretare il buon Adama. Pur vedendolo per pochi istanti, se posso arrischiare un giudizio direi che a mio modesto parere Nico Cortez, che aveva interpretato Adama in Razor, è più adatto.

giovedì 22 marzo 2012

Spazio 1999 e la fuga della Luna

Chi si ricorda Spazio 1999? A me era piaciuto parecchio, la prima serie almeno. Nelle successive diciamo che le idee erano venute meno.
Ma parliamo della clamorosa premessa di questa serie.
Il pezzo forte dell'ambientazione consisteva nella gigantesca esplosione che aveva scagliato la Luna al di fuori della propria orbita, portando i nostri eroi a compiere un viaggio che avrebbe comportato scoperte e sorprese di ogni genere.
Alcune molto ingenue, pur senza uccidere la nostalgia per la serie.
La domanda che mi ero posto ai tempi, certamente non da solo, era: ma come potrebbe avvenire che la Luna venga davvero scagliata fuori orbita? Così a occhio, considerando le forze che vincolano la Terra al proprio satellite, la risposta è: non si tratta di una eventualità molto credibile.
Ebbene, c'è chi si è preso la briga di fare i conti (ecco il link, per gli anglofoni) e il risultato semra più definitivo di quello che pensassi. Una forza in grado di spostare la Luna dalla propria orbita, agendo per mezzo di una esplosione, avrebbe semplicemente polverizzato il nostro satellite.
Poco credibile, quindi. Del resto, sono andato qualche giorno fa a vedere un film dove si raffigura il pianeta Marte abitato da diverse razze, quindi non è il caso di agitarsi troppo.

mercoledì 14 marzo 2012

John Carter

Un film di intensa avventura, costato un botto (e si vede). Non c'è da attendersi tematiche diverse da quelle classiche, perché John Carter (senza "di Marte" perché in Disney pensano che porta sfortuna) appartiene a un'epoca storica del fantastico: l'autore è Edgar Rice Burroughs, quello di Tarzan, per intenderci. Il regista Andrew Stanton invece è quello di Ratatouille, il che senz'altro è un punto a favore. Senza infamia e senza lode i due protagonisti (comunque piuttosto buoni nelle parti), si scoprono altri nomi celebri in parti secondarie, tra cui nientemeno che Willem Dafoe (nei panni di una creatura marziana, perciò non c'è da stupirsi se uno non lo riconosce...).

Nella storia, un soldato confederato, che si trova molto nei guai negli USA, finisce su Marte grazie a un incontro con strani individui, che in effetti padroneggiano delle tecnologie incredibili (e le usano per scopi sinistri). Su Marte, che non è il pianeta morto che abbiamo visto dalle foto dei robot (veri) che sono atterrati, bensì un mondo con diverse civiltà e razze senzienti, l'eroico John Carter finirà per essere impegolato nelle vicende locali. Dapprima riluttante, diventerà inevitabilmente un raddrizzatore di torti. Finalino a sorpresa, piuttosto arguto... ma dovete considerare che io non ho letto il libro. Notare comunque che sebbene ci siano dei toni che richiamano molto il fantasy, si tratta di un film di fantascienza.

Su questo film c'è chi ha sparato a zero prima ancora che uscisse. Una critica l'ho potuta verificare, e mi sembra proprio azzeccata: ci sono dei momenti, soprattutto all'inizio quando si stabiliscono le varie parti nella storia, ma anche in eventi successivi, dove non si capisce molto bene cosa sta succedendo. Sarà perché ci si aspetta che lo spettatore sia familiare col libro? Può darsi...
Poi ci sono un po' di mostri e creature che danno la sensazione di già visto... ma per lo più devo dire che il film è una spettacolare festa per gli occhi, tra navi che volano nell'aria, l'umano che zompella nella gravità rarefatta di Marte, creature senzienti e bestie aliene di ogni tipo, palazzi e strutture, paesaggi... certe scene di massa (cerimonie, battaglie, ecc...) in scenari mozzafiato sono proprio quello che mi aspetto da un bel film fantasy.
Il 3D a volte serve, più spesso è inutile. Nel complesso questo John Carter non sarà un capolavoro ma resta uno dei migliori spettacoli degli ultimi tempi.

sabato 10 marzo 2012

E morto Moebius

Forse il più grande fumettista vivente, vero nome Jean Giraud. Perdita incolmabile, ma immagino che a tanti appassionati di manga disegnati a capocchia non gliene fregherà nulla...

Il Circo della Notte

L'interesse per Il Circo della Notte (titolo originale: The Night Circus) di Erin Morgenstern m'è venuto leggendo la notizia che c'era già l'interesse dei produttori riguardo all'ipotesi di farne un film, prima ancora che uscisse il libro. Per una volta, non ho voluto tenere un atteggiamento disfattista, anche se sospettavo che la "macchina dei bestseller" si fosse già alleata con la "macchina dei blockbuster" al botteghino per imbastirci il solito prodotto infantile, melenso, imbottito di effetti speciali e francamente insopportabile.

Il fatto che non sia descritto come libro per bambini mi ha convinto a leggerlo (in inglese, per salvare qualche soldino). Ero anche un po' incuriosito dalla visione di questo circo dove tutto è rigorosamente in bianco e nero, che arriva non annunciato alle periferie delle città e apre soltanto al calare della notte. Il Circo (il cui vero nome è le Cirque des Rêves) ha la peculiarità di essere veramente magico, ospitando persone con reali poteri oltre ad artisti eccezionalmente talentuosi. Le persone ne vengono attratte al punto che si forma un club di appassionati che lo seguono nelle varie località in cui si ferma, entro i limiti delle proprie possibilità, scambiandosi informazioni sul tragitto, che non viene divulgato ai comuni mortali.

Alla base di tutto c'è una sfida mortale tra due maghi, che vincolano i propri allievi (Marco e Celia) a una lotta le cui regole non sono chiare fin dall'inizio, ma che lascia presagire un esito sinistro. Questa sfida però crea una difficoltà imprevista: tra i due allievi scocca la scintilla dell'amore, quindi non vogliono più essere vincolati alla sfida voluta dai maestri. Scopriremo a poco a poco, però, che non è facile tirarsi fuori dalla competizione.
Mi sconcerta che fino a metà del libro non succeda un gran che. La Morgenstern ci presenta alcuni personaggi, tra cui il solito antipatico bambino sognatore che avrà un ruolo importante nella vicenda, e continua a dirci quanto è splendido, fantastico, meraviglioso questo circo. Ma non riesce a creare l'atmosfera incantata che servirebbe.
Insomma, mi sono annoiato a morte, recuperando solo un po' nel finale per scoprire come va a finire la faccenda. Finale che ha un colpo di scena o due, ma non lo definirei travolgente. Magari potrà ispirare un gran bel film, chi lo sa, comunque questo Circo della Notte è molto al di sotto delle aspettative, e non sa suscitare alcun incanto o meraviglia. Almeno, questo vale per me.
Non mi sono peraltro nemmeno appassionato ai personaggi o al funzionamento della magia (che per una storia di questo genere è spiegata anche un po' troppo, togliendo quel po' di mistero che forse avrebbe dato un beneficio all'opera).

Il movente iniziale di tutta la storia, ovvero la rivalità dei maghi, non è esplorato in maniera esauriente, il che rende tutto quel che segue una situazione vagamente assurda. L'amore travolgente dei due ragazzi sembra a sua volta strano, visto che sono stati allevati da personaggi così crudeli e allucinanti: ci si aspetterebbe che ne siano rimasti affetti negativamente in qualche maniera, invece niente di tutto ciò. Infine il ruolo del circo come elemento essenziale in tutta la vicenda mi convince poco, ma forse comprenderei meglio questo aspetto se avessi il coraggio di rileggere il libro (non succederà).
Giudizio finale: non è stata una delle mie peggiori letture, ma mi sono pentito del tempo che vi ho dedicato. Mediocre, del tutto evitabile.

sabato 3 marzo 2012

I Grandi Capi e il bisogno di una bussola

Ho letto con colpevole ritardo l'intervista che Gian Arturo Ferrari ha rilasciato a l'Unità. Il personaggio, ex direttore editoriale presso Mondadori, ha ricoperto una posizione che ne faceva forse l'uomo più potente dell'editoria italiana (la quale, oddio, proprio potentissima non è, anche se nell'intervista si afferma che siamo il settimo mercato mondiale e sarà certamente vero).
La cosa che mi stupisce è che si parta da un titolo assai altisonante (La fantascienza del libro è ora) e per buona parte dell'intervista si minimizzi quello che sta succedendo: i tempi saranno lunghi, e così via. Vero è che per il momento il mercato è ammazzato dai due grandi blocchi imposti dalle case editrici: prezzi più alti di quanto sarebbe possibile, al punto che per il lettore tanto vale alla fine prendersi il libro di carta a meno che non ne abbia già la casa stracolma (è il mio caso), e ovviamente il maledetto DRM ovvero i sistemi di protezione che rendono dubbio perfino il fatto di aver acquistato qualcosa (con il cambiare della tecnologia o la possibile chiusura della casa editrice, il tuo libro diventa una sorta di noleggio a tempo incerto).

Vero è anche che il mercato italiano del libro digitale ha per adesso limitatissimi volumi, ma non so quanto abbia ragione il Ferrari nel rassicurare (o rassicurarsi) sui tempi lunghi di questa evoluzione. Per adesso il sorpasso è soltanto statunitense ma nessuno ci assicura che tra pochi anni i dati ci presentino già un panorama assai diverso, anche se resterà sempre lo zoccolo duro degli amanti del libro cartaceo, e ci sono libri che poco si prestano al formato elettronico (basta pensare ai libri fotografici o di design). Quello che Ferrari afferma per la precisione: "La mia opinione è che, almeno in questa vita, i libri di carta non verranno rimpiazzati dagli ebook. Detto questo, negli Usa la vendita delle novità e dei blockbuster, i libri più commerciali, è più alta nel formato ebook che nel formato cartaceo."

Non so se leggere un velato disprezzo nella parola "commerciali" ma d'altra parte non vedo perché la saggistica non debba similmente scivolare nel digitale in tempi brevi (salvo casi in cui sia difficile per via di illustrazioni complesse e indispensabili o altre particolarità del testo), salvo per il fatto che, illazione mia, il pubblico di riferimento potrebbe essere più anziano e masticare meno tecnologia, almeno per adesso.

Cosa resterà da fare alle case editrici? io tre anni fa (in questo post) dicevo:
"Cosa faranno le grandi case per sopravvivere? [...] Forti della loro visibilità, avranno certamente ancora un ruolo di bussola per dare consigli per gli acquisti. Questa visibilità però sarà ben poca cosa riguardo all'avere la quasi assoluta padronanza del mercato del libro di carta. O no? Può darsi che diventeranno importanti i recensori o i siti che aggregheranno recensioni e pareri individuali per creare delle indicazioni mirate. [...] Sarà anche una lotta all'ultimo sangue per conquistare la visibilità come fornitori di opinioni qualificate?"
Ferrari dice:
"...una volta che un autore pubblica un ebook a costo zero, il pericolo è che nessuno o quasi venga a sapere della sua esistenza. E questa, probabilmente, sarà la ciambella di salvataggio a cui si aggrapperanno gli editori del futuro: esperti di marketing e comunicazione che aiuteranno gli autori a farsi conoscere, anche online."
Non è che io voglia dare a me stesso del genio per aver detto le stesse cose tre anni fa: semplicemente è ovvio e facile da profetizzare che, se dovessimo arrivare all'estremo (tutto o quasi tutto sul digitale) allora le grosse rendite di posizione saranno perdute, e sarà inutile chiamarsi Mondadori, Feltrinelli o altro nome prestigioso, se non ci si sarà adeguati.
Del resto, aggiungo, vediamo già sui giornali online dei vistosi articoli di presentazione (pubblicità mascherata?) per libri autoprodotti (ebook o meno), insomma ci si sta attrezzando alla "lotta per la visibilità" digitale. Ma quanto agli esperti, io direi che è più una questione di muscoli, cioè di soldi che devono essere investiti. Se un editore straniero, muscoloso come soltanto loro sanno essere, volesse colonizzare il "settimo mercato del mondo,"addio editoria dell'amata patria.

A parte fare gli esperti di comunicazione, gli editori del futuro digitalizzato potrebbero fare una cosa un po' più utile e cioè offrire il lavoro di editor esperti, ma qui cadiamo in un altro punto dolente, poiché è noto che la maggior parte dei libri in Italia vende pochissimo, guadagna ancor meno, quindi per moltissimi libri il lavoro di editing professionale non val nemmeno la pena di farlo. Nel senso che se dovesse essere pagato per quel che vale, mettendoci il tempo che serve, allora i margini di guadagno per autore e casa editrice verrebbero ancor più ridotti. Col digitale i libri in circolazione presumibilmente aumenteranno, quindi la probabilità che una nuova uscita sia tanto redditizia da meritare il lavoro di uno specialista è scarsa!
Sono tanti a dire che la qualità in questo campo si è già persa (o quantomeno rarefatta) e in effetti lo credo anch'io: escono lavori con strafalcioni pazzeschi o poca cura per la leggibilità, del resto anche sui vari giornali online la posizione di correttore di bozze è andata vacante da una vita, ci sono grossi errori di ortografia perfino nei titoli. Questo problema resta aperto.

Il futuro, se sarà svincolato dalla carta, avrà proprio bisogno di una bussola per il pubblico in cerca di qualcosa di leggibile nel marasma. E di strumenti per scrivere in maniera decente, per l'autore che ci tiene e non vuole limitarsi a farsi rileggere il testo dall'amico volenteroso.
Ma le case editrici se hanno ovviamente i mezzi per garantire al lettore (se lo vogliono!) un editing decente e un testo leggibile, con certe recensioni clamorosamente menzognere mi fanno dubitare invece che possano improvvisamente diventare affidabili come bussole da seguire con fiducia, visto che qualsiasi cosa che esce viene sempre propagandata come la fine del mondo.
Questa funzione potrebbe essere presa proprio dai lettori stessi prendendo la parola sui mezzi che la rete fornisce, come forum, blog ecc... a patto che tali strumenti siano "epurati" dalle influenze di amichetti, spammer, geniacci del marketing virale e via dicendo.