martedì 11 settembre 2012

Le Macchine Infernali

Lo scrittore USA K.W. Jeter ha avuto nella sua carriera il dubbio gusto di scrivere dei seguiti alla storia di Blade Runner. Questo tanto per citare una macchia difficile da perdonargli. Ma lasciamo perdere. Di suo ho letto una storia in bilico tra lo cthulhoide e lo steampunk, Le Macchine Infernali.
La storia è scritta in maniera scorrevole e si legge che è una meraviglia, il che segna senz'altro un punto a suo favore. L'ambientazione è vittoriana, con una Londra cosmopolita e caotica in cui seguiamo le avventure di un certo Downer, un ipocondriaco bottegaio represso, timoroso e di poche capacità, che per giunta non ha alcun talento nel seguire il lavoro ereditato dal padre, geniale costruttore di apparecchiature dotate di ingranaggi complessi, automi, orologi e macchinari di vario genere. Downer sa poco o niente di tutto ciò, è in grado di eseguire solo le più semplici riparazioni: perciò le sue prospettive sul lavoro non sono buone dopo la morte del genitore. Vive solo, con un servitore che gli è di modesto aiuto, e cerca di sbarcare il lunario. Quando gli si presentano individui bizzarri a fare domande o chiedere di intervenire su macchine prodotte dal padre, Downer si trova coinvolto in una faccenda poco chiara che lo porta, per prima cosa, a visitare un sobborgo di Londra dove vive strana gente dalla curiosa morfologia, una razza che sembra ibrida tra uomini e pesci. Il primo terzo del libro è tutto sommato abbastanza noioso e, per chi conosce Lovecraft, sembra quasi la trasposizione de La Maschera di Innsmouth pari pari sul vecchio continente.

Per fortuna si aprono altri elementi della trama e, sebbene ci si spinga assai al di là del credibile e del verosimile (cosa che peraltro lo steam fa quasi sempre con disinvoltura, senza andare a cercare giustificazioni e spiegazioni) si viene trascinati in una cavalcata stralunata e tutto sommato divertente. Oltre a una razza antica avremo avventurieri senza scrupoli, moralisti bigotti, lord eccentrici e vari ceffi da galera coinvolti in una lotta senza esclusione di colpi attorno a tutta una serie di invenzioni e marchingegni concepiti dall'ingegnoso padre di Downer. L'intreccio della storia è assai complesso e inizialmente tante cose appaiono inspiegabili. Il protagonista è troppo inetto per poter sbrogliare la matassa da solo, per cui si trova spesso a seguire istruzioni altrui, e ad avere da altri lunghe spiegazioni di ciò che è successo e su ciò che dovrà fare... questa passività del protagonista, che narra la storia in prima persona, non mi sembra veramente un buon sistema per far avanzare la trama, ma così è, e comunque il libro ha i suoi buoni momenti. Decisamente meglio del più famoso Paul Difilippo, ad ogni modo.

2 commenti:

  1. Ce l'ho sullo scaffale da un pezzo, me lo ero pure dimenticato... e sì che ho anche il seguito. Lo rimetto nella coda di lettura.
    Il Moro

    RispondiElimina
  2. Oddio, è sempre una bella responsabilità quando uno si convince a leggere un libro per una tua recensione.
    Chissà se riceverò un ringraziamento o un sentito invito ad andare a quel paese...

    RispondiElimina

Per contrastare in qualche modo gli spammer, ho dovuto introdurre la moderazione dei commenti su post più vecchi di due settimane. Peccato: mi ci hanno proprio obbligato. Inoltre non si può postare anonimamente.