mercoledì 27 giugno 2007

Cyber cosa?

Cyberpunk... Che cos'è (o cos'è stato?): saltare al prossimo paragrafo se lo si sa già... altrimenti in due parole: un movimento che ha influenzato la letteratura (fantascienza), il cinema e in genere l'arte, basato su una visione nichilista, individualista del futuro, in un mondo inquinato e impoverito, dove poteri occulti soffocano la libertà individuale e la tecnologia pervadente e intrusiva domina la vita delle persone; gli eroi di questo filone fantascientifico sono dei solitari, generalmente alienati, individualisti e con ideali assenti o molto limitati; le storie assomigliano un po' ai classici "noir" ma in zuppa ultra-tecnologica.


Sul cosiddetto movimento Cyberpunk sono piuttosto a disagio: da una parte ne riconosco certamente l'importanza, dall'altra ritengo che i mostri sacri del genere (Gibson, Sterling) siano stati, più che autori di prima grandezza, molto abili a fare marketing di se stessi e ad apparire più grandi di quel che fossero. Ok, l'ho detto. A mia discolpa: per dirlo, se non altro mi son preso la disturbo di leggere qualcosa di questi signori.
Il mio giudizio è influenzato certamente dal fatto che m'hanno toccato su un punto debole: salvo rare eccezioni, non amo i libri dove bisogna combattere con una sintassi ostile, un gergo misterioso e un autore che sembra sforzarsi per non farsi capire.
La "visione" della realtà alternativa nella rete (come immaginata da Gibson) m'è sempre sembrata molto artificiosa. Ho letto che l'autore venne aiutato in questa immaginifica raffigurazione dal fatto di intendersene assai poco di computer. M'aveva dato proprio la stessa impressione... Però quando la rete è arrivata sul serio (parlo di internet, che ti fa leggere queste righe proprio adesso...) la visione delle virtuali città luminose di Gibson è stata spiazzata. Questo e altri aspetti più specifici, letterari e di cliché, del "movimento cyberpunk" sono così nati e morti all'interno di un periodo ben preciso tra gli anni '80 e '90.

Tuttavia la "cosa" esisteva prima che ne venisse coniato il nome, e non è morta con il calo di popolarità dei suoi esponenti più alla moda. Il bellissimo film Blade Runner, così anticipatore da non tradire la propria età nemmeno adesso, aveva già detto tutto, quando Gibson (che ammette di esserne stato influenzato) non aveva ancora pubblicato il primo romanzo; la recente, popolare serie dei tre "Matrix" mostra come l'immaginario fantastico sia tuttora saldamente sotto l'influenza cyberpunk.

Insomma, siamo in un'epoca dove i limiti della scienza sono più noti all'uomo comune, si fa fatica a parlare di astronavi e viaggi alla velocità della luce e le radiose conquiste dello spazio sembrano fantasticherie di un tempo migliore. Gli eventi fantascientifici li stiamo vivendo sulla nostra pelle, quando scopriamo che stiamo trasformando (in peggio) il nostro stesso habitat con l'attività industriale, quando leggiamo (o a breve: viviamo sulla nostra pelle?) di beni basilari come l'acqua potabile che vengono acquisiti da mani private e rischiano di non essere più disponibili per l'uomo comune, quando la politica e la guerra assumono forme atroci e sempre più difficili da capire.

Nulla da stupirsi se la fantascienza racconta le estreme conseguenze di tendenze che vediamo nella realtà, immaginando un'umanità disperata che lotta per risorse sempre più misere, usando una tecnologia sempre più terribile per sfruttare e dominare il prossimo, e senza alcuna "frontiera" da colonizzare come pionieri della galassia.
In diverse opere Cyberpunk (primo fra tutti Blade Runner, volendolo includere nel genere) la critica sociale esiste ma è solo implicita nell'ambientazione opprimente, come se il protestare, l'invocare giustizia o sognare una rivoluzione siano ormai velleità cancellate dalla spugna della disillusione. Ci sono delle eccezioni (Nirvana di Salvatores ad esempio), ma in queste storie chi proponesse di svolgere un'attività sociale o una lotta politica si prenderebbe quasi sicuramente i lazzi e gli sberleffi dei "cowboys della rete."
C'è da avere nostalgia del vecchio Asimov, non è vero?

mercoledì 13 giugno 2007

Sabella Quey è maledetta


La pietra di sangue di Tanith Lee non so se classificarlo come fantascienza o fantasy. L'ambientazione è futura, in un pianeta Marte colonizzato, ma le doti della nostra eroina sono a metà strada, nel senso che (attenzione, sto per rivelare dettagli della trama) è una vampira (e quindi rientra in un più tradizionale canone del fantastico), ma anche extraterrestre. Sabella è malata ed irrequieta e fa disperare una madre che non sa far fronte alla situazione: gira in cerca di preda e può essere scambiata semplicemente per una ragazza "facile" ma in realtà va in caccia di uomini perché ha bisogno di succhiare il loro sangue. Cristiana, Si interroga su quello che fa e prega, ma sente di essere al di là del perdono, persa in un destino di dannazione e peccato.
La verità sulla sua natura risale ad un incidente che ebbe da bambina, ma questo lo scoprirà solo in seguito. In seguito alla morte di un uomo che, involontariamente, ha dissanguato.

Sabella verrà inseguita e perseguitata per i suoi peccati dal fratello della vittima, che cerca di capire cosa è successo e prima intuisce, poi scopre la verità. Ma la rivelazione sarà molto più ampia, e Sabella scoprirà finalmente chi è.

Forse è una storia semplice e magari senza troppe pretese, ma tanti anni fa, in una estate buia dentro una caserma, questo libro mi fece una grande impressione. Tanith Lee è un'abile creatrice di atmosfere e sa dar vita a personaggi di notevole spessore: Sabella, con la sua ricerca di redenzione e necessità di capire, la sua sensualità che non sa controllare, è rimasta per me un ricordo potente.

La pagina di Tanith Lee

Libri Fantasy che ho amato (quarta parte)


Jack Vance è un autore longevo e prolifico e non è semplice evidenziare un libro che più degli altri lo rappresenti. Tornerò su di lui in futuro più approfonditamente, e scelgo per ora la trilogia di Lyonesse - La Perla Vere - Madouc. La storia mostra elementi fantastici abbastanza tradizionali: è ambientata in una fittizia terra europea che verrà inghiottita dall'oceano, nel confuso periodo dell'alto medioevo; ci sono maghi, guerrieri, fate e folletti, ma non è né il fantasy di Tolkien né quello delle leggende nordiche: nel mondo di Vance si respira un'atmosfera bizzarra tutta sua.
La trama raffigura lotte fra sovrani, maghi ed eroi, e alla fine i cattivi saranno giustamente puniti, ma il fascino di alcuni personaggi (la disperata Suldrun chiusa nel suo giardino, i bizzarri maghi, la capricciosa Madouc), l'atmosfera fatata del racconto, certe belle descrizioni di fanciulle e di bambini riescono a produrre un incanto che, fra tutte le opere di Vance che ho letto, è unico di questa serie. Può essere necessario perseverare oltre le prime pagine per cogliere i meriti di questa trilogia ma ne vale senz'altro le pena, ed è senz'altro consigliata per chi vuole accostarsi a questo autore ormai classico.
Una pagina su Vance

sabato 9 giugno 2007

Recensire un libro

Intervengo ogni tanto nel gruppo di Fantasy Story (scrittori del fantastico dilettanti e non) e pochi giorni fa, a torto o ragione, ho avuto da ridire con la maniera in cui un racconto (non mio) è stato stroncato da un breve salace commento. Lungo ben una riga! Ma non lo scrivo per portare quella polemica qui: piuttosto mi sto chiedendo quali siano le linee guida da seguire per recensire l'opera di un altro.
A mio parere è indispensabile che la critica sia costruttiva. Che faccia notare ad esempio che ci sono parti migliori di altre, che qualche aspetto del racconto (trama, personaggi, forma) è riuscito abbastanza bene, e che ovviamente c'è anche quello che è riuscito meno bene.
In linea di massima credo che se non c'è nulla di buono da dire riguardo al lavoro di un altro, sia meglio non dire niente. Il mio è il punto di vista di un dilettante ovviamente, e chi sa di essere dilettante farebbe meglio a non salire in cattedra più di tanto.
Per essere utile la critica dovrà entrare nel dettaglio, penetrare nello scritto e prendere degli esempi da riportare, se vogliamo dire che c'è qualcosa che non va nella forma o nello stile. E' un lavoro lungo ovviamente e può impegnare diverso tempo... ma bisogna pur giustificare le nostre osservazioni, anche perché è così che si aiuta lo scrittore a riflettere.
D'altra parte: chi viene recensito dovrebbe prenderlo come un favore che riceve ed essere contento quando riceve delle critiche. Gli viene data la possibilità di riflettere e migliorarsi, da parte di qualcuno che ha impegnato del tempo a leggere il suo racconto.
Invece nelle risposte molto spesso chi è criticato (lo faccio anche io) si giustifica, si difende come se fosse accusato. Probabilmente la cosa migliore da fare è semplicemente dire: grazie per aver letto e aver fatto lo sforzo di commentare. Questo a meno che non ci siano particolari precisazioni da fare.
Ovviamente chi ha scritto rimane padrone della propria opera e sarà lui a decidere in che misura dar credito alla recensione e se porre correzioni di conseguenza.

Purtroppo c'è anche chi prende il momento di recensire come un attimo di potere da usare sadicamente, per smontare il lavoro dello scrittore e la sua fiducia. Se si riceve un atteggiamento del genere da un recensore, penso che la cosa migliore sia ringraziare e non farne niente... a meno che la recensione non si trasformi proprio in uno spregiudicato attacco a cui sia opportuno rispondere. Ma questo per fortuna l'ho visto molto raramente.

Un commento ben pensato e circonstanziato, possibilmente da parte di qualcuno dotato di cognizioni tecniche sufficienti, è uno strumento inestimabile per un dilettante che vuole crescere. Amo la mailing list di Fantasy Story ma è un peccato vedere che tanti scrivono e pochi recensiscono.

sabato 2 giugno 2007

Serie che finiscono, serie che non finiscono mai


C'erano una volta gli scrittori che, una volta terminata la storia che volevano raccontare, riuscivano a passare ad altro. A dire il vero, mica sempre gli riusciva. Una grave caduta in questo senso la fece già nell'800 Alessandro Dumas, che scrisse "Vent'anni dopo" trascinando un bolso seguito al suo meraviglioso "I tre moschettieri". Ma di recente questo brutto vizio ha portato danni incredibili al Fantastico in lettere, video, cinema ecc...
Potrei citare il triste seguito di Conan il Barbaro (ed era stato, almeno a mio parere, uno dei migliori film fantasy di tutti i tempi). Potrei aggiungere una serie di fantascienza meno nota: la Guerra contro gli Chtorr di David Gerrold, una idea neanche bruttissima per quanto non destinata, forse, alle vette del genere. Però questa invasione si complica, si trascina, diventa sempre più "invincibile" e la serie va avanti... certo, finché il cliente compra. Quando si stufa del giochetto di rimandare le rivelazioni e il finale all'infinito, il cliente non compra più. Almeno, io immagino che sia successo questo. Nel momento in cui scrivo la serie è, da anni, incompiuta. E ci sarebbe da fare un bello sforzo di fantasia per finirla avendo tutta l'aria di trovarsi in un vicolo cieco.
In tutto questo triste trascinarsi, almeno noto che qualcuno ha mantenuto l'impegno di avere un inizio e una fine: gli autori della serie TV Battlestar Galactica hanno infatti annunciato che la quarta serie sarà l'ultima. Magari quattro serie ci potevano stare, magari erano già troppe, non lo so, avendo visto solo le prime due. Però è meglio di certi telefilm trascinati "in eterno" senza ormai altro scopo che ripetersi continuamente.
A proposito, e qui mi permetto una bestemmia... non sarebbe ora di farla finita con Tex Willer?

venerdì 1 giugno 2007

Libri Fantasy che ho amato (terza parte)


Nel 1992 morì il longevo Fritz Leiber (che era nato nel 1910, facendo in tempo ad avere Lovecraft tra le sue influenze giovanili). Morì "sul campo", visto che si era spostato in treno per partecipare ad una convention di fantascienza e si sentì male per il caldo torrido. Gli amanti del gioco di ruolo lo ricorderanno per l'influenza che ebbe sul famoso D&D (guadagnandosi un bell'assegno dalla TSR, che gli consentì di mantenersi decentemente negli anni della vecchiaia).
Leiber è stato un capostipite del genere Sword and Sorcery (ovvero: storie avventurose di cappa e spada con un tocco di soprannaturale, spesso focalizzate su temi più concreti e immediati rispetto alle epiche della "High Fantasy"), e i suoi personaggi forse più famosi, Fafhrd e Gray Mouser, sono un'accoppiata che ha ispirato molti altri scrittori.
Anche io amo le storie a volte semplici, a volte inaspettatamente profonde di Leiber e i suoi due personaggi, due compagnoni a volte un po' ridicoli a volte decisamente tragici. Incredibilmente, le avventure dei due mi sono rimaste impresse più di tanti libri fantasy più profondi e complicati, ma privi della stessa immediatezza.
A meno che non siate amanti solo delle storie epiche e possenti alla Tolkien, per conoscere il fantasy non potete fare a meno di leggere qualcosa della saga di Fafhrd e Gray Mouser.